[Fanfiction] Dreaming Of You (parte: 8, 9, )

Dec 24, 2012 15:42

Titolo: Dreaming Of You
Rating: da PG a NC17
Betareader: Nali <3
Avvertimenti: nessuno per ora.
Note: Seguito della raccolta per la Klaine week, stavolta con i sogni di Blaine (che saranno 4 per non allungare troppo il brodo) fino a giungere al loro incontro per poi proseguire con lo sviluppo della storia.
I sogni avranno spunti diversi da quelli di Kurt ma il punto in comune saranno gli "incontri mancati".
Wordcount: 1293 (fiumidiparole)
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"Dreaming the first time we meet" - Blaine Side
Blaine Anderson era un gran sognatore, sia di notte che di giorno.
Certo, forse sognare ad occhi aperti non valeva, considerando che poteva controllare ciò che stava pensando, ma in qualunque modalità lo stesse facendo, Blaine aveva una fervida immaginazione.

C’erano momenti in cui si stupiva di se stesso, mattine in cui si risvegliava sudato o magari spaventato dall’ultimo incubo.
Sicuramente, aveva una grande memoria: non era un dono di tutti ricordarsi ciò che si sogna, forse perché la mente cancella circa l’ottanta percento o più dei sogni che facciamo, censurandoli. Alcuni filosofi e pensatori credevano addirittura che nei sogni si potesse vivere un’altra realtà e che magari, ricordandola, potesse influenzare quella di tutti i giorni.

Vero o non vero, alcuni erano stupefacenti.

Blaine poteva ricordare alla perfezione il sogno di quella notte.

La prima notte in cui aveva sognato Kurt.
***
Quando Blaine aprì gli occhi ed una luce accecante gli impedì di capire dove si trovasse. Si passò una mano sulla testa, trovandosi stordito e mezzo addormentato.
Era seduto a terra, su della soffice erba verde - o così sembrava - anche se il colore appariva un po’ troppo saturo per essere erba normale.
Tentò di voltarsi a destra e sinistra, ma la luce ancora puntata nei suoi occhi gli impediva di vedere con chiarezza che luogo fosse.

Non ricordava cosa ci facesse lì, in verità era come se non riuscisse nemmeno a capire come ci fosse arrivato o… se avesse mai pensato di andarci.

Si alzò in piedi a tentoni, sentendosi leggero, estraneo.
Era una sensazione innaturale, quasi aliena e Blaine non sarebbe riuscito a descrivere quell’atmosfera silenziosa ed almeno un po’ inquietante.

Fece un giro su se stesso, riuscendo a vedere solo erba intorno a sé e niente più. Un campo sterminato, nessun albero, nessun fiore.

Provò un brivido di solitudine.

Qualcuno gli toccò la spalla, facendogli fare un salto di qualche centimetro. Che diamine era stato?!
Si voltò di scatto, trovandosi di fronte ad un paio di occhi blu ed un sorriso dolce, su un volto rosa pallido.

“Ti sei perso?” chiese la persona che gli apparì davanti, un ragazzino per essere precisi, con voce quasi echeggiante.
Blaine fece un passo indietro.
Era forse morto?

“N-no… cioè, forse,” balbettò Blaine in risposta. Non riusciva a scrollarsi quel senso di inquietudine e provava una certa paura, ma allo stesso tempo era affascinato da quel ragazzino.

Doveva avere una sorta di potere ipnotico, perché guardarlo negli occhi gli dava un senso di vertigine.

Il ragazzo prese la sua mano, facendola intrecciare con la propria. Avrà avuto poco più di quattordici anni.

“Blaine, perché tremi?” chiese l’estraneo, trascinandolo via. Blaine ebbe la sensazione di volare, come se non fosse fatto di materia.

Era un sogno, quello? Perché di reale aveva ben poco, poteva sentirlo per l’inconsistenza del proprio corpo e poteva vederlo dall’aria silenziosa, immobile.

“Non sto tremando.”
“Tremi ogni volta che ti tengo la mano.”

