Defrozen

Jan 30, 2018 13:09

Autore: miharu92
Fandom: Original
Personaggi: FrozenKingdom92, Defrogging
Rating: NC17
Conteggio parole: 4596
Avvisi: Light Kink, Blowjob, Orgasm Control, Subspace, Uso improprio ed eccessivo di reference alla trilogia di Phèdre (l'ho detto e l'ho fatto).
Genere: Erotico, Introspettivo
Betareaders: knockwave e tommykaine
Note dell'autore: What have I done??? Potrei dire mille cose in queste note, che però temo possano essere usate contro di me (?) per cui taccio e mi eclisso dalla faccia della terra.
Disclaimers: I personaggi sono di proprietà intellettuale di chi ne detiene i diritti. Non ricevo alcun profitto dalla stesura e pubblicazione di questa storia, i fatti narrati non sono intesi a ledere l'immagine di nessuno e qualsiasi similitudine a fatti realmente accaduti è da considerarsi puramente casuale.
Riassunto: “Gli importava, davvero? No. Gli sarebbe importato dopo, quando l'eccitazione sarebbe scemata? Assolutamente sì. Ma avrebbe avuto tempo per pensarci e ripensarci quando i suoi amici lo avrebbero stuzzicato e lui avrebbe desiderato sotterrarsi, o quando, una volta solo, si sarebbe chiesto il perché di ogni gesto.”



DEFROZEN
Era iniziato tutto come un gioco.“Non è un po’ banale?”
“... ho appena cominciato e già ti lamenti?”
“No no, la fic è tua.”
“Ecco, appunto.”
Frozen--

“Ah, quindi usi i nick?”
“... giuro sugli dèi che se mi interrompete un’altra volta esco le lame. Che già è difficile.”
“Occhio che è in modalità creativa!”
Frozen avrebbe dovuto saperlo che non sarebbe potuto accadere nulla di buono a dar retta ai suoi amici. Ma forse una parte di lui aveva solo bisogno della giusta dose di incoraggiamento per lasciarsi andare. Forse una parte di lui lo desiderava davvero, una parte troppo piccola per poter prendere il controllo da sola. Ma c’era.

“Non è colpa nostra se sei una puttanella, kohai.”
“I swear to the gods.”
“Non ha tutti i torti…”
“!!!!”
Fino a quel momento però la razionalità era sempre riuscita a tenere a freno i suoi ormoni. Lei e soprattutto la sua fortissima ansia. Si era chiesto tante volte quanto di ciò che gli veniva detto fosse uno scherzo e quanto invece fosse realtà, faticava a scorgere la linea di demarcazione che divideva sincerità e sarcasmo, però quel sottile gioco gli piaceva. Era inutile negarlo, non aveva senso.
Amava giocare ma amava soprattutto essere giocato.
Si diede dello stupido. Perché pensare tutto questo in un momento del genere?

“Oh! E che momento è?”
“Quello di lasciarmi scrivere.”
“Si lamenta e poi ci prende gusto…”
“You triggered my slytherin pride, bitch.”
“And I’m proud <3”
Non ricordava esattamente come fosse finito contro un muro, molto probabilmente a causa dell'alcool che entrambi avevano bevuto, con le mani del maggiore strette con forza sui fianchi e le labbra intente a divorarlo quasi famelico.
Inspirò con forza dal naso. Immaginare Def come un animale predatore, e lui nei panni della sua preda, non lo avrebbe certo aiutato a calmarsi, né soprattutto a controllare la propria situazione ai piani bassi. Aveva già la testa leggera, sentiva il sangue pulsare nelle tempie, le gambe tremare… doveva darsi una calmata, o ci avrebbe rimesso le penne.

