Era una notte senza luna, perfetta per un lavoro da sicario come quello.
“Ma io non sono un volgare assassino che uccide nell’ombra!” pensò stizzito Ryo, inciampando per l’ennesima volta.
No, lui era un samurai, educato secondo i rigidi principi del codice e dell’arte cavalleresca.
Ma proprio per quello, era obbligato a eseguire gli ordini.
Arrivato ai piedi del basamento in pietra del castello, si acquattò nell’ombra a studiare i movimenti delle fiammelle sopra di lui che indicavano la presenza di sentinelle.
La sorveglianza non era molto stretta quindi approfittò di un momento di buio totale per arrampicarsi lungo la parete, per sua fortuna, era sempre stato molto agile e in questi casi, la sua bassa statura tornava a suo vantaggio (anche se gli scocciava ammetterlo).
Trovò un pertugio libero e vi si infilò. Aveva studiato a memoria la piantina dell’edificio, quindi si diresse a passo sicuro verso le stanze della principessa.
Era l’unica figlia superstite dello shogun, per questo appariva raramente in pubblico, ma visto che il padre era ormai vecchio e malato avrebbe presto ereditato il regno. Eliminandola, il paese sarebbe sprofondato nel caos e a quel punto, forte del suo esercito privato, il daimyo di Ryo si sarebbe impadronito del potere.
Quello era il piano. Ma a Ryo non importava granché, gli importava solo il fatto che era stato scelto per compiere un bieco assassinio, di una fanciulla indifesa per di più.
Quel che rimaneva del suo senso dell’onore faceva a pugni con il desiderio di mettersi deliberatamente in situazioni pericolose, sperando prima o poi di rimanere ucciso. Per questo si era praticamente offerto volontario per la missione.
“Meglio morire piuttosto che vivere così” si diceva pensando al suo maestro.
Era arrivato nelle stanze della principessa.
L’ambiente era illuminato da una fioca luce e vi aleggiava un leggero profumo di fiori.
Ryo si avvicinò al paravento dietro al quale si muoveva un’ombra, ma prima che potesse realizzare che lo superava di quasi due spanne e che era decisamente troppo grossa per appartenere a una principessa, con un movimento fluido l’ombra scivolò oltre il paravento, estrasse una corta katana dalle vesti e incrociò la lama con la spada che Ryo aveva appena fatto in tempo ad estrarre per puro istinto.
I suoi occhi incontrarono quelli di un giovane molto bello, anche se i tratti del viso dolci e morbidi potevano sembrare femminili, visto che era a torso nudo Ryo potè constatare che si trattava di un uomo.
“Principe!”
“Tacchon!”
Due voci risuonarono nel silenzio.
Ryo si distrasse ancora una volta e il principe Ohkura ne approfittò per disarmarlo. La sua spada rotolò sul pavimento.
“State bene?” chiese preoccupato il più basso dei due servitori accorsi. Nonostante la voce di timbro maschile, indossava un variopinto kimono femminile. Ryo era sempre più interdetto.
“Tutto a posto. Pensavo fosse Maru che faceva i suoi soliti scherzi e non l’ho ucciso sul colpo” spiegò con tutta calma Ohkura.
“Io non faccio scherzi del genere!” protestò la terza persona, invece che la katana brandiva una lunga lancia.
“Era da un po’ che non ci provavano, vero? A che numero siamo arrivati, Yassu?” chiese poi.
“Una dozzina, mi pare” rispose l’altro.
A quel punto, Ryo decise che ne aveva abbastanza e sbottò: “Veramente io dovevo uccidere una principessa”
Ci fu un attimo di silenzio, poi i tre scoppiarono a ridere.
“E’ colpa della mia ” spiegò il principe indicando Yassu “dice che i kimono femminili mi donano di più e nelle occasioni ufficiali me li fa indossare”
“Piuttosto, non mi sembri un ninja…perché hanno incaricato un samurai di un tale compito?”
Ryo non seppe cosa rispondere, ma in quel momento entrò un altro personaggio: basso, con i capelli lunghi e neri raccolti sulla nuca e un ispido pizzetto sul mento.
“Cosa mi sono perso?” chiese
Yassu ricapitolò la situazione.
“Bene, quindi lo faccio fuori?” fece Subaru rivolto al principe che aveva continuato a fissare l’intruso tenendo la lama a mezzo centimetro dalla sua gola.
“Mmmm…no, vorrei interrogarlo” disse poi “domattina però: adesso ho sonno e vorrei andare a dormire. Mettetelo in prigione.”
Maru afferrò Ryo per un braccio e lo spinse via.
“Temo che il primo consigliere non sarà contento…” sentì dire a Subaru prima di essere trascinato nelle segrete.
Difficile dire quante ore passarono: nelle celle non c’erano finestre che lasciassero filtrare la luce del sole, ma quando Ryo si stava abituando al buio denso e dall’odore di muffa ricomparve il principe seguito da due volti nuovi: un uomo vestito completamente di nero, cosa che denotava la sua appartenenza alla casta dei diplomatici, dal volto pallido e un uomo poco più basso di lui che reggeva una torcia e portava diverse armi sotto le vesti.
