5人の10年間 (Gonin no juunen kan)

Jan 23, 2008 18:50



Jun guardò il display del cellulare. Solo quattro persone avevano ancora quel numero. Aveva tenuto la scheda attiva per pura speranza, ma non l’aveva più usata. La suoneria era una canzone di almeno quindici anni prima. Iniziò a canticchiarla. Poi si decise e rispose. Dall’altra parte ci fu un lungo momento di silenzio. Poi una voce molto familiare chiamò il suo nome

<< Ciao Sho…>> disse Jun, mentre sentiva la tensione salire. Si rese conto di star tremando

<< Sono dieci anni che non ci sentiamo…>> disse poi.

<< Beh, non proprio… mancano otto giorni…>> disse Sho. Jun ridacchiò.

<< Jun… scusami… io… beh, tutti più o meno avevamo capito la situazione, ma… credo preferissimo pensare che si trattasse solo di voci… >> disse Sho.

<< Però anche tu… non hai mai detto nulla.. non hai confermato ne smentito… non ne hai mai parlato nemmeno con i tuoi amici quando ancora  avevamo il tempo di avere degli amici…>>

Jun non rispose. Sho parlava come se lui non avesse mai cercato il coraggio di parlare. Cercato di trovare le parole giuste. Ma lui le aveva cercate. Le cercava ancora adesso, dopo dieci anni…

Corse fino alla strada. Aveva sentito Masaki chiamarlo dalla porta, ma si era già mescolato alle altre persone. Vide un taxi e vi si fiondò. Borbottò un indirizzo. Il tassista guidò senza mai voltarsi. Jun scese davanti alla propria casa. Pagò ed entrò. Non c’era nessuno. Prese un grande trolley. Ci cacciò dentro lo stretto indispensabile e chiamò un altro taxi. Quando il taxi arrivò, uscendo incrociò sua sorella

<< Dove vai Jun?>> gli chiese lei

<< A Londra. Starò via un po’.>>

<< Ma non sai l’inglese!>> gli gridò dietro lei. Ma Jun non rispose. Chiuse la portiera del taxi e partì. Guardò fuori dal finestrino tutto il tempo. Voleva andarsene da quella città. Voleva allontanarsi da quel mondo. Voleva essere una persona normale. Ringraziò gli dei per non essere troppo famoso al di fuori del Giappone, almeno avrebbe potuto fingere di essere una persona normale… il cellulare si mise a squillare. Lo ignorò. Continuò ad ignorarlo per un’ora buona, finchè non fu a Narita. Poi guardò il display. Sho.

<< Che vuoi?!>> gli chiese, secco.

<< Volevo fare pace… ho visto che avevi già firmato il modulo per la liquidazione e tutto… ci siamo rimasti tutti un po’ male, ma… non è da te fuggire così, quindi un motivo deve esserci…solo mi sono arrabbiato perchè non hai voluto dircelo…>>

<< E a me da fastidio che in dodici anni tu non ci sia arrivato. O che non ci siano arrivati Aiba o Nino in quasi quindici… >> disse Jun. Sembrava davvero furioso. Sho sospirò

<< Jun…>>

<< Non ho fatto l’audizione, Sho. Fatti delle domande e non rompermi più.>> e riattaccò. Poi spense il telefono. Voleva partire. Andarsene. Voleva sparire. Imbarcò il bagaglio, senza smettere di pensare. Avrebbero saputo… corse verso il bagno più vicino e si chiuse in un gabinetto. Si portò le mani alla bocca per soffocare i singhiozzi. Non capiva che gli prendesse. Cercò di recuperare il controllo. Si soffiò il naso. Uscì e si sciacquò il viso. Doveva andare al check in, non aveva più tanto tempo. Sarebbe cambiato tutto. Era libero. Solo, ma libero. Questa consapevolezza lo rassicurò un po’.