“Troietta~”
“E pure furry :|”
“I won't hesitate, bitch.”
Def continuò a baciarlo, alternando la morbidezza delle labbra alla ferocia dei denti, e una vocina nella testa di Frozen si chiese quanta volontà ci fosse nei leggeri brividi di dolore che quei gesti gli causavano. Perché non poteva essere totalmente casuale il modo nel quale gli mordeva il labbro -avrebbe giurato di sentirlo sorridere, dopo!- giusto prima di stringergli i fianchi con le dita, con decisione. Quella stessa voce nella sua testa gli sussurrò che forse avrebbero lasciato dei segni.
“Forse leggi troppe fanfiction.” si disse, scacciando quei pensieri.

“O forse lo speri.”
“O forse ora ti esco sul serio le lame.”
“Fatto niente, io u_u”
Quando Def si staccò per recuperare fiato, Frozen si ritrovò a seguirlo appena col busto, involontariamente. Ma per sua fortuna riprese subito, trattenendolo con le mani ai fianchi, con più forza, come a trattenerlo.
Doveva fare qualcosa. Non poteva starsene lì a subire passivamente le sue azioni, per quanto appetibile fosse l'idea, doveva agire. Perché per quanto gli piacesse essere giocato, Frozen era pur sempre un giocatore.
Per questo iniziò a far vagare le proprie mani ovunque queste volessero andare, dalle braccia di Def alle sue spalle, dal petto fino allo stomaco. Lo sentì irrigidire appena i muscoli e questa volta fu il suo turno di sorridere, mentre con le dita saggiava la morbidezza dei suoi fianchi.

“You little shit :o”
“I like it chubby, don't judge me.”
“Ti piace, eh?? xD”
“Non intendevo--”
“Ceerto.”
Si sentì più sicuro. Come moltissime altre cose, era stupido e insignificante ma erano le conseguenze dell’avere cinque anni mentali; sentiva di aver vinto una mano in quella partita che avevano intrapreso chissà per quale motivo. Forse, davvero, era tutto solo frutto dell’alcool mischiato alla frustrazione, non ne aveva idea, ma quando una mano di Def si abbassò, pericolosamente vicino alla propria natica, il minore realizzò che in fondo non gli importava proprio un cazzo. Qualcosa, forse la sua tanto odiata razionalità, gli suggerì che avrebbe dovuto preoccuparsi di quella fame così spasmodica di attenzioni, tale da far urlare la sua pelle alla minima carezza, ma sinceramente non gli importava. Non poteva, non mentre Def lo baciava, lo toccava, lo stringeva, non mentre aveva iniziato a spingersi contro il proprio bacino.

“Dai che arriva il porn vero!”
“Gesoo, non fare così che già avvampo…”
Le gambe gli cedettero appena e in un impeto di cocciuta immaturità decise di mordergli il labbro. Non si curò di controllarsi, non ne era in grado, e lo sentí lamentarsi prima di ridere, un suono che per qualche motivo gli diede alla testa.
«Così me lo stacchi.» lo sentì dire, riprendendolo con un tono che forse voleva essere giocoso e un po’ perentorio, Frozen non avrebbe saputo dirlo. Ma erano tante le cose che non avrebbe saputo dire, e prima che avesse modo di accendere il cervello le parole gli salirono alle labbra, sgorgando naturali.
«So essere un cucciolo pericoloso.» sussurrò, e una -grossa- parte di lui si sarebbe volentieri data fuoco.
«Ma davvero?» ridacchiò Def, e Frozen ebbe un improvviso e immenso terrore che stesse ridendo di lui, «Sarà mio compito restituirti un po’ della pietà di Kushiel, allora.»

