Titolo: Brotherly hate
Fandom: Pretty Little Liars
Personaggi/Pairing(s): Jason DiLaurentis/Alison DiLaurentis
Avvertimenti: het, lime, underage, incest. Se pensate che la cosa potrebbe turbarvi, evitate di leggere. Non voglio avere anime innocenti sulla coscienza \o/ Le descrizioni non sono molto dettagliate, ma si parla di una relazione non-platonica tra fratello e sorella (anche se io ho una mia teoria per cui questi due si riveleranno fratellastri, alla fine /o\)
Challenge/Prompt: scritta per il
p0rn!fest #5 col prompt Alison DiLaurentis/Jason DiLaurentis, “Smettila oppure lo dico a mamma e papà!” + scritta anche per il
Pretty Little Liars!fest @
pll_fest col prompt Alison/Jason - "Ti odio"
Dedicata a
misskyeyes ♥
nella speranza di sollevarle l'umore (anche se qui c'è un mare di angst /o\)
Alison non saprebbe dire quando di preciso sia iniziato l'eterno dissidio tra lei e Jason.
Da che ha memoria, ricorda di averci sempre litigato, fin dai tempi della culla.
Probabilmente è una di quelle cose che cominciano da lì - con la gelosia per la sorellina minore che cattura ogni affetto ed attenzione degli adulti.
Poi si cresce tra spintoni e tirate di capelli non appena mamma e papà voltano lo sguardo, con gli scherzi un po' cattivi e le parolacce imparate dai bambini più grandi.
Certo, ogni fratello e sorella che si rispettino possono raccontare di aver vissuto tutto questo, ma Alison è sempre stata convinta che quello tra lei e Jason fosse altro.
Come una malizia mischiata nel sangue, una voglia continua di darsi sui nervi a vicenda, perfino ora che entrambi hanno superato da parecchio l'età dei dispetti infantili.
Il fatto è che Alison detesta Jason, no, lo odia.
Lo odia quando si riconosce nei suoi gesti e comportamenti, quando nota nello specchio un'espressione simile alla sua, quando guarda le foto in cui erano piccoli e ricorda di come lui, nonostante tutti i litigi, rimanesse comunque il suo fratellone, il più bello di tutti, quello per cui fin da bimba provava un'invidia e una gelosia insane.
Più semplicemente, Alison odia Jason perché una parte di lei non può dimenticare di amarlo nel modo più sbagliato che esista.
La cosa peggiore è che lui è suo fratello anche in questo.
"Smettila oppure lo dico a mamma e papà!” sibila tra i denti quando è furiosa, quando lo scopre a bersi addosso e svuotarsi il cervello col fumo e le pasticche. C'è una rabbia spaventosa che le graffia la gola mentre parla e il motivo è che, Alison lo sa, lui sta cercando una maniera per uscirne, per non pensarci. E Alison lo odia, ma più di tutto odia se stessa. Odia dipendere così tanto da lui. Odia dover ricorrere ad ogni cattiveria che le venga in mente pur di attirare la sua attenzione, odia compiacersi nel farlo. Odia Jason perché è il suo riflesso.
Glielo dice “Ti odio” in quei momenti, dopo che quasi si sono presi a schiaffi - e Jason, si vede, ha le mani che gli prudono dalla voglia di alzarle su di lei, metterla a tacere, facendole male o forse no - ma si trattiene.
Alison non indietreggia di un passo, sostiene lo sguardo di quegli occhi azzurri, così feriti, selvaggi e identici ai propri, senza accorgersi che sono di nuovo punto e a capo
Lì, al confine di quella linea invisibile che hanno oltrepassato tante, troppe volte insieme.
Percepisce il battito del cuore accelerare all'improvviso, soffocando nella consueta sensazione che sia tutta una follia che ha ormai preso il sapore liquido e intossicante della dipendenza.
Jason le avvelena i pensieri, Jason che è il primo con cui abbia mai condiviso un segreto - il più grande e il più sporco che si tiene dentro, l'unica cosa a cui Alison pensa scagliandosi contro di lui in un debole tentativo di colpirlo.
Rabbrividisce, non di paura - non solo quella, per lo meno - sentendo il respiro di Jason leggermente affannoso, vedendo i suoi lineamenti tendersi in quella che non è collera, ma qualcosa di più pericoloso e dolce ad un tempo.
"Ti odio, Ali” le fa eco Jason in un mormorio sommesso, stringendola in quello Alison che potrebbe definire un abbraccio innocente se non fosse così serrato e morboso.
"Smettila oppure lo dico a mamma e papà...” replica flebile, con la voce che trema.
La consueta minaccia vuota con cui lo avverte che hanno passato il segno, ancora, e che non si torna indietro. Le parole con cui vorrebbe ingannare se stessa e provare a reagire - un pretesto per non sentire il rimorso, per fingere che non le voglia, quelle attenzioni, quell'eccessiva vicinanza, e che sia solo colpa di Jason.
La presa di suo fratello è forte sul polso minuto e fragile.
Potrebbe spezzarla, se solo lo volesse e spesso Ali pensa che sì, lui l'ha già fatto in mille modi, e lei glielo ha permesso altrettante volte, con la stessa docile volontà con cui ora si arrende.
Jason le scosta i capelli dal collo con una gentilezza che ha dell'irreale, posandovi un bacio a labbra aperte, facendole inarcare la schiena e perdere il controllo.
Ed è solo questione di secondi prima che Alison reagisca con insospettabile rapidità e prepotenza, scostandosi e sollevandosi in punta di piedi per baciarlo sulla bocca, mordendo a sangue.
Le dita corrono sotto i vestiti che vengono strattonati con gesti bruschi, l'equilibrio dei loro corpi avvinghiati quasi si perde nel breve tratto che separa i due ragazzi dal sostegno di una parete o una porta chiusa che può essere quella della camera di Jason, o quella della cucina, del bagno o della soffitta. Non importa, non importa mai. È solo necessario spogliarsi in fretta, il minimo indispensabile per fare quello che devono.
I jeans slacciati e abbassati in un colpo assieme ai boxer, la gonna alzata oltre le cosce magre. La mano piccola di Alison attorno all'erezione dura di Jason e le dita di lui, appena ruvide sui polpastrelli, affondate nelle sue mutandine, a violarle l'intimità bagnata e caldissima.
Si strofinano l'uno all'altra quasi volessero nascondersi da loro stessi - lingua, bocca e denti a reprimere i gemiti - e quando vengono è un sollievo che non basta mai, una tregua impossibile che dura sempre, infinitamente troppo poco.
Non si guardano in faccia, dopo, quando Ali si ripulisce il palmo sulla maglietta sudata di Jason - e ridicolo a dirsi, lui non protesta nemmeno, restando immobile.
Alison si allontana, le guance accese da un rossore colpevole, le caviglie malferme.
Non si volta indietro, ma sente gli occhi di suo fratello su di sé anche quando raggiunge la propria stanza e vi si rifugia.
Nel buio, con la faccia premuta sul cuscino, ingoia ogni lacrima obbligandosi a non piangere, ripetendosi di odiare Jason, sicura che in quell'istante lui stia facendo lo stesso.