Kis-my-Centocelle #4

Jun 27, 2012 23:38

Bella pe' tutti! Bentornati ed eccovi un nuovo post sulle drabble (?) ambientate nell'AU più in voga (?) della stagione (?)... Kis-my-Centocelle! Ormai avrete capito come funziona, quindi vi lascio alle drabble senza ulteriori indugi.
Trovate i precedenti post qui:
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Post #03
Speciale: se i Kisumai fossero donne de classe


A Freggene
by un_sanzo

"A Tama', proprio bella sta casa" commentò Fujigaya alla fine del tour dell'appartamento "tre stanze, er bagno co’ la vasca, a cucina che ce se po' magna'..."

"Sì, ce vorebbe solo 'na sistematina e sarebbe perfetto!"

"Wata', sei venuto qua pe’ fatte ‘na vacanza o pe' trova' cose nove da puli' che a casa tua era finito tutto?!"
Yokoo gli lanciò un'occhiataccia e andò a scegliersi un letto dove dormire.

"Comunque Tama', grazzie che c'hai invitato, che c'avevo proprio bisogno de abbronzamme un pochetto... ma davero pe' tu zio non c'è problema?" chiese più per formalità che per vero interesse. Infondo oramai erano lì.

"Tanto loro qua oramai ce vengono solo a Feragosto, quinni ho pensato.. "

"Hai pensato bene!" concluse per lui Kitayama dandogli una pacca sulla schiena, visto che la spalla non gli stava esattamente comoda "rega’, nun stamo a perde tempo e sistemamo li zaini, così poi se ne annamo ar mare subbito subbito. Che poi stasera annamo a balla’, prima de dove’ torna’ a casa a preparamme ce vojo ave er tempo de na partitella!”

Fujigaya al mare c’era venuto per abbronzarsi, per farsi un bagnetto, per prendersi una birra e un Calippo al bar dello stabilimento a fianco alla spiaggia libera dove sarebbero andati, al massimo al massimo per una partita a racchettoni. Non di certo per giocare a calcio con Kitayama! Cercò di conveire tutto questo fissando Kitayama con uno sguardo assassino, abbinandolo alla sua migliore faccia di noncuranza.

“Che è mo, c’hai paura Fujiga’? Paura de perde’? O sapemo tutti che sei ‘na schiappa cor pallone”

“Me stai a sfida’? Stai davero a sfida’ me, Fujigaya Taisuke, l’unico e inimitabile??”

“Meno male che non te imitano, uno è pure troppo!”

“Vaffanculo Kitaya’, t’oo faccio vede’ io si nun so core dietro a un pallone!” e detto questo se ne andò a posare i suoi averi nella stessa camera dove si era stabilito Yokoo.

Kitayama sfoggiò la sua solita faccia da ca... po, che aveva ottenuto ciò che voleva.
“Aho Miya’, lo vedi? Qua’ cosa de a pissicologgia invertita che m’hai passato l’artro giorno su Emmessenne era vera!”

“Se chiama psicologgia inversa Kitaya’”

“Sempre preciso te eh. Aho, approposito de froci... ma Senga e quell’altro scemo dell’amico suo?”

Nikaido e Senga stavano felicemente facendo il loro tour personale della casa, toccando tutti i delicati soprammobili dello zio di Tama.

Ar Ghei Villag
by un_sanzo

Era una torrida sera di Luglio. Nikaido e Fujigaya erano in piedi davanti alla fermata del tram e Nikaido non faceva altro che fissare la strada alla sua sinistra, mani in tasca e sguardo preoccupato. Fujigaya richiamò la sua attenzione con una manata sul braccio.

“A Nika’” gli disse, riportando le sue braccia in posizione conserta “smettila de fissa’ ‘a strada, che poi er tram passa prima che ariva Senga e poi prima che ne passa n’antro... stamo già tutti sotto all’arberi pizzuti”

“Aho e che devo fa? Sto cazzo de cinque! Ma Yokoo che fine ha fatto, non ce poteva porta’ lui?”
“Eeeeh deve studia’ che c’ha n’esame lunedì!”

“De sabbato? Nun se studia de sabbato sera!”

“Ah Ni’, ma che ne sai te quanno se studia che manco hai finito l’arberghiero?! Comunque ha detto che si sta ancora svejo quanno ce ne annamo ce vie’ a prenne lui, così se prenne na boccata d’aria dice.”

“Si je va io de certo nun je dico de no...” commentò Nikaido. “De sabbato....” aggiunse poco dopo, scuotendo il capo, mentre tirava fuori una Pall Mall da un pacchetto dall’aspetto consunto.

Ci fu qualche secondo di silenzio in cui Nikaido si tastò disperatamente le tasche alla ricerca di un accendino inesistente, come tutti gli accendini nel momento del bisogno.

“A Ni’...” disse Fujigaya improvvisamente serio.

“Che è, t’oo dato a te l’accendino mio?”

“No Nika’, no... te sto a di’ na cosa seria! Sei sicuro che pe’ te n’è un problema che annamo ar Ghei Village?”

“A Fujigayaaa, ma sai che me frega! Pure si nu’ rimorchio ‘na sera nu’ more nisuno, mica so’ te!” esclamò Nikaido, allargando le braccia in un gesto di esasperazione “io vado a balla’ pe divertimme coll’amici mia. E poi comunque si quell’artro frocio nun ariva non annamo da nisu--”
Proprio in quel momento Nikaido sentì una mano sulla spalla.

