L'Estate dei miei 18 Anni

May 29, 2009 20:15


E ce l'ho fattaaaaaa!!!!!!!! ce l'ho fattaaaaaaaa! si, a finire il capitolo 17 U_U quindi adesso mi sento autorizzata a postare il 16! XD
oggi, oltre a festeggiare il fatto che la mia vena letteraria ha collaborato, festeggio anche l'arrivo della mia macchinina nuovaaaa!!! rinominata...Tegolina!!!! (siete autorizzate a ridere di me XD)
Dunque..in questo capitolo...ai problemi che già c'erano se ne aggiungono degli altri, dando il via a un peggioramento costante della situazione...(i protagonisti della fic hanno deciso di insorgere contro l'autrice! Ryo è andato a cercare la mazza ferrata XD)
quindi godetevi il capitolo chi ha ancora voglia di leggere..uhuh...


CAPITOLO 16

Yamashita corse verso il cancello della scuola, raggiungendo la figura incappucciata che cercava di trovare un angolo dove potersi riparare dalla pioggia.

-Così ti prenderai un raffreddore!- esclamò Tomohisa avvicinandosi.

-Ho dimenticato l’ombrello!- rispose Arisa correndo sotto quello del ragazzo e togliendosi il cappuccio, mostrando i ciuffi di capelli biondi inumiditi.

-Che brutta cosa…venire a scuola nel weekend…

-Non avevamo molte alternative- fece notare lei- Casa mia è infestata dai miei nipoti urlanti.

-E da me c’è mia sorella che dorme…

-Ma che lavoro fa tua sorella?

-La ballerina in un night club…

-Ah…

Seguì un momento di silenzio imbarazzante, poi Yamapi propose di entrare e i due ragazzi si diressero a passo veloce verso l’ingresso della scuola.

Yamashita aveva perfettamente ragione: andare in quell’edificio anche nel weekend era paragonabile ad una tortura cinese, ma dovevano farlo se volevano svolgere la ricerca di scienze da eseguire a coppie. Era ormai trascorsa una settimana dall’assegnazione del compito e ovviamente loro due si erano ridotti all’ultimo momento per svolgerlo. Così quella domenica avevano deciso di trovarsi a scuola, visto che nelle rispettive case non avrebbero potuto svolgere il loro dovere senza essere disturbati o disturbare qualcuno.

-Come và oggi?- domandò Yamapi, camminando lungo il corridoio del piano terra, sbirciando ogni tanto dentro le aule vuole cui passavano davanti.

-Come andava ieri…- rispose Arisa con un sorriso stanco, ricordando la telefonata che avevano avuto la sera prima- Dopo 8 ore non può andare molto diversamente…

I due si scambiarono un’occhiata senza aggiungere altro. In quei giorni avevano parlato anche troppo, telefonandosi agli orari più improbabili, sfogandosi l’uno con l’altra sui dilemmi che li affliggevano; un mese prima nessuno dei due avrebbe mai creduto che si sarebbero avvicinati così tanto.

-Tu, invece? Hai deciso se vuoi i maschi o le femmine?- chiese Arisa con fare provocatorio, sapendo benissimo quanto il ragazzo si irritasse a quella domanda.

-Non c’è niente di divertente!- rispose stizzito Yamashita- E’ una cosa seria…

-Forse dovresti fare una prova…- propose la ragazza- Una prova di tipo fisico…

-A volte mi domando se scherzi o dici sul serio quando te ne esci con certe frasi!- esclamò Tomohisa, evitando accuratamente di rispondere.

Arisa si mise a ridere e decise di lasciar cadere il discorso- Direi che possiamo metterci nel laboratorio…- disse, fermandosi di fronte all’ingresso dell’aula.

-Dobbiamo proprio farla questa ricerca?

-Si, temo di si…

Shigeaki si rigirò un paio di volte nel letto, finchè decise che la posizione che gli era più congeniale era quella a pancia in giù; affondò il viso nel cuscino ed inspirò il profumo che emanava.

-Usi il balsamo alla vaniglia?- chiese ad Harumi, sollevando la testa.

-Non tentare di cambiare discorso!- esclamò la ragazza dalla scrivania.

-Arisa adora la vaniglia…- mormorò Kato sospirando.

-Shige! Come hai potuto dirle una cosa del genere?- chiese Harumi alllibita- “Devo andare all’università” parola mia, non credevo che la tua ossessione per lo studio ti portasse a tanto.

-Ma è vero…cioè, è importante l’università!

-Non lo metto in dubbio, ma in quel momento avresti potuto trattenerti. Ora capisco perché Arisa si sia arrabbiata così tanto, hai usato la prima persona singolare…”DEVO”!!!!

-Non volevo offenderla o dire che lei non avrebbe nulla da perdere…penso anche al suo di futuro. Ma in quel momento mi è scappato…- mormorò Shige con aria sinceramente dispiaciuta.