Quaranta minuti dopo, seduto sull’aereo, si sentì di nuovo strano. Si mise a guardare fuori, gli ultimi preparativi per la partenza. Fu sicuro di vedere il suo trolley. Sorrise. Era azzurro, ma ci aveva attaccato un pezzo di un costume che si era rotto durante un concerto… un pezzo di stoffa fuxia, con delle paillettes. Molto virile… Ridacchiò. Poi sentì di nuovo la sensazione di vuoto che non lo lasciava da quando era salito sul primo taxi… sentiva ancora la voce di Masaki che lo chiamava… avrebbe voluto sentirlo chiamare il suo nome ancora. Avrebbe voluto girarsi e dirgli di chiamarlo Jun-Jun quanto voleva, che poteva usare tutti i nomignoli che voleva… sospirò, cercando di non pensare. Il viaggio doveva ancora iniziare, non poteva iniziare ad avere rimpianti ora… l’aereo iniziò a muoversi. Era davvero grande, notò Jun, guardando l’interno. Sorrise alla hostess, che stava spiegando le procedure di sicurezza. Lei sorrise di rimando. Fantastico. L’aveva riconosciuto. Sospirò e si rimise a guardare fuori. Vide la velocità aumentare e l’aereo prendere pian piano quota. Le case e le strade sempre più piccole… resistette fino allo spegnimento del segnale delle cinture di sicurezza, poi corse in bagno. Odiava sentirsi così. Anche se non capiva come si stesse sentendo… si appoggiò con la schiena alla porta, il viso rigato di lacrime

<< Fantastico…>> disse, asciugandosi gli occhi. Li serrò, cercando di scacciare la malinconia, ma non ci riuscì. Scivolò con la schiena fino a sedersi a terra. Per fortuna non era ancora andato in bagno nessuno, pensò, sennò gli avrebbe fatto parecchio schifo… ma al momento proprio le gambe non sembravano avere la minima intenzione di reggerlo. Scoppiò in singhiozzi senza nemmeno rendersene conto. Non sapeva quanto tempo era passato, quando si calmò. Si asciugò gli occhi, si sciacquò nuovamente il viso. Aveva gli occhi davvero rossi. Inspirò profondamente. Sentì bussare alla porta. Si sistemò i capelli, che erano sconvolti. Aveva continuato a passarci le mani. Aprì la porta

<< Tutto bene?>> gli chiese la hostess. Lui cercò di sorridere

<< Adesso si.>> disse.

<< Iniziavamo a preoccuparci… è rimasto chiuso li dentro tre ore…>> disse lei. Jun arrossì

<< Oh… non pensavo fosse passato tanto tempo…>> disse, sorridendo imbarazzato. Lo avevano sentito?

<< Non si preoccupi… è normale farsi prendere dalla malinconia quando si parte per un viaggio molto lungo…>> disse lei. Si, lo avevano sentito. Ridacchiò, a disagio

<< Che figura…>> disse. Lei sorrise

<< Non direi. Ho sentito solo io… >>

Jun abbassò il viso

<< Beh, credo sia meglio così…>> disse.

<< Però sembravi… ehm, sembrava davvero disperato…>>

Jun alzò lo sguardo. Forse era disperato sul serio…

<< Solo un momento di sconforto.>> disse, con un’alzata di spalle. Poi tornò a sedersi al suo posto. Si addormentò subito. Era decisamente stanco. Quando riaprì gli occhi, erano già in Europa. Aveva dormito per otto ore filate. Si stiracchiò, felice di aver potuto dormire così tanto, per la prima volta dopo anni. Si passò le mani sul viso e sbadigliò. Si sentiva bene, finalmente…

<< Jun, ci sei ancora? Non volevo suonare così acido, scusami…>> disse Sho. Jun si riprese. Allontanò un attimo il telefono dall’orecchio e guardò il display. Non c’era dubbio. Sho lo stava chiamando

<< Ci sono ancora.>> disse. Sho sospirò

<< Temevo mi avessi riattaccato in faccia… guarda che adesso sono un politico importante!>> disse, ridendo. Anche Jun rise. Sho inspirò

<< E’ ancora un argomento così delicato, Jun?>> chiese.