“Sarebbe lui?” si informò il primo ministro.
Il principe fece un cenno di assenso col capo e Ryo pensò che scambiarlo per una ragazza non era poi così difficile…ed era veramente bello.
Rimase in un ostinato silenzio per tutto l’interrogatorio del consigliere, quando l’uomo che reggeva la fiaccola si avvicinò alle sbarre illuminandolo meglio.
“Yoko, aspetta…” mormorò
“Ti pregherei di non chiamarmi così quando siamo in pubblico, Hina” fece lui stizzito
“E tu non chiamarmi , allora…” ribattè lui per poi riprendere la frase che aveva interrotto “Conosco queste insegne” disse indicando i simboli sul kimono di Ryo “sono dei discepoli del maestro Saito del feudo di Taira”
“Ma avevo sentito che il sensei è morto e…”
“…il feudo è stato annesso” concluse Ryo aprendo bocca per la prima volta.
“Quindi sei passato dalla parte dei nemici” disse Yoko. Era una constatazione, non una domanda e Ryo alzò le spalle.
“La situazione potrebbe essere più grave del previsto, ministro” disse Hina marcando l’ultima parola
“Hai ragione, Shingo” convenne Yoko facendo altrettanto “Suggerisco di tenere ancora un po’ il prigioniero, potrebbe darci ulteriori informazioni, a tempo debito…”
“Spiacente ma se conoscevate il mio maestro, sapete bene che il codice è più importante della vita e non posso tradire il mio signore” affermò Ryo.
“Anche se è la persona che ha causato la morte del tuo maestro?” domandò il principe Ohkura.
Ryo rimase spiazzato dalla domanda, era la stessa che si ripeteva da giorni e a cui non aveva ancora trovato risposta.
I tre se ne andarono senza aggiungere altro, lasciandolo di nuovo nel buio con quell’interrogativo sospeso nel vuoto.
Verso metà giornata, arrivò Yassu con una ciotola di riso e una zuppa di miso. Lo guardava con occhi curiosi e sembrava volergli fare un sacco di domande ma prima che potesse aprir bocca sopraggiunse Subaru.
“Non riesco a concentrarmi negli allenamenti, potresti venire a suonare lo shamisen per me?” gli chiese con voce molto dolce.
“Certo!” rispose entusiasta Yassu.
Subaru si voltò a fissare Ryo per un attimo e poi disse con tutt’altro tono rispetto a prima : “Conoscevo il tuo maestro, mi dispiace per la sua morte”
“Grazie” rispose non sapendo bene come reagire.
Dopo aver mangiato, Ryo decise che era inutile stare all’erta o pensare ad evadere perciò provò a rilassarsi e dormire un poco.
Ma da tempo non riusciva a dormire tranquillamente perché in sogno riviveva sempre il giorno in cui il sensei e la maggior parte dei suoi compagni erano morti, il daimyo presso cui prestavano servizio aveva ceduto il suo feudo all’usurpatore e lui si era ritrovato a servire la persona che più detestava al mondo.
Si svegliò di soprassalto e sentì la voce profonda del principe chiedere: “Hai avuto un incubo?”
Era solo. Aveva appoggiato la torcia su un infisso di ferro per cui, probabilmente, era lì già da un po’ di tempo.
“Che ci fate qui?” chiese Ryo ancora confuso tra sogno e realtà.
“Volevo parlarti” fece Ohkura avvicinandosi alle sbarre “senza altre persone intorno”
“Ho qui la tua spada e le chiavi della cella” proseguì mostrando entrambi gli oggetti.
“Avete intenzione di liberarmi?” chiese Ryo incredulo
“Sì”
“Ma potrei tentare di nuovo di uccidervi…” tentò di dire
“Ti ho sconfitto una volta. Penso di poterlo rifare” fece con naturalezza il principe e un lampo di rabbia e frustrazione passò negli occhi di Ryo.
“Però” continuò Ohkura “secondo il codice avresti due possibilità: suicidarti e conservare quel poco di onore che ti resta… o passare al mio servizio. Dopotutto, adesso la tua vita mi appartiene.”
Ryo rimase completamente spiazzato, lo sguardo magnetico con cui lo fissava il principe gli impediva di mettere in fila pensieri coerenti.
“Passa al mio servizio e ti restituisco la libertà” ripeté Ohkura.
“Accetto” rispose Ryo
Il principe fece girare la chiave nei pesanti cardini della porta della cella e le sbarre si aprirono.
Ryo ci mise un poco a ritrovare l’equilibrio dato che le gambe erano rimaste inattive per molto tempo. Fece per tendere la mano verso la sua spada ma il principe la ritrasse.
“No, per avere indietro la tua katana c’è un’altra condizione” gli disse
“Ovvero?” chiese Ryo perplesso.
