L'Estate dei Miei 18 anni

Apr 23, 2009 11:57


Rieccomi qui!!!! Avendo terminato il capitolo 16 e quindi sentendomi "leggermente" più rilassata riguardo le mie tempistiche di scrittura, riemergo dal mio limbo per postare il capitolo 15!
Avrà mai fine questa fanfiction??? Spero vivamente di si XDD
In questo capitolo...abbiamo delle Guest Stars d'eccezioneeee!!!! Non perdetevelooooo!!! (no, non mi sto facendo pubblicità da sola XDD)


CAPITOLO 15

-No.

Harumi sollevò la testa dal cuscino sul quale era adagiata un istante prima.

-No- ripeté incrociando le braccia- No.

-Haru, continuare a dire “No” non cambierà le cose.- le fece notare Tegoshi seduto sulla sedia, la testa sorretta dal braccio appoggiato sulla scrivania.

-Ma è assurdo. Cioè…cioè…NO!

Harumi ricadde all’indietro sul proprio letto, continuando a mugugnare “no, no, no”, mentre Yuya la guardava sempre più amareggiato.

-Perché…?- mormorò la ragazza gesticolando in modo convulso- Mia madre e tuo padre…ma da quando? Cioè, adesso dovevano svegliarsi? Ma poi, perché? Ma no! E noi? E…

La porta della stanza si spalancò, mostrando una pila di scatoloni dietro la quale presumibilmente si trovava la signora Suzuki.

-Haru, hai preparato la roba?

-MAMMA!!!! TI HO DETTO DI BUSSARE, DANNAZIONE! SI DA’ IL CASO CHE IO STIA PARLANDO CON TEGOSHI-KUN! E COMUNQUE LA ROBA NON LA PREPARO!- sbraitò Harumi sbattendo energicamente i piedi sul letto.

-Su tesoro, alla tua età non mi pare il caso di fare la gelosona perché la mamma si risposa!

-NON SONO GELOSAAAAA!!!!

Yuya scosse la testa affranto- Signora, ho preparato io un borsone mentre Harumi-chan urlava come una pazza.

-Oh per carità, non chiamarmi “signora”…- rispose la donna con un risolino- Chiamami pure Aiko, stiamo per andare a vivere insieme! Comunque ti ringrazio, sei veramente gentile! Sono davvero contenta che Haru stia per acquisire un fratello così premuroso!- e detto questo emise altri suoni entusiastici, chiudendo la porta della stanza.

Harumi scattò su con gli occhi spalancati, fissando la porta allibita. Rimase ferma qualche secondo, poi guardò Tegoshi e scoppiò a piangere.

-Dio, non è possibile…- borbottò fra i singhiozzi, nascondendosi il volto con le mani.

Tegoshi strinse impaurito i braccioli della sedia, sperimentando l’orribile sensazione che erano capaci di suscitare le lacrime di una ragazza; sentiva un senso di malessere all’altezza dello stomaco e il fatto che fosse proprio la sua Harumi a piangere amplificava tutto in modo spaventoso. Si alzò dalla sedia e la raggiunse sul letto, sedendosi accanto a lei e abbracciandola.

-Haru, non piangere…- le mormorò baciandole la fronte.

Harumi affondò il viso inumidito dalle lacrime nell’incavo fra la spalla e il collo di lui.

-Scusami Yu…sembro una pazza isterica…è solo che…mi sembra tutto un incubo…

Tegoshi la strinse ancora più forte- Adesso sei sconvolta e tutto ti sembra orribile…dormiamoci su e domattina analizzeremo con calma la situazione.

-Poteva almeno aspettare e chiedermi qualcosa, prima di catapultarci a casa tua…odio quando non mi si dicono le cose.

-Questo sembra molto nello stile di mio padre…- sottolineò Yuya- E’ un suo comportamento tipico affrettare le cose, probabilmente le avrà detto che non c’era motivo di indugiare.

-HARUUUUU!! YUYAAAAAA!

Dal piano di sotto sentirono la voce di Aiko che li chiamava.

-Dobbiamo andare…- disse Tegoshi alzandosi in piedi e portando con sé Harumi- Non piangere più…- le disse asciugandole la guancia con il pollice.

Prese il cellulare e scorse la rubrica finchè non trovò i nomi che gli interessavano. Erano entrambi vicini, uno sopra l’altro; cliccò da una casella all’altra per una decina di volte, sempre più indeciso su chi chiamare. Era vagamente consapevole dell’orario indecente in cui si apprestava a fare quella cosa e dopo qualche secondo di riflessione decise di chiamare la persona che non lo avrebbe picchiato a sangue dopo un gesto del genere. Selezionò il nome e attese in linea.

Due squilli. Quattro squilli. Sei squilli. Probabilmente non avrebbe risposto, di sicuro era stato così saggio da impostare la modalità “silenzioso” prima di andare a dormire. Stava per rinunciare, quando dall’altro capo del telefono finalmente giunse un “clic” e una voce impastata che mugugnava qualcosa.

-Shige?!- esclamò sollevato.

-Tego…dio santo…ma lo sai che ore sono?

-Si…cioè…forse…- rispose Yuya dubbioso.

-Lo sai o non lo sai?

-Cosa?

-Che ore…vabè, lasciamo perdere…- borbottò Kato con uno sbadiglio- Si può sapere che cosa c’è di così urgente da telefonarmi alle 4 del mattino?

-Gome…ma non sapevo chi chiamare…cioè, avevo pensato anche a Ryo-kun, ma…sai com’è…

-Si, non saresti arrivato alla consegna dei diplomi, lo capisco.- osservò saggiamente Kato- Avanti dimmi tutto.

Tegoshi raccontò all’amico la rivelazione che era stata fatta a lui e Harumi appena tornati a casa. La signora Suzuki e figlia erano loro vicini di casa da ormai 6 anni e quindi lei e il padre di Yuya si conoscevano abbastanza bene. Ma in tutti quegli anni non era mai successo nulla. Quell’estate invece, come avevano poi raccontato ai figli, si erano casualmente ritrovati nello stesso centro termale dove le loro aziende aveva organizzato il viaggio per i dipendenti e quasi senza rendersene conto avevano passato tutta la settimana insieme. Il resto era storia.

-Ma loro sanno che tu e Haru-chan state insieme?- domandò Shige.