Si girò di scatto per riflesso e vide un Senga più scintillante del solito, jeans scuro attillato e camicia bianca coi primi bottoni lasciati aperti.

“A Se’, ma che c’hai ‘na comunione?”

“Ma non lo vedi come s’è acchittato bene l’amico tuo?” commentò Fujigaya lisciando le spalle della camicia dell’ultimo arrivato.

“Mica semo tutti come te, che te metti du straccetti e stai bene uguale, li mortacci tua...” spiegò Senga, mentre indicava insistentemente Nikaido che era uscito in cannottiera, jeans e le prime scarpe che aveva trovato.

Nikaido lo guardò con disapprovazione. “Me sto già a penti’, gua’.”

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“Ma ‘nzomma, semo solo noi?” chiese Senga.

“Eh sine, Miyata c’oo sai che nun ce vo’ venì a balla’. Ha detto che annava a casa de Tamamori... Kitayama stava a fa’ tutto er misterioso prima ar bare, seconno me c’aveva na punta co’ na pischella...”

“Quanno o becco in sauna in palestra indago” disse Senga, e Fujigaya annuì soddisfatto prima di continuare.

“E Wataru sta a studia’...”

“De sabbato?”

“Sta a studia’ de sabbato, vabbe’? Ma che ve devo fa io a tutti, ve pare che non c’ho provato a convincello? Però ha detto che--”

“Ce vie’ a prenne dopo” concluse Nikaido. “Sempre si c’arivamo” borbottò poi, girandosi nuovamente a guardare i binari, con speranza calante.

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“Rega’ nun so’ più abituato senza machina...” commentò Fujigaya con sguardo perso, appena sceso a Termini.

“Manco fosse tua” disse Senga ridendo, al che Nikaido rispose prontamente “E’ sua, è sua, e c’ha pure l’autista.”

“Stamo a prenne la metro?” chiese Senga avviandosi all’interno della stazione.
“Nooo, rega’, che non me va de famme er bijetto, pijamo l’autobus... er sette e quarcosa...”

--

Nikaido non aveva mentito quando aveva detto a Senga che lui non aveva problemi ad andare a farsi una serata al Gay Village per una volta (e la contentezza dell’amico alla notizia aveva aumentato la sua convinzione), ma ciò non toglieva che appena entrato in quel luogo si sentiva un po’ dubbioso.
Ma poi, infondo, che differenza ci poteva essere tra un Gay Village e tutti gli altri posti dove si andava a ballare l’estate? Si chiedeva.

“A Nika’, te hai detto che si nu’ rimorchi ‘na sera nun fa gnente, ma a me me pare che già c’hai ‘na lista de pretendenti da qui a domani. Uno m’ha appena chiesto si te poteva corteggia’ o eri er ragazzo mio!”

Nikaido non riuscì a trattenere un’espressione tra lo stupito e il preoccupato che fece ridere Fujigaya sonoramente. “Daje, vedi che te diverti! Vie’ a balla’!” esclamò Taisuke cominciando a dirigersi verso la pista (e rendendo più scollata la sua maglietta già scollata nel mentre).
Nikaido si chiedeva se quello che si sarebbe divertito di più non sarebbe stato Fujigaya stesso.

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Un paio d’ore più tardi e qualche cocktail dopo (“ma che è ‘sta robba da froci? Ma ‘na bira?” “Daje che non ce sta Kitayama che te controlla, sta zitto e manna giù”), Nikaido aveva dimenticato ogni preoccupazione e si stava scatenando in pista al ritmo di una terribile canzone dance anni ‘90.

All’ennesimo tipo che tentò un approccio un po’ troppo intimo con lui, Senga spuntò dal nulla e lo tirò via dalla pista per un polso, portandolo verso il bar.

“Aho che palle, e quanto stai a rimorchia’?” disse Senga, incerto se essere più invidioso o geloso dell’amico.

“Ma che voi, mo che è corpa mia si so’ così?!” esclamò Nikaido indicando il suo corpo con entrambe le mani.

“Tacci tua Ni’! Chi c’ha er pane nun c’ha i denti!”

“A Se’ a me me piace n’antro pane, vabbè?” disse Nikaido scocciato, prima di vedere che il barista era appena arrivato vicino a loro e di dirgli “capo, famme du techila, sale e limone”

“Che stronzo che sei, Ni’...” disse Senga dandogli una manata sul braccio.
Nikaido d’istinto avrebbe voluto ricambiare il favore, ma anche attraverso la brillezza capì che Senga aveva qualcosa che non andava.

“Ah Se’ che c’hai mo’? Non me te mette a piagne, dimme che è!”

“No è che...” iniziò Senga incerto.”... boh è che dopo l’urtima vorta che so uscito co quello e m’è andata male, me pare nun me ne va una...”

“Aho ma semo giovini, ma de che te preoccupi! C’hai tutta ‘a vita davanti”

“Dici?” mormorò Senga con gli occhi già lucidi, mentre cercava di trattenersi dallo scoppiare in un pianto disperato.

“Ma sì... ma te pare... “

“E quanno te te fidanzi e io sto ancora così che faccio?”

