Steakhouse Targaryen

Jun 24, 2012 14:36

TITOLO: Steakhouse Targaryen
AUTORE: Mizar19
PERSONAGGI/PAIRING: Daenerys Targaryen/Doreah
GENERE: Parodia, Romantico
AVVERTIMENTI: Femslash, AU
RATING: Giallo
PERSONAGGIO SCELTO: Rhaegar Targaryen

Questa storia partecipa all’iniziativa Tabelle permanenti di agameoffanfic

Questa... ehm, cosa è dedicata alla mia bellissima Doreah ♥



STEAKHOUSE TARGARYEN

Capitolo Primo

Steakhouse Targaryen sorgeva alla periferia di una città arida e rovente nel sud degli Stati Uniti. L’edificio era stato acquistato dal primo Targaryen sbarcato su quei lidi, Aegon, che si meritò l’appellativo di Conquistatore grazie al suo straordinario fiuto per gli affari che nel giro di pochissimo tempo l’aveva portato a piegare l’intera concorrenza. La storica Steakhouse era stata ereditata Targaryen dopo Targaryen per generazioni, fino a giungere nelle mani di Aerys, che nel lasso di tempo trascorso seduto sulla rigida poltrona del capo era riuscito a portarla sull’orlo della rovina.
Per fortuna i suoi tre figli erano di tutt’altra pasta: Rhaegar era il maggiore, lunga e fluente chioma biondo platino, faceva saltare bistecche sulla fiamma tutto il giorno e pareva non risentire del calore, infatti era sempre fresco e profumato come una rosa; Viserys, il figlio di mezzo, fondamentalmente non faceva nulla, ma a suo dire si occupava della coordinazione, perché “un vero drago non si sporca le mani”; infine, la giovane Daenerys, bella e apparentemente delicata, correva dalla sala alla cucina, assicurandosi che i loro clienti ricevessero le rispettive ordinazioni.
Per rendere il padre inoffensivo e prendere tra le mani le redini della Steakhouse, lo avevano relegato nei loro appartamenti al piano superiore del locale, piazzandogli tra le mani - dalle unghie incredibilmente lunghe e abbastanza disgustose - una lunghissima e avvincente saga fantasy ad alto tasso di mortalità che stava impegnando tutte le sue energie e sfogando le sue manie di grandezza, così i tre ragazzi potevano agire indisturbati.
Avevano appena attuato un piano di lavoro per riportare soldi nelle loro tasche: anzitutto, Rhaegar, con l’aiuto di alcuni amici fidati tra cui l’anziano ma energico Barristan Selmy, aveva ristrutturato l’interno del locale rendendolo più adeguato al contesto: ora le pareti erano rosso fuoco, il mobilio di legno scuro e grezzo, e l’insegna decorata da un imponente drago nero che sputava fuoco dalle mandibole possenti; Viserys si era occupato personalmente delle assunzioni, ricevendo gli aspiranti lavoratori e valutandone le competenze, mentre Daenerys aveva fatto una pubblicità spropositata alla serata d’inaugurazione che si sarebbe tenuta nel giro di qualche giorno: dovevano festeggiare la nuova riapertura, perché - anche se non ancora legalmente - ora tre nuovi Targaryen avevano ereditato la Steakhouse.

