Kàva Kàva Kàva

Sep 26, 2009 06:31



Dedico questo frammento alla mia co-autrice, senza la quale la storia di Muro contro Muro nemmeno esisterebbe, perché sarebbe rimasta solo una bozza mentale.
Gliela dedico perché il 4 settembre è stato il suo compleanno e per colpa dei miei esami ancora non ci siamo potute vedere, per permettermi di darle un regalo vero.
Ma soprattutto te la dedico, Tesora, perché sei ormai parte di ciò che consedero più sacro e caro, un'amica.



Piazza Venceslao di notte,
Praga.

E' un frammento, si colloca in una parte non meglio precisata di Muro contro Muro, ma non fa riferimenti degni di nota alla trama portante.
Grazie di tutto Tesora.

Kàva Kàva Kàva

Praga non ha un gran numero di Cafè di cui potersi far vanto, alcuni di questi tuttavia sono davvero notevoli e rinomati. Il "Kavárna Obecní dům" ha specchi e splendidi lampadari di cristallo col suo stile Art Nouveau, il "Cafè Slavia" si trova proprio di fronte al Teatro Nazionale, tutto rimodernizzato in Art Deco.

E poi naturalmente c’è il "Cafè Milena", che porta il nome della donna amata da Kafka, in suo onore, offre una bellissima vista dell’orologio astronomico. Questi tre Cafè vengono riportati in ogni guida turistica che si rispetti e sono l’orgoglio della città.

Il "Kàva Kàva Kàva" invece è un piccolo Cafè, un locale informale e modesto, dagli spazi ristretti, i tavolini piccoli e tondi non abbastanza distanti tra loro per garantire intimità; al soffitto non ha lampadari vistosi, né vetrine che attirino i passanti, non ha uno stile che lo definisca nettamente.

Si potrebbe definire come il locale di Praga che per antonomasia rappresenta il contrario del tipico Gusto-Viljani. La sua figura tra quei tavoli è fuori posto, spicca così disgiunta da tutto il resto che lo circonda.

Ma non è per una banale voglia d’evasione che ad Enack capita di tanto in tanto di rintanarsi in quel locale, il "Kàva Kàva Kàva" offre qualità di caffè provenienti da tutto il mondo. Questo fa di lui l’unico locale dove Enack possa bere un autentico caffè proveniente dal suo paese.

E dopo le prime volte non ci sono più state occhiate perplesse, o imbarazzo per il suo vestiario elegante e i suoi silenzi poco socievoli.

Il "Kàva Kàva Kàva" si trova in un intreccio di Pasáž, passaggi, una rete di piccole strade che portano a Piazza Venceslao; non è che sia una bettola sconosciuta, è soltanto un posto da intenditori, da veri praghesi.

La differenza che corre tra il gusto di un turista in visita e un cittadino.

Viljani siede nell’angolo più lontano dall’ingresso, per evitare fastidiosi refoli di vento e neve, e per avere le spalle contro il muro, retaggio di una vita passata a doversi guardare dal mondo. Ma ora le spalle sono rilassate, poggiano contro l’intonaco appena più chiaro del maglione che indossa, un morbido color crema che gli fascia il busto e fa risaltare le punte dei suoi capelli che lo sfiorano sulla nuca e i suoi tratti scuri.

Un contrasto che riassume tutta la sua fredda rigorosità di uomo d’affari e la sua calda sensibilità di pianista. Enack ama suonare Chopin e sentirsi cullato dal suo romanticismo, ma sa che niente è in grado di rappresentarlo come i virtuosismi e i guizzi di salita e discesa delle note di Sergej Prokofiev.

Sono le dieci e il Cafè sta per chiudere, oltre a lui solo un altro tavolo è occupato da una coppia di ragazze che di sottecchi gli sorridono e poi si sorridono tra loro. Una delle due è più che carina, se a lui interessassero le donne non esiterebbe a definirla bella.

Con un leggero sorriso condiscendente ad increspargli le labbra ricambia il loro sguardo e si alza passando loro accanto, sfilando in modo amabile tra i tavoli.

Ad Enack capita sempre più raramente di riuscire a ritagliare esclusivamente per se stesso del tempo, tempo da perdere, in cui non fare niente di economicamente utile.

Le notti di Praga, appena arrivato in città anni prima, lo avevano dapprima annoiato e depresso; avevano significato ricevimenti al fianco di Aleksy e scopate.

La prima volta che aveva potuto girare così, a tempo perso, era stato per una fuga dal suo "padrone", che ben lungi dall’essersi finalmente deciso ad allungargli il giunzaglio, si era semplicemente distratto.

Al suo ritorno, infreddolito e soddisfatto, Aleksy lo aveva perfino schiaffeggiato; ma il ricordo vivido della magia che Enack aveva trovato perdendosi tra i vicoli, i profumi della Moldava, i colori e i suoni della vita notturna, erano stati un balsamo sulla pelle arrossata da quello schiaffo.

Di notte Piazza Venceslao si bagna di luci dorate, e la neve fa brillare la strada come fosse una lastra unica di ghiaccio, tutto è oro e argento anche la statua equestre, di fronte a cui si apre proprio la stradina di Pasáž Platýz.

I giardini sono completamente nascosti, è ricoperta di neve anche la targa delle vittime del comunismo, alcune rose vi giacciono accanto. Poetico omaggio.

E il pensiero di Enack viaggia del tutto istintivamente, fino alle due lastre di marmo che riposano uno accanto all’altra nel cimitero di Istanbul.

Ogni giorno Khalid porta diligentemente in sua vece fiori freschi, come lui non farebbe neppure stando lì.

Le tombe sono un simbolo, un conforto dei vivi che hanno bisogno di toccare anche il ricordo di chi non c’è più. Ma sua madre Enack la omaggia ogni volta che accarezza l’avorio dei tasti bianchi e neri del pianoforte, e anche suo padre rivive in lui ogni volta che stringe una mano e firma un assegno.

Dalla bocca una nuvola di condensa sboccia e appassisce, il cellulare vibra nella tasca del cappotto e la notte di Praga si annulla nel suo ronzio insistente.

personaggi: enack viljani, frammenti

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