“A Se’ ma che dici! C’oo sai che quann’è me chiami e s’annamo a fa le impennate coi motorini, pure fra 30 anni!”

E mentre il barista portava i loro shottini di tequila, i due si abbracciarono con slancio, biascicando una serie di “Sei n’amico vero, sei!”, “Ma che stai a scherza” e “Ma che te piagni, a cojone”.

Il tipo che aveva chiesto di Nikaido a inizio serata stava intanto chiaccherando con Fujigaya poco più in là. “Ma nun stava co’ te quello?”

“E’ che... semo ‘na coppia moderna, libera diciamo... è ‘npo’ ‘na cosa a tre.”

“Anvedi” disse lo straniero con un sguardo di apprezzamento agli altri due lì vicino “se vede che hai viaggiato, che c’hai ‘na mente aperta... dov’è che abitavi mo’, a Londra?”

“Eh sì capito... è che a Londra mo va’ così.” rispose Fujigaya col tono di uno che lo sa, sorseggiando il suo Sex on the Beach.

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Taisuke conosceva bene la Golf grigia di Wataru, così bene che avrebbe potuto riconoscerla nel mezzo del traffico di Roma a colpo d’occhio, nonostante si sentisse un po’ brillo (forse avrebbe potuto evitare quell’ultimo cocktail).
Come da previsione, non appena la fidata Golf apparve all’orizzonte, Fujigaya cominciò a sbracciarsi gridando “Wata’!! Wataaaaa’!”

Arrivato lì davanti, finestrini già abbassati a causa della calura, Yokoo si allungò verso il finestrino del passeggero. “Aho ma che te gridi? Sali va! Ma quell’altri due?”

“Mo li raccolgo”

Fujigaya andò ad aiutare Senga e Nikaido ad alsarsi dal marciapiede e li infilò in macchina, dopodiché si sistemò nel posto davanti.

“Ma che stanno male? Perché sinnò io je do’ un sacchetto, nun me sbrattassero in machina...”

“No, no, è che so’ solo stanchi, stanno apposto...”

Yokoo decise di fidarsi e ripartire verso casa. In fondo Fujigaya aveva uno stipendio, avrebbe potuto ripagargli eventuali pulizie.

“Inzomma... ve siete divertiti vedo” disse lanciando un’occhiata ai due dietro attraverso lo specchietto retrovisore. Dopotutto forse Fujigaya aveva ragione, i due stavano dormendo l’uno appoggiato all’altro, Senga già ronfava.

“Avoja! E te? Che hai fatto stasera, hai finito de gioca’ co l’arberelli de plastica tua?”

“Tacci tua, Ta’. E mettite ‘a cinta!”

A balla’ de novo
by un_sanzo

“Ah Miya’, stai a veni’ stasera?”

“Ndo’ sto a veni’??”

“All’Energi, no?! Eddaje che è sabbato, s’annamo a diverti’!”

“C’oo sai che nun me piacciono ‘ste cose... all’Energi poi...”

“Scusa si nun ce stanno posti che fanno quee canzoni cinesi che t’ascorti te eh”
Miyata non fece in tempo a ribattere con l’ennesimo non so’ cinesi della sua vita, che sentì una voce familiare gridare qualcosa riguardo a del cibo, in contemporanea dal suo cellulare e... attraverso la parete della sua cucina.

“Sì ma’ che ce sto a cena!”

“Ma ndo stai Kitaya’?”

“A casa mia, ndo sto?”

“Mortacci tua, ma che me telefoni? Sonalo sto campanello, manco le scale devi sali’! Sei er peggio.”

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La sera stessa, Miyata suonò al campanello dei suoi dirimpettai. Gli aprì la signora Kitayama.
“Signo’ buonasera, Hiromitsu ce sta?”

“A Toshi’, meno male che c’esci pure te così me ce dai ‘na controllata guarda...” disse la signora Kitayama, preoccupata di cosa potesse fare il figlio nelle sue notti brave.

“Meno male davero...” disse Miyata senza troppa convinzione, mentre raggiungeva la stanza di Kitayama.

Bussò ed entrò senza attendere la risposta. Kitayama era davanti al suo letto, dove aveva disposto una serie di accessori e vestiti.

“Bella Kitaya’”

“Aho Miya’! Me fa piacere che te sei fatto convince’” disse mettendo un braccio intorno alle spalle dell’altro. “guarda qua, te che dici?”

“Ma mo da quanno me chiedi consiglio su che mettette pe anna’ a balla’?”

“No Miya’, nun è pe’ me, è pe’ te! Mica poi anna co’ sta majetta dei Pokemon.”

“Nun so Pokemon, so--”

“Vabbè vabbè, se te voi tene’ la maglietta pe lo meno mettete quarche accessorio. Tie’ provate questi.”

Miyata pensò a come sarebbe stata bella una serata al pc, Coca Cola e patatine alla mano, a giocare a quel gioco di simulazione che aveva scaricato qualche giorno prima...

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Arrivati al bar di Fumito, dove come al solito c’era l’appuntamento con gli altri, Kitayama parcheggiò in maniera improbabile. I due scesero dalla macchina e raggiunsero gli unici due arrivati, Nikaido e Senga.

