Eccomi qui con l'ultimo capitolo di questa storia e un epilogo che non è degno di essere definito tale. Chiedo scusa per averci messo tanto tempo, ma ho problemi con la connessione. Buona lettura ^^
Titolo: Senza te non vivo più
Fandom: Arashi
Genere: Romantica
Pairing: Sakumoto
Rating: pg-15
Declaimer: gli Arashi non sono e miei e non lo saranno mai T__T (benchè io mi ostini a pensare il contrario)!!!
Capitoli precedenti:
Capitolo 1 ,
Capitolo 2 ,
Capitolo 3 ,
Capitolo 4 ,
Capitolo 5 Capitolo 6
Per il secondo giorno Sho aveva organizzato una gita in barca.
Accompagnati dal proprietario dello scafo, un certo Kagakatsu, esplorarono la costa e si divertirono come bambini durante l’immersione.
Senza separarsi mai seguirono i pesci con i colori più accessi e quelli più buffi, gesticolando tra loro si presero in giro e nuotarono insieme.
Si abbronzarono un poco, si tuffarono dalla barca, si schizzarono a vicenda e si fecero i dispetti.
Si sentivano come due adolescenti che passavano la loro prima vacanza insieme; si sentivano allegri e spensierati.
Si avvicinò il momento del rientro e il signor Kagakatsu, che si era divertito molto a passare la giornata con loro li invitò a cena.
Jun e Sho passarono una splendida serata in compagnia della sua famiglia, assaggiarono una varietà infinita di piatti a base di pesce.
Quando si fece tardi, i due salutarono la famiglia che li aveva gentilmente ospitati e mano nella mano tornarono verso il loro faro.
Sfiniti dalla giornata si addormentarono immediatamente, le mani sempre intrecciate.
La mattina seguente arrivò il signor Yoshida.
Finita la colazione e sistemati i bagagli, il signor Yoshida li riaccompagnò al porto del paese. I due si congedarono dall’uomo che gentilmente aveva dato loro la possibilità di soggiornare al faro e si diressero verso la stazione per poter raggiungere la città di Nagasaki. Fortunatamente non era l’ora di punta ed era una giornata infrasettimanale, il treno era abbastanza vuoto.
In poco tempo arrivarono a Nagasaki. Per prima cosa si diressero all’hotel per lasciare le borse, poi iniziarono un giro di visita ai diversi templi presenti nella città. Nagasaki è la città che rappresenta la multi etnicità. Sho voleva mostrare a Jun come in una nazione come il Giappone, che per molto tempo rimase chiusa agli scambi commerciali, all’influenza da parte di altre culture e religioni, si sia potuta formare una città come Nagasaki; sono presenti templi shintoisti, ma anche buddhisti, chiese e cattedrali cristiane, templi della dottrina di Confucio.
Una città aperta agli scambi e alle diversità dell’umanità.
Sho parlava in continuazione, Jun lo ascoltava: ammirava il suo spirito di organizzazione, il profondo impegno che metteva in tutto ciò che faceva, questa sua voglia di essere più utile possibile nei confronti di chi gli stava intorno. Questo era Sho e Jun lo amava proprio perché era lui.
La giornata passò, entro un’ora e mezza sarebbero dovuti andare a cena, così decisero di tornare in albergo per darsi una sistemata e prepararsi all’ultima cena del loro viaggio.
Sho aveva prenotato in un ristorante italiano dato che entrambi amavano la cucina italiana.
Arrivarono, il capo sala li accolse e li portò al loro tavolo in un punto più appartato del locale, vicino alla vetrata da cui si poteva ammirare la baia.
Dal momento in cui erano entrati nel locale nessuno dei due aveva parlato. Entrambi erano tesi come corde di violino.
Jun sembrava pensare a qualcosa da dire e Sho continuava ad agitarsi sulla sedia.
Cenarono in silenzio.
“E’ possibile che sia tutto così buono” esclamò improvvisamente Jun e strappò un sorriso a Sho
“Anche più buono di me?”
“Cosa hai detto?” chiese Jun, sorpreso dalle parole del più grande, da parte sua Sho pensava di aver pronunciato la frase solo nella sua testa, non certo a voce alta.
“Più buono di quello fatto da me”
“No, non erano queste le parole”
“No, no erano proprio queste. Non so cosa tu abbia sentito, ma…” Sho dovette interrompere la frase perché Jun lo stava baciando.
“Non c’è nulla più buono di te” disse Jun allontanandosi dal compagno.
Sho rosso come un peperone continuava a fissarlo con aria triste
“Sho? Che hai?” domandò Jun turbato
“Ma iuuuuu….non ti ho baciato” piagnucolò Sho, la sua espressione ricordò tanto un bimbo sull’orlo del pianto quando si accorge che la madre lo lascia in braccio a sconosciuti.
Jun si avvicinò di nuovo, stavolta Sho non si fece sfuggire l’occasione. Baciò Jun con forza e dolcezza, invase la sua bocca e gli fece venire i brividi dopo che passò la punta della lingua sul suo palato.
Finirono di cenare, chiacchierando e scherzando tra loro. La tensione precedente dimenticata. Avevano bevuto un po’, ma non avevano perso ancora lucidità.