-No, pensano solo che la nostra amicizia si sia rafforzata questa estate, non hanno idea della nostra relazione!- rispose Tegoshi appoggiandosi con la schiena all’armadio- E sinceramente non ci è mai passato per l’anticamera del cervello che un giorno avrebbe potuto costituire un problema.

-Bhè, però due genitori single, vicini di casa, che si conoscono da parecchi anni, entrambi fisicamente molto appetibili…le probabilità erano parecchio alte!

-Shige…

-Si, scusami, non sono d’aiuto così.

-Per niente.

-Haru-chan come l’ha presa?- domandò Kato per distrarre l’attenzione dalla propria gaffe.

-Era isterica! Ho tentato di mantenermi calmo perché se avesse visto anche me agitato non so cosa sarebbe potuto succedere! Spero che domattina stia meglio…anzi dovrei dire “stamattina”!

-Ma adesso dov’è?

-Nella stanza che mio padre ha appositamente arredato per accoglierla. Se non altro Haru sembrava intenerita dal gesto, quel furbastro le ha riempito la camera di cose con i gatti, chiaro tentativo di rabbonirla.

-Haru e i gatti vanno a braccetto.- osservò Shige con una nota divertita- Hai idea di che cosa farete comunque?

-Siceramente? No.

-Bene, io direi di concederci ancora qualche ora di sonno, domani…cioè oggi, ne parliamo meglio a casa di Keii.

-E’ una buona idea…- concordò Yuya con uno sbadiglio- Grazie Shige. Grazie davvero.

-Super Kato sempre disponibile! A più tardi!

Tegoshi chiuse la chiamata e lanciò il cellulare sul letto, facendolo rimbalzare sulle lenzuola.

Era un casino. Sostanzialmente un casino, ma Yuya decise che ci avrebbe ripensato al risveglio, sempre ammesso che fosse riuscito ad addormentarsi. Fece per tornare a letto, quando sentì dei deboli colpi contro la porta. Rimase un secondo in attesa, per decidere se quel suono se l’era sognato oppure no.

-Yu-chan…lo so che sei sveglio…

Yuya sorrise e si lanciò ad aprire la porta, mostrando Harumi in pigiama azzurro con i gatti appoggiata allo stipite della porta.

-Da quanto sei qui fuori?

-Ti ho sentito parlare con Shige…- rispose lei entrando nella stanza- Chi è che sarebbe l’isterica?- domandò con un sorriso ironico.

-Bhè, non puoi negare di aver reagito in modo isterico!- puntualizzò Tegoshi chiudendo la porta- Hai intenzione di rimetterti a urlare “no no no”?

-No…- rispose Harumi trattenendo un sorriso- Sono troppo stanca per pensarci, ma non riesco a dormire in camera mia…

-Troppi gatti?

-Bhè, tuo padre in fondo è stato gentile…- disse la ragazza infilandosi nel letto di Yuya- Comunque, cosa ha detto Shige?

-Ha solo ascoltato la mia di crisi isterica…- ridacchiò Tegoshi affiancando la ragazza sotto le lenzuola- E poi…si è chiamato Super Kato!

Harumi cercò di non ridere troppo forte mentre Yuya le faceva scivolare una mano dietro l’orecchio, accarezzandole lentamente il collo.

Yuya e Harumi furono accolti dalle altissime urla che regnavano in casa Koyama.

-Scusate!- esclamò Keiichiro facendoli entrare- Ryo-kun e Massu stanno litigando su chi deve copiare per primo i compiti di scienze.

-Copiare da chi?- domandò Tegoshi sbirciando la terza guerra mondiale in corso sul tavolo del salotto.

-Da me ovviamente!- esclamò Shigeaki, seduto per terra sui cuscini a guardare la televisione. Accanto a lui erano sedute Junko e Mayu, le uniche non occupate nell’arduo tentativo di recuperare un mese di compiti non fatti.

-Io mi sto ancora chiedendo perché siamo venuti qui…- disse Junko stiracchiandosi le braccia.

-Io volevo vedere la casa del mio Keii-chan!- esclamò Mayu lanciando uno sguardo sognante verso il suo ragazzo, che le rispose lanciandole un bacio.

-Io volevo giocare con la console di Keii-chan, dici che è comunque un buon motivo?- chiese Harumi sistemandosi accanto a Shige e agguantando il joy-stick.

-Fate pure come a casa vostra!- disse Koyama con un sorriso- Io ho altro da fare!- e si scaraventò sotto il tavolo a recuperare degli appunti caduti per terra.

Le due ore successive trascorsero in maniera abbastanza caotica per tutti i presenti in casa Koyama. Harumi e Mayu intrapresero una lotta all’ultimo sangue a Tekken 3, con accanto Kato che tentava di leggere un libro, costantemente disturbato da Tegoshi che gli chiedeva di fare una partita con lui e da Junko che provava semplice piacere nell’interromperlo.

Koyama, Yamapi, Toma, Massu e Ryo si adoperarono per un recupero da record dei compiti di scuola, copiando, qualora potevano copiare, da chi i compiti li aveva già fatti. L’apice del delirio fu raggiunto nel momento in cui Masuda e Koyama si trovarono a contendersi i compiti di inglese di Shigeaki.

-Prima io!!- urlò Keiichiro sventolando un foglio- Non puoi fare nulla senza la prima pagina!!

-E tu non puoi fare nulla senza la seconda!- urlò di rimando Takahisa, facendo lo stesso gesto.

-Perché questi due stanno litigando proprio di fianco a noi?- domandò Harumi che tentava di concentrarsi per eseguire una combo con il joystick.

-Perché gli appunti di Shige sono sparsi sul tappeto…- rispose Yuya sferrando un calcio con il suo personaggio virtuale.

Koyama emise un urlo di esultanza quando riuscì ad accalappiare la terza pagina, che Massu aveva nascosto sotto un cuscino.

-Credevi di farmela, vero??

Masuda si avvicinò al compagno con sguardo minaccioso- Ricorda che la traduzione della lettera commerciale è in mano mia!

Keiichiro si sporse in avanti, arrivando a sfiorare il naso di Takahisa con il proprio- E io ho le risposte al questionario di pagina 140!