Nikaido scoppiò a ridere ancor prima di salutarli. “Ah Miya’, ma so quell’occhiali da sole?!”

“M’aa fatti mette pe’ forza!” si lamentò Miyata mentre Senga si univa alle risate di Nikaido, e Kitayama lo guardava con un sorrisetto soddisfatto.

Centocelle a Londra
by noella84

Miyata scese le scale dell’ostello, entrò nella saletta della colazione e si avvicinò al tavolo a cui erano seduti a mangiare Tamamori, Senga, Fujigaya e Yokoo.

“Ciao regà! Ma ‘nsomma che ce ‘sta pe’ colazione?” chiese poggiando le braccia tra le sedie di Yokoo e Tamamori.

“A Miya’ è ‘na colazione a buffé. Te vai lì e te piji quello che te pare.” rispose Fujigaya dando un altro morso al suo toast. “Ma piuttosto... ‘ndo cazzo sta Kitayama? Ancora dorme?”

“Quanno so sceso ho provato a svejallo. M’è parso che ha detto che c’ha fame quinni forse tra poco scenne.”

“Ma allora che famo oggi?” domandò Tamamori mentre spalmava marmellata sul pane con gesti delicati.

“Mah... io e Wataru stavamo a pensà d’annà a vedé er Big Ben... ‘ste cose così.” rispose Fujigaya. Wataru, che aveva già tirato fuori la guida di Londra, annuì.

“Visto che voi nun ce sete mai venuti a Londra è meglio si cominciamo dai monumenti, i musei...” continuò Yokoo.

“Che palle che fai co’ ‘sti musei ahò!” esclamò la voce di Nikaido che portando due vassoi carichi di cibo si avvicinò al tavolo. Senga mormorò un grazie allegro e prese il vassoio che l’amico aveva preparato per lui.

“Certo che sei proprio... ma io dico! Stai a Londra e nun vai a vedé i musei? Bravo che ce mostri ancora una volta la tua mancanza de cultura Ni’!” lo riprese Fujigaya.

“E poi so pure gratis!” aggiunse Miyata.

“Io me vado a prenne da magnà. Miyà viè pure te che sinnò stai qua a chiacchierà, te scordi e ce fai fa tardi.” annunciò Wataru alzandosi.

“Mortacci, è ‘a terza vorta che se arza a magnà e sempre stecco resta! Ce fossi io così!” sospirò Fujigaya pieno d’invidia.

“Vabbé ma stai bene te, su...” osservò Tamamori senza dar l’impressione di credere in quello che diceva, sventolando il toast in direzione di Fujigaya.

“O sai chi ce fa fa tardi sì? Kitayama. Mortacci vostra pure che nun l’avete svejato!” disse Fujigaya.

“Lo potevi svejà te.” osservò Tamamori.

“Mica sta in cammera con me eh! Tra l’altro mo che l’ho detto non pensà che voglio fa a scambio de cammera perché io in cammera co’mme nun ce lo voglio.”

Tamamori alzò gli occhi al cielo. “Nun te preoccupà che soo tenemo noi. Ma se po sapé che t’ha fatto? State sempre a litigà!”

“Eee so storie antiche!” rispose Senga mettendosi in mezzo.

“In realtà je vole bene!” rise Nikaido.

“Je vole bene tu sorella! Nikà mortacci tua.” rispose offeso senza una vera ragione Fujigaya.
Miyata e Yokoo tornarono a sedersi al tavolo ed in quel momento apparve anche Kitayama che si avvicinò a loro.

“Ahò che ce sta da magnà?”

“Kitayà, manco bongiorno se dice?” lo riprese Wataru.

“Bongiorno signor rompicojoni, come sta oggi?” rispose Kitayama in tono provocatorio beccandosi un’occhiata che prometteva violenza da Yokoo.

“Ahò regà carmateve che ‘sto viaggio già sta a inizià male!” chiosò Fujigaya premendosi le tempie con le dita.

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Quando finalmente riuscirono ad uscire dall’albergo, il gruppo decise di dirigersi verso la zona di Westminster. Yokoo, guida in una mano e mappa della metro nell’altra, cercava di capire quale fosse la via migliore per raggiungere il suddetto luogo.

“Me pare che dovemo pijà la rossa, poi la grigia...”

“Famme vedè và!” disse Kitayama strappandogli di mano la cartina. “La rossa e poi la grigia, giusto.”

“Daje regà ma la grigia la potemo pijà pure più avanti su Oxford strit. Famosela ‘na passeggiata!” propose Fujigaya.

“Co sto bel cielo grigio poi...”

“A Nikà si sei venuto pe’ lamentatte rivattene!” disse Yokoo mentre lo fulminava con lo sguardo.

“Nikà nun me guardà a me che c’ha pure un po’ ragione. O sapevi ch’era Londra, mica l’Hawai.” disse Senga quando l’amico cercò sostegno alla sua tesi da lui.

“Dai che ce stanno i negozzi pe la strada! E’ un sacco bello!” continuò Fujigaya.

“Io so d’accordo!” ammise Tamamori.

“Ma che palle Fujigà! Te e ‘sti cazzo de negozzi... c’annamo dopo no?” sbuffò Kitayama.

“Io so d’accordo co’ Kitayama.” disse Nikaido.

“Semo in tre, avemo vinto noi. Annamo a pijà a metro!” disse Wataru.

