PRIMO MAGGIO
Raccolgo dallo stendino del balcone e spargo per i cassetti della casa calzini e mutande così come petali di fiori.
Chissà perché mentre compio questi gesti la mia mente non riesce proprio a stare in pace.
Chi vive di speranza muore disperato, dice.
Mi chiedo: ma dove le va a pescare queste frasi sciocche?
Però mi chiedo pure, forse per un'altrettanto sciocco istinto di equilibrio e nella malaugurata ipotesi che tale voce popolare, incautamente raccolta da chissà quale bocca, ancora calda di pronuncia e messa da parte, in chissà quale occasione, quale fondo di verità nasconde?
Un primo maggio così non c'è mai stato e mai ci sarà di nuovo.
Una strana commistione tra sacro e profano in una giornata indecisa tra sole e nubi.
E dire che una volta s'andava in giro in canottiera. Ma forse non sarà colpa dell'ozono. Quando ci sono eventi di fede, chissà perché, il cielo piange sempre.
Magari poco, con un certo sentore di stitichezza, ma due lagrimucce a forza le versa sempre.
Sembra un sollecito, un'ammonimento: e se proprio non potete andare a messa almeno state a casa e riflettete sui vostri peccati!
Dove poi, per giusto contrappasso il giorno di referendum fa sempre tanto caldo così andiamo tutti al mare che lo iodio fa tanto bene.
Forse fa parte della scenografia, ma son cose che io non so capire.
Così come mi sfugge il senso, che non riesce a far di meglio che iscriversi nella sezione: macabre pratiche, di riesumare il Giovanni Paolo.
Ma anche questo credo faccia parte della scenografia, forse meglio dire una necessità psicografica collettiva. Chi lo sa?
Quante cose non capisco ancora.
E poi, dall'altra parte, la Piazza, o forse sarebbe meglio dire l'Arcipiazza dell'Arcibasilica Laterana di San Giovanni. Dove ci sta l'Arcivescovo e si fanno, almeno da che ho memoria, gli Arcicomizi e le Arcifestedelprimomaggio.
A dire il vero io mi ricordo pure le feste di Sangiovanni, con le bancarelle e le lumache al sugo ed il solstizio d'estate, e la notte delle streghe, e l'apoteosi della forza primordiale che scaturisce dalla terra.
E finendo di piegare l'ultimo lenzuolo mi torna alle mente mio padre, gli scioperi, i sindacati, il partito comunista, le bandiere rosse e tutte le speranze al vento... ma il cielo è sempre più blu!
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere sanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d'ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle
facevano un tumulto, il qual s'aggira
sempre in quell' aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.
E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent' è che par nel duol sì vinta?».
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli».
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».