Titolo: And if you're gonna fight then you're just dying to be killed
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: Jim Moriarty (menzione di Sebastian Moran)
Betareader:
mikamikarin Rating: R
Avvertimenti: Wank wank wank \o\
Conteggio parole: 1089 (
fiumidiparole )
Riassunto: La mano sul suo fianco si solleva per piegarsi in un pugno, lasciando l’indice libero di sfiorare il monitor lentamente. È un attimo, prima che il polpastrello prema con forza sul viso del consulente, una scarsa simulazione di ciò che accadrà tra poco tempo.
Si lecca le labbra, impaziente.
Note:
1. Scritta per il
mmom_italia <3
2. Due mesi fa ho fatto una tabellina delle fic che volevo scrivere per questo mese, perché il MMOM è il MMOM e ci piacerebba abbuco, scrivere tutte e 31 le fic. Non so se ci riuscirò, non ne sono convinta, ma sticazzi è l'arma della vita, quindi STICAZZI. Tentar non nuoce. *ride*
L’orologio che ticchetta nella parete in fondo riempie la stanza di un rumore inquietante, la bomba nel petto di un malcapitato passante nel bel mezzo di Piccadilly Circus. È passato tanto tempo dall’ultima volta che ha sentito un fremito così forte scuotergli tutto il corpo, in un susseguirsi di stimoli dati da un suo riflesso dall’altra parte della città.
Londra si appresta a sedersi a tavola, a mangiare fish and chips, a tentar di mandare giù un piatto di pasta colloso perché troppo cotto. Nessuno sospetta che qualcosa da un momento all’altro possa capovolgere la loro casa, e assieme ad essa la loro banale e inutile esistenza.
Effettivamente sarebbe divertente da vedere. Le telecamere gli danno una veduta così noiosa che un po’ di fuoco qua e là sicuramente non farebbe male.
Moriarty guarda i suoi topini ballare nello schermo, sospirando compiaciuto. Sa che un po’ gli dispiacerà vederlo saltare in aria assieme al suo cervello bellissimo, lui e il suo animaletto.
Ha fatto bene a conservare le scarpe di Carl Powers. Sapeva che sarebbero tornate utili al momento giusto; il fatto che abbia dovuto aspettare così tanto lo infastidisce un po’, ma in fondo può sempre far saltare in aria un palazzo, un ospedale, un orfanotrofio - in fondo che importa.
Sogghigna, avvicinando il naso allo schermo piatto appeso al muro, una gamba piegata sull’altra.
“Ah, Sherlock, Sherlock…”
La mano sul suo fianco si solleva per piegarsi in un pugno, lasciando l’indice libero di sfiorare il monitor lentamente. È un attimo, prima che il polpastrello prema con forza sul viso del consulente, una scarsa simulazione di ciò che accadrà tra poco tempo.
Si lecca le labbra, impaziente.
Sebastian gli rimprovera sempre di non saper aspettare, ma stavolta sta andando con calma: sa benissimo che aspettare non porterà altro che giovamento. Chissà, forse poi lo lascerà andare, lo farà spaventare un po’, imprimerà nella sua testa che non lui non è un criminale da quattro soldi, no.
Lui ha in mano tutta Londra, e anche buona parte del resto del mondo.
Socchiude gli occhi, rilassandosi sulla poltrona di pelle nera. Nella sua mente si susseguono mille scenari apocalittici, pezzi di carne che volano, l’animaletto di Sherlock Holmes che urla per il dolore - nessuno dei due può permettersi una distrazione. Ma lui è buono e caritatevole, e aiuterà il suo nuovo compagno di giochi a liberarsi di un peso morto.
China indietro la testa, lasciando scivolare una mano lungo la coscia. Sente una piacevole tensione scorrergli nelle vene, che lo fa ridere, che gli fa ribollire il sangue. È l’eccitazione che non prova da anni, la noia che velocemente sparisce per lasciare spazio a una fibrillazione che lo manda in estasi.
La possibilità di fare a pezzi Sherlock Holmes è la cosa migliore che gli sia capitata nella vita.