“Io pure voto pii negozzi.”

“Mortacci tua Se’ sei proprio daa lazzie!” commentò amorevolmente Kitayama. “Allora Miyà? Te che voti? Sei rimasto l’urtimo e se sa che semo un gruppo democratico.”

“Io veramente...”

"Vabbé su! Dillo che stai daa parte dii froci perché ce sta l'amico tuo!" disse Nikaido.

"Ahò e te 'nsei amico de Kento? Bell'amico!" lo riprese Tamamori guardando minacciosamente Miyata.

"Regà e fatelo decide! Se sta a fa notte!" osservò Fujigaya sbuffando.

"Che vacanza demmerda che ce vonno tre ore pe' decide ‘e cose!" disse Senga amareggiato.

"Vabbé mo già se stamo a lamentà che semo arivati solo ieri! Che palle che fate regà!" Disse Kitayama.

"AHO" urlò Wataru improvvisamente. "Chi cazzo l'ha deciso che dovevamo votà? Si volete che ve porto me seguite, sinnò andate 'ndo cazzo ve pare e nun rompete li cojoni!"

Tutti si zittirono. Il primo a fare un passo dietro Wataru fu Fujigaya, seguito in breve tempo dal resto del gruppo.

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“Ahò Kitayà! La poi fa’ ‘na foto?” chiese Miyata con la macchinetta in mano.

“Sì, aspetta che me sistemo l’occhiali e arivo!”

“Kitayà mica te te la devi fa’ la foto! Faccela a me e Yuta!” lo corresse Miyata. Kitayama lo guardò deluso e girandosi se ne andò. “Ah Se’ ce la fai te?”

“Ma ancora co’ ‘ste foto Miya’? Me n’hai fatte così tante che er flesh me sta a consumà ‘a pelle!” esclamò Tamamori.

“C’ha raggione Miya’!” intervenne Fujigaya “Se nun te le fanno fa ai musei ‘e foto co’r flesh, se vede che saranno dannose pure a e persone vive no?”

“Ma nun se ne semo fatta nessuna co’r Tauer Bridge!” si lamentò Miyata.

“Ah Miya’ ma se manco se vede che ce sta dietro che ce sta solo Yuta ne le foto tue??” urlò Kitayama ancora offeso perché nessuno aveva chiesto una foto con lui.

“Ebbé allora? Tanto dii monumenti vendono ‘e cartoline! De Yuta no!” rispose Miyata beccandosi una spintarella da uno Yuta imbronciato.

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“Se fermamo qua a magnà?” chiese Fujigaya indicando un ristorantino francese dall’aria elegante.

“A me me ispira più quello Fujiga’” affermò Senga proponendo un greco dall'aspetto invitante.

"A me veramente me ispirava più magnà quarcosa de giapponese..." disse Miyata.

"Io veramente volevo annà ar pub, visto che stamo a Londra." annunciò Wataru. “A magnà tipo li fish end chips.”

"Ah regà... io voglio magnà la pasta! Solo che sicuramente farà schifo come la fanno qua." disse Kitayama.

"Mortacci, pure a me già me manca 'a pasta!" fece eco Nikaido sospirando.

"Ma magnate pasta tutti i giorni de la vita vostra! Mica morirete se provamo n'attimo quarcosa de diverso! Stamo qua solo da ieri eh, mica da du' mesi!" li riprese Wataru.

"A me me manca un po' er caffé... nun l'avrei mai detto, ma persino er bare de Fumito me manca. Er caffé eh, Fumito nun me manca." esclamò Fujigaya.

"St'inglesi n'hanno capito 'n cazzo de cibo! Qua ce vorebbe 'a carbonara de mi' nonna Giorgina!" sospirò Kitayama.

"Mortacci se è bona 'a carbonara de tu' nonna!" annuì Miyata raggiante al solo ricordo.

"Vabbé insomma annamo da Mec?" propose Nikaido e tutti annuendo tristemente lo seguirono.

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“Ma ‘nsomma... sto covent garden che è?” domandò Kitayama a nessuno in particolare e finendo per guardare Nikaido.

“Ma che mo’o chiedi a me? Che cazzo ne so io?” rispose il ragazzo.

“A me me pareno solo negozzi. Sta cazzo de città c’ha solo negozzi.” commentò Kitayama.

“Ah Kitayà, che te pensi che ‘sto a fa io qua? O stronzo? Mo te leggo la guida: ‘Covent Garden era la sede dell’orto di un convento tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII. Nel 1540 Enrico VIII ne ordinò l'esproprio e Covent Garden divenne luogo di mercato...’”

“Vabbé ho capito, nun me ne frega un cazzo! Io vojo sapé che ce ‘sta mo de bello!” interruppe Kitayama.

“Ah Kitayà! Ma che sei cieco che nun vedi che ce sta mo? Mortacci tua invece de sta a rompe li cojoni, guardate attorno no?” lo riprese Fujigaya avendo notato lo sguardo deluso di Wataru quando la sua funzione di guida era stata bruscamente interrotta.

“Daje Kitayà! Ce stanno quelli che fanno i mimi, l’hai visti?” domandò Tamamori.

“No, però sto a vedé che l’hanno trovati Senga e Nikaido.”