«Vediamo un po’ le nuove reclute», stabilì Rhaegar scrollandosi la scintillante chioma per poi fissare attentamente le tre persone in piedi di fronte a lui; alle loro spalle, Viserys sfoggiava un sorrisetto compiaciuto, ritto come un fuso.
«Jorah Mormont, sarò il suo aiuto-cuoco», si presentò l’uomo sulla quarantina, sfregandosi la barba corta e pungente.
«Io sono Doreah, mi occuperò della sala con Daenerys», parlò la ragazza dai lunghi capelli castani. Doveva avere più o meno l’età della giovane Targaryen, ma sembrava molto più adulta.
«No», disse la terza persona: era l’essere più imponente che Rhaegar avesse mai visto, con pettorali che parevano esplodere da un secondo all’altro, barba e capelli lunghissimi e folti, sguardo truce e mani che avrebbero potuto facilmente strozzare un toro.
«È l’unica parola che conosci?», domandò Daenerys osservandolo terrorizzata: si sentiva spogliare con lo sguardo da quel possente uomo.
«No», replicò lui reclinando il capo lateralmente.
«È nuovo della zona ma lo vedo bene in cucina. Da cosa ho capito è specializzato in carne equina», spiegò Viserys a beneficio dei consanguinei.
Rhaegar consegnò loro le divise - polo nere decorate sulla schiena da un drago a tre teste, munite di targhette identificative applicate sul petto - poi si occupò di mostrare loro la cucina, la dispensa e tutti i luoghi che era necessario conoscessero.
Viserys si voltò verso la sorella minore, le braccia aperte e il sorriso obliquo: «Vedrai che sarà un successo».
«Io… io ho paura dell’uomo-no, è grosso… mi guarda in modo strano…», balbettò Daenerys a disagio.
Il fratello contrasse gli avambracci, incrociandoli, poi la fissò con sguardo duro: «Dany, dolce sorella, io sarei disposto a portare centinai di altri Drogo e lasciare che ti guardino come gli pare e piace se questo farà volare in alto la nostra Steakhouse. Intesi?», sibilò.
«D-drogo?»
«L’uomo-no», sbuffò Viserys. «E ora vai a renderti utile».
Daenerys non se lo fece ripetere due volte e zampettò in cucina; liberò un sospiro di sollievo una volta lontana dallo sguardo sadico di suo fratello. Talvolta, lei e Rhaegar temevano che il seme di loro padre fosse eccessivamente forte in lui. Come quando, poco tempo prima, lui le aveva afferrato i capezzoli e glieli aveva torti con così tanta forza che le erano salite le lacrime agli occhi: a suo dire, lei l’aveva deluso servendo salsa barbecue ad un tavolo che aveva espressamente chiesto la maionese.
«Tutto bene?», domandò sorridendo la nuova ragazza assunta, sbucata improvvisamente davanti a lei.
Daenerys si scrollò di dosso i funesti pensieri sul fratello: «Sì, tutto bene! Hai… hai già visto la cucina?».
«No!»
«Allora vieni, ti faccio fare un giro!», sentenziò la giovane Targaryen prendendola sottobraccio e trascinandola verso il grill, che Rhaegar amava chiamare con affetto Sputafuoco.

Daenerys Targaryen conosceva perfettamente il temperamento del primogenito: poteva apparire delicato e quasi femmineo nei modi di fare - soprattutto quando si arrampicava sul tetto per suonare la sua arpa dalle corde argentate al chiaro di luna - ma nessuno poteva negare la sua prorompente eterosessualità quando si trattava della sua ragazza. Rhaegar sgusciava nella casa dei vicini regolarmente, intrufolandosi attraverso la finestra aperta della stanza della giovane Lyanna: la giovane Stark non opponeva alcuna resistenza a questa storia clandestina, nonostante fosse fidanzata con un tizio noto soprattutto per il suo martello distruttore, che estraeva impietoso per massacrare chiunque lo infastidisse. Daenerys sapeva che suo fratello stava giocando con il fuoco, ma per loro Targaryen era un’attività quasi piacevole. Insomma, Lyanna se ne stava lascivamente stravaccata sul bancone della Steakhouse nonostante l’orario di chiusura fosse stato superato da un pezzo, e il baldo Targaryen la riempiva di moine dall’altra parte del mobile. Daenerys li osservava attraverso la ringhiera, appollaiata sulla scala che portava ai loro appartamenti, scuotendo la testa: si sarebbe cacciato in un guaio enorme, probabilmente trascinando in mezzo tutta la famiglia e il loro locale. Viserys era andato a dormire, perché il drago ha bisogno di riposare almeno dieci ore a notte per mantenersi bello e vigoroso, ma lei vagava pensierosa per il piano superiore.
Jorah era un uomo simpatico, sembrava molto sincero e protettivo verso di loro, quasi un padre; Drogo continuava a terrorizzarla, soprattutto la nonchalance con cui maneggiava la mannaia, affettando quintali di carne con colpi netti e puliti; Doreah, invece, la rassicurava, probabilmente perché anche lei era una ragazza.
«Mmh… pensavo che potremmo andare a fare un picnic alla Torre della Gioia, è un posto così romantico…», stava mormorando Rhaegar, carezzando il collo di Lyanna; lei emise un risolino imbarazzato.
«Lo sai che all’aperto non possiamo».
Daenerys aveva sentito abbastanza, decise di riguadagnare la sua stanza prima di vomitare melassa. Si sarebbe cacciato nei guai, ne era certa. Chiuse con attenzione la porta, non voleva di sicuro svegliare il drago nella stanza accanto.



