Fic: Con le stelle sotto

Apr 15, 2011 21:28

E questa è invece una vecchia fic, scritta qualche tempo fa e mai postata, che sono andata a risistemare oggi, visto che già di suo si adattava benissimo al prompt notte (sempre l'ultima settimana del COW-T di maridichallenge ).
Fondamentalmente quando l'ho scritta ero semplicemente un po' stufa di vedere Remus andare in panico davanti ad una scopa come Neville davanti ad un esame di pozioni, quando nel canon è chiaro che non ha nessun problema a volare. ^__^

Fandom: HP
Rating: PG-13
Personaggi: Remus/Sirius
Avvisi: Slash; inversione di un cliché del fandom volutamente estrema. XD
Disclaimer: Remus, Sirius e pure la moto sono di JKR, non miei
Riassunto: Remus da ragazzo non ha davvero paura di volare.

Un Assaggio: "Non vede l'ora di sapere cosa ne pensa Remus."


Con le stelle sotto

La moto è persino più inebriante della sua prima sbronza con il Firewisky, quasi tre anni prima.
Da quel poco che ricorda si era sentito adulto e potente, allora, con la gola bruciata e la voce che usciva roca lasciandosi dietro sbuffi di fumo; ricorda di aver trangugiato quel tizzone liquido, di aver ricacciato le lacrime e la nausea immediata, e di essersi alzato e inchinato agli altri, fiero di essere l'unico a non aver bisogno di correre in bagno immediatamente dopo aver bevuto. Ricorda anche di esserci andato, poi, in bagno, e di aver svuotato lo stomaco mentre Remus guardava sornione dalla porta, a braccia incrociate, lo sbruffone che si era vantato di non aver sputato subito l'infernale bevanda. E dopo, per la verità, non ricorda poi molto altro. Crede che Remus l'abbia messo a letto praticamente di peso, ma non ci giurerebbe.

Anche la prima volta che ha fatto volare la moto si è sentito male, ma in modo molto diverso; è stato più un tracollo di adrenalina che l'ha costretto a scendere, e comunque non gli è più successo da quando ha corretto quel fastidioso beccheggio.
La moto vale fino all'ultimo morso di torta di zucca lasciato sull'erba.
E' splendida, nera e argento, e gli basta passare una mano sulla sella scura per sentire un brivido; ed è sua, da farci quel che vuole. Può alzarsi in volo sopra Hogsmeade, sopra la Stamberga che la custodisce, come custodisce ogni loro segreto, e può guardare davvero tutti quei puntini piccini dall'alto, i tetti aguzzi delle case e il profilo lontano di Hogwarts, con i suoi minuscoli studenti che non possono nemmeno avvicinarsi a lui, dal loro piccolo mondo da formiche.
Sogna di montarci in sella e tornare a casa sua, per osservare finalmente la sua famiglia dalla giusta prospettiva. E vorrebbe anche provare a volare in una qualsiasi direzione per tutta la notte, fino al mattino, per vedere fin dove arriva; è certo che con tutta quella potenza potrebbe fare colazione sul Continente, se volesse.