“Mo che se mettono a fa li deficienti pe’ falli ride come ‘e guardie de Bachingam palas?” osservò Fujigaya scocciato.

“So du’ cretini, fammeli fermà prima che fanno casino e devo annà a chiede scusa a tutta Londra!” disse Wataru prima di correre verso i due ragazzi a picchiarli dietro la testa.

“Armeno nu rompe più li cojoni co’ quella cazzo de guida turistica!” annunciò Kitayama.
Fujigaya lo guardò con disgusto e scosse la testa. “Sei proprio er peggio e nun lo sto a dì con affetto.”

“Hiromì o sai com’è Wataru no? Je piace de fa le cose fatte bbene.” disse Miyata.

“Lo so, ma n’artro po’ so più cose de Londra che de Roma grazie a lui e a quer cazzo de libbro!”

“Io dubbi nun ce n’avevo. Fai tanto er coatto e nun sai un cazzo.” commentò Fujigaya con amarezza.

“Ahò ancora che litigate?! Stamo en vacanza!” disse Yuta, interrompendo le ostilità. “Fate tanto er cane e er gatto, ma se vede che ve volete bbene!”

“Tamamo’ ma fatte un par de cazzi tua!” urlarono all’unisono Fujigaya e Kitayama. Tamamori e Miyata cercarono di soffocare le risa mentre i due si guardavano con ostilità.

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“Allora c’annamo a ‘sto pub? Ce vorebbe proprio ‘na bella biretta mo.” propose Wataru in un momento di quiete, mentre i ragazzi erano seduti sulle scale a godersi il sole a Trafalgar Square nel loro terzo giorno di viaggio.

“Wata’ o sai che io la bira nun la bevo che me gonfia!” disse Taisuke.

“E te bevi quarche artra cosa no? Mica c’hanno solo la bira!” rispose Wataru.

“Basta che annamo a uno co li schermi che tra poco inizia ‘a partita.” aggiunse Kitayama.

“Ah Kitayà ma che partita te devi vedé? Mica c’hanno a Roma in Inghirtera!” affermò Miyata.

“Te pensi che so scemo e no o so? Me voglio vedé ‘a partita der mancheste che me li studio bbene pe’ quanno i batteremo aa chempions! Te ce stai Nikà?”

“Sì, ma io er carcio en Inglese nun lo capisco.”

Ci fu un secondo di gelido silenzio.

“Ma l’occhi ce l’hai no? Che c’è bisogno de capì pe’ guardà du’ stronzi che segueno ‘na palla?” non potè esimersi dal commentare Fujigaya, dopo lo sconcerto iniziale.

“Fujigà, mo stai a scherzà ‘n po’ troppo pesante eh! Nun offennemo er sacro sport! Pure l’Inglesi ce lo sanno!” lo riprese Kitayama mentre Fujigaya roteava gli occhi al cielo.

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Quella sera, dopo essere tornati in albergo, Fujigaya occupò la doccia per un’ora e ne uscì messo a nuovo, tutto in ghingheri, pronto ad uscire di nuovo.

“Watà come sto? So abbastanza alla moda pe’ Londra?” chiese Fujigaya puntando alla sua camicia bianca decorata con brillantini scintillanti sbottonatissima e i suoi pantaloni attillati.

Wataru gli lanciò un’occhiata. “Me pari ‘na zoccola, come direbbe Senga. Ma senti, ‘ndo stai a annà?”

“Ecco bravo, famme vedé si Senga è pronto! Eee che... amo deciso de annà a ballà a Soho, che ce stanno i locali ghey più famosi de Londra. Che famo nun n’approfittamo?”

“Ma famme ‘n po’ capì. Come te pensi de rimorchià si parli mezza parola de Inglese e quella mezza è pure sbajata?”

“Ah Watà! Ma seconno te io c’ho mai avuto bisogno de parlà quanno rimorchio?”
Wataru non riuscì a trovare nessun valido argomento per controbattere, quindi rimase in silenzio.

“E poi sto a fa le lezioni o sai!”

“E lezioni de rimorchio?” ridacchiò Wataru.

“Comunque si voi venì che ce dai ‘na mano...”

“Taisuke, ma seconno te no... io n’artro po’ non vado a ballà manco ai locali normali, me metto a annà ai posti ghey?”

“Ammazza che serio che sei! E sciallate n’attimo! Stamo a Londra, se dovemo divertì.”

“Ecco bravo vatte a divertì e poi me racconti. Anzi no, nun me lo raccontà che nun lo vojo sapè.”
Fujigaya mise su il broncio, poi scrollò le spalle e fece per uscire dalla stanza quando la porta si aprì ed entrarono Senga e Kitayama.

“Kitaya’ che stai a annà pure te?” domandò Wataru.

“No macché che poi questi me portano ai posti dei froci. A Roma li so e li evito, ma qua boh.”

“Daje Kitaya’ viè co’noi, te prometto che annamo a ‘n posto tranquillo!” propose Fujigaya.

“Vabbé se me devi pregà così tanto ce vengo su...” disse Kitayama sistemandosi la maglietta a rete da coatto.

“Ma che pregà che già eri tutto acchittato? Di la verità che ce volevi venì a ballà. Quanno me freghi a me?” disse Fujigaya.

