Reach - parte 5

Nov 24, 2012 18:01

Hola!
Finalmente posso dichiarare di aver sbloccato questa fanfiction (e me medesima) nel punto dove si era arenata da quasi 6 mesi *si sente una cacchina* ...ora spero di aver abbastanza tempo, forza di volontà e chiarezza di intenti (?) per portarla a termine.
Intanto eccovi una nuova parte! ...vi linko anche le precedenti perché persino io mi ero persa il filo del discorso XD
Preparatevi a visitare Eterna, la capitale di Myrthas e scoprire nuove cose sul pianeta, la sua storia, i suoi abitanti e la stirpe reale.

Titolo: Reach
Genere: AU, fantascientifico, futuro
Gruppi: Arashi, Kanjani8
Pairing: Sakumoto, Subassan, Yokohina (friendship)
Rating: un PG-13 generale
Disclaimers: non mi appartengono i personaggi e penso di aver preso elementi da questo e quello un po' a muzzo... per il resto, è tutta colpa mia.
Note: sul forum AFD scrivevo: 'Sono stata ispirata per questa fict dalle dannatissime tutine di Gantz (<--- eheh) e da varie storie incrociate di alieni e esperimenti... metteteci qualche basilare e confusa conoscenza di chimica e fisica e questo è quello che ne sta venendo fuori XD' ...non so se si possa ancora applicare, ma faremo finta di niente XD Ringraziamenti sentiti alla mia editor ( yukari85).
Capitoli precedenti: parte1, parte2, parte3, parte4



Il mattino seguente si svegliò al suono di qualcuno che bussava alla sua porta.

Aprì ancora mezzo assonnato per ritrovarsi per l'ennesima volta spiazzato di fronte al viso leggermente sorridente di Jun. Balbettò qualcosa di incomprensibile, costringendolo a soffocare una piccola risata prima di salutare: -Oggi si va in città, quindi la tuta non è richiesta... hai ancora da parte qualche vestito terrestre?- chiese l'alieno, fissando lo sguardo magnetico nei suoi occhi.

Sho annuì appena.

-Ottimo, bruciali. Non ti serviranno mai e comunque fanno veramente schifo. Ho preso in prestito questi, quindi cambiati e ti aspettiamo in mensa per la colazione- disse senza neanche una pausa Jun, consegnandogli un pacchetto in mano e andandosene all'istante, senza neanche aspettare la sua reazione.

Tornò nella propria stanza e aprì il pacchetto: i vestiti contenuti in esso erano certamente del tessuto e del modello tipico di Myrthas. Non ne conosceva assolutamente le usanze o i rituali dei festeggiamenti, ma in qualche modo la casacca a ventaglio lunga fino a metà coscia, i pantaloni a sbuffo fino alle caviglie e la fascia alta circa 15 centimetri gli ricordavano qualcosa fra l'indiano e il cinese... probabilmente anche quelli erano stati copiati o, per meglio dire, presi in prestito dai terrestri. Il materiale però era strano: a metà fra la seta e un cotone molto lavorato, aveva fili rilucenti che lo percorrevano nelle trame e al peso era leggerissimo, al tatto morbido e fine... ma pareva tutto sommato poco prezioso e più resistente delle stoffe raffinate della Terra. Il colore era anch'esso particolare: di un blu scuro molto intenso, ma con stampe rosso e arancione sulle spalle e il bordo inferiore dei pantaloni, simili a fiamme.

Lo indossò dopo una doccia e scese così vestito in mensa, dove riconobbe senza problemi il gruppo di coloro che sarebbero usciti per partecipare ai festeggiamenti, dato che indossavano tutti vestiti simili ai suoi, con pantaloni o bermuda o lunghe tuniche a pieghe. Il vestito di Masaki era giallo dalla stampa verde scura, raffigurante qualcosa di simile a delle nuvole; quello di Satoshi era color porpora, con ramificazioni di un nero intenso contrastate da foglie turchesi.

Jun aveva una tunica bianca con stampe di ogni tonalità di blu e azzurro e una fascia argentea che pendeva in lunghe frange dal fianco sinistro.

-Siamo tutti presenti?- domandò Nino dopo la colazione, sistemandosi il vestito da festa nero con saette dorate sui fianchi.

-Tacchon sta facendo rifornimento di biscotti- scherzò Maruyama, incrociando le braccia e infilando le mani nelle ampie maniche svasate del vestito arancione.

-Mi raccomando, siate gentili e spiegate loro qualcosa della città e delle festività...- disse Shingo per tentare di convincere Subaru e Nino.