-Non maltrattate troppo i miei a..ecciù!- starnutì rumorosamente Kato da dietro il suo libro- Dio, non sarà che?

-Nyanta ti sta annusando il piede!- lo informò distrattamente Junko.

-AAAAAAH!!!!- Shige si mise a urlare alzandosi di scatto dal suo cuscino e nell’impeto si scontrò con la schiena di Koyama, che fu spinto in avanti.

-Keii, scu…

Il ragazzo si bloccò all’istante, appena vide cosa aveva provocato la sua spinta. Keiichiro era piegato in avanti, i palmi delle mani sul pavimento, a fermare la caduta e le sue labbra attaccate a quelle di un Masuda Takahisa dagli occhi spalancati e terrorizzati.

Nel salotto calò un silenzio tombale che ebbe fine solo quando Mayu si voltò incuriosita, rimase paralizzata e borbottò- Ma io…vi denuncio.

Arisa lanciò uno sguardo di sbieco a Shige, stringendo la matita. Come sorrideva contento il suo caro Kato, coccolando Harumi come fosse la sua sorellina, mentre lei era costretta a recuperare tutti i compiti non fatti nel giro di poche ore in compagnia di un gruppo di decerebrati che stavano ancora litigando per i compiti di inglese. Si ok, lo sapeva che era colpa sua, avrebbe dovuto fare il suo dovere, ma in quel momento non aveva voglia di auto-incolparsi, era troppo nervosa.

-Arisa-chan!

La ragazza rispose con un mugugno a Shige che la stava chiamando.

-Dove sono i fazzoletti ipo-allergenici?- chiese il ragazzo scrutando in lontananza Nyanta, che se ne stava accoccolata su una sedia.

-Nella borsa!- grugnì Arisa senza guardarlo e fingendo di concentrarsi sulla matematica.

-Dio…è incazzata…- mormorò Kato ad Harumi accanto a lui.

-Quindi evita di peggiorare le cose…- gli rispose l’amica continuando la sua battaglia alla PS2.

Kato si alzò dal suo cuscino e raggiunse l’ammasso di giacche e borse ammonticchiate su una poltrona. Frugò per qualche secondo, finché non trovò la borsa beige della sua ragazza e l’apri alla ricerca dei fazzoletti.

La quantità di roba presente in quella borsa lo sconvolse profondamente: la carta di un pezzo di pizza, un pacchetto di sigarette vuoto, una molletta per capelli, scontrini vari, due pile, un pupazzetto a forma di maialino, un tappo per le orecchie, il menù di un kebab e una boccetta di smalto verde. Con un sospiro affranto, Shige proseguì nella ricerca, finché non si imbatté in un blister di plastica; lo tirò fuori incuriosito, realizzando che altro non era che la confezione delle pillole contraccettive di Arisa. Stava per rimetterla a posto, quando notò una cosa: Arisa aveva dimenticato di prendere un paio di pillole nell’ultimo mese.

Shigeaki si voltò verso la ragazza, che stava temperando con particolare ferocia un matita.

-Arisa, possiamo parlare?- le chiese lui, rimettendo le pillole nella borsa.

-Ti pare il momento?

-Si! Mi pare il momento! Muoviti!

Arisa rimase colpita dall’improvviso tono autoritario del suo ragazzo, era decisamente un lato nuovo del suo carattere. Decise di non fare altre storie e posò la matita sul tavolo, alzandosi dalla sedia e seguendolo.

-Keii, possiamo usare la tua stanza?- domandò Kato che si stava già dirigendo al piano di sopra.

-Si, si…- rispose distrattamente l’amico senza perdere d’occhio la traduzione di inglese che stava copiando.

I due ragazzi salirono le scale e presero la prima porta a sinistra, entrando in quello che era il Regno di Koyama. La stanza avrebbe potuto sembrare quella di un normale liceale, se non fosse stato per i poster di idol e le fotografie di Nyanta sistemate in bell’ordine su un mobile.

Arisa si guardò attorno leggermente basita per poi posare lo sguardo sul suo ragazzo, notando che teneva la sua borsa in mano.

-Allora, cosa c’è?

Shige tirò fuori dalla borsa il blister delle pillole, sventolandolo davanti alla ragazza.

-Spiegami questo…

-Questo cosa? Sono le mie pillole contraccettive, lo sai.

-Spiegami perché ne hai saltate un paio…

Arisa prese il blister in mano, osservando con poco interesse le due pillole che non aveva preso.

-Semplicemente mi sono dimenticata di prenderle!

-Semplicemente??- Kato alzò leggermente la voce, cosa che non era facile vederlo fare- Hai una vaga idea di cosa significa?

-Dovrei?- chiese lei infastidita dal tono, visto che sapeva bene il significato del saltare delle pastiglie.

-Significa che la copertura del contraccettivo è andata a farsi benedire!

-Lo so Shige! Non c’è bisogno che alzi la voce! Non ho fatto apposta a dimenticarmi di prenderle!

-Bhè, magari avresti potuto rendermi partecipe di questo dettaglio!- osservò lui senza torto.

-Scusa! Ma mi sento già abbastanza mortificata anche senza che tu mi attacchi! Ora potremmo tornare giù? A differenza di te, ho delle cose da fare!

-Eh no! Adesso mi ascolti! Hai idea dei rischi?

Arisa strinse in pugni, sempre più nervosa- Quali rischi?

-Non fare la finta tonta! Hai capito benissimo! Se succedesse…non potremmo fare fronte a quella eventualità! Andiamo ancora al liceo!

-Di sicuro non mi metto a programmare una cosa del genere! Non sono masochista fino a questo punto!

-Però sei un’irresponsabile!- esclamò Kato, furioso- Come minimo dovresti stare attenta! Non è poi così difficile! Non potremmo mai crescere un bambino! Devo andare all’università!

-DEVI ANDARE ALL’UNIVERSITA’??!!- la voce di Arisa assunse un tono talmente alto e strisulo da farsi sicuramente sentire anche al piano di sotto- AH CERTO! PERCHE’ QUI L’UNICO CON IL FUTURO COMPROMESSO SARESTI TU! IO NON HO NULLA DA PERDERE!

-Non volevo dire questo e lo sai!!!- esclamò di rimando Shigeaki- Non fare l’isterica!