<< Temo di si…>> rispose Jun. Si morse le labbra

<< Sono passati dieci anni.. e… beh, forse non è necessario parlarne adesso… Avrei voluto starti più vicino, ma… >>

<< Non siamo mai stati molto uniti, Sho… troppo testardi e competitivi per poter andare molto d’accordo… questa telefonata, ti confesso, mi spaventa un po’… non c’è Aiba a farci da cuscino in mezzo, o O-chan… a proposito, sai qualcosa degli altri?>>

Sho ridacchiò

<< Non molto… sono andato qualche volta alla galleria di O-chan, ma non c’era. Rivisto tutti i film di Nino… Aiba-chan non l’ho più sentito… ho intravisto Yusuke, credo sei anni fa, ma abbiamo solo scambiato qualche convenevole… mi ha detto che Masa era impigliato in una storia strana con una tizia strana, ma non ha aggiunto altro…>>

Jun rise

<< Sarebbe da lui… e O-chan, si sarà sistemato?>>

<< Non credo… >> disse Sho << Ho visto gli ultimi quadri, e sembrerebbe avere una sola persona in mente…>>

<< Li ho viti anch’io su una rivista… quell’ideogramma è inconfondibile… riesce sempre ad infilarlo da qualche parte… piuttosto non firma… direi che è un messaggio più che chiaro… >>

Risero

<< Notizie di Nino?>> chiese poi Jun

<< Quello che c’è sui giornali, nient’altro… Però stasera chiamo tutti… ma che ore sono a Londra, scusa?>>

<< Adesso è l’una… ho appena finito di pranzare…sai, credo che appena mettiamo giù cercherò il primo volo per Tokyo. Mi hai fatto venire nostalgia…Mi manchi… e poi tra otto giorni sono dieci anni, è ora di riprendere i contatti, no?… >>

<< E’ per quello che vi sto telefonando… beh, hai ripreso in mano la tua vita?>> chiese Sho. Jun ci pensò

<< Credo proprio di si, sai?…>> disse poi…

Londra gli aveva fatto un effetto strano, quasi di nostalgia. Si, l’inglese tendeva ad essergli un po’ ostico, ma riusciva comunque a farsi capire senza troppi problemi. Si fermò un mese, poi iniziò a girare l’Europa. In un anno visitò Parigi, Berlino, Helsinki, e poi l’Italia, rimanendo affascinato da Venezia, con i canali, il carnevale presente comunque in ogni momento dell’anno nelle vetrine di alcuni negozi, le gondole. Dopo due anni in giro per l’Europa, tornò a Londra. Non voleva finire i soldi della liquidazione, quindi decise di trovarsi un lavoro. Un lavoro da persona normale. Continuava a non parlare bene l’inglese. Quando servì il primo menù medio, non riusciva a smettere di ridere. Lui. Proprio lui. In un fast food. Un lavoro che le persone facevano normalmente, mentre cercavano un altro lavoro.

<< Matsumoto, non ridere in faccia ai clienti!>> lo riprese il capo

<< Mi scusi.>> disse Jun, sorridendo ai clienti successivi. Qualche turista giapponese lo riconosceva. Lo vedeva dalle loro espressioni sconcertate. Si accorse ben presto che una decina di ragazze erano diventate clienti abituali durante i suoi turni

<< Ti conoscono…>> gli disse uno dei colleghi, durante una pausa. Jun sorrise

<< Potrebbe essere.>> disse. Il collega lo guardò

<< Quel tuo sorrisetto cattivo fa un po’ paura, Jun…>> disse. Pronunciavano quasi tutti il suo nome come se fosse un dannato mese. Ma era così difficile pronunciare una sillaba?

<< Ma cos’era che facevi prima, in Giappone?>> gli chiese

<< Un po’ di tutto…>> disse Jun, stringendosi nelle spalle. Il collega tirò fuor una rivista

<< L‘aveva mia sorella. Il capo del gruppo delle tue ammiratrici… perhcè sei su un giornale per ragazzine? Non sono molto bravo con le facce orientali, ma la tua la riconosco!>> disse. Jun sbuffò

<< Frank, lascia stare.>> disse. Si accese una sigaretta. Frank lo guardò

<< Sto solo cercando di capire come c’è finito uno come te in un fast food… beh, per carità, tra ammiratrici “vere” ed ammiratrici acquisite, stiamo facendo il triplo dei soldi, ma…>>

Jun si girò a guardarlo. Fece un mezzo sorriso.