-Non preoccuparti, Shinchan... ci pensiamo io e Junchan- lo rassicurò subito Yasuda, ridacchiando per le espressioni disinteressate degli alieni del fuoco e della luce. Sho si rese conto che Murakami indossava la sua solita tuta scolorita e gli domandò perché non si unisse a loro.

-Ho del lavoro arretrato da svolgere, non voglio che rimanga indietro per via delle festività. Se non faccio troppo tardi potrei raggiungervi in serata- rispose con il solito sorriso gentile.

Appena tutto il gruppo fu pronto, salutarono i ricercatori che avevano deciso di rimanere nella stazione e uscirono in giardino: il tempo esterno sembrava ottimo.

Si lasciarono guidare dagli alieni fino al limite estremo della stazione, dove una specie di posto di guarda composto da due persone in tuta da ricercatore controllarono i “documenti” degli alieni: Jun consegnò tre schermi come permesso di uscita degli umani.

-Potete andare... divertitevi- disse uno dei due poliziotti, restituendo tutti i piccoli palmari ai ricercatori e finalmente sorridendo, dopo la puntigliosa ispezione.

-E' così difficile chiedere un permesso di uscita?- chiese Sho, mentre percorrevano un lungo corridoio bianco fino alla vera e propria uscita dalla stazione.

-Avere i permessi per noi non è difficile, ma voi umani in teoria non potreste uscire... l'atmosfera al di fuori della stazione non vi permette di stare fuori per molto tempo. Abbiamo al massimo 5 o 6 ore, dipende da come i vostri corpi reagiscono- disse pacatamente Jun, senza guardarlo negli occhi.

Una porta automatica si aprì davanti a loro alla fine del tunnel: la luce potente del sole che illuminava il pianeta li investì, costringendoli a socchiudere gli occhi per abituarsi all'ambiente esterno. La stella che illuminava il pianeta sembrava lievemente più grande del Sole, visto dalla terra... per questo, probabilmente, la luce e il calore sembravano più intensi. Ma la cosa che più sorprese Sho, fu un improvviso senso di vertigine: come se un peso estraneo gli gravasse sul petto, non gli permettesse di respirare normalmente... sembrava come quando a Tokyo arrivava l'estate, umida e afosa. Ma la sensazione era amplificata.

-Va tutto bene?- chiese Tadayoshi, sostenendolo con una mano nel vederlo barcollare.

-Immagino di dovermi abituare un attimo...- rispose, asciugandosi il sudore sulla fronte: vide che anche Ohno e Aiba sembravano nella sua stessa situazione, tanto che Jun fece procedere il gruppo più velocemente sulla strada sotto il sole per raggiungere l'ombra di un grande albero dalle ampie foglie verdi.

-Se la situazione si facesse insostenibile, ditelo immediatamente: vi riportiamo subito alla stazione- disse Nishikido, aiutando Masaki a calmare il respiro affannoso. Maru spiegò loro qualche tecnica di respirazione, simile a quelle che avevano imparato in palestra il giorno prima.

-Anche per me resistere all'atmosfera è difficile, ma sono sicuramente più allenato di voi. Quindi vi insegno una tecnica: quando vi manca il respiro, mettete le mani a conca davanti a bocca e naso e respirate lentamente... in qualche modo aiuta- spiegò il non-elemento, mostrando il gesto da fare.

Spesero ancora qualche minuto all'ombra, aspettando di trovare il giusto ritmo di respiro per poter sostenere l'atmosfera opprimente per i loro corpi umani, poi diedero il permesso per procedere: era una sensazione strana, quella di dover controllare costantemente qualcosa di automatico come il respiro.

-Non ci vorrà molto prima che il tuo corpo capisca autonomamente come adattarsi all'ambiente... è solo il primo impatto che te lo fa sembrare impossibile- gli disse Maruyama, con il solito sorriso incoraggiante: sembrava che niente potesse turbare il suo carattere gentile e positivo.

Per distrarre gli umani, Nino e Subaru iniziarono a parlare del pianeta.

Myrthas era diviso in tre grandi sovrastati: Calidania, Nucturna e Tempesta. Calidania era lo stato più progredito, dove si trovavano le principali città e la loro unica, grande stazione di ricerca. Nella capitale di Calidania, Eterna, viveva ancora la stirpe reale che un tempo aveva governato l'intero pianeta e aveva imposto le leggi di somiglianza umana. Eterna era, per altro, la città in cui si stavano dirigendo.