-So benissimo cosa volevi dire!- continuò a gridare Arisa- E alla luce di questi nuovi fatti, se permetti ora l’isterica toglie il disturbo!

Si avvicinò al ragazzo e con un gesto secco gli strappò la borsa dalle mani.

-Se devi comportarti in questo modo allora vattene pure!- ribatté Kato.

-Bene! E non dovrai mai più preoccuparti della mia presenza!- lo informò Arisa aprendo la porta- E’ finita!! E il tuo prezioso futuro è al sicuro!

La ragazza uscì dalla stanza e corse giù per le scale, tornando in salotto dove trovò tutti quanti che la fissavano scioccati. Lanciò una serie di sguardi fulminanti prima di sparire oltre la porta di ingresso, sbattendola dietro di sé. La sua uscita di scena fu seguita da Kato che caracollava giù per le scale per poi correre alla finestra e vedere Arisa che inforcava la bici e se ne andava.

-BENE! AL DIAVOLO!- fu l’ultima cosa che il ragazzo urlò.

Harumi e Junko camminavano nervosamente davanti alla porta di uno dei bagni della scuola, scambiandosi ogni tanto delle occhiate frustate e ascoltando i conati provenienti dal gabinetto.

-Arisa, come stai?- domandò Junko fermandosi davanti alla porta.

-Uno schifo…- rispose la voce dall’altra parte.

-Senti...- intervenne Harumi- Non per metterti ansia…ma non è che…sai, il motivo del litigio con Shige…

La porta del gabinetto si aprì di scatto e comparve Arisa, asciugandosi la bocca con un fazzoletto.

-Non ti preoccupare, lo sai che vomito sempre quando sono in ansia!- rispose la ragazza abbattuta- E comunque non abbiamo semplicemente litigato, ci siamo lasciati.

-Ma sei sicura?- chiese Junko- Voglio dire, magari dovete solo chiarirvi…

-Dopo quello che gli ho detto e dopo che lui ha urlato “Al diavolo!” dalla finestra…direi che la cosa è chiara…

-Ah, quindi l’hai sentito?- disse Harumi con una smorfia.

-Difficile non sentirlo…l’ha urlato talmente forte che l’onda d’urto sarà arrivata fino in Hokkaido!

-Però si dicono tante cose quando si è arrabbiati…magari, parlando a mente fredda…- suggerì Junko aprendo la porta dei bagni e facendo segno alle altre due di seguirla.

-No, mi ha fatto troppo arrabbiare!- esclamò Arisa risoluta.

-Ma esattamente perché?- chiese Harumi- Dubito che sia per il semplice fatto che ti abbia rimproverato per la pillola. Ha detto qualcos’altro, vero?

L’amica non rispose, facendo intendere perfettamente alle altre due che le congetture di Harumi erano esatte; continuò a camminare per il corridoio, girandosi a guardarle solo quando suonò la campanella di inizio delle lezioni.

-Vado, in classe! Ci vediamo all’intervallo!- e si mise a correre verso la sua aula, rischiando per due volte di inciampare nelle sue stesse stringhe.

-Quella ragazza non me la conta giusta…- mormorò Harumi.

-Sento puzza di omissioni…- mormorò Junko.

Le due amiche si scambiarono degli sguardi penetranti, per poi scrollare le spalle rassegnate. Si diressero verso la loro aula, davanti alla quale i compagni continuavano imperterriti a chiacchierare, nonostante la campanella.

Appoggiato allo stipite della porta stava Nishikido, intento a discutere con Koyama riguardo alcuni esercizi, accanto a loro Tegoshi li ascoltava distrattamente e poco distante c’era Kato, accasciato contro il muro e con un’aura di disperazione che gli aleggiava attorno.

-Ryo-chan, cosa fai qua?- domandò Harumi con un sorriso divertito- La tua classe non è dall’altra parte del corridoio?

-Ah ecco! Dovevo chiedere una cosa a Keii-chan!- esclamò il ragazzo, scansando l’amico appena nominato e parandosi di fronte a Junko- Ko…konnichiwa!

La ragazza gli rispose con un sorriso, allontanandosi di qualche passo per domandargli cosa faceva dopo la scuola.

Harumi allora si rivolse all’essere in decomposizione, che un tempo assomigliava a Kato.

-Shige!!! Tirati su per l’amor del cielo!

-E’ inutile…è così da ieri sera…- la informò Yuya- Abbiamo tentato di risollevarlo, ma non hanno funzionato nemmeno le disequazioni di secondo grado.

-Non è divertente…non lo è per niente…- mormorò Shigeaki.

-Nessuno sta dicendo che è divertente Shi…- gli fece osservare Haru- Magari, se ne parlassimo…Arisa mi ha raccontato qualcosa, ma non credo tutto quanto!

-Tutti dentro!!- gridò il professore in fondo al corridoio, ciabattando verso la classe con fare goffo.

-Ti sei salvato sul gong, ma non mi scappi!- gli disse Harumi- Dopo ne parliamo!

Kato annuì debolmente, prendendo posto al suo banco, proprio accanto alla porta. Harumi camminò verso il suo, accanto alle finestre, con Tegoshi che la seguiva.

-Come và oggi?- le chiese il ragazzo a bassa voce- Stamattina sei uscita presto, non ti ho vista.

-Io e Junko siamo andate a recuperare Arisa e poi non avevo molta voglia di vedere mamma e Hisato.

-Aiko pensa che tu sia arrabbiata con lei.

-Un po’ lo sono…ma non è solo per quello. Se li vedo insieme non posso fare a meno di pensare che stanno precludendo la nostra relazione.

Harumi si fermò di fronte al suo banco, guardando Yuya con occhi stranamente lucidi; il ragazzo si chinò su di lei, baciandole lievemente la fronte.

-TEGOSHI! SUZUKI! NIENTE EFFUSIONI!- sbraitò il professore dalla cattedra, facendo sbuffare Yuya che andò a sedersi in fondo all’aula.