Blaine guardò la propria mano e sì, stava effettivamente tremando. Non molto, solo un pochino.

“Scusa.”

L’altro sorrise.

“Non credo di…” Blaine si bloccò. Avrebbe voluto chiedere il nome a quello sconosciuto, ma a giudicare da come gli sorrideva, forse dovevano già essersi conosciuti. Eppure Blaine non ricordava di averlo mai visto ed era strano perché raramente nei sogni si riusciva a vedere qualcuno in volto, se non lo si conosceva.

Eppure, mentre teneva la propria mano nella sua, sentiva che doveva esserci un legame profondo tra di loro.

Batté le palpebre - o almeno, gli sembrò di farlo - e si ritrovarono in una caffetteria, seduti ad un tavolo.
L’atmosfera era calda e fuori stava nevicando. Blaine sorrise, sembrava Natale e lui amava il Natale.
Erano posizionati proprio vicino alla finestra, conosceva quella caffetteria di New York, solo che, guardando bene il suo ‘compagno’ esso sembrava non avere più quattordici anni.
Era più grande, forse suo coetaneo, forse aveva anche qualche anno in più.

Una cameriera portò loro due bicchieri, su quello consegnato al ragazzo vi era scritto “Kurt”, riuscì a leggerlo a fatica perché le parole, scritte con un pennarello rosso, apparivano appena sfuocate.

Gli occhi di Kurt, se quello era il suo nome, sembravano fatti di acqua. Blaine poteva sentire il rumore del mare fissandoli, ma forse poteva immaginarsi anche un cielo azzurro e limpido. Era un posto in cui si sarebbe liberato volentieri da ogni pensiero, un posto in cui si sarebbe perso da lì all’eternità, probabilmente.
Gli occhi di quel ragazzo erano ipnotizzanti e forse chissà, magici.

Sorrise, cominciando a bere con espressione assorta il suo cappuccino.

“Devo ancora comprare il regalo di Natale per Finn,” disse, sospirando.

Blaine si irrigidì. Chi diavolo era Finn? Non erano fidanzati? Aveva capito male?
Seppur fosse solo immaginazione, il cuore quasi gli fece male.

“Chi me lo ha fatto fare di avere un fratellastro?” sospirò, ed immediatamente Blaine si rilassò. Ah. Quindi Finn doveva essere il fratellastro, non il ragazzo.

Ma loro due erano fidanzati realmente? Blaine non poteva fare a meno di chiederselo. Non c’era nessun anello attorno alle loro dita.

“Devo scappare,” Kurt si alzò dalla sedia con uno scatto, dando un bacio leggero sulla guancia di Blaine e sparendo nel nulla poco dopo, lasciando la sedia davanti a lui vuota. Provò un senso di solitudine; Kurt sembrava aver colmato, in qualche modo, uno spazio fondamentale. Non avrebbe saputo dire come, era una strana sensazione. Strana ma piacevole.

Si voltò ma fuori dalla finestra non vi era più l’inverno, né l’atmosfera Natalizia, bensì un prato.
Un prato verde e lussureggiante.
Il prato con cui era iniziato il suo viaggio.

Sbatté le palpebre e tutto divenne bianco dissolvendosi in una nuvola di vapore.
***
Blaine si risvegliò sudato ed infastidito, con un braccio sulla fronte.
La luce filtrava dalla finestra in modo quasi fastidioso e la sveglia squillava con un incessante ed insopportabile bip.
La spense con una mano, allungandola pigramente, ma assestandogli un colpo involontariamente forte; sperava vivamente di non averla rotta.

Quando riuscì a recuperare un po’ delle sue capacità di pensare, Blaine si rese conto che sì, quella era una nuova giornata e che il sogno che aveva fatto gli aveva lasciato un’insolita sensazione di amarezza e dolcezza.
Non avrebbe saputo spiegare esattamente cosa stesse provando, era piacevole ed allo stesso tempo fastidioso.

Kurt.