Harumi sospirò, togliendo subito la maschera da arrabbiata, in fondo era quasi impossibile restare arrabbiati con Shige quando sfoggiava l’espressione da cucciolo bastonato. In quello era bravo quasi quanto Arisa.

-Non hai più provato a parlarle?

Kato scosse la testa- Mi evita…e anch’io la evito. Sinceramente adesso non riuscirei ad affrontarla.

-Ma vi siete lasciati?

Shigeaki sospirò- Suppongo di si…

Harumi annuì, roteando lentamente con la sedia girevole- Bhè, io non mi esprimo a favore di nessuno dei due. Avete sbagliato entrambi. L’unica cosa che posso dire è che dovreste chiarirvi…per il resto ascolterò tutte le vostre paturnie quando ne avrete bisogno!- aggiunse con un sorriso ironico, reduce da anni di amicizia con Arisa, la quale era solita passare molto tempo ad esprimere i propri dilemmi alle amiche, in cerca di conforto, e da come Shigeaki era piombato in camera sua circa due ore prima, Harumi supponeva che anche il ragazzo avesse la stessa tendenza.

Il cellulare appoggiato sul comodino accanto al letto prese a vibrare e Kato lo afferrò prima che cadesse dal bordo.

-E’ Yuya…- disse controllando la chiamata senza risposta- Vado di sopra da lui.

Harumi mugugnò qualcosa in assenso e si girò verso la scrivania, prendendo il mouse e fingendo di concentrarsi su qualcosa al computer.

-Vivete nella testa casa…- continuò Shige mettendosi a sedere sul letto- Da quant’è che non parlate?

-Abbiamo parlato stamattina a colazione…- osservò lei simulando disinteresse.

-Intendo da soli e seriamente!

Harumi non rispose, più che altro perché non ricordava quando era stata l’ultima vera conversazione con Tegoshi.

Kato si alzò in piedi e la raggiunse alla scrivania.

-Lo sai che se vuoi posso ascoltare io le tue paturnie?- chiese il ragazzo posandole una mano sulla testa.

Harumi si girò e gli sorrise- Grazie mio piccolo Super Kato!- saltò in piedi e gli mise le braccia attorno al collo, abbracciandolo- Un giorno ti vedremo combattere il crimine con indosso una tutina nera aderente!

-Che immagini!- borbottò Shige sciogliendo l’abbraccio.

-Prego, entra pure!- esclamò Mayu facendo strada al ragazzo dietro di lei, che stava lasciando le proprio scarpe accanto alla porta di ingresso.

-Casa mia non è molto grande…- continuò la ragazza- Ma per me, mia madre e mia sorella è più che sufficiente! E considera che mia madre non c’è quasi mai!

-Hai una sorella?- domandò Masuda guardandosi attorno incuriosito.

-Si, ha un anno in più di noi! È al primo anno di economia alla Meiji.

Massu spalancò gli occhi ammirato- Deve essere davvero molto intelligente.

-Bhè si…- Mayu arrossì di orgoglio per la sua adorata sorella- Dimostriamo che noi non siamo da meno! Diamoci da fare con questa ricerca!

-Scienze non è il mio forte…- ammise Takahisa- Mi viene meglio economia domestica!

-Allora facciamo un accordo…faccio metà del tuo lavoro se tu prepari i biscotti!- propose Mayu entrando in una stanza alla sua destra, che si rivelò essere la cucina.

Takahisa parve entusiasta della proposta e sistemate le loro cose sul tavolo al centro della stanza, i due ragazzi si misero d’accordo per dividersi il lavoro.

Per i primi 50 minuti lavorarono insieme, per decidere le linee guida del loro compito, poi Mayu procurò un grembiule a Massu e il ragazzo iniziò a cucinare allegro.

-Come preferisci che li faccia i biscotti?- domandò mentre sbatteva insieme lo zucchero e le uova.

-Non saprei, non ho particolari preferenze…

-Forse qualcosa che piace sia a te che a tua sorella, così potrà mangiarli anche lei!

Mayu scarabocchiò sul foglio qualche appunto, riflettendo sui gusti di sua sorella riguardo i dolci.

-Direi che con il cioccolato andiamo sul sicuro!

-Perfetto!- commentò Takahisa con un sorriso, appoggiò la ciotola con l’impasto sul tavolo e si mise a cercare il cioccolato in polvere nella credenza, mentre Mayu proseguiva la ricerca, leggendo ad alta voce in modo da rendere partecipe il suo compagno.

Massu aggiunse tutto quello che mancava all’impasto e dopo poco tempo lo ribaltò sul tavolo, in modo da poterlo lavorare con la farina e modellarlo a suo piacimento, con degli stampini dalle forme buffe e divertenti: man mano disponeva i biscotti ancora crudi in una pirofila, rivestita di carta da forno; portata la temperatura di quest’ultimo a quella giusta, mise i biscotti a cuocere e tornò a dedicarsi al suo compito di scienze insieme a Mayu.