Il principe si avvicinò ancora di più e lo costrinse contro il muro.
“Baciami” sussurrò a un soffio da lui.
Con un po’ di titubanza, Ryo appoggiò le proprie labbra a quelle morbide e carnose del principe che immediatamente rispose al bacio con maggior passione e Ryo venne travolto da un’ondata di emozioni e desiderio brucianti.
Affondò una mano nei capelli soffici e profumati di Ohkura per portarlo ancora più vicino a sé mentre gli mordicchiava con furia le labbra.
Un rumore al piano superiore li fece separare bruscamente.
“Non male” commentò il principe con un sorrisetto furbo stampato in faccia passandosi un dito sulle labbra.
Riconsegnò la spada a Ryo e lo condusse nei suoi appartamenti.
In una delle stanze c’erano Maru e Yassu che guardarono stupiti prima Ryo poi Ohkura quando entrarono.
“Credo sia il caso di fare presentazioni più appropriate” disse il principe “Lui è Yasuda Shota, la mia ancella - non farti domande- mentre lui è Maruyama Ryuuhei, la mia guardia del corpo”
“E amico di infanzia!” aggiunse in fretta Maru “E lui chi sarebbe?” chiese indicando Ryo
“Nishikido Ryo…” iniziò a presentarsi lui
“…il mio amante” concluse con noncuranza Ohkura “E’ pronta la cena? Sto morendo di fame…” aggiunse poi ignorando completamente le facce sconvolte di Yassu e Maru e quella imbarazzata di Ryo.
A cena si aggiunsero anche il primo consigliere Yokoyama Yuu e il maestro d’armi Shibutani Subaru. Mancava però la guardia del corpo del consigliere: Murakami Shingo.
“Come mai non c’è Shinchan?” chiese Yassu
“E’andato in missione…ma dovrebbe essere già di ritorno…” rispose Yoko lasciando trapelare una nota di preoccupazione.
Ma in quel momento Hina entrò nella sala: aveva il volto preoccupato e un taglio lungo il braccio sinistro.
“Brutte notizie: stanno attaccando il castello” disse laconico “come sospettava Yoko, quando il piano per uccidere il principe è fallito, hanno deciso di approfittare dell’assenza dello shogun per attaccarci”
“Odio quando mi interrompono durante i pasti” sospirò Ohkura, poi guardò i presenti “Sapete cosa fare”
Immediatamente, Subaru si alzò per andare a disporre la difesa del castello, seguito a ruota da Yassu. Il principe, Maru e Ryo si diressero verso la porta centrale, il luogo più alto delle fortificazioni.
“Hina…”fece Yoko sfiorandogli il braccio ferito.
“Tranquillo, è solo un brutto graffio” rispose lui con un sorriso “E’ meglio se ti porto lontano da qui,no?”
“Non importa, se ci stanno circondando non andremo lontano, prestami una delle tue armi piuttosto” rispose Yoko.
Nonostante Subaru fosse un ottimo stratega e le difese del castello fossero ben costruite, i nemici erano superiori di numero e presto riuscirono a entrare.
“Dobbiamo resistere ancora un po’! Stanno arrivando i rinforzi!” urlò Maru gettandosi nella mischia.
Ryo combatteva poco distante ma, abbattuto il suo avversario, vide con la coda dell’occhio un movimento alle spalle del principe.
“Ohkura!”
La sua lama disegnò un ampio squarcio sul petto dell’aggressore che cadde a terra senza fare alcun suono.
“Grazie” mormorò il principe.
“Ora siamo pari” disse Ryo
“Non ancora” ribattè Tacchon e lo avvicinò a sé per baciarlo.
Ryo si lasciò andare e per un attimo dimenticarono tutto quello che li circondava fino a quando non sentirono la voce di Hina gridare:
“Scusate! Ma noi staremmo combattendo qui!”
In quel momento il suono gutturale di un corno echeggiò per tutto il castello annunciando l’arrivo dell’esercito reale.
Con l’arrivo dei rinforzi, la situazione numerica era volta in favore delle forze dello shogun ma ci volle ancora un’ora di furiosi combattimenti prima di riuscire ad avere ragione dei traditori.
A fine battaglia erano tutti malconci ma illesi, anche se Yoko aveva rotto l’arma a forma di falcetto che gli aveva prestato Shingo, cosa per cui era stato debitamente rimproverato.
Il giorno seguente, vennero convocati a riunione dallo shogun che si complimentò per il coraggio e la forza dimostrati in battaglia, poi si interessò alla vicenda di Ryo e tutti ascoltarono la storia con attenzione.
“Provvederò a restaurare il feudo di Taira in modo che tu possa farvi ritorno” concluse infine lo shogun.
“O preferisci rimanere?” chiese notando il fremito che aveva avuto il figlio, seduto accanto a lui, a quelle parole.
Ryo guardò Tacchon negli occhi e rispose sorridendo:
“Rimango”.