Harumi si sistemò alla sua sedia, iniziando a prendere i libri dalla borsa, mentre il docente iniziava con l’appello. La ragazza prese la matita dall’astuccio, iniziando a rigirarsela fra le dita, mentre ascoltava distrattamente i nomi dei suoi compagni. Quella mattina, prima di uscire furtivamente di casa, aveva dato un’occhiata in cucina, dove aveva visto sua madre preparare la colazione, canticchiando. Erano anni che non canticchiava, erano anni che non la vedeva così felice. A quella vista era scappata fuori di casa, correndo per la strada e fermandosi solo di fronte all’abitazione di Junko. Come poteva dire a sua madre la verità? Come poteva toglierle quel sorriso sincero che non le vedeva sul volto da troppo tempo? Ma oltre a queste domande, ce n’era sempre una che la opprimeva più di tutte: come poteva diventare la sorella di Yuya?

-Haru…Haru…

La ragazza sobbalzò sorpresa, girando lievemente il capo verso Koyama, che la chiamava dal banco dietro.

-Che c’è Keii?

-Sai in quale classe è stata messa Mayu?- le domandò con una certa agitazione.

-Non ne ho idea, non lo sapeva nemmeno lei. A quest’ora sarà in segreteria e poi la porteranno nella sua classe.

-Dio, ti prego, fa che sia questa!- mormorò Koyama muovendosi insofferente sulla sedia.

-Suzuki Mayu, giusto?- domandò il professore compilando il foglio che teneva appoggiato alla sua cartelletta rosso scuro.

-Si, esatto- rispose la ragazza chinando lievemente il capo.

-Per caso sei parente di Suzuki della sezione A?

-Si, è mia cugina.

-I vostri padri sono fratelli?

-No, veramente le nostre madri…- rispose Mayu iniziando a ritenere il professore leggermente impiccione- Abbiamo preso il loro cognome per…varie vicissitudini familiari.

-Bene, sei nella mia classe, la sezione C. Seguimi!

“Grandioso” pensò Mayu camminando dietro l’uomo che era uscito dalla sala professori; “Keii-chan e Haru sono nella sezione A….come inizia bene questo semestre! Ma porc…chi c’è nella sezione C? Arisa? Si, mi sembra di si. Chi altro? Mmm…non mi ricordo, accidenti!”

-Siamo arrivati.- disse il professore fermandosi di fronte ad un’aula e per poco Mayu non gli finì addosso, persa com’era nei suoi pensieri.

L’uomo aprì la porta e introdusse la ragazza nella classe, dalla quale provenivano le voci schiamazzanti dei suoi nuovi compagni.

-Silenzio per favore! Devo presentarvi la nuova studentessa!

Il silenzio calò immediatamente nell’aula, mentre una trentina di teste circa si voltavano verso la ragazza che se stava poco distante dal professore, stringendo nervosamente fra le mani la sua borsa.

-Prego…- le fece il professore invitandola a parlare.

-Ehm…mi chiamo Suzuki Mayu…- iniziò lei, guardando per l’aula alla ricerca di un viso familiare- Spero di trovarmi bene in questa scuola e…- Mayu vide una massa di capelli biondi e il volto di Arisa che guardava distrattamente fuori dalla finestra. La guardò insistentemente, aspettando che si girasse per attirare la sua attenzione.

-Suzuki, cosa c’è che non và?- chiese il professore infastidito dal silenzio- Per caso conosci Tanaka?

-Bhè ecco…

-Tanaka!

Arisa mugugnò un “si” per far capire che era in ascolto, ma non girò la testa verso la cattedra.

-Conosci la nuova studentessa Suzuki?

-Bho…- fu l’unica risposta che provenne da Arisa, la quale continuò imperterrita a guardare fuori dalla finestra.

-MA COME BHO???- esclamò Mayu scioccata, ricevendo uno sguardo di disapprovazione dal professore.

-Scusi sensei…- una voce maschile si levò dal fondo dell’aula, e poco dopo una faccia paffuta apparve da dietro le teste dei compagni- Io conosco Suzuki, potrebbe farla sedere nel posto vuoto davanti al mio!

-Si Masuda, buona idea.- confermò l’uomo prendendo il registro dal cassetto della cattedra- Bene Suzuki, prendi posto.

Mayu camminò fino al banco di fronte a Takahisa, lanciando un’occhiataccia ad Arisa che era ancora persa ad osservare chissà cosa in cortile, e prese posto.

-Grazie…- mormorò a Massu, girando lievemente la testa verso di lui.

-Di niente, mi sembrava avessi bisogno di aiuto!- rispose lui con un sorriso radioso.

Mayu fece un cenno di assendo e si voltò verso la cattedra, a controllare se il professore si fosse accorto che stavano parlando, ma l’uomo era completamente preso dalla sua spiegazione, allora lei ne approfittò per guardarsi attorno con più calma. Riuscì finalmente a vedere Yamashita, nella fila vicino alla porta, che sonnecchiava appoggiato alla parete, e qualche banco più a sinistra Nishikido che in quel momento si girò verso di lei e la salutò con la mano.

Mayu lo salutò di rimando, sentendosi finalmente più tranquilla dopo aver visto i volti dei suoi amici.

-Mayu-chan…- mormorò di nuovo Takahisa- Non ti pare che Arisa-chan sia un po’ assente oggi?

I due ragazzi si girarono a guardarla, trovandola ancora intenta a osservare il nulla fuori dalla finestra, ma con dei bianchetti infilati fra le asticelle degli occhiali, che le spuntavano ai lati della testa, facendola sembrare un alieno.

Mayu si voltò a guardare Massu con una smorfia- Un po’ assente?

Arisa prese la mira verso il cestito a circa 3 metri da lei e lanciò una palla di carta che andò inevitabilmente a sbattere contro il bordo di latta, per poi finire a terra.

-Impedita- commentò Mayu bevendo il suo succo di frutta.

-Uffa!!!- si lamentò l’amica andando verso il cestino- Ok, prima in classe ero distratta e non mi ero accorta che eri tu, scusami! Ma adesso basta con questi insulti gratuiti!

-Si, direi che te l’ho fatta pagare abbastanza- affermò Mayu buttando anche lei il cartone del suo succo- Adesso dove andiamo?

-Abbiamo lezione di scienze, dobbiamo andare nei laboratori.

-Bene, fammi strada!

Arisa buttò la cartaccia di poco prima nel cestino e raccolse il suo zaino- Passiamo dal cortile sul retro, arriveremo prima.

-Spero di non metterci troppo ad ambientarmi…- osservò Mayu seguendo l’altra.