-Perché una sola stazione di ricerca per tutto il pianeta?- domandò Sho, non reputandolo affatto un quesito sciocco: la grande potenza tecnologica che la Terra aveva raggiunto negli ultimi 500 anni era, per lo più, basata sul confronto e anche sulla concorrenza fra le diverse stazioni del pianeta. Come faceva la ricerca a progredire in un paese dove lo sviluppo tecnologico era affidato esclusivamente ad un gruppo omogeneo di ricercatori che, molto plausibilmente, giungevano ad una soluzione soltanto, senza possibilità di paragone?

Jun ci mise pochi secondi a smontarlo: -Te l'abbiamo già spiegato: la nostra ricerca è incentrata su pochissimi temi esterni allo sviluppo tecnologico: per quello siamo costretti a sottostare alla lentezza della ricerca umana-.

Riuscì a zittirlo all'istante, mentre il racconto su Myrthas continuava.

In Calidania si concentrava anche il commercio e la ricchezza del pianeta: la forma delle terre emerse di Calidania aveva un aspetto molto simile all'Eurasia terrestre. Alte catene montuose, fiumi di diversa portata, piccoli mari navigabili e gli immensi oceani che separavano i tre stati.

Nucturna era un enorme stato deserto: il freddo lo attanagliava per la maggior parte dell'anno e si diceva che solo pochissime popolazioni nomadi riuscissero ad abitare soltanto i lembi di terra più a sud, spostandosi in continuazione cercando le correnti oceaniche più calde a seconda della stagione. Il clima estremamente rigido, quindi, non permetteva dai tempi più remoti di viverci e, fatta eccezione per saltuarie spedizioni di ricercatori per la mappatura dei luoghi e la rilevazione di temperature e stato del sottosuolo, da sempre la popolazione di Calidania aveva considerato quel territorio prevalentemente insignificante, inutile. Tanto che la più recente divisione in tre stati li aveva quasi fatti dimenticare dell'esistenza stessa di Nucturna.

Tempesta, infine, era un altro stato semi-deserto. “Semi”, perché la leggenda voleva che in Tempesta vivessero le popolazioni di elementi ignoti che, nell'ombra, da anni stavano organizzando un grande impero capace di schiacciare Calidania e prendere il potere di Myrthas. Il clima di Tempesta era misto: c'erano luoghi di clima subtropicale in cui la pioggia non smetteva mai di cadere e il cielo rimaneva sempre scuro; zone desertiche scosse in continuazione da terremoti e cieli dove tuoni e fulmini non si placavano mai; alte rocce spoglie e appuntite di difficile scalata che raccoglievano la malvagia popolazione di Tempesta in vallate spoglie, al riparo dalla fauna selvaggia e pericolosa della zona.

Sho si interessò molto della leggenda sugli elementi ignoti: non era, chiaramente, nulla di verificato. La ricerca stessa nella regione di Tempesta era proibita da leggi severe, quindi nessuno poteva accertarsi di che tipo di popolazione abitasse quei luoghi.

I più superstiziosi ritenevano che, di tanto in tanto, qualche elemento ignoto, sotto falso aspetto, attraversava lo stretto braccio di mare che separava l'estremo sud di Calidania da Tempesta, e si mischiava con la popolazione autoctona, vivendo nell'ombra e mettendo al mondo bambini mostruosi con il solo intento di distruggere la supremazia di Calidania.

-Bambini di elementi ignoti?- domandò Sho.

-Credi che, quando nascono bambini di elementi ignoti, i genitori non siano ritenuti responsabili? Sappiamo tutti che gli elementi ignoti si possono sviluppare in qualsiasi famiglia, ma la popolazione non accetta questa verità con facilità... le famiglie che mettono al mondo i “mostri” vengono isolate, odiate... mandate in esilio in Nucturna o addirittura abbandonate al proprio destino sulle vicine sponde di Tempesta- disse con decisione e rabbia malcelata Nishikido.

Sho si trattenne dal fare la sconveniente domanda che gli era sorta fra i pensieri, ma Jun la sentì e lo trattenne per una manica, per potergli rispondere senza che gli altri se ne accorgessero: -Al momento della “trasformazione”, Yokoyama aveva in vita solo due fratelli minori. Non abbiamo più loro notizie da quasi dieci anni- rispose, con freddezza, guardandolo degli occhi.

Sho capì che il tuffo al cuore che provò subito dopo quelle parole non era assolutamente dovuto all'atmosfera del pianeta.

Con quel lieve dolore, proseguì la camminata verso Eterna, ascoltando distrattamente il discorso sul commercio e le produzioni tipiche della città: aveva i pensieri offuscati da domande, riflessioni personali e una paura insensata di poter perdere per sempre i propri fratellini... poter rischiare di non vederli mai più.

