[Sherlock] Where are the angels?

Jul 12, 2013 21:42

Titolo: Where are the angels?
Fandom: Sherlock
Rating: Pg
Genere: Promessi sposi AU! ooc, slash, fluff
Pairing(s):  Sherlock x John, Mary x John, Mary x Mycroft
Wordcount: 2056 fiumidiparole
Prompt: Amori felici
Disclaimer: I fatti narrati non si basano su avvenimenti reali e sono senza scopo di lucro. I personaggi non mi appartengono ed io non intendo in alcun modo offenderli o dare una rappresentazione vera del loro carattere.
Note: scritta per il Decamemanicomeron della 365days_fic e per fillare il prompt di type_writerj su La bottega di Leonardo indetta da kinkmemeita
Introduzione:  "Sherlock, secondo te ci sono gli angeli sulle nuvole?”


“Sherlock, secondo te ci sono gli angeli sulle nuvole?” Chiese un bambino al suo amico, entrambi con gli occhi persi a guardare quell’immensa distesa blu.
“John, come credi che sia possibile una cosa del genere?” Chiese il signorotto, distogliendo lo sguardo per fissarlo negli occhi del figlio della sua servitrice.
“Le nuvole sono composte da vapore acqueo, non possono sorreggere il peso di qualcuno, neanche quello di un angelo!” Spiegò, rendendo triste l’altro bambino. Osservando quell’espressione da cucciolo Sherlock si sentì subito in colpa. Appartenevano a classi sociali diversi, guardavano il mondo con occhi differenti, eppure John era l’unica persona che nella vita del signorotto si avvicinava a ciò che viene definito un amico, per questo odiava farlo piangere.
“Gli… Gli angeli non sono sulle nuvole…” Cominciò a dire, sperando di rimediare a ciò che aveva detto. “Perché sono più vicini a noi di quanto immagini”
John fissò per un momento l’amico, sorridendo felicemente subito dopo.
“Allora dovremmo cercarli!” Esclamò, mostrando ancora quel sorriso senza denti.
“Non è una cosa facile, sai!” Disse, cercando di rimediare a ciò che la sua bugia aveva detto.
“Lo so, ma mentre io passerò tutta la vita a cercarli, tu puoi avere questo!” Esclamò, porgendo un porta chiave a forma di angelo all’amico.

“Sherlock!”
Il signore della cittadella aprì gli occhi, scosso dal suono del suo nome.
“Siamo arrivati?” Chiese, guardando fuori dal finestrino della macchina nera di lusso su cui stava viaggiando.
“Non ancora” Rispose suo fratello Mycroft.
“Allora perché mi hai svegliato?”
“Stavi sognando nuovamente quel servetto di quando eri piccolo… John, se non sbaglio…” Disse, tornando a prestare attenzione alle sue carte.
“E quindi?”
Mycroft alzò lo sguardo, infastidito.
“Sherlock! Quanti anni sono passati? Dieci? Quindici?”
“Ventisette!” Lo corresse il più piccolo.
“Esatto! Ventisette anni passati a ricordare quel servo che sai perfettamente che non rivedrai mai!” Disse, sedendosi di fianco al fratello, poggiandogli delicatamente una mano sulla gamba.
“Devi dimenticarlo, prova a trovarti una fidanzata!” Esclamò.
“Certo, come no!” Rispose sarcastico ed infastidito dal discorso il fratello più piccolo.
“Bene, allora scommettiamo!”
Sherlock guardò Mycroft intensamente, quando il più grande proponeva una scommessa c’era sempre qualcosa sotto.
“Se vinci, ti dirò dove si trova il tuo servetto”
“Sai dov’è?” Chiese stupito, cercando nello sguardo del maggiore qualsiasi sfaccettatura che facesse trapassare l’effettiva veridicità di quelle parole.
“Credi che stia mentendo?”
“No…” Rispose Sherlock dopo un’attenta esaminazione.
“Quindi? Che devo fare?”
Mycroft sorrise abbassando il vetro della vettura dopo aver ordinato all’autista di fermarsi.
“Quella donna” Disse, indicando una giovane maestra d’asilo che indossava un lungo abito giallo, intenta a  giocare con i vari bambini.
“Devi riuscire a possederla…”