Trascorsero pochi minuti e subito il profumo dei dolci che cuocevano si diffuse per la cucina e ben presto per l’intera casa, provocando un’evidente acquolina ad entrambi i ragazzi.

-Posso essere la prima ad assaggiarli, vero?- domandò Mayu sollevandosi dal proprio quaderno.

-Ovvio!- rispose Takahisa con un sorriso- Però almeno aspetta che si raffreddino! Direi che sarebbero perfetti da mangiare durante una pausa dallo studio.

Alle parole “mangiare” e “pausa” nella stessa frase la ragazza esultò felice affrettandosi a finire di ricopiare gli appunti a cui si stava dedicando. Dopo aver scritto un paio di righe diede un’occhiata all’orologio appeso alla parete di fronte a lei.

-Credo che sia sorella stia per tornare, è quasi…

Una voce squillante riecheggiò per l’ingresso, facendo distendere le labbra di Mayu in un sorriso.

-Sono tornataaaaa!!!! Sisteeeeeer!!!! Ma cosa…- si bloccò all’improvviso, come se si fosse resa conto di un particolare che non aveva colto immediatamente, ma che dal silenzio sembrava molto importante; un attimo dopo si udì il suono di qualcuno che annusava l’aria.

-BISCOTTI AL CIOCCOLATO!!!!!- strillò la voce, seguita dal rumore di passi in corsa. La porta della cucina si spalancò, mostrando una ragazza alta come Mayu, con gli stessi capelli ricci, ma rosso scuro invece che castani e lunghi fino alle spalle, vestita con dei jeans arrotolati all’estremità e una felpa gialla che avrebbe potuto fungere da catarifrangente.

-Mizuki.- spiegò Mayu indicando la sorella a Takahisa, il quale pareva leggermente spaventato dall’improvvisa apparizione.

La nuova arrivata si fiondò verso il forno a una velocità tale da far sospettare di essere figlia di Clark Kent e ciò provocò la rapida reazione di Massu, che ti sporse a proteggere i biscotti.

-E’ troppo presto!!!!- esclamò il ragazzo.

Mizuki si bloccò davanti a lui, alzando lo sguardo e Massu si trovò a fissare due enormi occhioni color del cioccolato.

-Li hai fatti tu??- domandò la ragazza.

-Eh…s…si…- balbettò lui con poca coerenza.

Gli occhi di Mizuki si illuminarono e se fosse stata davvero figlia di Clark Kent, Takahisa sarebbe finito incenerito.

Mayu cercò di trattenere una risata, mentre dal tavolo della cucina osservava i due perdere completamente la ragione, chi per i biscotti, chi per gli occhi di Kent Junior.

Ryo porse i soldi alla commessa alla casa, che pochi istanti dopo gli restituì il resto.

-Grazie e tornate presto da noi!- esclamò la ragazza con un sorriso abbagliante, Nishikido le rispose con un cenno della testa e Junko con un sorriso altrettanto entusiasta. Il ragazzo la prese per mano e uscirono dal locale.

-Grazie per aver offerto tu!- disse Junko camminando lungo il marciapiede.

-E’ uno dei doveri di un vero gentleman…- rispose Ryo con aria compiaciuta- E comunque per un paio di caffè non andrò certo in rovina!

-Bhè, la prossima volta potrei prendere la coppa gelato più costosa del locale!- propose Junko per provocarlo.

La vena sulla tempia destra di Ryo pulsò leggermente, ma il ragazzo non disse nulla.

Junko scoppiò a ridere- Stavo scherzando! Ti farò spendere il meno possibile, te lo prometto!

Il ragazzo sembrò rilassarsi e continuò a camminare tranquillo, prendendo Junko per mano.

-Vuoi che ti accompagni a casa?- le chiese.

-Credo di si…aspetta che controllo che ore sono!- Junko trafficò un po’ dentro la sua borsa, riuscendo dopo qualche secondo a tirare fuori il suo cellulare e accorgendosi di aver appena ricevuto un messaggio. Si fermò in mezzo al marciapiede, per poter leggere bene e Ryo rimase in attesa di un qualche segnale.

Junko sorrise raggiante e digitò una rapida risposta.

-Quindi?- chiese lui un po’ spazientito.

-Devo andare in un posto! Ricordi settimana scorsa, che ti ho raccontato che io e Haru abbiamo incontrato due degli Arashi? Matsumoto-san mi ha chiesto di prendere un caffè insieme! È un’occasione più unica che rara, poter chiacchierare con il proprio idolo!- Junko sembrava totalmente estasiata dalla cosa e non prestava molta attenzione allo sguardo accigliato che stava via via assumendo Nishikido- Ci sentiamo stasera! Chiamami tu, che ho finito i soldi nel cellulare!