<< Lascia stare.>> disse di nuovo. Frank si passò una mano nei cortissimi capelli rossi.

<< Ok, lascio stare. Solo perchè quando parli con quel tono fai davvero paura. Però… se ti va di parlare con qualcuno, io ci sono. Ok?>> detto questo, si alzò e rientrò nel locale. Jun finì la sigaretta e si passò le mani sul viso. Era ora di tornare al lavoro. Guardò la rivista che Frank aveva lasciato li. Era di tre anni prima…

“Ero davvero così giovane? Ero davvero capace di fare un’espressione così innocente?… Nonostante tutto?…”

<< Matsumoto! Sei in ritardo di tre minuti sul rientro dalla pausa!>> disse il capo, quando lo vide entrare. Jun gli sorrise dolcemente e si mise alle casse. Passò la tesserina, immise il codice e si ritrovò a fronteggiare il solito esercito di affamati. Anzi affamate. Avevano notato tutti che quando Jun era alla cassa, tendeva ad esserci un radicale spostamento di ragazze verso la sua cassa. Sorrise ed iniziò a prendere ordinazioni e preparare vassoi. Bene o male era sempre pagato per sorridere, no?

Sho sospirò. Jun lo sentì chiaramente. Temeva di sapere quale sarebbe stato l’argomento. Lo precedette

<< Beh,  a parte entrare in politica, cos’hai fatto negli ultimi dieci anni?>> gli chiese. Sho ridacchiò

<< Mi sono sposato. E ho una bambina splendida…>> disse. Jun rise

<< Secondo me sei un padre straordinario. Con i tuoi fratellini eri splendido…>>

Sho rise a sua volta

<< Forse… però è difficile… continuo a chiedermi se sto facendo la cosa giusta… ho sempre paura di fare qualche errore… i litigi ci sono,  e ci saranno, ma credo di poterli affrontare. Se però riuscissi ad eliminarli… vorrei essere il marito ed il padre perfetto… ma è abbastanza difficile, temo…>>

Jun ridacchiò.

<< Perché tu diventassi il padre e marito perfetto, basterebbe che conoscessi qualcuno migliore di te, ma ho i miei dubbi, non credo che esista.>>

<< Mi stai adulando, Jun.>> disse Sho, in tono piatto

<< Non prendertela se ti faccio i complimenti!>> disse Jun, ridendo. Sho rise a sua volta. Poi sentì Jun sospirare

<< Che c’è, Mattsun?>> gli chiese.

<< Mi sei mancato, sai? Non pensavo l’avrei mai detto ad alta voce, ma è così…>>

Erano passati quattro anni dalla sua fuga, quando ricevette la telefonata di sua sorella.

<< Sarebbe bello che venissi al mio matrimonio… mamma e papà vorrebbero vederti..>> disse lei.

<< Mamma e papà non vogliono mai vedermi.>> ribatté lui, tranquillissimo. Sentì sua sorella sospirare

<< Fai come vuoi. Almeno, se non vieni potrò essere al centro dell’attenzione almeno il giorno delle mie nozze.>> detto questo, riattaccò

<< Ma che cattiva!!>> urlò Jun ad un telefono ormai muto. Frank lo guardò, scolandosi la terza birra. Non lavoravano più insieme da un anno, ma si vedevano comunque tutti i giorni o quasi.

<< Forte, ho capito “centro dell’attenzione” e “matrimonio”…>>

<< perchè tu sappia distinguere proprio queste parole mi sfugge, ma va bene così. Passami una birra…>>

Frank obbedì. Aveva imparato a non fare troppe domande a Jun quando parlava con i suoi. Però…

<< Hai lo sguardo triste, Jun…>> gli disse. Jun sospirò e gli si sedette accanto

<< Ti da fastidio se mi appoggio un po’?>> chiese Jun, con un filo di voce.

<< Fai pure. Al massimo scappo urlando.>> rise Frank. Ma Jun era dannatamente serio. Gli si appoggiò contro. Aveva ancora lo sguardo triste.

