Episode 4: Ride the wild wind - SECONDA PARTE

Aug 01, 2008 04:38

…ecco a voi: "Ride the wild wind" dei Queen






Ed eccovi la seconda parte... Leggete la prima, prima XD Buone vacanze, ragazziii!! ^^




Kim gustava quella spremuta d’arancia con pazienza, lasciando che lo stomaco straziato dalla fame si abituasse all’effetto poco per volta. Non aveva la minima intenzione di apparire a quel fighetto come una poveraccia disperata, né voleva suscitarne la compassione - l’orgoglio usuale si era fatto strada in lei con ferocia mentre Karl raccontava di sé, poneva domande, la scrutava indagatore. Essere seduta con lui in quel bar, purtroppo, era la cosa migliore che le fosse capitata da molto tempo a questa parte, ma la ragazza preferiva evitare di ammetterlo, persino a se stessa.




Volare sul marciapiede con quel bel tomo addosso, invece, era stato relativamente divertente. Molto cinematografico - una trovata da cartone animato, a dirla tutta. Sarebbe piaciuta alla piccola Kylie, un giorno, questa simpatica favoletta. La realtà però rischiava di essere diversa: chissà quali motivi si nascondevano davvero dietro l’offerta di un drink da parte del tipo appena conosciuto. Ne aveva viste talmente tante, Kim, e altrettante ne aveva scansate.




Per questo, preoccupata, la giovane non alzava lo sguardo dal proprio bicchiere, timorosa di leggere negli occhi del biondino qualcosa di ambiguo che lei avrebbe dovuto dolorosamente decidere se e come rigettare. Niente batticuore per lei, niente farfalle nello stomaco, niente sogni ad occhi aperti né pelle d’oca da primo appuntamento: era fisicamente piombata addosso a questo tipo, punto e basta. Se quello avesse voluto, avrebbe potuto spostarsi. Le favole non facevano per Kim... E poi lei era libera di cadere su chi le pareva e piaceva, si disse con un pizzico d’ironia. Ma leggere venerazione referente negli occhi del perfetto sconosciuto accanto a lei, rifletté, forse non capita proprio di frequente. O sì?

***




Era accaduto, finalmente. Stava accadendo in quel preciso istante. Rain ricordò per tutta la vita, in seguito, le sensazioni multiple e meravigliose che quel gesto istintivo - attraversare la strada, correre verso Grace, stringerla forte impedendole di distruggere sé e il resto del mondo - gli stava regalando per sempre. Finalmente si era autorizzato a sfiorarla. A percepirne l’esistenza, a comunicarle fisicamente la propria, a salvarla dal delirio... Salvarla? Sì, ufficialmente Rain stava facendo proprio questo. In realtà - ammise a se stesso in un angolo della propria mente, mentre sentiva il corpo di lei rilassarsi contro il suo dopo aver compreso chi lui fosse, senza voltarsi del tutto - con quel gesto stava salvando se stesso. Se avesse atteso ancora, avrebbe rinunciato, ne era certo. Ora invece il muro invisibile ma insormontabile che esisteva tra i due era crollato in pezzi sul cemento, distrutto da un abbraccio.




Lei gli era svenuta tra le braccia, pur furiosa, lasciando finalmente cadere quel ridicolo rastrello. Rain la stringeva ancora a sé, continuando a sussurrare per lei e per se stesso le medesime parole antiche che avrebbe usato per sedare due cavalli imbizzarriti. Quasi gli venne da ridere per l’accostamento poco rispettoso. Tremavano entrambi, per ragioni diverse ma allo stesso modo.




La prese tra le braccia, sollevandola, incerto sul da farsi. Poi si avviò verso casa propria, folgorato da un impulso verso il rischio che non aveva mai assecondato finora, pronto a giocarsi tutto ma anche ad accettarne le devastanti conseguenze. Cosa le avrebbe detto, al risveglio? Come avrebbe fronteggiato lo shock di Grace? Come le avrebbe spiegato la sua presenza accanto a lei, una baracca patetica, gli ultimi anni trascorsi in perenne attesa di uno sguardo ricambiato? Ma tutto questo non aveva alcuna importanza, adesso.