Junko si mise sulle punte dei piedi e schioccò un bacio sulle labbra a Ryo, che rimase impassibile e spiazzato, mentre la sua ragazza lo salutava con la mano e attraversava la strada, sparendo dietro le macchine che sfrecciavano sull’asfalto.

-Esattamente cosa vuoi?- chiese Harumi senza distogliere lo sguardo dallo schermo del suo computer. Ryo si guardava attorno con aria insofferente, alternando il peso da una gamba all’altra.

-Hai le tue cose oggi?- domandò ironico il ragazzo.

Harumi gli scoccò un’occhiata gelida- Dicevi?

-Ehm…per caso hai visto Junko strana in questi giorni?

-Non direi, tutto come al solito. Ma non l’hai vista oggi?

-Si, ma sai…

Il cellulare sul letto emise un singolo e acuto squillo, avviso di una e-mail in arrivo.

-Puoi vedere di chi è?- chiese Harumi, continuando a smanettare con il mouse.

Ryo prese l’apparecchio dal letto e controllò il mittente del messaggio.

-Un certo…Sakurai Sho?

La ragazza scattò in piedi dalla sedia e prese il cellulare di mano a Nishikido, lesse rapida la mail e poi prese la sua borsa dalla scrivania.

-Esco! Vai su dà Yuya se vuoi fare la lamentina, tanto c’è anche Shige!- esclamò Harumi uscendo dalla stanza.

Ryo rimase qualche secondo in piedi davanti alla porta -Lamentina?

-Mizuki! Mizuki! Prendine un altro!- esclamò Massu porgendo il piatto con i biscotti alla ragazza.

-Attenta alla linea, nee-chan!- osservò pungente Mayu, senza celare una risatina.

-Come se mi interessasse!- rispose Mizuki prendendo un altro biscotto- Mangio quello che voglio, non sono succube degli stereotipi femminili che la società odierna impone alle donne! Magre e sceme, neanche per sogno!

Gli occhi di Takahisa si illuminarono come due comete- Sono perfettamente d’accordo! Mizuki, tu si che sei una ragazza con la testa sulle spalle!

La ragazza riprese a parlare della propria posizione femminista, avendo trovato in Masuda un povero allocco che pareva disposto ad ascoltarla con sguardo adorante.

Mayu lanciò uno sguardo a Massu, dubbiosa che il poveretto capisse qualcosa riguardo il movimento delle suffragette, ma era abbastanza sicura che l’amico si fosse preso una potente quanto pericolosa cotta per sua sorella. Se fosse resistito almeno venti minuti ad ascoltare le polemiche di Mizuki, allora avrebbe avuto qualche chance.

Il cellulare nella sua tasca vibrò deciso e Mayu lo estrasse per poi rispondere subito, senza guardare il mittente.

-Pronto?

-Mia piccola Mayu, sono la tua patatina fritta!- la voce di Keiichiro trillò allegra dall’altra parte dell’apparecchio.

-Tesoro, come stai?- chiese Mayu con tutta la dolcezza di cui era capace.

-Bene, volevo sapere come stavi tu.

-Non c’è male, sto facendo la mia prima ricerca di scienze da quando sono nella tua scuola, è emozionante!- disse lei con un pizzico di ironia, buttando lo sguardo su Massu che tentava di far ridere Mizuki con delle barzellette.

-Questa sera ci vediamo?- domandò Koyama- Potremmo fare qualcosa di tranquillo da me, i miei non ci sono. Magari un film e se dopo non sei troppo stanca…- il ragazzo lasciò sottointeso il chiaro fine di quella proposta.

-Vedremo…- ridacchiò Mayu- Se te lo meriti!

-PANDA!! OH OH OH!- urlò Masuda accanto alla ragazza, facendo saltare dal divano sia lei che Mizuki.

-Ma che..?- stava per dire Koyama, ma Mayu non gli fece finire la frase.

-A stasera mio adorato!- e chiuse la chiamata.

Keiichiro osservò accigliato il cellulare, cercando di capire cosa avesse sentito.

Era la voce di un ragazzo. Un ragazzo a casa di Mayu.

Aveva detto “panda”, ridendo come un asmatico.

E c’era una sola persona al mondo che diceva “panda” in quel modo.

Ryo abbassò la maniglia e senza bussare entrò nella camera di Tegoshi, trovandolo seduto sul letto a giocare alla play station con Shige. La stanza, fatta a mansarda, era decisamente in disordine e lo stesso proprietario sembrava non avere a che fare con il bagno da almeno due giorni.

-Ryo-tan! Che fai qui?- chiese Yuya senza distogliere gli occhi dallo schermo del televisore.

-Volevo parlare con Haru-chan…ma è appena uscita di casa come un razzo.

A quelle parole Tegoshi drizzò le orecchie e sembrò fare uno sforzo sovrumano per non indagare oltre, ma ai due amici non sfuggì la cosa.

-Da quanto tempo è chiuso qui dentro?- chiese Nishikido a Shigeaki.