Eterna era costruita alle pendici di una lieve collina: il castello reale si ergeva dall'alto di essa, costruito con uno stile architettonico misto e sfarzoso. Le numerose guglie di stampo gotico si mischiavano, senza risultati strani o eccessivi, con cupole e arabesche di tipo mediorientale; anche i colori usati, l'ocra e il rosso porpora in prevalenza, richiamavano immagini di vecchi palazzi persiani stranamente incrociati con duomi medievali, come se la reggia fosse stata costruita nel corso di due periodi storici completamente diversi fra loro.

-Beh, più o meno è andata così...- sorrise Yasuda ai pensieri di Sho, pur aggiungendo di non capirci niente di architettura.

La città era piuttosto grande, ma nulla a confronto con Tokyo: dalla strada che avevano percorso per raggiungerla, strada che si inerpicava sulle alture attorno alla vallata dove Eterna era distesa, come un manto di piccole case, riuscivano a vederla tutta, fino ai limiti più estremi. Scesero lentamente per la strada fino alla valle, dove piccole e sparute case, simili a cascine, diedero loro il benvenuto nella città prima di raggiungere le grandi vie affollate.

Tutti gli abitanti si stavano dirigendo a piedi, come loro, verso il cuore della città, per iniziare i festeggiamenti: c'erano vestiti di ogni colore e stampa, visi allegri di uomini, donne e bambini... voci di ogni tipo che si mescolavano ad ogni angolo, ad ogni minuscola bottega che stava chiudendo le pesanti porte di legno in vista del periodo di riposo festivo.

Sho non aveva mai visto nulla del genere: la casa dei suoi genitori era in aperta campagna, lontana venti minuti a piedi dal paese che indicava come suo luogo di nascita, dove vi era solo una festa all'anno, ed era giusto un'occasione di incontro fra mercanti delle zone vicine per lo scambio e la vendita di merci alla popolazione. Per i quasi vent'anni che aveva vissuto con i propri genitori, vi era stato troppe poche volte e da troppo piccolo per potersi ricordare con precisione quelle festività.

Jun gli consegnò un piccolo fagotto e fece altrettanto con gli altri due umani: -E' il simbolo delle festività di Martha. Ognuno avrà questa bandiera, quando apparirà il re- spiegò.

Il tessuto leggero e fine sembrava lo stesso dei loro abiti, ma la lavorazione era sicuramente più preziosa: sulla base blu scura, come il cielo notturno, si stagliava una luna piena, dai deboli raggi ondulati, bianca come il latte; però, dalle sottili trame del materiale, si percepivano riflessi argentei e rossi.

-Martha è la luna madre, la luna rossa. Sonia è blu e Thea è verde... ecco perché la stampa del mio vestito è blu, anche se sono un elemento d'acqua- spiegò, indicandosi i lembi colorati delle maniche.

-Jun, posso chiederti una cosa?- disse Sho, mentre si avvicinavano alla piazza principale, facendosi largo tra la folla che si era stipata in tutte le vie adiacenti ad essa, per assistere al discorso del sovrano che avrebbe dato inizio alla festa. Jun si voltò a guardarlo negli occhi, con il solito sorriso: -Mi pare che tu non stia facendo altro da quando sei arrivato su Myrthas- scherzò, dandogli il permesso di parlare.

-Fa sempre parte delle leggi per essere più simili agli uomini quella di non permettere alla popolazione l'utilizzo di apparecchi elettronici?- chiese, guardandosi attorno: le persone, le case, le strade... tutto sembrava identico ad un qualsiasi paese della Terra.

-In parte sì, in parte no...- disse subito Jun: -Il padre dell'attuale re aveva chiesto una votazione su tutto il territorio di Calidania per sapere se la popolazione voleva assomigliare ai terrestri anche su questo aspetto, ma la votazione ha raggiunto un risultato intermedio: non abbiamo sviluppati oggetti tecnologici alla portata di tutti, ma c'è l'elettricità, la linea telefonica... diciamo che il popolo ha preferito mantenere solo quei vecchi stili di vita terrestre che permettono a tutti un certo benessere- spiegò, mentre entravano nella piazza: -E' tutto capitato dopo la vostra Grande Guerra Tecnologica-.

-Anche sulla Terra si sarebbero dovuti prendere certi provvedimenti...- pensò ad alta voce Sho.

Si erano fermati vicino ad una colonna del portico che circondava l'intera piazza, gremita di gente: Subaru indicò l'enorme balcone di una vecchia, lussuosa casa in stile ottocentesco europeo, dal quale il re avrebbe parlato.