Capitolo Secondo

«Sbrigati, sorella, il tavolo quattro sta aspettando! E lo sai che ai Lannister non piace aspettare!», stava sibilando suo fratello, il labbro superiore imperlato di sudore. Daenerys strabuzzò gli occhi quando il vassoio che reggeva venne caricato fino all’inverosimile, poi si precipitò dai clienti: i Lannister erano schifosamente ricchi, tanto da possedere almeno la metà  delle attività del paese; mai contraddirli, avevano le mani ovunque e agganci con chiunque contasse qualcosa.
«Signore, la sua grigliata mista», disse la ragazza con tono ossequioso, posando davanti al capofamiglia la sua ordinazione. Tywin Lannister la squadrò con sospetto, prima di affondarvi forchetta e coltello. «Salsiccia con piselli per la signora…», mormorò in direzione di Cersei, figlia primogenita - come lei amava sottolineare, nonostante lo fosse per una manciata di minuti rispetto al fratello gemello Jaime - «…e braciole ben cotte per il signore». Daenerys posò lo sguardo sull’ultimogenito di Tywin Lannister: nonostante fosse biondo come il resto della famiglia, Tyrion contrastava nettamente con le austere bellezze dei suoi parenti, non solo per il nanismo che lo affliggeva, ma anche per la totale assenza di armonia nel suo volto. A Daenerys non piaceva fissarlo troppo a lungo, la metteva a disagio. «Hamburger al sangue con pancetta e patatine per il signore», disse rapidamente posando il piatto di fronte a Tyrion; finalmente libera, fuggì nuovamente in cucina.
«Stai poltrendo, dolce sorella?», sibilò Viserys, comparso in quel momento dalla dispensa, reggendo un barattolo di pepe nero tra le mani.
Daenerys scosse la testa, precipitandosi immediatamente da Jorah Mormont, che stava friggendo melanzane accanto a Sputafuoco.
«Le ordinazioni dei Bolton», le disse accennando al vassoio che aveva appena caricato. Daenerys sospirò, annuendo.
«Lascia, ci penso io», sorrise indulgente Doreah, togliendoglielo dalle braccia. «I Bolton sono una coppia inquietante, lascia che ci vada io, tu occupati dei Reed».
«Grazie, sei molto gentile!», sorrise Daenerys, sorpresa. Lasciò che Doreah si dirigesse al tavolo del signor Bolton e di quel suo strano figlio, Ramsay. Si raccontavano cose inquietanti su di lui: i più temerari osavano sostenere che nascondesse una colonia di gatti scuoiati nello scantinato di casa, ma nessuno si sarebbe mai fatto udire dal diretto interessato. Viserys era l’unico a non curarsene, criticando apertamente la mancanza di regalità del ragazzo, infatti Daenerys aveva udito spesso Ramsay Bolton parlare del futuro paio di stivali in pelle di drago che avrebbe sfoggiato.
Una volta servite le rane arrosto con contorno di carote e cipolle al tavolo dei Reed, rientrò in cucina per consegnare l’ordinazione successiva.

«Lascia che l’hamburger prenda colore, così… sì, così, vedi?». Rhaegar stava condividendo la sua esperienza ai fornelli con Drogo, che sorrideva compiaciuto osservando famelico la carne che cuoceva.  
«No», annuì leccandosi i baffi. Il primogenito Targaryen ormai non faceva più caso alle sue risposte: nonostante negasse, quell’uomo capiva tutto e assimilava prontamente.
«Viserys, portami le pentole pulite!», esclamò rivolto al fratello, indicandogli la loro locazione. Il ragazzo si avvicinò al mobile e portò le pentole al fratello, una per volta.
«Viserys, potresti muoverti?!», sbuffò Rhaegar irritato.
«Non vorrai svegliaro il drago, vero?»
Rhaegar si limitò ad attendere che il fratello gli portasse anche l’ultima pentola: ormai sapeva che era inutile discutere con lui quando si impuntava su qualcosa, meglio lasciarlo sproloquiare, soprattutto se tirava in mezzo i draghi. Lanciò un’occhiata alla sala mentre versava un goccio d’olio in una padella: la famiglia Stark al completo aveva appena fatto il suo ingresso, sul suo volto si disegnò un sorriso ebete non appena scorse la bella Lyanna, sorella minore del signor Stark.
Daenerys intercettò subito lo sguardo trasognato del fratello maggiore e, occhi sollevati al cielo in segno di disappunto, si avvicinò alla famiglia.
«Un tavolo per otto», disse la signora Stark sorridendo cortesemente.
«Otto? Ma noi siamo…», tentò di protestare Jon Snow, figlio illegittimo del signor Stark. Correvano molte voci in città sull’identità della madre del ragazzo: alcuni sostenevano che fosse la pescivendola all’angolo con Vicolo Porto Bianco, altri che si trattasse della snob aristocratica del terzo piano di Palazzo Ashara, altri ancora sostenevano che in realtà fosse figlio di Lyanna e di Rhaegar, adottato dal signor Stark per non macchiare l’onore della sorella, ma questo per Daenerys non aveva molto senso.
«Taci», sibilò Catelyn Stark, alla nascita Catelyn Tully.
«Ma…!», squittì il ragazzo.
«Un tavolo per otto, bambina, possibilmente in un angolo del locale con il pavimento bello duro», sorrise serafica la donna. Daenerys annuì con accondiscendenza e li guidò verso il fondo della sala. Dopo aver annotato le loro ordinazioni senza troppa difficoltà (l’intera famiglia Stark ordinava immancabilmente il carpaccio di lupo con grana di Alto Giardino e rucola, eccezion fatta per Jon Snow, a cui toccava spolpare il midollo degli ossibuchi avanzati da Varys e Petyr Baelish, clienti abituali che si muovevano silenziosi e indisturbati come ombre tra le alte sfere della città), la ragazza rientrò in cucina e appiccicò il foglio sotto al naso del fratello.
«Lyanna adorerà questo carpaccio», gongolò Rhaegar precipitandosi sugli ingredienti.
«Rhaegar, c’è suo fratello con la moglie e i figli, non mi pare il caso che tu faccia qualche sciocchezza», lo redarguì Daenerys.
«Cosa sono tutte queste chiacchiere?! State indisponendo il drago», s’intromise Viserys battendo le mani due volte per attirare la loro attenzione e convogliarla nuovamente nel lavoro.
«No», disse Drogo, apparendo all’improvviso dietro di lui e sovrastandolo come una sequoia farebbe con una siepe di bosso; gli poggiò una mano delle dimensioni di una bistecchiera su una spalla, poi ripeté l’unica parola che era apparentemente in grado di pronunciare.
«Tu, selvaggio dei cavalli, torna al lavoro! Come osi toccarmi!», strepitò Viserys dimenandosi per sottrarsi alla sua presa.
«Ragazzi, abbiamo ancora dei tavoli da servire! Cosa state combinando?», domandò perplessa Doreah, entrata in cucina in quel preciso momento.
«Il selvaggio…», stava iniziando nuovamente a strepitare Viserys, ma Rhaegar lo afferrò per un’orecchia e lo trascinò fino al bancone in ferro - che ovviamente era il suo trono - da cui usava impartire ordini e criticare i dipendenti; lì seduto, Viserys rimase a leccarsi le ferite lanciando sguardi d’odio ai presenti.