-Da venerdì sera.

-Tego-nyan!- esclamò Ryo rivolgendosi all’altro ragazzo- Esci da qui e fatti una doccia! Non puoi restare a marcire nella tua autocommiserazione mentre la tua ragazza riceve messaggi da un certo Sakurai Sho!

-CHI CAZZO E’ SAKURAI SHO???- urlò Yuya saltando in piedi.

-Ottima domanda.- rispose Nishikido- Mi piacerebbe sapere anche chi è Matsumoto Jun!

-Ma non sapete mai niente voi…- borbottò Shige posando il joystick sul copriletto- Sono degli idol, fanno parte degli Arashi. Come fate a non sapere certe cose?

-E tu come fai a saperle?- chiese giustamente Tegoshi.

Kato ignorò la domanda.

-Settimana scorsa Harumi e Junko li hanno incontrati per caso uscendo dal loro concerto- proseguì- Ho saputo che si sono scambiati i numeri di telefono. Le ragazze sono molto contente di poter passare un po’ di tempo con i loro idoli.

-Quindi sono uscite tutte e due con loro oggi?- chiese Ryo.

Shige annuì- Probabile.

Nishikido e Tegoshi si guardarono corrucciando le sopracciglia, mentre i loro occhi venivano annebbiati da un velo di lacrime.

-Come facciamo a competere con due idol?- chiesero all’unisono.

Kato sospirò affranto- Ma cosa volete competere…mica sono andate a fidanzarsi!

Gli altri due ragazzi stavano per ribattere, ma in quel momento suonò il campanello.

-Devi andare ad aprire?- chiese Shigeaki a Yuya.

Tegoshi scosse il capo- No, c’è Aiko.

I tre ragazzi rimasero in ascolto, tentando di captare qualche voce che suggerisse chi era arrivato. Non udirono nulla, finchè non si sentirono distintamente due piedi che salivano a tutta velocità le scale e correvano per il corridoio, accompagnati dal loro proprietario, paonazzo in volto.

-AL DIAVOLO I PANDA!- gridò Koyama Keiichiro irrompendo nella stanza- Li sopprimo tutti! TUTTI! Panda maggiori, panda minori, anche i panda medi!!!!!!!!

Tegoshi, Nishikido e Kato lo guardarono stralunati.

-Scusa?- chiesero in coro.

Koyama sbuffò e andò a sedersi sul letto, vicino a Shige- C’è un ragazzo a casa di Mayu! E so molto bene chi è quel ragazzo!

-Che bello, è la giornata dei drammi da triangolo amoroso!- osservò sarcastico Ryo.

Arisa sollevò lo sguardo dal proprio quaderno, decisamente stanca di guardare quell’ammasso di formule chimiche di cui, sinceramente parlando, non capiva assolutamente nulla.

Lanciò un’occhiata a Yamashita, non stupendosi di trovarlo a guardare fuori dalla finestra, immerso in chissà quali pensieri.

-Sono stanca…- borbottò la ragazza chiudendo il quaderno con un botto.

Yamapi sembrò ridestarsi dalla sua trance.

-Si, direi che è abbastanza inutile continuare…- affermò guardando brevemente il foglio che aveva davanti, compilato solo per la metà.

Arisa buttò le braccia all’indietro e si stirò i muscoli, sbadigliando senza tanti complimenti.

-Che ne dici di andare in palestra?- propose la ragazza con una strana luce negli occhi.

La parola “palestra” non suscitò in Tomohisa particolare entusiasmo, soprattutto perché aveva paura di quello in cui la ragazza avrebbe potuto coinvolgerlo.

-Su dai, è solo per fare due passi!- insisté lei.

Alla fine il ragazzo cedette e i due, riordinate le loro cose, presero gli zaini e lasciarono il laboratorio di scienze, dirigendosi verso la palestra.

Solo quando raggiunsero l’ingresso sul retro, arrancando sotto gli ombrelli, a Yamashita venne il dubbio che molto probabilmente la palestra era stata chiusa a chiave nel weekend, ma non fece in tempo ad esprimere la domanda, perché Arisa aveva già aperto la porta senza incontrare resistenza.

-Sapevo che dimenticano sempre di chiuderla!- disse la ragazza entrando e lasciando lo zaino accanto all’ingresso- Che ne dici di giocare un po’ a basket?

-Dobbiamo proprio?- mormorò Yamapi, chiaramente con poca voglia di fare qualsiasi cosa non contemplasse il restare fermi immobili a fissare un punto nel vuoto.

-Eddaaaaai!!!!- le corde vocali di Arisa emisero un tale, penetrante rumore, che l’unica cosa che il ragazzo riuscì a fare fu annuire debolmente: tutto pur di salvarsi i timpani. La ragazza ne approfittò per sparire dentro la stanza delle attrezzature e riemergerne poco dopo con un pallone da basket di un arancione brillante. Iniziò a palleggiare, camminando verso il canestro e facendo segno a Yamashita di avvicinarsi.