Lei, gli occhi pesti e il trucco sfatto, riposava come una bambina. Rain s'avvicinò alla soglia di casa tenendola ancora in braccio. Gli parve un’immagine meravigliosamente allusiva. Si concesse un sorriso.

***




Claude s’era divertito come non mai, quella notte. Ascoltare quella buffa e dolce ragazzina raccontare della propria ridicola fuga da una reggia di lusso, osservarla mentre si aggiustava le ciocche di capelli colorati intorno al volto in preda ad un evidente imbarazzo mal dissimulato, accorgersi di come in realtà non si possa mai dire di essere stati davvero innamorati prima di sperimentare un colpo di fulmine da manuale...




Trasalì a quest’ultimo pensiero, accorgendosi di avere un sorriso ebete sul volto. Non poteva trattarsi di questo. Quella sciocchina aveva compiuto una serie di gesti incoscienti ma era piombata in mezzo a loro, per sua fortuna. Tutto qui. Evidentemente Claude si sentiva gentiluomo, quella sera, e non ne aveva approfittato in alcun modo. Ecco com’era andata. Ah, l’amour... Stronzate buone per le ragazzine e i loro romanzetti rosa.




Ma accidenti quant’era bella. La discussione accesa che, nella sua mente, stava avendo luogo tra il Claude sdolcinato che s’era lasciato folgorate da Vivi e il Claude cinico che spezzava cuori in ogni angolo del globo (ok, forse questa era un’esagerazione, rise tra sé), non accennava a diminuire. Le aveva comunque proposto di riaccompagnarla a casa, non volendo avere guai con un paio di ricchi genitori furenti che avrebbero potuto gridare al sequestro di persona. A malincuore, lei aveva accettato. Era cotta a puntino, Claude ne era certo. Ma continuava ad imporsi di non approfittarne - sennò è troppo facile, no?




Continuarono a camminare verso il villotto di lusso dove lei abitava, improvvisamente muti e imbarazzati. Claude non avrebbe saputo dire cosa avesse incrinato l’equilibrio tra loro, in quello scenario paradossale, ma era come se entrambi non volessero saperne di lasciarsi. E percepissero l’evidente imbarazzo di una situazione così. Mentre si chiedeva cosa sarebbe accaduto, se avesse osato dare a quella ragazzina dal nome buffo e dai capelli anarchici il classico bacio della buonanotte, lei lo sorprese.




“Siamo arrivati. Grazie di tutto”, sussurrò Vivica davanti ad una costruzione moderna e squadrata con un’ingombrante limo parcheggiata nel vialetto, e gli posò un bacio tremante sulla guancia mal rasata. Albeggiava appena. La ragazza sparì, mentre lui era ancora là, completamente incidentato, a chiedersi se qualcuno avesse per caso preso la targa della sua bella investitrice.




Moon, intanto, riposava tranquilla nel lettone che divideva con Em. Il bilancio delle ultime giornate era tutto sommato positivo: per un Balthazar ancora restio e timido fino all’inverosimile, che più che per le sue provocazioni aveva un debole per le morbide chiome di Emerald (anche se nessuno dei due l’aveva ancora ammesso), era spuntato in cambio un affascinante sconosciuto made in Usa, con l’aria sana e genuina dei ragazzoni cresciuti a pane e burro d’arachidi, che cercava il suo cane.




Era destino, evidentemente: a Moon, così estroversa e poco convenzionale, piacevano da morire i belli e timidi. Lei aveva faccia tosta da vendere per tutti e due. Ma questo James non-so-che non sembrava un osso duro. Nel vederla era andato visibilmente in tilt. Balbettava. Che dolce e inutile fascetto di muscoli. C’era da lavorarci un po’ su, ovviamente. Moon però non disperava. Forse era spuntato fuori più di un valido motivo per trattenersi in quel mucchietto ridicolo di case, pensò con un sorriso un istante prima di scivolare in un sonno buio e accogliente.

tsegi, sims, ts2

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