-Bhè, io ci ho messo due anni e mezzo a capire da che parte era la sala professori!- disse Arisa ridendo e ricevendo in cambio un’occhiataccia.

Le due amiche si incamminarono verso il retro della scuola, chiacchierando di sciocchezze e notando come gli studenti diminuissero man mano.

-Non ci passa mai nessuno di qui…- spiegò Arisa guardando in giro e constatando la totale assenza di essere umani a parte loro due.

Mayu si guardò attorno con circospezione -Credo che di notte potrebbe venirmi un infarto a passare di qua…

-VAFFANCULO!

-AAAAH! - Mayu e Arisa fecero un salto di 3 metri quando l’urlo squarciò l’aria.

-COSA DIAVOLO VUOL DIRE?

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo incuriosito, percependo qualcosa di estremamente familiare in quella voce. Fecero qualche passo accostandosi al muro e sbirciando da dietro l’angolo, scorgendo due figure che stavano chiaramente litigando.

-Ikuta, per favore…- supplicò Yamashita.

-Ma ti rendi conto di quello che mi stai dicendo?- gli chiese Toma, stringendo tremante i pugni.

-Avrò il diritto di avere dei dubbi?- mormorò in risposta Yamapi, abbassando lo sguardo afflitto.

-Dei dubbi….credevo l’avessimo superata questa cosa…

-Non è così facile, Ikuta! Lo sai bene!

-Pensavo di contare qualcosa…- sussurrò Toma arretrando di qualche passo.

-Iku…- Tomohisa fece per porgergli la mano, ma la ritrasse subito dopo- Scusami…

Toma lo guardò con sofferenza e poi prese a correre verso la scuola, senza voltarsi nemmeno una volta.

Arisa e Mayu erano rimasta tutto il tempo nascoste dietro l’angolo, abbastanza confuse riguardo quello cui avevano assistito.

-Secondo te cosa è successo?- domandò Arisa a bassa voce, pensando che in quei due giorni aveva assistito a fin troppi drammi.

-Non ne ho idea…ma a te non sembrava un litigio fra innamorati?- chiese cauta Mayu.

L’amica strabuzzò gli occhi- Pensi che…quei due?

-Li ho sempre visti molto vicini…non ci sarebbe nulla di male…

-No, certo che no…- si affrettò a rispondere Arisa, ma non poteva nascondere a se stessa che l’idea la scioccava. Yamashita era…Yamashita! Tutti gli esseri femminili della scuola (e probabilmente anche qualcuno maschile) avevano fantasticato almeno una volta su di lui. Lei era in cima alla lista, di questo era sicura. L’idea che Tomohisa preferisse i ragazzi…era un motivo di lutto per il genere femminile.

-Dobbiamo andare comunque…- Mayu interruppe il flusso dei suoi pensieri.

-Si, mi sono ricordata che devo prendere una cosa! Tu inizia ad andare, basta che arrivi alla porta là in fondo, l’aula di scienze è di fronte.

Mayu guardò Arisa con un po’ di sospetto, ma non disse nulla e si diresse rapida verso il punto indicatole.

La ragazza bionda attese che l’amica sparisse oltre la porta, dopo di che tornò a guardare Yamashita che si stava dirigendo verso il retro della palestra. Aspettò che il ragazzo girasse l’angolo dell’edificio, poi prese a seguirlo; camminò lentamente, per non far sentire i suoi passi sulla ghiaia del cortile e quando oltrepassò anche lei l’angolo lo vide, seduto sui gradini dell’ingresso posteriore della palestra.

Non sapeva esattamente cosa voleva fare e non voleva nemmeno pensarci, ma camminò a passo deciso verso Tomohisa, che se ne stava con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il viso nascosto fra le mani. Non alzò lo sguardo nemmeno quando la ragazza si sedette accanto a lui.

-Che vuoi?- domandò il ragazzo con tono cupo.

-Pi…prima, ti ho visto litigare con Toma…

Yamashita sollevò il viso, mostrando le guance rigate di lacrime e gli occhi arrossati e Arisa capì quello che probabilmente sentono i ragazzi quando vedono delle ragazze piangere: paura e senso di impotenza.

-Ecco io…- Tomohisa sembrava spaventato da quella notizia e Arisa capiva anche perché.

-Non ti preoccupare, non ho pregiudizi…anche se la cosa mi ha scioccata…- ammise lei- Mi vuoi dire cosa è successo?

Il ragazzo sembrò rassicurarsi e tornò a guardare per terra, spostando i sassi con un piede.

-E’ colpa della mia insicurezza…

-In che senso?

-Bhè…in quel senso. Nel senso che non so se è davvero i ragazzi che voglio.

Arisa annuì, anche se in realtà poteva capire solo in minima parte la sofferenza che attanaglia chi sta cercando di definire la propria sessualità; doveva essere una sensazione davvero devastante.

-Per quanto possa essere d’aiuto…puoi parlare con me quando hai bisogno…- disse Arisa e per quanto potesse sembrare una frase fatta, era davvero convinta di quello che diceva.

Yamapi si girò a guardarla e le rivolse un sorriso bellissimo, ma pieno di tristezza- Ti ringrazio Arisa-chan…ma per quello che ne so, anche tu non ti trovi in una situazione facile.

La ragazza arrossì, colta alla sprovvista, visto che sperava sinceramente che quell’argomento non venisse toccato.

-Shige…- si bloccò un secondo, rendendosi conto quanto le facesse male dire quel nome- Vi ha raccontato?

-Non molto…per natura i ragazzi tendono a non parlare di queste cose, se non per vantarsi e Shigeaki in particolare è molto riservato su faccende del genere.

-E’ una cosa parecchio personale…- ammise la ragazza torturandosi le dita delle mani- Magari potrei parlartene, fra un po’ di tempo…adesso sarà il caso di andare in classe!

Yamashita sospirò guardando l’orologio e si alzò in piedi, sbattendosi le mani sulle natiche per mandare via la polvere dai pantaloni.

-Tanto il prof arriva sempre 10 minuti in ritardo!- osservò lui.

-La campanella è suonata, appunto, 10 minuti fa!- fece notare lei.

I due ragazzi si sorrisero e si diressero, più tranquilli, verso l’aula di scienze.

Junko si guardò attorno con aria impaziente, mentre camminava a fianco di Harumi che scorreva annoiata i messaggi sul cellulare.