-Ma sai giocare?- domandò il ragazzo levandosi la felpa e restando i maglietta a maniche corte.

Arisa fece per rispondere, ma rimase imbambolata a fissare i muscoli di Tomohisa, che premevano contro la stoffa e si tendevano lentamente mentre lui stirava le braccia per scaldarsi. Era bello, dannatamente bello…ed era veramente uno spreco che si fosse dedicato al genere maschile.

-Allora?- insisté Yamapi, non avendo ricevuto risposta.

La ragazza prese a palleggiare più velocemente- So farla andare nel canestro se mi concentro…

Il ragazzo rise e si avvicinò ancora di più, mettendosi in posa da marcatore.

-Vediamo cosa sai fare…ragazzetta!

Arisa scattò in avanti, provocata dall’epiteto appena usato nei suoi confronti; Yamashita fece lo stesso e pochi istanti dopo si trovarono a pochissima distanza l’uno dall’altro, attenti però a non toccarsi ed incorrere nel fallo. Arisa palleggiò un paio di volte e con una finta riuscì a smarcarsi e a correre verso sinistra; a pochi metri dal canestro fece due grandi passi e al terzo spiccò il salto, protendendo il braccio verso il cerchio metallico. La palla rimbalzò sul tabellone poi cadde sul canestro, girandoci attorno per qualche istante e cadendo infine fuori dalla retina.

La risata di Yamapi riecheggiò nella palestra.

-Ora tocca a me attaccare!- disse il ragazzo, provocando uno sguardo furioso da parte di Arisa che iniziava a sentire il fiatone, sia per la corsa che per il nervoso.

Tomohisa si mise in posizione d’attacco, proprio di fronte al canestro, palleggiando con una destrezza che la ragazza non si aspettava. Arisa gli saltellò davanti per un po’, spostandosi a destra e a sinistra, a seconda dei movimenti di lui che, approfittando un momento di distrazione, scattò all’indietro, spiccò un salto e lanciò la palla verso il canestro. Punto.

Yamashita recuperò il pallone, ridacchiando.

-Avanti, impegnati di più!- esclamò provocatorio ad Arisa.

-Hai deciso di farmi innervosire…- osservò lei stizzita. Osservò con sguardo truce il ragazzo rimettersi in posizione d’attacco e decise che questa volta non lo avrebbe fatto segnare. Divaricò le gambe e aprì le braccia, cercando di ricordarsi la posizione di difesa che le aveva insegnato il professore di ginnastica; si mosse verso destra, ma si accorse appena in tempo che Yamapi voleva fare una finta e cercando di scattare verso sinistra mise male il piede per terra, sbilanciandosi in avanti e scontrandosi con tutto il suo peso contro il petto del ragazzo.

Caddero entrambi a terra e la palla sfuggì di mano a Yamashita, rotolando placidamente verso la porta del magazzino.

Arisa impiegò qualche secondo per capire cosa fosse successo, ma sentiva di essere atterrata su qualcosa di sodo che le aveva impedito di farsi male e quel qualcosa era il corpo di Tomohisa; appoggiò un gomito per terra, tirando su il viso e incontrando i profondi occhi castani del ragazzo, notando per la prima volta una macchiolina nell’occhio sinistro.

Il petto del ragazzo si alzava e sollevava sotto il suo, il respiro affannoso e delle piccole goccioline di sudore gli imperlavano il collo; il cuore di Arisa prese a battere furiosamente e iniziò a sentire un gran caldo. Le labbra di Tomohisa erano sempre state così belle e invitanti?

-E’ fallo…- mormorò il ragazzo, che non dava segni di volersi togliere da quella posizione.

Arisa deglutì. Con uno sforzo enorme si tirò su e si rimise in piedi, passandosi una mano sulla fronte, madida di sudore.

-Vado a riprendere la palla…- si diresse verso la porta del magazzino, contro la quale il pallone aveva interrotto la sua corsa.

Cosa stava facendo? Sentiva che il suo corpo stava reagendo pericolosamente alla vicinanza di Yamashita, ma non poteva lasciarsi travolgere da quelle sensazioni. Era un suo amico, era gay molto probabilmente ed era anche un amico del suo ragazzo. No, ex-ragazzo, si corresse. Ma dopotutto si erano lasciati, che senso aveva preoccuparsi di lui? Ormai era libera di fare quello che voleva e nonostante sapesse che erano la rabbia e la sofferenza a inculcarle quel pensiero, decise di non reprimerlo. Poteva fare quello che voleva.

Non capiva cosa stava succedendo, non capiva sé stesso. Cosa voleva? Chi voleva? Come poteva andare avanti in quel modo, senza riuscire a capire se era più forte il desiderio di possedere il corpo di una ragazza o quello di un ragazzo? Forse non c’era risposta, forse era destinato a vagare nell’incertezza. O forse doveva solo provare. Se fosse stata quella la chiave? Provare. Sentire il corpo di Arisa contro il suo aveva risvegliato qualcosa in lui. Doveva capire se quel qualcosa sarebbe rimasto.