Il cielo era completamente limpido e la cosa positiva era che lo sarebbe stato l’intera settimana. Notizia di poca importanza, ma di estrema felicità per il medico di famiglia della cittadella.
“Buongiorno dottor Watson!” Esclamò il portiere del palazzo dove abitava il dottore quando lo vide.
“Sembra in ottima forma!”
“Mai stato meglio!” Replicò il medico, mostrando il suo sorriso più felice.
“Le nozze si avvicinano, deve essere emozionato”
Era davvero tanto emozionato, quella domenica avrebbe sposato la donna della sua vita, colei con cui aveva condiviso i giorni più belli di quegli anni.
“Mery!” Esclamò quando vide la sua futura moglie nel giardino della scuola materna dove lavorava.
La donna distolse lo sguardo dai suoi alunni, cercando la persona che l’aveva chiamata.
“John!” Esclamò con un sorriso, avvicinandosi all’uomo che l’aveva chiamata.
“Hai finito?”
Mary scosse la testa “Fra dieci minuti” Disse, sempre con quel sorriso di cui John si era innamorato.
“Allora ti aspetto qui…” Disse il futuro sposo, baciandola dolcemente prima di lasciarla tornare a lavoro.

“Tutto pronto?” Chiese John alla ragazza, versandole un bicchiere di vino rosso. Mancavano solo due giorni al matrimonio, per questo decisero di concedersi una serata di pausa da tutti quegli impegni e quei preparativi che li avevano tenuti indaffarati in quell’ultimo mese.
“Devo solo parlare con il parroco, ma domani sono impegnata a lavoro, puoi andarci tu?”
John non odiava gli uomini di chiesa, ma in qualche modo non riusciva a relazionarsi con personaggi del genere, ma per far felice la sua amata fidanzata avrebbe fatto questo e ben altro.
Il parroco della cittadella era una persona ambigua. Era costantemente rinchiuso in casa per paura che gli uomini del padre, grande uomo d’affari, lo costringessero a tornare al palazzo, vita non amata dall’uomo. Le sue uscite erano limitate o, alcuni giorni, completamente assenti.
Per sua grande sfortuna, quel giorno era uscito di casa per far visita ad una famiglia, fu al suo rientro che venne fermato da alcuni uomini, i “Bravi” della famiglia Holmes.
“Buongiorno padre!” Lo salutarono, avvicinandosi con fare minaccioso al poveruomo.
“Non ho fatto niente!”
“Non ancora, ma presto lo farà…” Continuò l’uomo alle sue spalle.
“Sappiamo che domani dovrà celebrare un matrimonio, ebbene, quel matrimonio non s’ha da fare!”
“Cosa?” Esclamò il parroco, sorpreso.
“Sappiamo anche che uno dei novelli sposini sta per farle visita, gli dia questo” Continuarono, porgendo un siero di sonnifero al parroco.
“Se non fa come diciamo, saremo più che lievi di riportarla nella sua dimora di famiglia” Disse l’uomo di fronte a lui con un ghigno malefico sulla faccia “Al contrario, se seguirà i nostri ordini alla lettera, sarà lasciato in pace, per l’eternità…”
Il povero prete non era una persona cattiva, dopo la sua terribile infanzia aveva trovato il modo per sfuggire alle troppe pretese del padre. Non era mai stato una persona cattiva e perseguitare gli umili chiedendo tasse e pagamenti vari non si addiceva per niente allo stile di vita dell’uomo. Aveva deciso di diventare un umile, vivendo grazie al suo orto ed alle offerte delle brave persone, non aveva niente contro i giovani che avrebbe dovuto sposare il giorno dopo, ma appena vide John bussare alla sua porta, seppur con le lacrime agli occhi, non esitò a fargli respirare il sonnifero che gli avevano dato, facendolo svenire.

