Uno sconosciuto è per sempre

Jan 07, 2013 22:58


Prologo

Lo sento.
Il suo respiro caldo sulla mia pelle, sul collo, poi mi fruscia nell'orecchio e io mi sto eccitando come non mai. La mia schiena finisce contro il muro, mentre le nostre labbra s'incontrano voraci e bramose di desiderio.
Lo sovrasto di qualche centimetro appena, non ricordo di aver mai baciato un ragazzo più basso di me, forse alle medie oppure quella volta che...il buio! Mi ha afferrato le cosce e adesso sono cavalcioni su di lui, contro di lui. La sua bocca continua a baciarmi il collo lasciando scie di saliva, ma mi piace, adesso mi sta mordendo il lobo e la mia bocca è serrata a trattenere un gemito di piacere. I miei occhi sono socchiusi, mentre con le mani gli accarezzo i capelli.
Mi avvinghio alla sua schiena mentre mi trasporta in camera, dove ad attenderci, ignaro, c'è è un lettone al centro della stanza in penombra. Mi adagia delicatamente sul morbido piumone e lo vedo disfarsi della maglia con un colpo sicuro, mentre io ho tolto le scarpe aiutandomi con le dita dei piedi. Sto indietreggiando sul letto e lui mi sorride accattivante avanzando verso di me, sdraiandosi su di me, riprende da dove aveva interrotto.
Con i polpastrelli delineo la forma perfetta della sua schiena, avvertendo i muscoli contrarsi nei movimenti. Le nostre gambe si sono intrecciate automaticamente, ad incastro. Adesso sento la sua mano palparmi il seno e i suoi baci discendere fino alla base del collo, poi finalmente decide di eliminare la camicia che interferisce con i suoi piani, che in verità, per questa sera, sono anche i miei.
Fanculo il resto! Fanculo tutti!
Mi viene in mente il verso di una canzone che adoro: ho bisogno del vostro amore, ma anche che ve ne andiate tutti a fanculo!
La sua lingua mi sta stuzzicando l'aureola, prima un seno, poi l'altro e io mi rendo conto che sto pian piano perdendo il controllo di me. Mi perlustra il ventre, l'ombelico e il suono sordo del bottone dei jeans che si slaccia mi aiuta a rinvenire. Non ancora. Tocca a me.
Lo sospingo sul letto e lui non oppone resistenza. In un attimo il mio corpo semi nudo è su di lui. Lo osservo e sorrido tra me: non è per niente il mio tipo. Il popolo latino, con i suoi colori caldi, non mi ha mai attratta. Qualche mio parente/conoscente direbbe che è solo un altro capriccio per soddisfare un ego smisurato. Balle!
Lui intanto sta giocherellando con i mie riccioli d'oro. Ha un addome scolpito e suppongo che faccia attività fisica. Con le mani gli accarezzo i pettorali sfiorandone il perimetro. La mia pelle candida spicca sulla sua come una luna spersa nell'oscurità della notte. Lo bacio intensamente, discendendo lungo il collo, gli attraverso il torso e, quando giungo alla fine della corsa, gli afferrò la protuberanza che ha nei jeans tra le mani. Nell'aria si diffonde un suo gemito appena percettibile, ma io lo sento e non riesco a trattenere un sorrisetto beffardo. Lui mi sta accarezzando la schiena con la punta delle dita ed è particolarmente piacevole. Intanto gli ho slacciato la cintura e aperto la patta e la mia mano si sta infilando furtiva dentro i suoi boxer. A contatto con il palmo nudo sento il suo piacere aumentare sempre di più, incalzato dai mie incitamenti.
Senza troppi complimenti mi capovolge e lui è di nuovo su di me, noto compiaciuta che la sua espressione è mutata, sembra dire “adesso facciamo sul serio”. Mentre è cavalcioni sul mio corpo inerme mi fa segno di attendere un attimo, puntandomi l'indice in faccia. Lo vedo alzarsi e sfilarsi i pantaloni, quindi lo osservo, seduta al centro del letto, aprire il primo cassetto dell'armadio, prendere qualcosa e tornare verso di me. Ipotizzò che sia un profilattico.
Quanto meno è coscienzioso, questo sconosciuto dalla pelle ambrata.
Mi bacia come se fosse l'ultimo bacio della nostra vita, le sue mani sono ovunque, mi toccano e mi accarezzano senza criterio, si allontana per denudarmi dei jeans e delle mutandine di pizzo. Lui fa lo stesso. Adesso siamo completamente nudi e mi rendo conto che il desiderio è tale che fa quasi male. Mi entra dentro con un garbo che non mi aspettavo e io mi lascio sfuggire un gorgoglio di piacere. Gli sussurro all'orecchio di non fermarsi, non ora, e quando mi risponde con voce affannata “come desideri”, questa mi giunge calda e focosa fino ai meandri sensoriali del cervello, innalzando ancor di più il mio stato di eccitazione.
Lo sento ansimare su di me, mentre aumenta il ritmo e ben presto i nostri gemiti, i nostri respiri affannosi, si fondono e tutto scompare. Quella stanza non esiste, il mondo fuori non esiste, gli altri esseri umani non esistono, la guerra non esiste, l'intera galassia non esiste.
Ci siamo solo io e lui: uno straniero conosciuto quella notte in discoteca.

Mi accorgo che mi sta osservando, sdraiato sul letto dove abbiamo appena consumato la nostra lussuria, coperto fino al bacino dal lenzuolo, si sorregge sul gomito destro e sta sogghignando. Io ho infilato i decolté neri e mi sto allacciando l'ultimo bottone dei jeans, alzo il capo e riavvio i capelli, pettinandoli come meglio posso con le mani, acconciandomi il colletto rigido della camicia. Lui continua a fissarmi sornione, ma io fingo di non accorgermene, quando subitaneo afferma:
- Non conosco neanche il tuo nome-
- E a cosa ti serve sapere come mi chiamo?-
Lui fa spallucce e io so che lo ha detto semplicemente per non essere etichettato come il classico stronzo da “una botta e via”. Quello che lui non sa è che a me non me ne frega un corno che tipo sia lui, santo o bestia che sia personalmente non mi cambia niente.
Esco dalla stanza e i tacchi rimbombano nell'appartamento dallo stile moderno. Indosso il giubbotto di pelle morbida e recupero la borsa sotto di esso, entrambi abbandonati sul bracciolo del divano. Lui mi arriva alle spalle e mi afferra da dietro, lo sento annusare il mio profumo, l'odore del balsamo che uso per i capelli. Odio queste smancerie, tuttavia sto al gioco, quantomeno ha avuto la decenza di indossare i jeans. Mi invita a girarmi e io faccio una piroetta su me stessa; lo ritrovo a fissarmi con lo sguardo e io ricambio. Ha due occhi color cioccolato, espressivi e profondi. Di nuovo mi fa strano stare abbracciata ad un ragazzo più basso di me, anche se di poco.
- Finisce così, dunque?- il suo italiano non è perfetto, ma comprensibile quanto basta
- Nè un nome da ricordare, né un numero di telefono da chiamare...nada?-
Sorrido. Nada? Che sia spagnolo? Dalle fattezze estetiche non si direbbe.
Gli accarezzo una guancia e avvicinando pericolosamente le mie labbra alle sue quasi bisbiglio:
- Nada de nada- lui schiude le labbra, in attesa di un ultimo bacio che non giungerà mai - Adios!- mi libero diligentemente dal suo abbraccio e dico addio a lui e al suo appartamento, accompagnata dal ticchettio delle mie scarpe sul pavimento.

continua

fanfiction, rpf: sport

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