Le dita risalgono l’inguine tamburellando, mentre il sorriso si stira sul volto prendendo una piega inquietante. Ritorna indietro con la mente a quando ha abbindolato Molly con un caffè alle due di notte per aiutarla a reggere il troppo lavoro, al sorriso buono che ha visto sul suo volto morbido e che sa sparirà nel giro di poche ore.
Che donna stupida.
Frega il palmo della mano sul cavallo dei pantaloni per qualche istante, prima che il rumore della cinghia tintinni nell’aria, liberando le sue orecchie dal ticchettio incessante per qualche secondo. Apre un occhio per guardare il monitor, in alto, affianco a quello più grande.
Non sa nemmeno il nome di quel pover’uomo. Questo rende il tutto ancora più divertente. La lingua umetta le labbra, ritornando poi dentro la bocca per lasciar spazio ad un gemito caldo. Si lascia andare appena sulla poltrona, aprendo le gambe per permettere alla sua mano di andare sotto la biancheria, senza staccare più gli occhi dallo schermo.
Si concentra sul viso di Sherlock, su quello del dottore che lo segue - riesce a leggere i suoi pensieri, a vedere la paura, l’orrore, l’eccitazione.
Non la stessa che sta provando lui in questo momento. Peccato.
La testa struscia contro la pelle nera, mentre la bocca si spalanca e libera un gemito osceno. Il pugno stretto attorno all’erezione accennata e via, a scorrere piano, a bagnarsi la mano del suo stesso piacere.
Vede Sherlock riverso a terra, Sherlock che perde sangue, Sherlock senza arti, con la testa aperta e il suo prezioso cervello sparso sul pavimento. Gli piace da morire. Ghigna, inarcando la schiena, mentre un dito sfrega contro la punta e provoca scosse forti di piacere. Immagina gli scenari peggiori, pensa di averlo nudo come un verme e ricoperto del sangue del suo cane sotto la scrivania, che gli prende il cazzo in bocca controvoglia e lo succhia perché non può fare altro, perché quello è l’ultima grazia che Jim Moriarty gli concede prima di levare le cuoia per sempre e lasciarlo libero di infettare il mondo a suo piacimento.
Vuole umiliarlo, smontarlo pezzo per pezzo, distruggerlo. Vuole sentirlo gridare pietà, vederlo contorcersi per il dolore.
Vuole averne assoluto controllo, non può accontentarsi di giocare e basta.
La mano si muove veloce, mentre quella libera stringe il bracciolo nero e la sua schiena si flette in avanti. Lo sente diventare più grosso, tremare appena tra le sue dita. Stringe gli occhi e vede Sherlock sporco del suo sperma, mentre con le unghie si apre le braccia e si lascia morire per la disperazione.
Non gli dispiacerebbe, una soluzione simile.
Spalanca la bocca e grida con forza, accelerando il ritmo, il bacino che segue la mano rimbalzando contro il sedile. Ride, ride fortissimo e geme oscenità, finché finalmente il respiro non si mozza e le sue spalle tremano, assieme alla pancia.
Dovrà aggiungere al conto di Sherlock la macchia sui suoi preziosi pantaloni Westwood. Poi ne farà comprare un altro paio da Seb.
Viene a fiotti nella sua mano, la bocca che si riempie di imprecazioni sussurrate a bassa voce. Osserva il suo seme colargli tra le dita, e sorride compiaciuto quando, alzando lo sguardo, Sherlock lo sta guardando attraverso il monitor, mentre le dita si muovono veloci sulla tastiera del laptop del dottor Watson.
Una replica al suo thread.
Sospira, rilassandosi nuovamente contro la poltrona. In fondo alla stanza, una porta si apre e cigola fastidiosamente.
“Sei arrivato troppo tardi, Seb.” sussurra Jim, ruotando la sedia verso il suo braccio destro, la mano davanti alla bocca che viene ripulita piano con la lingua. “Ma giusto in tempo per andare a prendere Johnny. Ho bisogno di fare una chiacchieratina con lui.”
Un cenno della testa e Sebastian è già sparito, ennesima marionetta nelle sue mani.
Il suo cuore batte ancora forte, in attesa che il suo show possa cominciare.