-Sho, ascolta...- disse Jun, riportando all'improvviso l'attenzione dell'umano su di sé, prendendolo per una spalla: -Gli umani, noi “alieni”... non siamo così semplici da capire, tutti quanti. Ci sono diverse motivazioni per cui sulla Terra le cose vanno in un modo, e qui vanno in un altro. Gli umani agiscono secondo il caso, non avendo la Conoscenza... secondo impulsi e secondo paura. Terminata la Grande Guerra Tecnologica, nessuno avrebbe voluto che la popolazione potesse continuare a poter gestire privatamente il minimo apparecchio elettronico... così non c'è stata una scelta, si è deciso “piuttosto che tutto, niente”. Qui è diverso... lo capirai più avanti...- disse, terminando con una voce lieve, vagamente percepibile fra il vociare della folla.

Ma Sho poteva sentirlo chiaramente: erano vicinissimi, Jun lo teneva ancora per una spalla, voltato verso di sé.

-Eppure anche qui siete spesso oppressi da leggi antichissime, forse troppo per permettere il vero benessere della popolazione...- rispose allora lui, colto nel vivo: se i terrestri sembravano sottomessi ai potenti che avevano vinto la Grande Guerra, allora cosa potevano dire gli abitanti di Calidania, da sempre costretti a sembianze umane, costumi umani e addirittura linguaggi e limitazioni di pensiero esclusivamente terrestri?

-Capirai presto...- ripeté Jun, in un sospiro... lo sentì, caldo contro la pelle sensibile del collo, e rabbrividì.

In quell'istante cadde il silenzio e, dalle tende del balcone reale, che vennero tirate, apparve la famiglia reale.

Il sovrano era un uomo alto ed elegante, sulla quarantina.

Indossava un normalissimo abito gessato, che però risaltava in quella folla di colorate vesti: forse sempre la solita antica costituzione prevedeva che il re vestisse solo abiti civili, cosa che gli fece venire in mente paragoni con la storia antica terrestre. Con l'uomo, che portava solo una coccarda bianca e rossa sul petto, vi erano due figlie femmine di circa vent'anni e un piccolo erede maschio, di circa sei o sette anni. La moglie era vestita di bianco, ma gli orli del vestito dall'ampia veste e le maniche a sbuffo, erano color porpora. I giovani reali erano tutti vestiti di rosso o blu scuro.

Il re alzò la mano, avvicinandosi con due solenni passi alla balaustra, e cominciò a parlare: -Cittadini di Eterna e abitanti di Calidania- disse: nel silenzio, il suo timbro caldo e potente, risuonava fra i muri della piazza senza bisogno di una qualsiasi cassa di risonanza per l'amplificazione del suono.

Fece il discorso che chiunque si sarebbe aspettato da un reale: parlò della propria stirpe, delle feste di Martha, dell'importanza del ciclo lunare per il pianeta. Sho si annoiò presto: probabilmente le sue aspettative erano altre. Non vi era stato un minimo accenno agli altri stati, praticamente neanche presi in considerazione, non si era parlato delle leggi per somigliare alla Terra e neanche una parola sugli elementi ignoti. Dal tono usato dal re, sembrava che quei “problemi” neanche lo riguardassero, come se fosse del tutto all'oscuro dei problemi di politica interna del proprio paese. Da quello che Sho sapeva, poteva anche essere così.

Quando il discorso finì, si rese conto che tutti, attorno a lui, stavano battendo le mani. E che il resto della famiglia reale era rimasta immobile per tutto quel tempo, attendendo la fine della cerimonia di apertura per tornare, con il sovrano, dentro il palazzo.

La folla li salutò sventolando le mani e le bandierine della festività, poi la musica si diffuse dal centro della piazza alle vie che la circondavano, finché tutta la città risuonava di canti, flauti e chitarre. La piazza si svuotò ben presto: le persone si dirigevano verso i palchi per seguire gli spettacoli o al mercato per comprare cibarie o oggetti di nuova fabbricazione.

-Te lo dico sempre che se non fai uscire tutti quei pensieri dalla testa poi scoppi- lo riprese Subaru, sorprendendolo a fissare ancora il balcone reale.

Sho scosse la testa, per poi sorridere. Jun lo prese per la manica della veste prima che potesse avviarsi verso il mercato con gli altri.

-Ho un posto dove voglio portarti, ricordi?- disse, sforzando uno strano sorriso.

Sho annuì, mentre gli altri davano loro appuntamento per potersi godere assieme i fuochi d'artificio che avrebbero concluso il primo giorno di festività.

Jun li guardò allontanarsi per poi parlare: -Il tuo stato d'animo mi preoccupa- disse, guardandolo negli occhi. Sho si accorse che non lo diceva con la solita aria di superiorità: sembrava davvero in pensiero... la luce che gli illuminava le pupille sembrava spenta.