Si alzò in piedi e in pochissimi passi coprì la distanza che lo separava dalla ragazza, appena arrivata di fronte alla palla ancora a terra. Prima che potesse chinarsi a raccoglierla, le afferrò il polso e la girò verso di sé, schiacciandola contro il suo petto. La bocca si posò immediatamente su quella di lei, calda e famelica, violandola senza indugi e senza incontrare resistenza.

Arisa si era già abbandonata fra quelle braccia, lasciando che la mente si concentrasse solo sul sapore dolce delle labbra di Yamashita e su quella lingua che tormentava la sua.

Il ragazzo la spinse verso il magazzino, superarono la palla ancora a terra, varcarono la porta, che Yamapi chiuse spingendo con il piede e prima che se ne accorgessero, si ritrovarono stesi su uno dei materassi usati per la ginnastica.

Arisa fece scorrere la mani lungo il petto di Tomohisa, muovendo freneticamente le dita finchè non riuscì ad oltrepassare la barriera dei bottoni e a toccare quei pettorali scolpiti; la camicia scomparve un secondo dopo e le mani si diressero sempre più in basso, verso la cerniera dei pantaloni.

-Forse non dovremmo farlo…- mormorò Yamashita, senza però smettere di baciarle il collo.

La mano della ragazza si fermò, indugiando sul bottone dei jeans. Lui tirò su il viso, fissandola negli occhi.

-O forse si…- rispose Arisa e con un colpo secco gli slacciò i pantaloni. Il gesto fece tremare Yamapi per l’eccitazione e senza porsi altre domande sfilò la maglietta alla ragazza, andando poi a baciarle l’incavo fra i seni, mentre una mano si insinuava sotto la gonna della divisa scolastica.

Arisa emise un gemito sentendo la mano del ragazzo toccarla con decisione e mise il braccio destro dietro la schiena, slacciandosi il reggiseno; Yamapi le sfilò gli indumenti che le erano rimasti adosso e poi sollevò il bacino per permetterle di togliergli i pantaloni.

Avevano oltrepassato entrambi il punto di non ritorno.

Arisa spinse con le mani il petto del ragazzo e lo fece sdraiare supino mentre lei si metteva cavalcioni all’altezza delle ginocchia di lui; Tomohisa chiuse gli occhi, aspettando il contatto con la bocca calda della ragazza e quando arrivò le passò una mano fra i capelli, stringendoli forte.

-Di più…-la voce di Yamapi era solo un sussurro, ma Arisa la sentì lo stesso e aumentò la velocità, cosa che fece aumentare i gemiti di lui. Poco dopo però il ragazzo là fermò, rendendosi conto che con quel ritmo tutto sarebbe finito troppo presto. Le prese il volto fra le mani e lo indirizzò verso il suo petto, che lei prese a baciare centimetro per centimetro, fino ad arrivare al collo.

Una mano di Tomohisa le accarezzò il ventre e si insinuò fra le sue cosce, provocando ad Arisa un gemito sommesso contro la sua pelle.

L’attimo di cedimento permise al ragazzo di ribaltare la situazione, spingendo la ragazza sotto di sé e tappandole la bocca con la sua, prima che uscissero altri suoni di apprezzamento. La mano di Yamashita le accarezzò l’interno coscia e un attimo dopo le aprì le gambe.

I due si guardarono negli occhi per un istante, poi lui indirizzò il suo membro e la penetrò con irruenza, facendola quasi gridare.

Arisa respirava affannosamente, mentre aspettava che passassero i primi secondi per abituarsi all’intrusione; nel frattempo Yamapi aveva preso ad accarezzarle il seno destro e dopo qualche attimo iniziò a muoversi dentro il corpo della ragazza. Arisa strinse le spalle del ragazzo, muovendo il bacino quel tanto che riusciva a fare, per aumentare il contatto e la profondità delle spinte e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi sulle ondate di piacere che si diffondevano dal suo ventre.

Tomohisa affondò il viso nell’incavo fra il collo e la spalla di lei e solo quando sentì i gemiti farsi più forti si rese conto di aver iniziato a morderle la pelle. Strinse una mano a pugno e la sbattè contro il materasso mentre una mano della ragazza passava fra i suoi capelli.

La mente di Yamapi si svuotò di ogni cosa e le spinte si fecero sempre più vigorose, finchè le sue urla non si mischiarono a quelle di Arisa, che abbandonò la presa sui suoi capelli, sopraffatta dall’orgasmo.

I due corpi ansimanti rimasero fermi per qualche momento, ancora l’uno dentro l’altro, mentre piccole gocce di sudore scendevano placide lungo i loro colli, poi Yamapi uscì da lei, sdraiandolesi affianco e chiudendo gli occhi, ascoltando i due respiri irregolari.