Daenerys sedeva in disparte, attenta a non disturbare il fratello che suonava l’arpa osservando la tonda luna pallida che si stagliava nitida sopra di loro; lui non s’era nemmeno accorto della quieta presenza della sorella, assorbito com’era dalla melodia che stava generando. La ragazza si rannicchiò, poggiando la schiena contro il comignolo e chiuse gli occhi per qualche minuto. Quando li riaprì non era sola: una figura femminile chiaramente riconoscibile nel livore lunare sedeva di fronte a lei.
«Doreah?», sussurrò Daenerys spalancando i grandi occhi chiari, sorpresa di trovarla lì. «Non dovresti essere a casa tua?»
«Sì, ma ora sono qua», sorrise lei sollevando le spalle. Doreah sorrideva sempre. «Tu come mai non stai dormendo?»
Daenerys tornò ad osservare la luna: «Perché mi piace stare quassù quando mio fratello suona l’arpa… mi piace la luna, è così bella, così… misteriosa»
«Un mercante di Qarth mi disse che la luna è un uovo, Dany, e che una volta nel cielo c’erano due lune, ma una si avvicinò troppo al sole e il calore la mandò in pezzi: ne uscirono fuori migliaia e migliaia di draghi che bevvero il fuoco del sole», mormorò Doreah, osservando l’unica luna rimasta nel cielo.
«Come mai un mercante avrebbe dovuto raccontarti una storia simile?»
«Agli uomini piace parlare quando sono felici. Prima di essere assunta qui, farli felici era il mio lavoro…»
«Tu eri…»
«Io sono originaria di Lys, Dany, e tu sai cosa abbiamo di rinomato laggiù», sorrise lei scrollando le spalle. «Non l’ho scelto, sono semplicemente stata… venduta».
Daenerys tentò di alleggerire la tensione: «A mio fratello piacerebbe sentirti parlare di draghi, ha una specie di… fetish». Doreah dovette premersi una mano sulla bocca per contenere le risate.
«Non è il caso, davvero, non penso che gli interesserebbero queste storie sciocche».
Daenerys provò improvvisamente una sorta di pietà mista ad ammirazione per quella ragazzina la cui adolescenza era finita troppo in fretta, ma aveva comunque saputo di non doversi arrendere. Ed ora eccole lì, assieme, sedute sul tetto di Steakhouse Targaryen, i volti argentati sotto la luce della luna.
Daenerys allungò una mano per stringere quella di Doreah.