Riusciva ancora a ricordare il nome del ragazzo che aveva incontrato nel suo sogno, riusciva a ricordarne un po’ meno i lineamenti, ma se pensava alla sua mano poteva ancora sentirla nella sua, quasi come se in realtà non l’avesse mai lasciata.

Blaine odiava i sogni alcune volte, perché erano effimeri e non reali. Certo, poteva sperare che un giorno diventassero realtà, ma sapeva che era una cosa che solitamente succedeva solo nelle favole.
E purtroppo lui non viveva in una favola.

Scese le scale ancora in pigiama, pronto a prendersi un caffè per iniziare la giornata, sperando che quella serie di sentimenti sarebbero scivolati via dal suo corpo, in un modo o nell’altro.
***
Quando uscì da scuola, l’unica cosa di cui aveva voglia era un caffè bello forte alla sua caffetteria preferita.
Entrò, ordinandolo assieme ad un muffin al cioccolato, che prendeva sempre quando aveva troppi pensieri per la testa o quando si sentiva giù di morale.

In realtà Blaine non era triste, solo pensieroso. Avrebbe voluto raccontare del suo sogno a Wes o David, ma non lo aveva fatto. Non sapeva per quale motivo, ma era certo che tutta quella questione dovesse rimanere intima, sua. Qualcosa che aveva a che fare tra lui ed il suo inconscio.
Senza contare che con tutta probabilità, non avrebbe rivisto nemmeno Kurt nei propri sogni.

Finì l’ultimo sorso di caffè e l’ultimo pezzo di muffin rimasto, si alzò e buttò il bicchiere di carta, uscendo dal locale, rivolse un veloce sorriso alla ragazza che entrò proprio in quell’esatto momento.

***
Non poteva certo immaginare che, qualche attimo dopo, Kurt avrebbe aperto esattamente quella stessa identica porta.

Note: Principe/Servo. Questo è l'incpit del sogno di questo capitolo :P
Avvertimenti: AU
Wordcount: 1397 fiumidiparole


"Dreaming of my first kiss (with my servant)"
Blaine sospirò, portandosi una mano alla testa; provava un dolorino continuo ed insistente da quando era tornato a casa, ed ogni riga del libro di storia che gli passava sotto gli occhi sembrava solo un’accozzaglia di parole incomprensibili.
Diede un’occhiata al letto, pensando che forse sarebbe stato meglio stendersi, dormire, rilassarsi.

Aveva avuto una giornata piuttosto pesante; essere il leader degli Warblers era piacevole, ma rimanere tutto il giorno alle prove poteva diventare stancante.

Decise di cedere alla tentazione e di stendersi sul letto. Che male poteva esserci? Solo qualche minuto di riposo, magari un’oretta e poi avrebbe studiato.
Si distese e si portò un braccio sulla fronte, cadendo poco dopo in un sonno profondo.

Blaine sperava vivamente di sognare; era qualche giorno che sognava sempre il solito ragazzo, Kurt. Ormai era diventato un elemento ricorrente e ben delineato nella propria mente, quasi come se fosse modellato sulla propria immaginazione. Un vero e proprio ideale di perfezione inserito nella sua mente seppur in maniera quasi del tutto involontaria.
***
Una luce dorata invase gli occhi di Blaine, costringendoli a chiudersi.

Quando li riaprì si ritrovò in una sala immensa, adornata d’oro e con stendardi blu ed argento. Sedeva su un enorme sedia di oro massiccio che… no, quella non era una semplice sedia. Era un trono. Era una sala del trono.
Blaine lo guardò, spostandosi confusamente e contorcendosi su di esso, toccandolo, sfiorandolo. Non riusciva a sentirne la consistenza, ma sembrava proprio oro.