“Eeee che m’annoio a ‘sta qua co’ questo che legge e l’artri due che è mejo si nun voo dico che fanno in camera mia. Ah, Nikaido sta a venì pure lui dice!”

“Come è mejo si nun cioo dici? Io o vojo sapé!” affermò Fujigaya.

“Daje che se sta a fa tardi, raccontajelo pe’ strada!” disse Wataru alzandosi per spingere tutti fuori dalla stanza e restare finalmente in pace

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Kitayama si rigirò nel sonno e nel muovere le gambe urtò qualcosa nel letto. Normalmente non si sarebbe stupito per questa cosa, ma il gemito che la ‘cosa’ emise gli fece spalancare gli occhi e chiedersi dove fosse.

“Ma che caz... andò ‘sto ahò?” si chiese Kitayama guardandosi intorno. Era sicuramente nell’hotel a Londra, ma quella non era la sua stanza. E quello non era il suo letto. E la ‘cosa’ nel letto non era una cosa, ma stava cominciando a rigirarsi tentando di tirarsi su tra le coperte. Non aiutava il fatto che Kitayama avesse un forte mal di testa da dopo sbornia e non ricordasse nulla dal momento in cui avevano messo piede in quel locale a Soho la sera prima.

“Ah Kitayà ma che cazzo te dai li carci? Mica stai a giocà a carcetto, mortacci tua!” esclamò la familiare voce di Fujigaya mentre il suo volto appariva pian piano tra le coperte.

Kitayama sbiancò improvvisamente. Perché non ricordava affatto come era riuscito a finire in quella stanza e soprattutto in quel letto? Qualcosa non quadrava, ma Kitayama aveva paura di sapere.

Fujigaya si mise a sedere sul letto strizzando gli occhi per svegliarsi del tutto.

“Cazz... ma che ho dormito co’ te Fujigà?” Chiese Kitayama con timore.

“E che non lo vedi? Hai detto che non trovavi er buco ieri notte...”

“De che cazzo de buco parli ah Fujigà?!” domandò Kitayama visibilmente scosso.

“Er buco de la seratura daa porta de camera tua Kitayà! Che buco?” rispose Fujigaya ancora mezzo assonnato.

“Ma allora essi specifico no? Vedi de usà le parole giuste che me pare che stamo in una situazione delicata qua!” disse Kitayama che, contrariamente a Fujigaya, era completamente sveglio forse per la prima volta in svariati anni.

“Ma che cazzo stai a dì Kitayà? Io de mattina già nun capisco un cazzo, poi arivi te a sparà stronzate...” continuò Fujigaya posandosi le dita sulle tempie.

“Te te ricordi tutto de ieri quanno che semo annati a quer posto de froci a ballà?”

“Eccerto che me ricordo. Tu no?”

Kitayama lo guardò con sospetto. “Me sa che ho bevuto un po’ troppo.”

“Ahhh quinni nun te ricordi che ieri avemo...” Fujigaya si interruppe con una mano sulla bocca. “Cioè che ieri me hai...”

“T’ho cosa? Fujigà nun cazzarà co’ me che io sto serio.”

“Nun te incazzà così... dopo tutto quello che m’hai fatto passà ieri poi...” disse Fujigaya assumendo un atteggiamento drammatico che fece impallidire Kitayama ancora di più.

“Io nun ce vojo crede. Sto ancora a dormì vero? Dimme che è n’incubo, mortacci tua e de ‘sta cazzo de Londra! Io lo sapevo che nun ce dovevo venì! Specie ar locale dei froci. ‘So tutti scialli, nun te preoccupà, stai tranquillo...’ mortacci tua davero!”

“Ahò ma nun sei contento che armeno è Taisuke e n’è uno che manco parla la lingua tua?” chiese una voce dall’altro letto. Yokoo era seduto con la schiena sul muro e contemplava la scena con un sorriso divertito sulle labbra.

“Cioé te stavi qua e non c’hai fermato?!” chiese Kitayama con foga.

“Ma fermato de fa che?! Ah Ta’ e piantala un po’ de torturà ‘sto poraccio!” rise Yokoo.

“Me sto solo a vendicà un pochetto che ho dormito scomodo stanotte!” disse Fujigaya sorridendo. “Te pare che me faccio toccà da te Kitayà?”

Kitayama mise su il broncio mostrandosi offeso, ma in realtà era sollevato. “So scherzi un po’ pesanti me pare eh. Mortacci tua.”

“Ringrazia che nun hai dormito a tera pe’ strada... solo perché sei un rompicojoni appiccicoso quanno che bevi. Ce sei salito da solo sur letto mio, io t’avevo lasciato sur pavimento.”

“Io ho visto certe scene ieri regà.” commentò Wataru sempre più divertito beccandosi un’occhiataccia da Fujigaya.

“Che scene?” chiese Kitayama di nuovo preoccupato.

“Cioé facevi proprio pena! Te sei attaccato come ‘na cozza a me tutta la sera che manco ho potuto rimorchià. Te continuavi a struscià a me e hai pijato a lamentatte che nun vincete lo scudetto manco quest’anno. Poi t’ho trascinato qui ecco. E me te so ritrovato nel letto. Ringrazia che so un gentlemen e che manco se fossi l’urtimo omo su la terra me n’approfitterei guarda.” raccontò Fujigaya.