<< Domanda cretina. Quanti anni hai?>> chiese Frank, guardando Jun da una vicinanza che per una persona normale sarebbe stata impossibile fino a quattro anni prima.

<< Trentadue. Lo sai. C’eri al mio compleanno, eh. Tua sorella ha messo le candeline con i numeri…>>

Frank sbuffò

<< Non vale che tu sembri così giovane avendo tre anni più di me!>> disse. Jun fece un mezzo sorriso e bevve un po’ di birra. Frank gli prese la birra dalla mano e la posò sul tavolino davanti al divano su cui erano semisdraiati. Jun corrugò appena la fronte. Non aveva mai visto Frank con un’espressione simile. Ma non vi diede peso. Riprese la birra e si rimise a bere. Frank glie la tolse di nuovo e si avvicinò ancora. Jun si girò, leggermente infastidito. Voleva bere, accidenti! Frank lo baciò. Jun si staccò immediatamente e scattò in piedi. Guardò Frank, senza riuscire a dire nulla. Poi fece alzare Frank in malo modo e lo trascinò verso al porta.

<< Vai. Per stasera hai bevuto decisamente troppo.>> gli disse. Frank abbassò lo sguardo, solo un attimo. Poi rialzò gli occhi.

<< Pensavo che… ma evidentemente mi sono sbagliato..>> disse. Jun inspirò profondamente.

<< Ma te la sei presa così tanto?…>> chiese Frank. Jun si morse le labbra.

<< Arrabbiato non è esatto… mi sono spaventato… certi.. beh, chiamiamoli contatti.. preferisco evitarli. Non ce la faccio… scusami…>> disse poi. Tremava.

<< Scusami tu… è evidente che ti è successo qualcosa di cui non vuoi parlare. L’ho capito da tempo. Però tenersi tutto dentro non è un atteggiamento sano, Jun… e… beh, scusami. Non succederà più una cosa simile. Quindi non avere paura di me, ok?>> disse.

<< Ho paura di tutti, Frank. Perché non dovrei averne di te?>> chiese Jun, e gli chiuse la parta in faccia. Po si sdraiò sul divano e finì la birra. Si accorse di star tremando. Si rannicchiò. Voleva i suoi amici. Anche se erano quattro anni che non li vedeva e non li sentiva, sapeva esattamente cosa gli avrebbero detto. Satoshi l’avrebbe abbracciato stretto. Satoshi poteva abbracciarlo quanto voleva. Masaki avrebbe cercato di farlo ridere in tutti i modi. Kazunari l’avrebbe guardato male per poi dirgli qualcosa del tipo “non mi sembra che valga la pena di avere così paura, quindi piantala e vammi a prendere una birra.” . Sho gli avrebbe posato una mano sulla spalla dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Pensando a queste cose, Jun si addormentò sul divano. Quando si svegliò, era già mattina. Si stiracchiò. Sua sorella non lo voleva al matrimonio. Il suo migliore amico lo spaventava. Si sentiva davvero strano. Si alzò ed andò in bagno. Lo specchio catturò la sua attenzione. Aveva il viso rigato di lacrime

<< Fantastico.>> disse, con tono acido, asciugandosi gli occhi. Le lacrime continuavano a scendere. Sospirò e tornò in soggiorno. Chiamò al lavoro per darsi malato. Chiuse tutte le imposte. Si rannicchiò sul divano e si lasciò andare. Era stato bravo, no? Per quattro anni aveva lasciato che le cose succedessero senza pensarci troppo. Se andava bene, ok, se andava male, si sorrideva comunque e si andava avanti. Ma quella mattina non ce la faceva. Gli mancavano tutti troppo. Voleva rivederli. Voleva scusarsi per essersene andato. Ma non erano li…

Jun sentì Sho parlare con qualcuno

<< Tua moglie?>> chiese

<< Già.>> disse Sho. Si sentiva che sorrideva. Jun sorrise.

<< Come si chiama?>> gli chiese

<< Kayoko.>> rispose Sho << Ah, e da la buonanotte anche a te…>>

Jun ridacchiò

<< E tu? Ti sei sistemato? Sono curioso…>> chiese Sho.