-Scusami forse... anzi, hai proprio ragione. Mi ci vorrà del tempo per capire completamente questo pianeta- disse. Non aveva altre parole: era vero che il discorso del sovrano l'aveva lasciato in qualche modo deluso, e non poteva evitare che trasparisse dalla insicurezza che provava. Jun fece un breve gesto con la mano, come se cancellasse la conversazione dall'aria, poi si incamminò verso la via opposta a quella che avevano preso gli altri ricercatori.

In breve tempo lasciarono le vie affollate della città e passarono per stradine tortuose e sempre più in salita, fra boschetti di alberi da frutta profumati e sparute villette circondate da giardini rigogliosi. Non parlarono per tutto il cammino: Jun lo aggiornava solo su quanto mancava o sul percorso che dovevano seguire per raggiungere il suo paese natale.

Alla fine si scoprì che non era per nulla lontano: le case sembravano le stesse di Eterna, solo disposte bizzarramente tutte attorno ad una collina piuttosto ripida. La casa di Jun era quasi in cima e mentre le percorrevano si accorse che anche per quelle ripide stradine si stesse festeggiando Martha, sebbene meno maestosamente.

-Il dolce!- esclamò d'un tratto Sho, indicando la torta che aveva assaggiato appena arrivato su Myrthas su una bancherella vicina e facendo quasi spaventare il venditore, che si mise poi a ridere vedendo il sorriso di Jun. Dopo l'equivoco, comprarono entrambi uno di quei dolci per scusarsi con il venditore, per poi giungere a destinazione: una bambina corse immediatamente fuori dal cancelletto della villa a cui Jun si stava dirigendo, gridando a gran voce il suo nome. Gli saltò in braccio facendolo ridere.

-Sonoko!- gridò una donna apparendo subito dopo, probabilmente rivolta alla bambina: -Quante volte ti ho detto di non fare così???- la riproverò, mentre la piccolina prima nascondeva il visetto vispo contro la spalla di Jun, poi sollevava gli occhioni color nocciola per incontrare lo sguardo sconvolto di Sho.

-Zio, chi è lui?- chiese Sonoko, indicando Sho con il dito.

-Lui è il nostro ospite di oggi, Sonoko... si chiama Sho- spiegò l'elemento dell'acqua con pazienza e dolcezza, un tono che Sho non gli aveva mai sentito. Poi Jun si avvicinò alla madre della bambina e la baciò sulla fronte con affetto, per poi restituirle la bambina. Sho aveva notato subito la somiglianza fra i due: non ci fu bisogno che si presentasse come Rie, sorella di Jun.

Entrarono tutti e quattro: era una piccola casa di due piani, con un salotto e una cucina al primo e i servizi sotto la scala che portava alle stanze da letto. La madre di Jun, una donna che conservava la sua bellezza intatta anche con il passare degli anni, li aspettava in cucina come se Jun l'avesse già informata del loro arrivo. Il padre strinse forte la mano di Sho appena si presentarono: era un ricercatore in pensione e si era occupato dello studio sugli umani prima del figlio.

Chiesero subito del discorso del sovrano: Jun si sedette a tavola concedendo alla nipotina di salirgli in braccio e iniziò a commentare il discorso punto per punto, facendo paragoni con gli anni passati o con gli eventi politici recenti.

-Insomma, non possiamo pretendere che tenga ogni anno un comizio su cosa non vada bene nel paese... è un discorso in onore della festività- disse infine il padre, per poi voltarsi a guardare Sho al suo fianco e chiedere, con gentilezza: -Ti è piaciuta Eterna?-.

Rispose sinceramente: era il primo grande paese non-tecnologico che vedeva, l'aveva colpito.

Durante il pranzo, parlarono a lungo di molti argomenti: le somiglianze e le differenze fra la Terra e Myrthas, le antiche credenze, le decisioni prese dal re leggendario di Calidania in tempi di guerra. Il padre di Jun gli spiegò con pazienza i motivi storici che avevano portato alla costituzione e alla conservazione di essa fino ai tempi attuali. Ben presto Sonoko si addormentò in braccio allo zio, che la portò al piano superiore perché riposasse sul suo lettino.