Capitolo Terzo

«Papà, la colazione», chiamò Daenerys arrampicatasi fino alla soffitta con latte, cereali, marmellata, pane e succo di frutta: non facevano mancare nulla a loro padre per mantenerlo soddisfatto e pacifico.
Un uomo invecchiato prematuramente sedeva su una poltrona imbottita, illuminato dalla luce della finestra e da una abat-jour; stringeva tra le mani un voluminoso libro rilegato e lo fissava al contempo con bramosia e terrore. I lunghi e crespi capelli argentati si facevano sempre più radi, le occhiaie sotto agli occhi sempre più profonde e violacee, per non parlare dei cisposi occhi violetti che facevano capolino tra palpebre pesanti.
«Figliola…», esalò sollevando il naso adunco dalle pagine.
Daenerys gli si avvicinò lentamente, posando il vassoio carico di prelibatezze sul tavolino in legno di fronte alla poltrona. «Ecco qua, serviti pure. Come procede la lettura?», domandò cortese la ragazza, allontanandosi di qualche passo.
«Daenerys… perché gli dei hanno deciso di punirmi concedendomi dei sentimenti?», piagnucolò scuotendo appena il volume che aveve in grembo.
«Mi dispiace, padre, spero che proseguendo si faccia sempre più avvincente…»
«Lo è, lo è fin troppo! Ma perché i miei personaggi preferiti devono morire uno dopo l’altro?», si lamentò afferrando una manciata di cereali e cacciandoseli in bocca. «Io sono traumatizzato, figliola…»
«Sono costernata, padre…». Per un istante, Daenerys temette che Aerys Targaryen avrebbe interrotto la sua lettura e sarebbe tornato al piano inferiore a impartire folli ordini. Come quando ordinò di dare fuoco a tutti i ristoranti della città.
«Ma ora lasciami, figliola, nonostante io soffra come mai in vita mia non posso smettere di leggere, è così… intrigante!», esclamò per poi sorseggiare compiaciuto il succo di frutta. Daenerys lo osservò per alcuni istanti, ma lui parve non essersi nemmeno accorto la sua ultimogenita fosse ancora lì, accanto a lui.
Scesa al piano di sotto, trovò il buon vecchio Barristan Selmy intento a confabulare con Rhaegar. Sapeva che stavano studiando qualche mossa commerciale per la grande inaugurazione, che si sarebbe tenuta sabato sera: avrebbero ufficialmente riaperto il locale annunciandone la nuova gestione. Già in quei giorni i vecchi clienti stavano tornando, rassicurati dall’assenza di Aerys Targaryen, ma ancora non avevano recuperato le perdite.
«Drogo!», chiamò improvvisamente Rhaegar, il capo rivolto alle cucine e una mano attorno alla bocca per incanalare il suono.
«No!», esclamò quello di rimando. S’avvertì distintamente un clangore di pentolame, poi il ruggito del drago.
«Stupido selvaggio! Guarda cosa hai combinato!», strillò Viserys.
«Suvvia, non è successo nulla…», tentò di arginare Jorah Mormont, accorrendo con uno straccio bianco pulito.
«Nulla. Tu questo lo chiami nulla?! Stupido cavaliere esiliato, pensavo avessi bisogno di quei soldi! Ti pago per prenderti gioco del drago?!», ruggì Viserys, allontanando l’uomo e la sua offerta d’aiuto.
«Cosa…?», domandò Daenerys perplessa.
«Me la pagherete tutti quanti», sibilò il ragazzo, poi lui e la patacca d’unto sulla sua casacca nera e rossa uscirono dalla stanza e si ritirarono al piano superiore.
«Dovrebbe indossare il grembiule quando sosta in cucina», fece notare Doreah scuotendo il capo.
«Un drago non indossa l’uniforme», lo scimmiottò Rhaegar scuotendo la testa.  «Gente, dimentichiamoci quello che è appena successo, ora ho bisogno di voi. Come ben sapete siamo in fase di grande riapertura e voglio che i nostri affari inizino immediatamente con venti favorevoli. Vi assegnerò dei compiti e mi aspetto il massimo da ciascuno di voi. I Targaryen non possono recuperare il loro trono di gloria da soli, siamo abbastanza umili per ammetterlo, e abbastanza lontani dalle orecchie di Viserys. Drogo, tu dovrai recuperare tramite le tue conoscenze una serie di oggetti che potremmo esporre per amplificare l’atmosfera e renderla più suggestiva: i tuoi amici dei cavalli potrebbero darti vecchie selle, ferri di cavallo rovinati, magari qualche balla di fieno… Tutto ciò che tu reputi possa dare un tocco in più al nostro locale. Jorah, voglio che tu e Barristan Selmy terminiate i lavori di ritinteggiatura esterna, l’edificio deve essere smagliante e pulito, di una forte tonalità color legno scuro. Là potrete trovare l’occorrente. Doreah e Daenerys, voglio che voi spiate», disse Rhaegar con un enorme sorriso sadico.
«S-scusa?», domandò perplessa Daenerys, che non era molto sicura d’aver capito.
«Dovrete gironzolare per la città osservando i nostri clienti abituali - nonché i potenziali clienti, a cui distribuirete questi volantini… ecco, prendeteli - l’obiettivo è scoprire i loro piatti preferiti, le combinazioni alimentari che bramano, cosa si aspettano di trovare su un letto di fresca insalata… Mi sono spiegato?»
Doreah annuì, entusiasta di poter uscire dal locale per farsi un po’ di affari altrui.
«Tu cosa farai?», domandò Daenerys dividendo a metà la pila di volantini.
«Io progetterò i nuovi menù e terrò sotto controllo Viserys», spiegò Rhaegar scrollando le spalle. «Mi pare che tutto sia chiaro. Forza, al lavoro!»
Ognuno si diresse dove la sua nuova occupazione richiedeva.