“Regà ‘sta cosa nun deve uscì da ‘sta stanza che c’ho ‘na reputazione da difenne io.” mise in chiaro Kitayama.

“Eh me sa che è tardi...” disse Yokoo che nel frattempo stava armeggiando con il suo telefono.

“Che voi dì?” chiese Kitayama.

“Se vai sul profilo de feisbuk de Nikaido ‘o scopri...” ridacchiò Yokoo.

Ar mercatino giapponese
by un_sanzo

“A Miya’, ma ‘ndo cazzo m’hai portato?”
“Aho, io t’aavevo detto che potevi pure rimane’ in machina...”
“Ma posso rimane’ in machina co sto cardo?”
“A Kitaya’, e pure te vatte a prenne un caffè, no? Tanto in machina mia nun te ce lasciavo de certo, chissà che me combini...” commentò Yokoo, che riteneva di aver già sentito troppe lamentele per quella domenica.
“Ma perché, mo che te combino? Te c’ho mai fatto gnente aa machina tua?”
“No, perché nun te c’ho mai lasciato!”
“A rega’, regaaaa’!” esclamò Fujigaya, tenendo fermo Yokoo per un braccio “stamo carmi eh, famose ‘sto giro a ‘sto mercatino, e poi se ne annamo tutti ar mare come a’mo deciso... Kitaya’ piantala de fa er coatto che sei”
“Se c’oo so come smetto?”
Fujigaya alzò gli occhi al cielo e si diresse verso una bancarella piena di accessori pacchiani.

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“Che guardi Miya’? Comunque bboni sti cosi” disse Nikaido addentando un mochi comprato allo stand del cibo del mercatino giapponese solo perché il cartello millantava che fossero all’assenzio.
“No gnente... me chiedevo che je potevo porta’ de regalo a Yuta che c’ospita sempre ar mare...”
“Ma annamo a prende du pastarelle, no?”
“A Nika’” disse Senga spuntando alle spalle dei due “io te vojo bbene ma certe vorte nun capisci proprio un cazzo. Vie’ qua va’, te porto fori che er sole te fa bene...”

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“Mazza, bella sta tazza da tè... fine!” esclamò Yokoo, prendendo in mano una tazza tradizionale.
“Ah Wata’ ma che ce voi fa co la finezza?” commentò Fujigaya in una mezza risata.
“Aho mica so’ te! E’ che ‘a settimana prossima è er compleanno de zia Nuccia”
“Ah, c’hai raggione, quella è tutta scicc...” disse Fujigaya ricordando bene la casa della signora, in cui una volta, sua malavoglia l’altro l’aveva portato a prendere il caffè.
”Capito, je ce vo un regalo de classe, mica je posso portà qu’a robba che me consigliava Kitayama”
“Beato a te Wata’, te ancora lo ascorti a quello!”

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“Se’! Se’! Vie’ a vede’ questa! Me pari te quando fai er cretino!” disse Nikaido indicando un soprammobile a forma di tartaruga. Senga si affrettò a raggiungerlo e Nikaido gli dimostrò che quando veniva toccato, il soprammobile muoveva arti e testa in maniera buffa.
“Aho è vero!” disse Senga ridendo, e si mise a fare l’imitazione della tartaruga.

“Fujiga’, oddio Fujiga’! Vie’ a vede’!” esclamò Nikaido ridendo come un pazzo.
Fujigaya, che stava pagando i suoi acquisti ad una bancarella vicina, fece assolutamente finta di niente.

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“A Miya’, però era bello ‘sto mercatino! Mica c’oo sapevo, pensavo che era una de quee cose strane tue” disse Fujigaya con un sorriso soddisfatto e diverse buste in mano.
“Ta’ ma ndo ‘e voi mette’ quee buste? Io già già tutto pieno dietro” lo avvertì Yokoo.
“Evabbè oo spazzio che amo risparmiato co la bassezza de Kitayama lo rioccupamo de buste”
“Ma vaffanculo Fujiga’, pure l’insulti me devo becca’... non bastava che me so dovuto veni’ a vede’ sta robba cinese e ‘sti deficienti vestiti da Pauèrrengè” disse sconsolato Kitayama.

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Note:
• Freggene: al secolo "Fregene", località sul mare vicino Roma dove molti vanno al mare e dove, sopratutto un tempo, si usava prendere casa al mare per la stagione estiva.
• Ghei Village: alias Gay Village, famoso "locale all'aperto" allestito nel periodo estivo chiaramente organizzato dalla comunità gay romana (ma aperto a tutti u__u! No come er Muccassassina).
• "Sotto l'arberi pizzuti...": l'arberi pizzuti sono i cipressi, classici dei cimiteri. In sostanza: "saremo morti prima che passi il prossimo tram".
• Er mercatino giapponese: mercatino a cadenza mensile, attualmente ospitato dal locale Blackout (vicino a Centocelle peraltro!), che si svolge sempre di domenica. Le bancarelle dovrebbero essere in teoria tutte a tema Giappone, in pratica la metà di queste vende cose a caso in fimo XD. La frase sui Power Ranger è stata veramente detta da un ignoto.

Spero di non aver dimenticato nulla, ma in caso i commenti sono lì: chiedete pure XD!

#drabble, * italiano, f: kis-my-ft2, g: au, r: pg

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