L’atmosfera era calda, accogliente, quasi intima. Strano a dirsi dato che quella sala… era davvero la cosa più grande che Blaine avesse mai visto, ma sembrava che in qualche modo tutta la luce che filtrava dalle vetrate, riuscisse a darle un aspetto accogliente e non tetro.
Blaine non riusciva a credere ai suoi occhi, forse semplicemente perché non riusciva ad immaginare come potesse aver concepito un posto del genere; perché ne era certo, quello poteva essere solo e soltanto un sogno, niente di più, niente di meno. O almeno gli sembrava.

C’era qualcosa di inquietante mentre percorreva quei corridoi senza avere la certezza di essere in un sogno: come poteva non avere la percezione di quella che era realtà e di quella che non lo era? Perché da ciò che provava, dai sorrisi dei presunti servi e dal modo in cui riusciva a vedere chiaramente, quello non sembrava affatto un sogno.
Si portò una mano tra i capelli, aggiustandoseli, per poi bloccarsi di fronte a qualcuno.

“Sire,” la voce gentile arrivò alle sue orecchie e non appena ricollegò a chi appartenesse, Blaine fece un sorriso.

Kurt.

Se Kurt era lì, quello doveva essere per forza un sogno.

“Kurt,” rispose, sicuro. Conosceva il suo nome e doveva essere quello, solitamente ogni volta che lo aveva incontrato in qualche sogno, aveva sempre il solito nome.

Ed infatti il ragazzo sorrise.

Dall’abbigliamento, Kurt sembrava essere un suo servo: aveva abiti scialbi e di colori spenti e teneva tra le braccia una cesta con dei panni bianchi, apparentemente puliti. Forse avrebbe potuto sentirne il profumo, ma in quel caso non riusciva a sentire nessun odore.

Il ragazzo ammiccò e lo sorpassò, Blaine si voltò, facendo volare il pesante mantello blu che stava indossando assieme all’armatura.
Era strano esser vestito così, avere una spada appesa al proprio fianco ed uno stemma di un… cavallo argento disegnato ovunque sugli stendardi del castello - probabilmente doveva essere lo stemma della propria famiglia.

La sala svanì, ed al suo posto Blaine si ritrovò su un letto, morbido, con delle lenzuola di seta. Le accarezzò piano, facendovi passare sopra il palmo e provando una sensazione di benessere.

“Spero di aver fatto tutto, padrone,” Kurt era nella stanza e teneva tra le mani una brocca d’acqua che sistemò poco dopo su un piccolo tavolo in legno lì vicino.
Blaine aprì appena la bocca, guardandolo senza rispondergli: non sapeva se non volesse rispondergli o se piuttosto non volesse lasciarlo andare.
“Vieni qui,” disse soltanto, allungando una mano verso di lui.
Kurt la prese e provò un brivido di piacere percorrergli la schiena.

Erano delle mani perfette, quelle di Kurt, nonostante fossero di un normale servitore.

“Devo fare qualcosa, sire?” chiese, con occhi grandi, luminosi. Blaine riusciva a vederli sempre molto distintamente, riusciva a vedere ogni sfumatura del suo azzurro e poteva perdersi dentro di essi.
A volte credeva persino di essersi innamorato del suo sguardo.
“Oh… no,” rispose con dolcezza, accarezzandogli il viso, guardandolo in silenzio. Sapeva che la situazione doveva essere piuttosto imbarazzante, specialmente per Kurt: indossava abiti semplici, sporchi, lavorava da mattina a sera con tutta probabilità e doveva ricevere ben poche cortesie dai nobili.

Blaine fissò le sue labbra, guardandole con interesse: erano una linea rosa ben disegnata, perfette su quel volto pallido ed un po’ sporco, erano labbra apparentemente morbide, dolci. Labbra che Blaine aveva soltanto voglia di baciare.

E lo fece.

Si avvicinò a lui lentamente ed appoggiò le proprie sulle sue, unendole in un bacio casto, mentre la sua mano vagava fino ai capelli di Kurt, intrecciando le dita con essi. Approfondirono il bacio e Blaine provò un turbinio di emozioni che entravano in conflitto tra di loro: piacere e bisogno ma anche pentimento e paura. Kurt era un servo, forse si sarebbe spaventato, forse non lo avrebbe nemmeno voluto.