<< Mmm, questa domanda non mi piace molto… non mi sono sistemato. C’era una ragazza che mi interessava tempo fa, ma lei non mi filava di striscio. In compenso il fratello mi filava. Non ci si capisce.>> disse, ridendo

<< Sei tu che mandi messaggi contradditori, Jun… il fatto che ti interessi una ragazza lascia sempre un po’ straniti…>> disse Sho, ridendo

<< Ma quanto sei cattivo!>>

Sho rise

<< Lo so, lo so, sono crudele. Però lo sappiamo tutti che in realtà sei innamorato di Riidaa…>>

Jun scoppiò a ridere. Poi si perse di nuovo nei ricordi…

<< Scusa per l’altro giorno…>> disse Frank. Jun lo guardò

<< Se ti apposti fuori dal negozio, però, fai paura…>> gli disse.

<< Ieri non c’eri… sono preoccupato… sono passato da te, ma avevi tutte le finestre chiuse… >>

<< Depresso verace…>> disse Jun, stringendosi nelle spalle. Frank prese un’espressione preoccupatissima, ma Jun sorrise

<< Tranquillo. Ho avuto una giornata inutile, ieri, tutto li…>>

<< Ok… mi fido… ma dovrai convincere anche Mary, perchè ieri mi ha picchiato…>> disse Frank << Era preoccupatissima per te…>>

<< Mary era preoccupata per me?>> chiese Jun. Non sapeva che il suo viso si fosse illuminato. Né aveva idea di quanto fosse grande il suo sorriso in quel momento. Frank gli diede un pugno sulla spalla

<< Ti piace mia sorella!>> disse, ridendo.

<< No…>> disse Jun, cercando di prendere un’espressione credibile. Ma sapeva di mentire. Due settimane dopo prese il coraggio e si dichiarò. Mary lo guardò. Arrossì violentemente. Un paio di volte. Poi abbassò il viso. Poi lo rialzò e guardò Jun dritto negli occhi

<< Mi dispiace tanto, Jun, ma… sono una tua fan, sei un ragazzo bellissimo, ti considero uno dei miei migliori amici, ma nient’altro…>>

Jun la guardò. Poi sorrise

<< Pazienza… scusami se ti ho disturbata…>> detto questo, si girò e fece per andarsene.

<< Non prenderla male, Jun, ti prego… io… alla tua amicizia ci tengo…>> disse lei, con una nota di disperazione nella voce

<< Anch’io tengo alla tua, quindi ti prego, fingi che non ti abbia detto nulla.>> detto ciò, se ne andò. Tornato a casa controllò la segreteria telefonica. Nessun messaggio. Sospirò.

Passarono gli anni. Ormai l’inglese non gli dava più alcun problema. Era entrato in una compagnia teatrale. Per gioco, inizialmente, ma poi ci aveva preso gusto. Gli era sempre piaciuto recitare, non poteva negarlo. La prima volta che gli capitò di dover interpretare una scena in cui doveva infuriarsi, fece piangere l’attore che interpretava il personaggio con cui era arrabbiato.

“Mattsun è tornato…” pensò Jun, in quel momento, mentre il regista lo elogiava e cercava allo stesso tempo di far calmare l’altro. Fu così che riprese in mano la sua vita. Recitando. Finché un giorno, dopo dieci anni dalla sua fuga, non aveva visto un numero giapponese comparire su un cellulare che non usava più, ma che aveva mantenuto attivo per ogni evenienza…

<< Ci vediamo tra otto giorni, ok?>> disse Jun.

<< Meno male… non mi sembra vero di essere riuscito a parlare con te… davvero… pensavo mi avresti riattaccato… Bene, tra otto giorni al ristorante di Aiba. E’ sempre nello stesso posto, non dovresti avere problemi a trovarlo, no?>>

Jun rise. Si salutarono e riattaccarono. Jun si guardò intorno. Iniziò ad infilare le sue cose in valigia. Londra gli sarebbe mancata, ma non sarebbe tornato. Si sentiva solo se loro non erano con lui. Gli ci erano voluti dieci anni per capirlo, ma c’era arrivato…

“Fai pure con calma, Mattsun…” pensò.

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