L’aveva fatto.

L’aveva fatto.

Arisa prese la sua maglietta e si infilò gli slip.

L’aveva fatto.

Era forse un granello di rimorso quello che iniziava a farsi strada nella sua coscienza?

Non voleva ascoltarlo, non le importava. Non voleva che le importasse.

Si girò su un fianco, in posizione fetale e lasciò che le sue palpebre si chiudessero da sole, annunciatrici del sonno che l’avrebbe colta di lì a poco.

Tomohisa nascose gli occhi dietro il palmo della mano.

E adesso? Che cosa aveva ottenuto?

Aveva goduto dentro il corpo di una ragazza, ma non aveva amato. Quello avrebbe potuto farlo solo con una persona, di quello ormai era certo. Almeno una cosa l’aveva capita.

Ma cosa aveva dovuto combinare per capirla? Fare sesso con una sua amica. Entrambi ben consapevoli della totale assenza di sentimento in quel gesto. Ma forse un sentimento c’era: disperazione.

Che cosa aveva ottenuto?

Yamapi si tirò su a sedere, rendendosi conto che il respiro di Arisa si era fatto regolare e quando la vide rannicchita sul lato, perfettamente immobile, capì che si era addormentata.

Si sarebbero mai perdonati per quello che avevano fatto?

Si alzò in piedi, recuperando i vestiti che aveva accanto a sé. Doveva andarsene da lì.

Harumi prese con entrambe le mani il bicchiere di cartone che Sho le stava porgendo.

-Ho preso anche per te il cappuccino, va bene?- chiese il ragazzo sedendosi accanto a lei sulla panchina.

Harumi annuì- Ma non sarà un problema per te e Jun girare così liberamente?

-Tranquilla, abbiamo la nostra copertura!- disse picchiettando con il dito l’asticella degli occhiali da sole e abbassando leggermente la visiera del suo capellino- So che non sembra molto, ma funziona abbastanza da non dare la certezza che siamo noi.

Harumi annuì di nuovo guardando Jun, insieme a Junko poco lontano da loro, e notando che i suoi occhiali di Dolce&Gabbana e il cappello con il pelo viola erano giusto un “pochino” più appariscenti di quelli di Sho.

-Quindi…- continuò Sakurai- Stavamo parlando di Tegoshi-kun…

-Ah si…- Harumi aveva sperato che il giovane idol si fosse dimenticato di quell’argomento nei 4 minuti e 23 secondi in cui era andato a prendere i cappuccini.

-Forse dovresti parlare un po’ con lui…mi sembra di capire che non vi rivolgete decentemente la parola da parecchi giorni.

-Si, questo è vero…- ammise Harumi- Ma non saprei nemmeno cosa dirgli…tutta questa situazione è assurda e mi fa stare malissimo…non è facile.

-Ovviamente a me non è mai successa una cosa come questa…- disse Sakurai-…ma ti posso assicurare che so molto bene cosa si prova a vivere una relazione che non dovrebbe esserci…

Harumi lo guardò confusa, non capendo assolutamente a cosa si riferisse.

Sho sorrise appena e rivolse lo sguardo verso Jun, seduto sul bordo di una fontana a chiacchierare con Junko. Solo in quel momento Harumi si rese conto dell’immensa dolcezza che c’era negli occhi di Sakurai quando guardava il suo compagno di band. Non lo guardava affatto come ci si sarebbe aspettato da due ragazzi, che per di più avevano la fama di non sopportarsi molto, anzi, tutto il contrario.

-Cioè…fammi capire…tu…e Jun?- la ragazza era incredula; aveva letto migliaia di fanfiction con pairing Sakumoto, ma non avrebbe mai creduto che quella fosse la realtà dei fatti.

-Non è facile stare insieme nascondendoci- continuò il ragazzo- A volte mi domando se ne valga la pena…ma quando lo guardo capisco che è così. E poi siamo fortunati, i nostri amici ci sostengono e ci aiutano. Credo che gli amici possano fare molto.

Harumi annuì, abbassando lo sguardo sulla sua tazza di cappuccino. Forse stava sbagliando tutto, il modo di affrontare la cosa; in fondo c’erano persone che vivevano con sofferenze ben peggiori, la situazione degli stessi Sho e Jun le sembrava molto più difficile della sua. Ma l’idea di sua madre infelice da una parte e quella di avere Yuya come fratello dall’altra, le provocavano la nausea.

-Non devi farti del male, ricordati che per prima cosa devi pensare a quello che vuoi tu…- le disse Sho con tono rassicurante-…e se vuoi, sarei felice di aiutarti nei momenti di difficoltà.

Harumi gli sorrise, un pochino più sollevata, anche se non sapeva il perché.

-Grazie.

g: toma, g: yamapi, r: nc-17, p: sakumoto, gnr: au, g: news

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