-Un popolo come il vostro, che da sempre vuole raggiungere la massima conoscenza possibile, a primo impatto sicuramente non capirebbe le nostre motivazioni. Ma un tempo, quando tutta Myrthas era popolata da elementi allo stato primordiale, confusi e caotici con la conoscenza del Tutto, questo paese era “immobile”, succube a tutto. Presto forse ti accorgerai... la Conoscenza implica nostalgia e tristezza. Cosa ti spinge a condurre una vita quando sai, hai già vissuto tutto? Nulla ti sembrerà migliore, nulla ti spingerà a migliorarti... il nostro re lo sapeva, come tutti. Per primo aveva esplorato la mente dei terrestri e capito quanto i nostri pianeti fossero simili... per primo aveva visto un'utilità nel vostro modo arretrato di vivere e pensare. E una comodità nelle forme del vostro corpo- diceva con semplicità l'uomo, mentre la madre di Jun offriva ai figli e all'ospite una specie di caffé: il gusto era simile, ma il colore era molto più chiaro, simile al latte di mandorle.

-Con questi corpi potete lavorare, pensare e sviluppare le idee... ma soprattutto potete toccarvi, esprimere sentimenti, riprodurvi. Per noi era importante trovare un punto d'incontro fra l'eccessiva forza dei nostri elementi e gli istinti che provavamo: la voglia di vivere, di trovare una motivazione per amarci reciprocamente, di iniziare una civiltà. Il re compose la costituzione, riunì un popolo, diffuse in tutta Calidania la capacità di imitare i terrestri e si impose come regnante sulla popolazione umanoide appena plasmata, costituendo un unico regno sui vari stati, tentando di diffondere ovunque la pace e il nuovo stile di vita-.

Sho annuiva, completamente assorbito dal discorso: il dialogo pacato con il ricercatore ormai in pensione gli stava placando l'animo dai dubbi e convincendo lentamente del giusto funzionamento di Myrthas.

-All'inizio tutto sembrava perfetto: il popolo aveva rinunciato alla completa elementarietà e alla Conoscenza per scoprire i propri sentimenti, sviluppare le proprie idee con la giusta lentezza, condurre delle vite “normali”. Vincemmo delle guerre importanti contro dei pianeti vicini, il re e la costituzione vennero sempre onorati e alla morte del primo, quest'ultima non venne mai abbandonata. I primi problemi iniziarono a nascere quando apparvero i primi frutti della trasformazione imposta...- disse gravemente l'uomo, guardandolo negli occhi.

Jun si mosse, attirando l'attenzione su di sé: -Ascolta con attenzione, Sho... è probabile che fino alla tua trasformazione non sentirai parlare di queste cose- disse, con una lieve ironia nella voce. In fondo aveva intuito che al centro di ricerca molte cose venivano omesse... e il gruppo di cui faceva parte tendeva ad andare contro questa leggera (non sapeva quanto) omertà.

-Nacquero dei bambini senza elementi. E' la norma che per i primi anni l'elementarietà sia assopita, ma questi non presentavano alcun segno di elemento per parecchi anni... e poi vennero gli elementi ignoti. Ce ne sono di diversi tipi, ma tutti sono caratterizzati da una forza incontrollabile, una degenerazione dell'elemento e un colore nero intenso. Alla prima apparizione tutti temettero che fosse un segno dell'ira del Fato contro la popolazione che aveva osato ribellarsi alla propria natura, ma i regnanti si rifiutarono di emendare la costituzione e diffusero false notizie sugli elementi ignoti. Vennero sterminati i primi ceppi del “morbo” (si credeva fosse una malattia, non un tipo di elemento creatosi “artificialmente” a seguito delle trasformazioni) e si diffuse la leggenda che fossero stati degli infiltrati alieni, riproducendosi con la popolazione locale, a creare il nuovo tipo di elemento. Myrthas rischiava il collasso ogni volta che uno di essi raggiungeva la completa degenerazione e fu una delle prime volte che si aggiunsero leggi alla costituzione per permettere ai ricercatori di creare barriere, macchinari e blocchi per contenere la potenza dell'elemento. Altre leggende dicono che gli elementi vengono dalle popolazioni reiette di Tempesta, ignorate fino a quel momento dai regnanti di Calidania, oppure frutto di esperimenti mal riusciti per contenere l'elemento nel momento in cui il primo re aveva imposto l'umanizzazione. Non si seppe mai la verità, anche se gli scienziati sanno con certezza che l'elemento ignoto è completamente autoctono e frutto della degenerazione dei nostri stessi elementi. Per scelta e si può dire per ipocrisia, si lasciò la popolazione all'oscuro delle ricerche per molto tempo, con la paura che capissero quanto può essere pericolosa l'umanizzazione subita, e si permise che sterminassero barbaramente i bambini nati con elemento ignoto, o inventassero leggende per diffondere la paura e il razzismo dei tempi antichi: si scatenarono guerre intestine, la famiglia regnante e la costituzione sembrarono cadere, poi gli scienziati provarono con un esperimento che gli elementi ignoti potevano guarire: si parla dei tempi dei miei genitori, i nonni di Jun e Rie- ricordava a fatica il ricercatore, chiudendo gli occhi per concentrarsi sul racconto: -Era un esperimento segreto, compiuto in condizioni sconosciute. Tutt'ora non si sa con certezza se è stato veramente compiuto o è stato semplicemente inventato o falsato il risultato per placare gli animi della popolazione: non esistono documentazioni e non si sa il nome del paziente. Ma la popolazione disperata per la guerra civile e esasperata dalla situazione vi credette immediatamente, e il regno resse. Da allora la costituzione non è mai più stata messa in dubbio e venne subdolamente rafforzata con miti e leggende... e forti pressioni sulla popolazione, per mezzo di propaganda e feste popolari create ad arte-.