«Non ti senti un po’… ladra?», domandò preoccupata Daenerys, mentre sgusciavano silenziose nel giardino di Castel Granito, la dimora dei Lannister. Non era un vero castello, ma una magione sfarzosissima: era risaputo che i loro abitanti avessero lievi tendenze megalomani.
«Suvvia, stiamo solo osservando, mica li svaligiamo!», rise Doreah sollevando i volantini rosso fuoco all’altezza del suo bel viso e scuotendoli, come per ricordare a Daenerys le loro ottime intenzioni.
«Mh, non mi pare ci sia qualcuno in casa…», constatò Daenerys sottovoce, osservando da vicino le finestre al pianterreno. Poteva intravedere un ricco salotto decorato con tessuti barocchi e preziosi soprammobili, per metà tradizionali e classici, per metà estrosi ed esotici, probabilmente acquistati durante i viaggi familiari alle Isole dell’Estate.
«Cosa capiamo della famiglia Lannister?», domandò Doreah estraendo un foglietto stropicciato e una biro dalla tasca dei bermuda.
«Che pagano sempre i loro debiti?»
Doreah sospirò, per poi darle due pacche affettuose sulla schiena. «Quello è solo un adagio che si è incollato a questi ricconi. Noi dobbiamo indagare nel loro privato, dobbiamo scoprire i loro desideri più turpi!»
«Questo non è voyeurismo? O si chiama stalking?»
«Lascia perdere. Sai arrampicarti?», domandò Doreah riponendo ciò che aveva estratto poco prima nella tasca dei bermuda.
«Cosa stai pensando di fare?». Daenerys sembrava preoccupata.
«Questa grondaia mi sembra molto solida… direi di farci un giretto panoramico ai piani superiori!», propose Doreah, saggiandone l’effettiva resistenza con entrambe le mani. «Prima tu, ti guardo le spalle», la invitò.
Daenerys deglutì, poi si convinse che era per il locale, per il bene della sua famiglia… Iniziò la scalata senza esitare, reggendosi con forza alla grondaia; Doreah la seguì non appena ebbe lo spazio fisico per poterlo fare. Quando Daenerys raggiunse il secondo piano si bloccò di colpo.
«Madre dei draghi…», mormorò sconvolta, gli occhi fissi all’interno della casa.
«Che c’è? Che succede, Dany?!», mormorò Doreah concitata, solleticandole una caviglia.
«No, penso di… magari sto… fraintendendo. Dovremmo andarcene», esalò Daenerys il volto paralizzato in una smorfia disgustata. Eppure era difficile fraintendere: Cersei Lannister se ne stava a quattro zampe per terra, appoggiata - anzi, aggrappata - ad un barocco tavolino marmoreo, l’elegante vestito dorato sollevato fino alla vita e le cosce strette nelle autoreggenti; dietro di lei, le mani serrate attorno al suo bacino, si dimenava compiaciuto suo fratello gemello Jaime, con quell’aria da principe azzurro e i capelli perfettamente pettinati con la riga a metà. I dorati gemelli Lannister durante l’amplesso ruggivano come leoni, se non peggio.
«Daenerys…!»
«Stanno facendo sesso!», sussurrò scandalizzata. Non aveva mai avuto esperienze personali - la giovane Targaryen era ancora candida e immacolata - ma era grande abbastanza da sapere come si faceva.
«Chi?!»
«I gemelli, Cersei e Jaime!», piagnucolò Daenerys. Voleva scendere immediatamente da quella grondaia. E se le avessero viste? Non poteva nemmeno pensarci: si diceva che Jaime Lannister del principe azzurro avesse solo il volto (e il pacco sorpresa, ma quella era una diceria che nessuno era in grado di confermare), il suo animo era nero e senza onore. Doreah ammise che forse non era il momento giusto per indagare sui Lannister di Castel Granito. Riguadagnarono il terreno ghiaioso sotto i piedi e abbandonarono la magione dal retro.
«Siamo al sicuro. Madre, che spavento…», mormorò Daenerys sollevando una mano e osservandola tremare. Lanciò un’occhiata verso la finestra incriminata e scorse una figura aggrappata all’esterno della facciata, qualche metro più in là rispetto ad essa.
«Chi è quello?», domandò sorpresa Doreah, strizzando gli occhi azzurri.
«È Bran Stark, uno dei figli del fratello di Lyanna, quello con il pallino dell’arrampicata. Non è una novità vederlo aggrappato ai cornicioni altrui», scrollò le spalle Daenerys, poi il suo pensiero tornò ai gemelli fornicatori e rabbrividì.
«Non dovremmo… avvertirlo?», domandò Doreah un tantino preoccupata.
«Bran se la caverà, non sarà così stupido da farsi beccare», scrollò le spalle la ragazza, per poi afferrare la mano di Doreah e trascinarla verso la loro prossima meta.