Ma quella notte vuole provare qualcosa di diverso.
Ha svegliato Remus che dormiva non appena gli è venuta l'idea, e se l'è trascinato dietro ancora intontito dal sonno, nell'aria tiepida di maggio, di corsa per mano nei prati, lontani dalle luci della capanna di Hagrid, e nel tunnel che si spalanca quando il Platano si inchina al loro volere. Non sono poi così inusuali quelle fughe notturne, ma Sirius non si sentiva così eccitato dalla notte che, in quello stesso modo, l'ha condotto a conoscere Padfoot.
Non vede l'ora di sapere cosa ne pensa Remus.
E adesso se ne stanno in silenzio, nella stanza polverosa e sgangherata della stamberga, a riprendere fiato; Remus gli lancia uno sguardo sospettoso, tradito dal luccichio eccitato negli occhi, quello che ha sempre quando l'impresa che stanno per compiere si preannuncia particolarmente estrema. Si aspetta grandi cose, e Sirius non lo deluderà.
Tira fuori la bacchetta e la punta verso il vecchio divano mangiucchiato dalle tarme che hanno davanti; con un gesto secco dissolve l'illusione, rivelando la moto in tutto il suo splendore.
Remus spalanca la bocca, sorpreso: l'ultima volta che l'ha vista aveva ancora l'aspetto del rottame che era quando Sirius l'ha comprata, con il cuoio della sella che cadeva a pezzi e la ruggine che marcava l'acciaio, anche se già allora volava meglio della scopa di James. Negli ultimi due giorni Sirius l'ha tirata a lucido, districandosi tra incantesimi improvvisati e manuali babbani, incomprensibili come le antiche rune, tentando e sbagliando (e quasi giocandosi il motore con una trasfigurazione azzardata), ma alla fine riuscendoci in pieno.
E adesso l'ammasso di ferro vecchio e pelle stantia luccica nell'oscurità come uno dei gioielli di sua madre.
Remus si avvicina e passa piano una mano sulla curva del manubrio, soffermandosi appena un istante a sfiorare con le dita la falce di luna che vi è incisa sopra, che è il motivo per cui Sirius ha scelto proprio quella quando l'ha comprata.
-E' una meraviglia, Padfoot- sussurra Moony, dandogli ancora le spalle, tradendo forse un pizzico di invidia nella voce.
Sirius sorride. Sperava in quella reazione.
-Facciamo un giro?- dice, e vede Remus annuire, sempre girato verso la moto, sempre sfiorandola con le dita. -Guidi tu?- aggiunge, con tono casuale.
Remus sussulta visibilmente, e il sorrisetto che Sirius cova da quando l'ha svegliato diventa un ghigno: Remus non si aspettava questa richiesta, perché Remus non vola mai, e soprattutto, nessuno vola mai con Remus.
Ci sono persone che soffrono di vertigini, poveri sfortunati che non si godranno mai il Quidditch. Remus, se possibile, è l'esatto contrario di uno di loro; ma non è nemmeno che non abbia paura di volare. E' che volare gli toglie ogni paura, anche le paure ragionevoli, quelle che persino Sirius chiama "istinto di sopravvivenza". Il giorno della prima lezione di volo, mai salito su una scopa prima, è scheggiato verso le nuvole prima del via, sopra tutti gli altri, e quando l'insegnante gli ha urlato di scendere, è saltato, giù dalla scopa, nel vuoto. Be', sulla scopa di James, in realtà, o non sarebbe sopravvissuto.
Ma il punto è che nessuno chiede mai a Remus di volare, nemmeno Sirius. Figurarsi di guidare una moto a chissà quanti piedi da terra; e se anche qualcuno fosse così pazzo da fare una cosa del genere, sicuramente non salirebbe dietro di lui, con una bacchetta come sola protezione dalla follia da alta quota di Moony.
E' l'idea più spaventosa del mondo. E Sirius vuole assolutamente farlo, non solo perché è pazzo, ma perché vorrebbe regalare la Luna a Moony, e non potendo, gli regalerà la sola cosa che nessuno al mondo gli darebbe: la fiducia nell'unica cosa nell'universo per cui Remus non la meriti.
Così, quando Remus si gira verso di lui con gli occhi sgranati, e gli chiede se è sicuro, Sirius sorride ancora di più e gli risponde di sì prima di pentirsene. Mal che vada, pensa, moriranno insieme, e in fondo con i tempi che corrono potrebbe succedere ben di peggio.
Remus sale a cavalcioni della moto con un balzo, sorridente come un bambino la mattina di Natale. Sirius, che colleziona immagini di moto da quando sa cosa sono, non ha mai visto nulla di così affascinante in sella; sembra che Remus senta che la moto volerà, e che lo farà ai suoi ordini, anche da terra. Con deliberata lentezza Moony gli tende una mano per aiutarlo a montare in sella, e Sirius ha appena il tempo di chiedersi se sia stato evidente il suo deglutire a vuoto, che si ritrova seduto dietro Remus, sulla moto accesa che romba piano, e improvvisamente realizza che sta per volare con Remus, che gli è saltato in mente? Ma è tardi per pensarci.
Moony già inforca troppo velocemente la porta, e Sirius fa appena in tempo ad aggrapparsi forte al suo torace magro, sentendo le costole pronunciate sotto la camicia leggera, che sono fuori, nell'aria umida, immersi nell'odore della resina che viene dalla foresta, e poi di scatto sono in aria, col vento che impazza furioso attorno a loro, una forza come un muro creata nell'aria ferma dalla velocità pazzesca di Remus.