Un forte dolore alla testa lo fece svegliare. L’ultima cosa che ricordava era il parroco della cittadella che gli apriva la porta e poi tutto completamente buio. Buio, come ciò che vedeva adesso. Aveva le mani e i piedi legati ad una sedia ed un sacco sulla faccia che gli impediva di vedere il luogo dove si trovava.
“Ecco signore, come ci ha ordinato…” Disse una voce non molto distante da lui.
“Toglile il sacco!” Esclamò un’altra voce, più distante della precedente.
Sentì dei passi avvicinarsi al suo corpo e poi di colpo rivide la luce. Strizzò momentaneamente gli occhi, cercando di riabituare lo sguardo e quando si adattò alla luce, quello che vide fu un volto familiare che non avrebbe mai pensato avrebbe rivisto, o almeno non in quelle circostanze.
“Tu…” Sussurrò il volto familiare davanti a lui, sorpreso quanto John.
“… Non sei Mary!” Continuò indignato, rivolgendo lo sguardo verso i bravi.
“Che cosa avete combinato!”
“M - ma lei, aveva detto di rapire chi si sarebbe presentato dal parroco e noi lo abbiamo preso!” Si giustificarono gli uomini, abbassando lo sguardo.
“Vi voglio fuori da questo palazzo!” Disse indicando la porta.
 “SUBITO!!” Gridò, facendo uscire i due servitori.

“Ebbene” Riprese il signorotto, rivolgendosi all’uomo legato alla sedia della sua stanza.
“Chi è lei?”
John lo fissò ancora sorpreso, chiedendosi se la persona che aveva davanti era davvero quel bambino che aveva occupato i pensieri della sua infanzia.
“John” Sussurrò, notando gli occhi blu del signore riempiendosi di sorpresa.
“J - John… come?”
“Watson”
La sorpresa che aveva riempito quegli occhi blu scomparve del tutto, lasciando spazio alla delusione.
“John Watson, eh?!” Ripeté, sedendovisi davanti.
“Sei il fidanzato di Mary se non sbaglio…”
“Cosa vuole da mia moglie!?” Ringhiò il medico, trasformando lo sguardo sorpreso in un’occhiata minacciosa.
“mmm… Possederla”
“Cosa?!”
“Ho fatto una scommessa, devo possedere Mary… Mi dispiace…”
“Ti dispiace?! Ma non farmi ridere, cosa ti salta in mente? Mary diventerà mia moglie domani!”
“mmm… non credo, anche perché sei legato ad una sedia…” Gli fece notare, accavallando le gambe.
“Comunque io sono Sherlock Holmes!”
“So chi è lei!”
“Oh, a sentito parlare di me, e mi dica, cosa si dice?”
John sospirò, l’arroganza di quel ragazzo non era svanita neanche con l’età.
“Che è un bugiardo…”
Sherlock fissò gli occhi di John “bugiardo? E’ la prima volta che sento dire di me una cosa simile…”
Sorrise alzandosi dalla sedia.
“Di solito mi danno dell’arrogante o malvagio o apatico…” Continuò, dirigendosi verso la porta.
“Dove sta andando?”
“A rimediare all’errore dei miei servitori”