“Sho non pensi che sia ora di rientrare?” domandò Jun sorridendo
Sho si fece improvvisamente serio e incatenò il proprio sguardo a quello di Jun
“Non ancora, c’è prima una cosa”
Il più giovane lo guardò, cercò di mantenere un’espressione il più possibile neutra. Non voleva ammettere di aver un leggero timore per ciò che Sho avrebbe detto. L’unica volta che Jun l’aveva visto così serio e con quello stesso sguardo fu il giorno in cui Sho gli confessò di amarlo.
“Ti ascolto” disse Jun
“Non ti ho portato al faro e in questa città solo per fare un viaggio con te” iniziò Sho “Ho scelto di andare al faro per due motivi. Il primo: perché volevo vivere delle forti emozioni insieme a te che solo in un posto solitario avrei potuto vivere. Il secondo: perché il faro illumina la strada verso la sicurezza del porto a tutti i marinai smarriti; tu sei il mio faro Jun, tu sei la luce che cerco quando mi sento perso in mezzo a quel mare insidioso che chiamiamo società” gli occhi di Sho brillavano mentre pronunciava quelle parole, per tutto il tempo aveva mantenuto lo sguardo su Jun il cui cuore batteva più forte ad ogni parola.
“E poi c’è questa città, in cui convivono insieme antichi immigrati e non, persone con credenze, culture e cibi diversi. Un meraviglioso agglomerato di diversità umane, dove tutti sono uguali.” Sho interrupe il discorso e con esso lo sguardo fisso su Jun; estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola scatolina rossa
“Sposarsi materialmente è impossibile. Ma non lo è chiedertelo, noi siamo due persone speciali non mi serve una cerimonia o un pezzo di carta, mi basta un tuo sì per sentirmi legato a te per tutta la vita”
Sho porse la scatola a Jun
“Jun, vuoi “sposarmi” e vivere il resto della tua vita con me?”
Sho faceva sul serio.
Jun si sforzò di continuare a respirare normalmente, l’emozione non lo aiutava, Sho non lo aiutava, quella scatolina non lo aiutava.
Prese la scatola, il poco ossigeno che era arrivato al suo cervello in quei pochi secondi mise a tacere ogni traccia di razionalità. Il corpo di Jun si mosse da solo.
Jun aggrappato a Sho, lo baciava con passione.
“Sì! Sì! Ti sposerei non una, ma mille volte” ansimò Jun mentre riprendeva fiato.
Rendendosi conto di non poter rimanere nel locale, chiamarono un taxi che li portasse in albergo. Durante la strada per arrivare, Jun aprì la scatola così riuscì a non possedere Sho sul sedile del veicolo.
Dentro la scatola trovò un fede d’argento. Non era appariscente, ma Jun la trovò splendida. La prese tra le mani e la guardò estasiato.
Nella parte interna potè leggere le parole “Sho Sakurai is yours”. Jun si augurò che tutto ciò non fosse un sogno, non avrebbe sopportato la delusione di essersi immaginato tutto.
Sho si avvicinò a lui, prese la fede dalla sue mani e gliela mise al dito, soddisfatto si sistemò sul sedile, pregando di arrivare il prima possibile a destinazione.
Finalmente arrivarono in albergo. Si fecero quattro piani di scale quasi correndo, se avessero preso l’ascensore non avrebbero potuto resistere.
Arrivarono in camera e chiusero la porta.
Sho iniziò a baciare Jun, ogni affondo chiedeva di più.
I loro corpi si muovevano da soli, la mente non aveva alcun potere.
Percorsero il perimetro del muro che li separava dal letto sbattendovi contro le spalle prima dell’uno e poi dell’altro, liberandosi ogni volta di un indumento in più, senza mai interrompere quel bacio così intenso, profondo, violento e famelico e poi dolce e cadenzato.
“Sho ti amo!” disse Jun il respiro affannoso
“Ti amo anche io Jun!” disse Sho mentre adagiava Jun sul letto.
Sho portò Jun all’eccitazione estrema prima di entrare dolcemente dentro di lui; seguendo i suoi tempi, prestò attenzione al più piccolo movimento di Jun assecondandolo, donando e ricevendo piacere immenso.
I giorni passati insieme li avevano uniti di più. Si sentivano un tutt’uno, una squadra imbattibile che nessuno avrebbe potuto dividere.
Il loro amore era maturato rendendoli senza difesa tra loro, ma forti rispetto a tutti.
Le barriere e le maschere erano sparite restavano solamente Sakurai Sho e Matsumoto Jun.
Epilogo
“Comunque io una cerimonia anche piccola la voglio” disse Jun
“Eh?”
“Sì, voglio festeggiare con le persone che più mi stanno a cuore. Voi quattro mi bastate.”
“Jun puoi spiegarti meglio, sono un po’ lento di comprendonio in questo momento”
“Voglio festeggiare la nostra unione ufficiale non solo con te, ma anche con Ohno, Nino e Aiba. In fondo siamo una famiglia”
“E poi siamo gli Arashi” disse Sho sorridendo
“Uno per tutti. Tutti per uno” dissero all’unisono per poi scoppiare a ridere.