Tuttavia, non lo respinse. Aumentò l’intensità del bacio spingendosi contro il suo petto e Blaine lo afferrò per le spalle per non lasciarlo sfuggire; era così dannatamente piacevole, stava così bene che non avrebbe mai smesso di baciarlo, specie in quel momento, in cui le loro labbra e le loro lingue si cercavano con così tanta intensità e bisogno.

Quando si staccarono, Blaine guardò Kurt: gli vide le guance un po’ sporche appena arrossate, gli occhi azzurri grandi e sperduti, impauriti. Forse si stava chiedendo cosa aveva appena fatto, forse credeva che fosse stato un errore.

Blaine si sentì risucchiato da quella sensazione di benessere ma allo stesso tempo di colpa.

“Va tutto bene,” gli disse subito, prendendogli la mano, “Lo desideravo… volevo farlo,” disse, stringendola nella propria, “Volevo baciarti più di ogni altra cosa.”
Kurt annuì, mordendosi il labbro inferiore e lasciandosi scappare un leggero sorriso.
“Anch’io lo volevo,” rispose, brevemente, “ma temevo che… non voleste. Io sono solo un sudicio servo ricoperto da stracci, che… le pulisce gli stivali, lucida l’armatura…” sussurrò.
Blaine non rispose, dandogli un bacio sull’angolo delle labbra, “Lo so.”
“Ma allora… perché? Perché io?”

Blaine si fermò un secondo a riflettere.
Perché lui era la cosa migliore che gli fosse capitata in quella sottospecie di strana realtà, perché lui era qualcuno a cui si sentiva legato in modo forte, solido, stabile. Come mai nessuno prima.

“Perché… in qualunque mondo io e te dovremmo stare assieme. In qualunque tempo, in qualunque modo, in qualunque situazione, questo è il nostro destino,” rispose, semplicemente.
Kurt fece un’espressione sorpresa, buffa. Forse non poteva capire le sue parole, ma Blaine conosceva bene il significato di ciò che aveva appena detto.

Si scambiarono un altro bacio prima che tutto tornasse a diventare bianco.
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Quando Blaine si svegliò ebbe la netta sensazione di non essersi mai addormentato: il mal di testa era rimasto esattamente dov’era e ciò che aveva sognato era stato talmente… vivido, che non appena aprì gli occhi fu costretto a toccarsi le labbra per avere la certezza che non fossero umide e calde.
Si mise su un fianco quasi con la vana speranza di trovare Kurt al suo fianco, ma non trovò nessuno.
Era stato così terribilmente vivo, nella sua mente, era stato così reale da farlo sentire bene e male allo stesso tempo; era così totalmente ingiusto che ci fosse bisogno di dormire per poterlo incontrare…

Si voltò ed affondò la faccia nel cuscino  in un impeto di rabbia e disperazione.

Quando aprì il cassetto notò che le sue pasticche per il mal di testa erano finite.
Sospirò. Sarebbe dovuto andare in farmacia.
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Stava piovendo a dirotto e Blaine odiava la pioggia quando doveva uscire, anche se si trattava di una cosa semplice come andare a comprare un medicinale.

Quando arrivò di fronte ad una farmacia, un ragazzo schizzò via da sotto i suoi occhi perdendo un foglietto. Lo guardò con aria interrogativa mentre la pioggia continuava a battere sul suo ombrello, avrebbe voluto restituirlo al ragazzo ma era già scomparso dalla sua vista. Si chinò e lo raccolse… pillole per il mal di testa. Era un semplice scontrino e quel ragazzo doveva aver avuto il suo stesso problema.

Lo accartocciò e lo buttò nel cestino, entrando nella farmacia dopo aver chiuso l’ombrello.

*glee, personaggio: kurt hummel, !multichapter, !klaineweek, pairing: kurt/blaine, anno: 2012, !fanfiction, personaggio: blaine anderson

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