[Iliade] Non andare

Feb 10, 2011 17:01

Titolo: Non andare
Fandom: Iliade
Personaggi: Andromaca/Ettore
Parte: Flashfiction
Rating: R
Conteggio Parole: 708
Riassunto: L’incontro di Ettore e Andromaca
Note: Scritta per il sempre caro p0rn fest. Il prompt era “non andare” (di qui il titolo, W la fantasia xD)


“Schiave, ditemi presto, parole sicure:
dove andò Andromaca braccio bianco fuori di casa?”
[...] “si recò sulla gran torre di Ilio, perché ha sentito
che i troiani son vinti, grande è la forza achea;
ed ella è corsa alle mura, tutta affannata,
come una pazza; la balia le porta dietro il bambino”
disse la dispensiera, Ettore si slanciò fuori di casa
per la medesima via, giù per le strade ben fatte.

Simile a un dio le pareva talvolta Ettòrre, domatore di cavalli,
le fiere spalle di sole vestite, le forti braccia pregiato albergo non soltanto
di armi ma prezioso conforto. L’elmo chiomato il volto coprendo, tenerezza celava,
ché mai la sacra Ilio un signore più onesto, virtuoso e magnanimo conoscer
potea. Valoroso guerriero, distinto fra i Teucri, gagliardo di forze,
di Ilio sovrano, esso era a un tempo rassicurante presenza e emozionante
visione, preludio di incontri di mirabil letizia.
A lui Andromaca dalle bianche braccia forte piangendo
si rivolse tremando, ché il coraggio era virtù
di cui sentiva il core men forte in fronte alle Moire crudeli.

“Ettore, tu sei per me padre e nobile madre
e fratello, tu sei il mio sposo fiorente;
ah, dunque, abbi pietà, rimani qui sulla torre,
non fare orfano il figlio, vedova la sposa.”

Egli dunque ammirava la bellezza soave che i sempiterni
avevano a lui concesso per sposa. Una muta preghiera si alzava all’Olimpo
a un tempo supplica e ode, ché sempre egli dubitava a quale
sorte bonaria dovesse immolare il sacrificio dovuto perché, fra tutti
i mortali, a lui proprio venisse elargito un dono tanto prezioso.
Ella era, a vedersi, luce fra i Teucri, dolcezza infinita, conforto e pace,
e angustia si dileguava al cospetto, nessun turpe pensiero capace
di turbare l’animo di quello che fosse a lei in fronte.
E commozione forte in lui provocò la vista di lei, e forte turbamento,
ché solo agli dei dato era sapere la volta ventura in cui potuto avrebbe averla seco.

E allora Ettore grande, elmo abbagliante, le disse:
[...] “Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore:
giorno verrà che Ilio sacra perisca
e Priamo, e la gente di Priamo buona lancia:
ma non tanto dolore io n’avrò per i Teucri,
non per la stessa Ecuba, non per il sire Priamo,
e non per i fratelli che molti e gagliardi
cadranno nella polvere per mano dei nemici,
quanto per te, che qualche acheo chitone di bronzo,
trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti.
[...] Morto però mi imprigioni la terra su me riversata,
prima ch’io le tue grida, il tuo rapimento, conosca!”

Ed ella a lui, le bianche braccia gettate al suo collo possente,
in disperato abbraccio cingendolo, carpiva la nuca, in mezzo a dolenti singhiozzi.
Similemente egli stringeva il suo bianco corpo, in conforto donando,
e d’un tratto chiaro gli apparve come giammai sì forte per lei le vene non
scaldarogli Amore, gli odorosi seni di lei contro il suo petto premuti, il suo
bianco collo niveo offrivaglisi alla vista, i bei riccioli indietro cadean.
E come di un gelido giorno Apollo dio Sole può far ardere improvviso e feroce calore,
così il desìo di giacere con lei infiammò le membra prima fiacche di lui.
E di baciarla desiava, la sua bocca premeva, e in braccio la issava,
minuta di corpo e di peso, possente fra le sue braccia, e
sofficemente sul talamo adagiandola le cingeva la vita, e le bianche gambe,
e le magre braccia, e  gli splendenti pepli di lei sollevava, la sua carne cercando,
di toccarla bramando, invogliato il suo cor dal dolce calore di lei, dalle
sue piccole e bianche mani, che timide carezze ricambiavano.
E Eros, della Citerea dispettoso rampollo, e Amore, e Amore e Eros insieme,
dei loro effetti la regal coppia colpean di infiniti e innumerevoli dardi,
mentre tremavano le membra dei due giovani teucri. E le pallide cosce di lei
solcando e al contempo le stesse stringendosi ai fianchi di lui,
il suo amante invitando. E in un abbraccio bollente fremendo, il forte
corpo di lui nelle molli rotondità della sposa affondando, le giacque in
braccio, sul grembo di lei raccolto, come fosse un infante, il tormentoso amplesso raggiunto.

“[...] si intenerì lo sposo a guardarla,
l’accarezzò con la mano [...]”

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