-Chi cerchi?- chiese Haru senza distogliere lo sguardo dal display.

-Io e Nishikido-kun torniamo a casa insieme!- rispose l’altra con gli occhi che avrebbero potuto essere scambiati per due fari.

-Che carini!- commentò l’amica accennando un sorriso- Per fortuna non abitate molto distanti.

-Tu invece perché continui a guardare il cellulare?- ma prima che Harumi potesse darle una risposta, Junko le tolse il telefono dalle mani per controllare lei stessa.

Il display era aperto su un messaggio di Tegoshi, talmente pieno di emoji a forma di cuore che avrebbe potuto far venire un attacco di diabete fulminante a chiunque. Controllò la data: il messaggio risaliva a due settimane prima.

-Ti prego Haru, dimmi che non ti stai struggendo rileggendo i vecchi messaggi di Yuya, di quando tutto andava bene!- chiese implorante la ragazza.

Harumi abbassò lo sguardo colpevole, senza osare ribattere, confermando il detto “chi tace acconsente”.

-Tu hai bisogno di distrarti!- sentenziò Junko ridandole il cellulare- Ecco perché ho una sorpresa per te! Stasera sarò sotto casa tua alle 18, fatti trovare pronta e scattante!

-Cosa hai in mente?- domandò Harumi senza celare una leggera preoccupazione- Lo sai che odio le sorprese.

Junko scoppiò a ridere- Adesso non rubare le battute ad Arisa! E comunque non è vero che odi le sorprese, ti conosco troppo bene!

Harumi si lasciò scappare un sorriso- Va bene, allora a stasera. Adesso vai dal tuo uomo truce!- aggiunse indicando il ragazzo che se ne stava appoggiato contro il cancello di ingresso.

Junko schioccò un bacio sulla guancia ad Haru poi si diresse saltellante verso Nishikido. I due ragazzi si allontanarono insieme e Harumi notò come la mano di Ryo indugiasse vicino a quella di Junko, indecisa se afferrarla o no. Un po’ li invidiava. Erano ancora all’inizio, quando tutto sembra tenero e imbarazzante ma soprattutto non avevano problemi. Scacciò dalla mente quel pensiero, non era giusto paragonare la sua situazione con quella di Junko.

Il cellulare le vibrò fra le mani e sul display comparve la chiamata di Shige in arrivo.

-Pronto? Shi?

-C’è Arisa nelle vicinanze?- mormorò la voce maschile che sentiva con una strana eco.

-No, aveva biologia all’ultima ora, uscirà un po’ in ritardo. Ma dove sei?

-Qua.

La ragazza si voltò di scatto, trovandosi Kato a 10 centimetri dalla faccia con il cellulare in mano.

-Ma sei impazzito?- esclamò Harumi- Per poco non mi facevi venire un colpo!

-Scusami, ma sai com’è…- disse lui chiudendo la chiamata.

-Sei in piena fuga per caso?

-Si, adesso vado prima che arrivino gli altri. Dì a Tego che lo chiamo dopo!- Shigeaki si sistemò lo zaino sulla spalla.

-Non credi che dovresti affrontarla, prima o poi?- domandò lei incrociando le braccia.

-Non credi che dovresti affrontare il discorso con Yuya, prima o poi?- chiese lui di rimando.

-Mi dispiace, ma l’ho chiesto prima io!

-Mi dispiace, ma devo proprio andare!- esclamò Kato avvistando il gruppo di amici che uscivano dalla scuola.

-Non finisce qui!!- urlò Harumi alla figura che stava già correndo a perdifiato verso il cancello.

-Non era Shige, quello?- domandò Koyama quando le fu accanto.

Harumi annuì, percependo lo sguardo di Arisa passare da lei alla sagoma indistinta in fondo al viale.

-Ha detto di salutarvi e che doveva correre al doposcuola!

-Il doposcuola? Di questo passo sarà già laureato quando noi prenderemo il diploma!- scherzò Tegoshi, facendo ridacchiare gli altri ragazzi.

-Non ci vedo niente di male ad impegnarsi nello studio.- ribatté pungente Harumi. Non sapeva perché gli avesse risposto così, considerando il fatto che la scusa del doposcuola se l’era inventata lei in quel preciso momento, ma si sentiva stranamente irritata.

Yuya la guardò sorpreso, ma non le disse nulla e riprese a chiacchierare con gli altri, come se nulla fosse successo.

Harumi arricciò il naso imbronciata mentre Mayu e Arisa l’affiancavano.

-Sei arrabbiata Haru?- le chiese la cugina, notando la sua reazione di poco prima. Harumi mugugnò qualcosa di incomprensibile in risposta, prendendo a camminare verso l’uscita

Mayu scrollò le spalle e si rivolse ad Arisa, ma anche lei sembrava tutto fuorché calma.

-Andiamo al locale di tua sorella?- le chiese la ragazza. La serie di mormorii che seguirono inclusero le parole “dannazione” e “Shige”.

-Lo prendo per un si…- Mayu fece qualche passo indietro, mettendosi accanto a Koyama e Yuya che chiacchieravano- Tego, perché non cammini vicino ad Haru-chan? La vedo un po’ giù.

-Magari oggi è meglio di no…- davanti a lui Harumi drizzò le orecchie- Il micio è isterico, potrebbe graffiare.

Nel giro di 4 secondi successero varie cose: Arisa inciampò in un sasso e finì a terra, Keii emise un urletto allarmato, Mayu per poco non inciampò su Arisa, Massu e Pi continuarono a farsi gli affari loro e Harumi colpì Yuya con la sua borsa, la quale probabilmente conteneva libri per un peso che si aggirava intorno ai 9 chili.

Tegoshi non fece in tempo ad emettere alcun suono di dolore o protesta, perché i suoi timpani furono investiti dalle urla della sua ragazza, che più che una ragazza in quel momento sembrava una banshee. Nessuno dei presenti fu in grado di comprendere le parole che uscirono dalla bocca di Harumi, accompagnate poco dopo da quelle di Tegoshi che si era visto attaccato e brutalmente malmenato. Quello di cui tutti erano abbastanza sicuri era che i due ragazzi, quando si arrabbiavano sul serio, facevano davvero paura.