Erano passati tre giorni dalla scomparsa di John e l’intero villaggio era allarmato.
Tutte le forza dell’ordine si erano dedicate alla ricerca per due giorni interi, senza trovare nulla.
“Scusi per il disturbo” Sussurrò Sherlock entrando nell’appartamento dove Mary e John vivevano.
“Sono Luke Healt, investigatore privato” Si presentò sotto falso nome alla giovane donna pallida davanti a lui.
“Prego!” Disse, facendolo accomodare.
“Quel cappotto…” Chiese Sherlock, notando un capo a lui familiare.
“Oh! E’ di John!” Si affrettò a scusarsi la donna, abbassando lo sguardo
“Deve mancarle tanto suo marito” Constatò, notando la pelle troppo bianca e le occhiaie sotto gli occhi che annunciavano le notti insonne passate aspettando il rientro del fidanzato.
“In realtà…” Cominciò a dire la donna, chiedendosi se fosse davvero necessario dire quelle parole ad uno sconosciuto.
“Penso che John sia scappato dalle nozze”
“Scappato?”
La donna sospirò, cominciando ad agitarsi.
“In realtà John non mi amava… beh, ce la metteva tutta per farlo, ma so che in fondo era sempre legato al suo primo amore, come dimostrano questi angeli…” Disse, indicando la stanza piena di figure angeliche.
“Angeli?”
“Il suo primo amore gli disse che gli angeli sono più vicini a noi di quanto si possa pensare, quindi ogni volta che vedeva un angelo ripensava a quelle parole…”
Per quanto la donna potesse parlare, Sherlock si era soffermato sulla prima parte di quella frase, riconoscendo quelle parole.
“Le ha mai detto il nome del suo primo amore?” Chiese, sorpreso.
“Se non sbaglio Sher o qualcosa del genere…”
Sherlock afferrò la sua giacca, dirigendosi poi fuori l’appartamento, sbrigandosi a far ritorno nella propria dimora
“Il tuo cognome è Watson, come puoi essere tu!” Chiese alla persona ancora legata alla sedia.
John guardò il signorotto sorpreso per qualche secondo, poi sospirò.
“Ho cambiato cognome quando mi sono trasferito, mia madre si è risposata”
“Perché non me l’hai detto?” Esclamò, quasi furioso.
“E cosa dovevo dirti!?” Chiese incredulo “Ciao Sherlock come va?! Ma lo sai che vuoi farti la moglie del tuo fidanzatino di quando eri piccolo?”
“Beh, almeno sarebbe stato qualcosa…” Sospirarono entrambi, evitando di guardarsi negli occhi, imbarazzati dal passato.
Erano amici d’infanzia, l’unico amico di Sherlock e l’unico amico troppo maturo di John. La madre di John lavorava nel palazzo della famiglia Holmes, per questo i due passavano tanto tempo insieme e fu proprio per questo che l’amicizia si trasformò in qualcosa di più. Erano bambini, un bacio non significava niente per loro se non la rappresentazione dei loro sentimenti, ma gli adulti non capirono, quando scoprirono della loro relazione li separarono, nascondendo John da Sherlock.
“Non hai idea quanto possa averti cercato…” Sussurrò Holmes, guardando gli occhi dell’altro che, imbarazzati, cercavano ancora di evitare quelle sfere blu.
Sherlock si alzò, avvicinandosi a John, liberandolo dalla sedia.
“Mi lasci libero?” Chiese, domandandosi se non fosse una trappola.
“Ti lascio una scelta: puoi tornare da Mary e sposarti, come è giusto che sia, o puoi restare con me, per sempre…”
John lo fissò momentaneamente, dirigendosi poi verso la porta.
“Tua moglie ti tradisce!” Esclamò, facendo fermare il medico.
“Cosa?!”
“In casa c’era un lungo trench nero da uomo e beh, tu non sembri una persona che possa permettersi un trench del genere…”
“Poteva essere di un amico-“
“Ha detto che è di suo marito…” Concluse, avvicinandosi all’uomo davanti alla porta.
“John, stai pur certo che ti farò innamorare di me per la seconda volta…” Sussurrò suadente nell’orecchio destro del medico, facendogli vedere quel porta chiavi a forma di angelo che aveva conservato per tutto quel tempo, baciandolo subito dopo.
“Beh, non sei sulla cattiva strada…”

“Quindi alla fine hai vinto tu…” Disse Sherlock al fratello intento a firmare alcune scartoffie.
“Sia la scommessa che la donna”
Mycroft alzò lo sguardo dai vari fogli, fissando il fratello vicino la porta.
“Hai scoperto di me e Mary!?”
Sherlock sorrise “Il tuo profumo è unico, ed il tuo cappotto è impregnato di esso”
Mycroft sorrise, riprendendo a leggere i documenti.
“Quello che non mi spiego è perché la scommessa? Potevi dirmi che John stava per sposarsi con la tua amante, stai pur certo che sarei corso a fermare il matrimonio!”
“Perché altrimenti non sarebbe stato divertente” Sorrise
“Signor Holmes, la riunione sta per iniziare” interruppe la segretaria.
Mycroft si alzò dalla scrivania, dirigendosi verso il fratello, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
“Spero che tu possa recuperare quei ventisette anni” Disse, lasciando poi lo studio. Osservando la schiena del fratello che si allontanava, Sherlock dovette constatare che in fondo, Mycroft non era poi così male.

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