E' un po' tardi per pentirsi e tornare indietro; quando Sirius riesce ad aprire gli occhi e a scuotere la testa abbastanza da non vedere solo i propri capelli, sono già sopra la linea degli alberi e puntano verso le montagne, ad una velocità tale da fargli pensare che con Remus alla guida potrebbero arrivare in America, in una notte.
A quella velocità la moto scarta e ondeggia, ma Remus non accenna a rallentare; sta salendo praticamente in verticale e prende quota così in fretta che a Sirius fanno male le orecchie; poi, ad un'altezza che sembra del tutto casuale, improvvisamente Remus smette di impennare e comincia a volare verso est, sfrecciando come un matto e ridendo di gusto. Sirius sta tremando e si aggrappa alla schiena magra di Remus, imprecando sottovoce, tenendosi alla stoffa della sua maglia con le unghie, pur di non mollare la presa.
Volano così, Sirius teso e contratto e incollato alla schiena di Moony tanto da sentire ogni guizzo dei muscoli così assurdamente rilassati. Remus rallenta un poco e la moto recupera stabilità, e procedono diritti, sempre ad est, solo un po' più veloci di quanto sia salutare; le dita di Sirius sono ancora chiuse sul pigiama di Remus, contratte dal freddo, che è intenso al punto di fargli lacrimare gli occhi. Eppure Remus, che è davanti e dovrebbe essere gelato, a quel punto, ha la pelle calda sotto la stoffa sottile, come d'inverno, quando rientra da una delle loro battaglie a palle di neve con le mani calde, e le passa piano sulle guance di Sirius per scaldare anche lui.
E' un pensiero rassicurante, e stranamente rilassa Sirius al punto che improvvisamente comincia quasi a godersi il volo. Impercettibilmente allenta la stretta convulsa sui vestiti di Moony, mettendosi un po' più comodo, e azzarda persino un'occhiata verso il basso per vedere dove sono. Sotto di loro c'è una strada e moltissima campagna, enormi prati bui illuminati sporadicamente dai lampioni o dalle finestre delle case babbane.
Remus deve aver sentito i suoi movimenti dietro di lui, perché gira la testa e gli sorride; Sirius resiste all'urgenza di urlargli di guardare dove va, e sorride di rimando, finalmente a suo agio. E' stata una buona idea, quella di far guidare Remus, a conti fatti. E ci sono proprio poche cose che Sirius non farebbe per quel genere di sorriso.