«Ricapitoliamo», sentenziò Daenerys sedendosi tra l’erba a gambe incrociate.
«Sui Greyjoy sappiamo che impazziscono per l’insalata di polpo, sui Tyrell abbiamo scoperto che il giovane Loras è ghiotto di testicoli di vitello al rosso di Dorne; poi abbiamo i Martell, pollo piccante e tante spezie, e infine i Manderly che mangiano… ehm, tutto», lesse Doreah.
«E i Lannister?»
«Ho annotato “ascolta il mio ruggito”». Entrambe scoppiarono a ridere.
«È stato un pomeriggio piacevole, ti ringrazio», disse Daenerys aprendo la bocca in un sorriso timido.
«Ci siamo avventurate nelle proprietà private, abbiamo scalato grondaie, attraversato fossati con i piranha - quei Greyjoy sono proprio fuori di testa - e strisciato tra aiuole di begonie…», elencò Doreah con aria divertita negli occhi, poi stampò un bacio sulla guancia dell’altra ragazza. «Forza, in piedi, è ora di tornare alla base!».



Capitolo quarto

Rhaegar se ne stava chino su un foglio stipato di scritte confuse, frecce e macchie d’inchiostro. Dietro la sua spalla destra sbucava l’elegante pizzetto di Drogo, che ruggiva nod’approvazione ad ogni pié sospinto.
Stavano elaborando un menù che potesse soddisfare tutti i clienti che sarebbero accorsi all’inaugurazione della nuova gestione, cioè più o meno tutte le famiglie più importanti della città: grazie all’amicizia che legava Targaryen e Stark, la presenza della gelida famiglia era garantita instaurando così un circolo vizioso, perché se gli Stark si presentavano ad un evento sociale sicuramente i Lannister non potevano essere da meno, dunque neanche i Baratheon, quindi neppure i Greyjoy e via di questo passo.
«Sarà un lavoraccio infame, ma questa sera faremo fuoco e fiamme!»
Finalmente il giorno della grande inaugurazione per la riapertura era giunto e nella Steakhouse c’era un gran fermento.
Drogo, tramite i suoi amici dei cavalli, era riuscito a recuperare una serie di oggetti che davano un tocco di far-west al locale; Jorah Mormont e il buon vecchio Barristan Selmy avevano ritinteggiato con maestria la facciata esterna, che ora splendeva sotto il solo di mezzogiorno; Daenerys e Doreah avevano svolto un ottimo e approfondito lavoro d’indagine, grazie al quale Rhaegar stava ora elaborando un menù e presto le avrebbe spedite a fare la spesa. Stranamente, Viserys non faceva nulla.
«Sorella, perché indugi nei tuoi doveri? Smettila di bighellonare e datti da fare», la ammonì osservandola altezzoso.
Daenerys gli rivolse appena un’occhiata ma prima che potesse mormorare qualcosa in risposta Doreah si intromise: «Stiamo aspettando che Rhaegar ci dia la lista della spesa. Piuttosto perché non ti adoperi tu in qualcosa di costruttivo?»
Viserys la osservò interdetto: nessuno aveva mai contraddetto il drago, mai.
«Cosa ti ho assunta a fare? Per innervosirmi? Ora vedi di tacere e ricorda grazie a chi ti trovi qui. Sii ossequiosa verso il drago», abbaiò puntandole contro un dito.
Doreah afferrò Daenerys per un polso e la condusse all’altro capo della sala da pranzo.
«È… come lo gestite? Quand’è che è diventato così?», sbuffò.
«Be’, è sempre stato parecchio… vivace. Penso sia degenerato da quando papà è impazzito». Daenerys aveva assunto un involontario tono colpevole. Doreah le rivolse un dolce sorriso, pizzicandole una guancia.
«Non importa, lascia perdere. Andiamo a fare questa spesa, forza, dov’è tuo fratello?», si rianimò la ragazza di Lys passandole un braccio attorno alle spalle.
Rhaegar consegnò loro una lista infinita di generi alimentari che avrebbero dovuto acquistare. «Mi raccomando, non scordate nulla e soprattutto controllate bene le quantità!»
Doreah si mise alla guida del furgone che le avrebbe accompagnate in giro per la città alla ricerca delle cibarie fondamentali. Abbassarono immediatamente i finestrini perché la calura era insopportabile.
«Ahia, ustiona!», esclamò Doreah, allontanando immediatamente le mani dal volante.
«Dici?», mormorò Daenerys posandovi sopra una mano. «A me non pare… Vuoi che guidi io? »
Dopo essersi scambiate di posto, finalmente il trabiccolo fu messo in moto.
«Accendo la radio, non ti disturba, vero?»
«Assolutamente no!», sorrise Daenerys voltandosi appena verso l’altra ragazza, che smanettava con le manopole della vecchia autoradio.
Dopo alcuni gracidii dell’apparecchio, finalmente ne venne fuori un suono nitido: «…and so he spoke the lord of Castamere, and now the rains weep on his hall with not a soul to hear…»
«Oh no, ti prego, i Golden Lions, no!»
«Non piacciono neanche a te?», domandò positivamente colpita Doreah.
«Sono così boriosi! Mi irritano», rise Daenerys pregandola poi di cercare un’altra stazione radio. Doreah provvide.
«Perché la notte è oscura e piena di terrori!», proclamava con voce profonda un sacerdote su Radio R’hollor.
«Quegli invasati…», biascicò Doreah prima di cambiare nuovamente frequenza.
«...io sono la spada delle tenebre. Io sono la sentinella che veglia sul muro. Io sono il fuoco che arde contro il freddo, la luce che porta l'alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia…».
«Madre dei draghi! Cosa dicevi sugli invasati?», rise Daenerys.
«’Sti Guardiani della Notte puzzano, preferisco non averci a che fare…»
Finalmente riuscirono a trovare una canzone piacevole di un gruppo neomelodico di Braavos che le accompagnò fino alla loro prima meta.