Harumi urlò ancora qualcosa riferito all’essere isterica, dopo di che si diresse di gran marcia verso casa, lasciando tutti basiti, in particolare Tegoshi che non riusciva a capacitarsi della furia omicida con cui aveva appena avuto a che fare.

Mayu, Koyama, Arisa, Massu e Yamapi accerchiarono il ragazzo, ognuno di loro con stampata in viso un’espressione di rimprovero.

-Non mi guardate così…- mormorò Yuya- Io non ho fatto niente!

-Tipica risposta di voi ragazzi!- esclamò Mayu- Ti rendi conto dello stress che sta affrontando Harumi in questo momento?

-Non lo sta affrontando solo lei!- ribatté giustamente il ragazzo- Sembra che qui si tenda a dimenticare che anche io sto subendo questa situazione!

-Non volevamo dire questo…- iniziò Keiichiro, ma il ragazzo continuò a parlare.

-Si dà il caso che anche io stia male per tutto questo! Anche io sto affrontando il dilemma di vedere da una parte la felicità distrutta di mio padre e dall’altra la mia!

-L’ultima cosa che dovete fare è separavi in questo momento…- commentò Yamashita stupendo tutti- Dovete stare uniti e parlare…fidati, è meglio dirsi le cose…

Lasciò la frase in sospeso, ma nessuno osò chiedere spiegazioni più dettagliate.

Tegoshi guardò l’amico con aria frustrata, poi si sistemò lo zaino sulla spalla e salutò tutti, andando anche lui verso casa, sapendo che si sarebbe fermato di fronte a quella porta chiusa del secondo piano, ma senza avere il coraggio di aprirla.

Harumi e Junko oltrepassarono le porte scorrevoli del Tokyo Dome, ancora emozionate e frementi per lo spettacolo cui avevano appena assistito.

Qualche ora prima Junko si era presentata sotto casa di Haru, come promesso, e le aveva mostrato la sua sorpresa: due biglietti per il concerto degli Arashi di quella sera. Il tentativo era palesemente quello di portare l’amica fuori per distrarla (a seguito oltretutto delle notizie che le erano giunte in merito alla sfuriata di quel pomeriggio) e quale modo migliore se non restare per tre ore in completa adorazione dei loro idol prediletti.

-Jun, tesoro mio…grazie…- mormorò Harumi ancora con le lacrime agli occhi per l’ultimo encore degli Arashi.

-Ne avevi bisogno!- esclamò Junko- Non potevo vederti così a terra! Quando sono venuta a prenderti mi sei sembrata uno zombie!

-Allora che dici se andiamo a mangiare ramen?- chiese Harumi sbattendo le palpebre.

Junko si mise a ridere e le due ragazze si incamminarono verso il retro del Tokyo Dome, dirette al ristorantino di ramen dove andavano di solito.

-Non è qui che l’anno scorso avevi trovato l’accendino?- chiese Haru mentre passavano in un vicolo laterale.

-Si, avevo continuato a fissarlo e rigirarmelo fra le mano per 3 quarti d’ora…- ricordò la ragazza- Però alla fine non abbiamo mai scoperto se era veramente di Jun.

-Bhè, solo lui può usare un accendino così pacchiano e per giunta col proprio nome inciso sopra!

-Ohi!- Junko finse di offendersi per la battuta riferita al suo idolo e camminò ancora qualche passo fino a fermarsi di fronte a una pesante porta di ferro leggermente arrugginita- Ecco, è proprio qui che l’ho trovato!- disse fissando un punto imprecisato per terra.

Harumi stava per commentare quando vide la porta aprirsi all’improvviso e sbattere con un sonoro “TONK” contro la fronte di Junko che cadde a terra frastornata. Una figura avvolta in una giacca lavorata a maglia, con un cappello da gangster in testa e gli occhiali da sole calati sul naso spuntò da dietro il lastrone di ferro per vedere cosa avesse provocato quel rumore inaspettato. Il ragazzo dai capelli neri e Harumi si fissarono per qualche secondo, il tempo necessario affinché la ragazza riconoscesse quelle enormi labbra e i nei che le adornavano.

Matsumoto Jun girò la testa verso sinistra e finalmente notò la ragazza seduta a terra che si tastava la fronte dolorante ed emettendo un gridolino di sorpresa si affrettò a prenderla per le braccia e rimetterla in piedi.

-Gomenasai!- esclamò il giovane idol togliendosi gli occhiali- Stai bene? Non ti sei fatta male vero?

Junko fissò per qualche istante il bellissimo volto che aveva di fronte, seriamente convinta che si trattasse di un’allucinazione, ma quando si voltò verso Harumi e vide la sua stessa espressione basita, si convinse che probabilmente non si stava sognando tutto.

-Come ti chiami?- le chiese Jun.

Per un attimo credette di esserselo dimenticata, poi le tornò in mente all’improvviso- Ju…Junko!

Matsumoto sorrise sorpreso- Un nome simile al mio! Che coincidenza! Ma dimmi, stai bene vero?

La ragazza annuì mentre Jun continuava a girarle attorno e ad osservarla per assicurarsi che per lo meno non ci fossero altri segni evidenti della caduta.

Harumi sbatté un paio di volte gli occhi, iniziando a pensare che probabilmente quella giornata, iniziata malissimo, poteva concludersi come una delle più belle della loro vita. Uscire dal concerto degli Arashi e ritrovarsi davanti uno di loro che per poco non le aveva accoppato l’amica! Cosa si poteva volere di più?

-Matsujun, cos’hai combinato?

Una voce calma e profonda giunse dall’oscurità oltre la porta dalla quale era uscito Jun e un istante dopo un ragazzo alto, dai capelli neri e corti, le labbra carnose e un cappellino con la visiera calato all’incontrario sulla testa si parò di fronte ad Harumi.

Sakurai Sho guardò confuso Matsumoto che tastava il braccio sinistro di Junko e poi la ragazza davanti a lui che lo fissava con lo stesso sguardo intelligente che poteva avere una sardina sotto sale.

-Tutto bene?- chiese lui.

Harumi impiegò un paio di secondi ad elaborare la domanda, producendo una risposta tanto stupida quanto la sua espressione.

-Oh mio dio…

r: pg-13, g: toma, p: sakumoto, gnr: au, g: news

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