TITOLO: E dove prima c’eri tu ora c’è il vuoto.
FANDOM: Supernatural
COPPIA: nessuna
RATING: PG
BETA:
nike158 AVVERTIMENTI: storia senza senso e, anche, abbastanza schifosa. Io vi ho avvisati. Angst andante.
DISCLAIMER: Dean e Sam non mi appartengono e mi sono anche stufata di dirlo ç____ç Superntural e tutti i suoi personaggi appartengono a Kripke e alla CW. Niente di quanto segue è scritto a scopo di lucro.
NOTE: è ambientata alla fine della 5.14, quindi è spoiler per chi non c’è arrivato. L’idea per la prima parte me l’ha data uno spoiler che mi è stato riferito e che non scrivo qui proprio perché spoiler XD
“Dove prima c’eri tu, ora c’è il vuoto.
Di giorno mi scopro a camminarvi intorno e la sera ci cado dentro.”
Anonimo
E’ tutto talmente bianco e luminoso al punto da essere fastidioso, nel momento in cui Dean si sveglia e comincia a rendersi conto di ciò che lo circonda.
E’ la solita, dannatissima sensazione di non avere idea di dove cavolo si trovi e lui si è fottutamente stufato di risvegliarsi in quel modo, di aprire gli occhi chissà dove (o chissà quando) per i capricci di Angeli e Demoni vari che si divertono a trasportarlo di qua e di là, quasi fosse la nuova moda del momento.
L’ultima cosa che ricorda è di essere rientrato in casa di Bobby, non appena ha avuto di nuovo la forza per farlo, e di essersene subito pentito perché le grida di Sam risuonavano ancora da per tutto e lui non sopporta più neanche quelle. Non ce la fa più a ritrovarsi in quella situazione, ad essere ferito (e a questo punto che Sam si trovi alle prese con qualcosa che può controllare o no, davvero, non conta più) e a ferire suo fratello (perché non importa se quella è la cosa giusta da fare, ma ogni volta che lo chiude in quella stanza e sta lì ad ascoltarlo gridare, lo allontana un po’ di più da sè e si approfondisce la spaccatura che si è creata tra loro). Poi, più niente.
Dean sbatte le palpebre un paio di volte, alzandosi e cominciando a muoversi cautamente, e mano mano che avanza nella luce abbagliante si aprono squarci che lasciano intravedere figure umane, fumo e lingue di fuoco.
Dean inghiotte a vuoto e si sente la gola bruciare quando capisce dov’è e chi sono quelle figure, quando vede le loro ali spiegarsi oltre le spalle e i pugnali degli uni tagliare le gole degli altri. Indietreggia incerto, mentre guarda il posto che dovrebbe essere la sede del Bene Supremo cadere per mano di coloro che avrebbero dovuto difenderlo e i fratelli uccidere i fratelli. Ed è molto peggio di averlo immaginato, perché colpisce anche se in lui non c’è rimasto molto buttare giù. Perché lui gli occhi verso il cielo, alla fine, li ha alzati e la propria richiesta d’aiuto l’ha lanciata. Ora si ritrova con la consapevolezza che nessuno la accoglierà, che resteranno solo parole mischiate a lacrime, lanciate contro un cielo troppo scuro.
E’ la fine di tutto, quella.
**********
Dean sobbalza nel letto e sta volta, invece che in un mare di luce, si trova affogato in uno di buio. Serra i denti per impedire di uscire all’urlo che ha strozzato in gola.
Respira a fatica, mentre ansima si passa una mano sul viso madido di sudore.
La casa, adesso, è silenziosa tranquilla. Non ci sono più rumori o grida che ne turbino la pace apparente.
Dean si alza in piedi, addosso la sensazione di aver fatto qualcosa in più che sognare e quel brivido lungo la schiena, così come il sapore amaro in bocca, che non riesce proprio ad allontanare. Spinge la porta del bunker in cui si trova Sam, restandosene sulla soglia ad osservarlo. E’ addormentato, rannicchiato su una delle sponde del letto, esausto dopo essersi dimenato chissà per quanto tempo. Ha i capelli completamente sconvolti, i pugni stretti intorno alle lenzuola e, nonostante tutto, a Dean sembra il Sammy di sette anni che lo guardava con gli occhi quasi umidi e gli domandava se papà sarebbe tornato a casa per cena. Lo faceva in un modo tale che Dean non poteva che stendersi accanto a lui, permettendogli di addormentarglisi addosso e rassicurandolo con qualche “non preoccuparti” che gli apriva un sorriso sereno sulle labbra. Perché lui era Dean, il suo fratellone maggiore, e se diceva di non preoccuparsi, allora Sam poteva fidarsi; perché Dean, dal canto suo, sentiva che tra tutte le cose del mondo quella di cui non avrebbe mai dovuto avere paura sarebbe stata di non sentire Sam così fiducioso in lui, di non sentirlo dalla propria parte.
Adesso, Dean vorrebbe riuscire a percorrere i metri che lo separano dal letto del fratello e sussurragli che andrà tutto bene, ma non riesce proprio a scollare i piedi da terra. E si domanda se riusciranno mai a recuperarli quei metri e a provare di nuovo quella sensazione totale di fiducia l’uno nell’altro.
Potrebbe essere la soluzione di tutto, quello.