Quando rientrarono alla Steakhouse, Doreah era stremata: avevano affrontato un mercato enorme, stipato di merci esotiche e commercianti invadenti, il tutto sotto una sferzante calura che apparentemente non aveva sfiorato Daenerys, che pareva fresca come un bocciolo.
«Avete tutto?», domandò immediatamente Rhaegar non appena le vide oltrepassare la soglia.
«Sì, il resto è nel furgone», confermò Daenerys.
«Ci pensiamo io, Drogo e Jorah a scaricare e sistemare. Voi terminate con le decorazioni, poi rendetevi presentabili per la serata», ordinò il primogenito Targaryen guardandosi attorno come un generale guarderebbe i suoi uomini prima della battaglia, poi si diresse verso gli altri due membri dello staff.
Daenerys e Doreah si misero di buona lena ad appendere lanterne rosse in punti strategici della sala da pranzo. A lavoro terminato, il soffitto pareva in fiamme.
«Il drago è compiaciuto», sentenziò Viserys appollaiato sul bancone, come al solito intendo a commentare il lavoro altrui senza sporcarsi le mani.
Daenerys ignorò il fratello e si rifugiò con Doreah nello spogliatoio: le loro divise erano state stirate e piegate con cura, per poi essere sistemate nei rispettivi armadietti.
«Mi piacciono queste nuova magliette, si sposano bene con l’arredamento del locale. Forse il drago rosso sulla schiena è un po’ pacchiano…», constatò Doreah rigirandosi tra le mani la nuova divisa.
«Sarebbe adorabile avere un cucciolo di drago!», sorrise Daenerys stringendo tra le mani la sua maglia.
Doreah rise. «Sei proprio una sognatrice», disse per poi posare un bacio affettuoso sulla fronte della ragazza che, se fosse stato nelle sue facoltà fisiche, sarebbe diventata rossa come il fuoco che Viserys sosteneva di poter sputare dalle fauci nel caso in cui l’avessero fatto arrabbiare davvero, davvero molto.

«È tutto pronto?!», strepitò Rhaegar aggirandosi tra i tavoli come una furia.
«Decorazioni, fatto», annunciò Doreah con un enorme sorriso pieno d’entusiasmo, sorriso che Daenerys s’incantò a fissare, diventando più consapevole di quanto potesse essere piacevole.
«Menù rinnovato, fatto», proclamò tronfio Jorah Mormont, sistemandosi il foulard azzurro che per l’occasione si era legato attorno al collo.
«No!», ruggì Drogo percuotendosi il petto con aria compiaciuta.
«Perfetto. Fuoco e sangue!», strepitò Rhaegar per poi aprire i battenti della Steakhouse: la serata era appena cominciata.

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