-E' possibile che quell'esperimento ci sia stato?- chiese Sho, con il cuore in gola: pareva avere all'improvviso riacquistato vita e colore. Jun lo osservò a lungo, perdendosi in quello sguardo intenso e pieno di sentimento che, tuttavia, non era diretto a lui. Sentì uno strano calore nel corpo.

-Possibile... probabile. Nei quarant'anni che ho lavorato alla stazione di ricerca non ho mai sentito o letto nulla a riguardo. Scetticamente, si potrebbe pensare che sia stato solo inventato da dei sostenitori reali per placare la guerra. Ma una cosa è certa: in quel periodo le ricerche sugli elementi ignoti erano continue, quindi degli esperimenti sono per forza stati fatti. Forse non è del tutto impossibile riprodurre l'esperimento che divenne leggenda. O forse non è così improbabile che possa, in futuro, essere scoperto per davvero- terminò il racconto il padre di Jun, sorridendogli: doveva aver provato anche lui, come un'onda empatica, i sentimenti forti che agitavano l'animo di Sho. Guardò verso il figlio, pietrificato al suo posto con lo sguardo perso e intuì tutto, senza parlare.

Parlarono ancora a lungo, mentre il sole iniziava a tramontare.

Quando si prepararono per uscire, la madre di Jun regalò loro dei biscotti alle erbe e Sonoko, tornata dalla passeggiata per i boschi con sua madre dopo il riposino, donò a Sho delle bacche selvatiche: erano ottime contro il mal di testa e la stanchezza. Rie lo confermò: faceva l'erborista.

Si incamminarono in silenzio verso Eterna, gli occhi di Sho che ancora brillavano di pensieri audaci e carichi di speranza nella luce rossa del tramonto: Jun lo spiava di tanto in tanto, senza riuscire a trovare il coraggio di prendere la parola.

-Sei diverso dal solito- si accorse infine Sho, mentre percorrevano le prime strade affollate della capitale.

Jun scosse la testa, riprendendo il controllo di sé: -Ti sono grato per avermi accompagnato a casa. Sapevo ti avrebbe fatto piacere la presenza di mio padre, anche se speravo di poterti mostrare il mio paese prima del tramonto: invece papà parla un po' troppo- scherzò.

-No, sono io che ti devo ringraziare: mi sono molto divertito questo pomeriggio. Dopo i pensieri negativi di questa mattina (dei quali mi scuso), non poteva esserci cura migliore!- esclamò, facendo voltare alcuni passanti per il tono di voce. Jun nascose una risata dietro la mano, facendolo sorridere.

Quando si ricongiunsero con gli altri, li trovarono nel bel mezzo della festa: Ohno aveva assaggiato moltissimi cibi tipici del pianeta e, soprattutto, seguito a ruota Subaru nella degustazione di liquori. Aiba e Maru si erano appassionati a dei giochi alla fiera e avevano vinto dei pesciolini colorati e qualche dolciume.

Osservarono i fuochi d'artificio seduti sulle mura della cittadella, che portavano alla strada sopraelevata per il castello reale. Erano talmente intensi e rumorosi che Sho a malapena coglieva le grida di giubilo dei suoi compagni: rimase affascinato a osservare il cielo colorarsi e scoppiare per tutta la durata dello spettacolo, tanto che non si accorse subito della mano di Jun che timidamente si univa alla sua. In un tacito accordo si scambiarono un sorriso e l'elemento dell'acqua appoggiò delicatamente la testa sulla sua spalla, nascosti dal buio e dalle attenzioni degli altri rivolte ai fuochi notturni.

:g: arashi, p: sakumoto, gnr: future, r: pg-13, p: subassan, g: kanjani8, gnr: au, p: yokohina, gnr: fantasy

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