-Guarda in alto, Padfoot- gli dice Remus, voltandosi di nuovo in avanti, e Sirius obbedisce istintivamente.
Sopra di loro ci sono un'infinità di stelle, grandi e splendenti o solo granelli di polvere luminosa. E' uno spettacolo magnifico, ma Sirius non ama guardarle; le stelle splendono in alto, spiandolo con la loro superiorità, così simili alla sua famiglia da farlo stare male. Immagina che possa sembrare affascinante scrutare in quell'intricato disegno di luci, per gli altri. Ma a lui ricordano solo che deve sentirsi piccino e indegno ogni giorno della sua vita, e l'idea è inaccettabile. E Remus lo sa, lo sa davvero, ma preso dall'euforia della corsa deve essersene dimenticato.
-Adesso- ordina di nuovo Remus, -chiudi bene gli occhi. Non riaprirli finché non te lo dico io-.
Sirius obbedisce e serra le palpebre, strette, per allontanare la tentazione di sbirciare tra le ciglia. Posa la guancia contro la spalla di Remus e si rilassa impercettibilmente un altro po', nonostante stiano ancora muovendosi, nonostante stia ancora volando con Remus. Ma sta bene, in quella posizione. Potrebbe restarci per sempre.
Remus intanto ha preso la bacchetta dalla tasca e sta mormorando qualcosa, ma Sirius non lo sente chiaramente, tra il rombo della moto e quello del vento. Si impegna a non sbirciare, nemmeno quando Remus fa qualcosa e una sensazione strana lo invade, come se per un attimo gli fosse balzato il cuore in gola e lo stomaco gli si fosse rovesciato; come dopo una sbronza memorabile o una notte eccezionale, ma dura un istante appena, e non è sicuro di non essersela sognata.
-Perché non vuoi guardare le stelle, Sirius?- chiede Remus piano.
Perché hanno nomi familiari, perché sono belle e infinitamente lontane, e le ha sempre guardate senza poter capire cosa gli mancasse per essere come loro; perché sono in alto e non le può raggiungere e non le vuole raggiungere, se pensa a cosa significano, ma lo guardano e lo giudicano e lo sfidano ad essere così eterne e superiori, come credono di essere loro, e lui non lo sarà mai. Sarebbe stato più semplice essere un puntino di luce e guardare tutti dall'alto, ma non ha mai fatto per lui.
-Lo sai- risponde solo a Remus, che conosce ognuna di quelle parole, e ogni significato schietto dietro alle metafore, per aver ascoltato per giorni e notti ogni suo pensiero.
Sirius sente la mano di Remus che gli sfiora i capelli. -Apri gli occhi,- lo sente dire, -e guarda in basso-.
Sirius non soffre di vertigini. Sirius è abituato al campo da Quidditch e alla moto, e a volare, da quando era un bambino. Così obbedisce senza problemi. Per quanto sia lontana, la terra non gli fa paura.
Al principio non capisce. Poi guarda i suoi piedi, le ruote della moto, cercando il punto in cui dovrebbe vere la terra, che invece non c'è. E vede l'infinito tappeto di stelle, la Via Lattea e l'Orsa, il pulviscolo fremente e tutte quelle luci, sotto di lui.
Sono a testa in giù, sospesi nel cielo e vivi solo grazie a qualche incantesimo pronunciato da Moony, seduti come prima sulla moto, ma con le stelle sotto. Per un attimo, per quell'attimo che è un regalo di Remus, sono le stelle e le loro storie e i loro nomi che evocano volti fin troppo reali, a non poter raggiungere lui. Non sono alte e disumane, ora. Sono solo piccoli puntini di bianco sotto i suoi piedi, infinitesimali e futili; e non è lui ad inseguirle senza poterle toccare, ma sono loro a non poter arrivare da lui.

Il pensiero è contorto ed assurdo, eppure si porta dietro un'euforia che non può essere confusa con null'altro, più perfetta della bevuta migliore e anche della sua meravigliosa moto.
Ed è un regalo di Moony, quella sensazione, il che la rende ancora più preziosa per lui. Di Moony che sa tutto e condivide, e che adesso si volta sulla sella verso di lui, guardandolo e sorridendo della sua espressione estatica, forse, e che lo bacia piano, come se fossero davanti al fuoco della Sala comune vuota, e non sospesi nel vuoto, su un tappeto di stelle. E' un momento veramente magico.
Sirius sa che finirà, che presto dovranno rientrare, che il cielo sta per cominciare a schiarirsi e devono tornare dalla loro avventura. Lo sa, ma continua a baciare Remus e non gli importa. E' un momento magico e lo ricorderà per sempre, succeda quel che succeda.

Sarà solo ad Azkaban, luogo lontano ed impensabile, che gli verrà strappato via. Succederà prima che impari come distrarsi, come non offrire appigli alla tortura dei Dissennatori. Sarà questa perdita ad insegnargli che la disperazione è la sua forza più grande tra le sbarre e il lerciume e il gelo nelle ossa. Sarà perché credeva di poterlo ricordare per sempre che lo dimenticherà.

rating: pg-13, remus/sirius, forza vampiri, my fic, my otp

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