“... eh?”
“Tentativi di citazioni colte dal libro che mi ha consigliato.”
“Che razza di nerd, kohai.”
“Dimmi qualcosa che non so.”
Stava per esplodere. Le sue parole gli avevano risvegliato una serie di ricordi nella testa, frammenti di racconto e immagini tutt'altro che caste; un festeggiamento in maschera, un vestito in tulle trasparente e decorato da minuscoli diamanti, un gioco pericoloso fatto di rasoi affilati e lingue ancora più taglienti, un pendente di cristallo…
Si rese conto che Def lo stava ancora guardando, forse attendendo una sua risposta, e il panico gli fece bofonchiare la prima cosa che gli venne in mente.
«Non vedo l'ora.» disse quindi, desiderando ardentemente lanciarsi dalla finestra più vicina. Fortunatamente lui si mise a ridacchiare, quel tipo di suono che denota tenerezza più che desiderio di ilarità, e una parte di Frozen si sciolse all'idea che lui lo trovasse carino.
“Quantomeno non ti sta ridendo in faccia.” fu in grado di dirsi, prima che il suo viso venisse preso con estrema dolcezza e le sue labbra tornassero ad essere baciate. Ma era diverso da prima, non c'era più desiderio di sovrastarlo, di prendere il controllo, di dimostrare qualcosa.
Il gioco era cambiato.

“Che romanticone~”
“Piantala o ti meno!”
“Se lo fai imbarazzare ancora un po’ c'è il rischio che prenda fuoco…”
“Ottimo :)”
Il bacio risultò essere morbido, pacato, come se avessero tutto il tempo del mondo. Si sentì come malleabile creta e in uno slancio di perdita di controllo pensò che non gli sarebbe dispiaciuto poter diventare ciò che più preferiva. Fu da questo che si rese conto di come la propria razionalità e la propria ansia stessero perdendo presa sulla sua libido. Quel tipo di pensieri era sempre più pressante, la propria sottomissione intenta a strattonare prepotente le catene con le quali l'aveva costretta in un angolo.
Ma le mani di Def erano fuoco mentre gli accarezzava il petto e fianchi, un fuoco che stava sciogliendo quei catenacci e liberando una parte di lui della quale, lo sapeva, si sarebbe terribilmente vergognato.
Ma più tardi, da solo, quando avrebbe ripensato a quei momenti analizzando le proprie reazioni al microscopio e dannandosi per ogni gemito e ansito.
Dopo quindi, non certo in quel momento, non mentre una mano del più grande gli stringeva la natica e se lo tirava più vicino, facendo gemere nel bacio Frozen nel sentire il suo inguine premergli contro la coscia.
“Al diavolo.” pensò, lanciando alle ortiche gli ultimi rimasugli di decenza e -letteralmente- infilandogli le mani nei pantaloni.

“Vai così, kohai!”
“Che impeto!”
“E poi diceva di non volerla scrivere, eh.”
“Ho superato l'imbarazzo. Ormai sono morto dentro.”
Non fu facile come avrebbe voluto. Si ritrovò a litigare con la sua cintura mentre gli veniva morso il labbro -gesto che non lo aiutò certo a concentrarsi su cosa stesse facendo!- ma quando superò i boxer sentì finalmente il membro di Def sotto le dita e una scarica di adrenalina gli fece esplodere le tempie.
Lo stava toccando. Lo poteva sentire, reale, appena rigido; gli girava la testa.
Frozen mosse un poco il polso, facendo scorrere i polpastrelli contro la sua pelle, e si sentì scoppiare il petto di soddisfazione quando Def smise di baciarlo per rilasciare un sospiro soddisfatto, direttamente contro il suo collo. Si sentì un vincitore, nonostante il loro gioco fosse appena all’inizio, e continuò il suo gesto con lentezza, ritrovando dentro di sé un po’ di quella squisita cattiveria che solo i sadici sanno mostrare.

“Ora ti riconosco, kohai.”
“Puttanella sì, ma con del carattere.”
Continuò il suo movimento anche quando Def gli posò una mano sul collo, facendo bruciare al contatto la pelle della sua nuca, un gesto che mandò brividi tanto forti lungo la sua spina dorsale da fargli vibrare i polsi.
«Più veloce.» furono le parole del più grande, ma non c'era alcuna traccia di richiesta nella sua voce. C'era desiderio, sì, e un pizzico di bisogno forse, ma la sua frase non era assolutamente una supplica; nel momento esatto nel quale Frozen si rese conto che si trattava di un ordine, la mano del maggiore strinse con decisione il suo collo e il proprio stomaco fece una capriola all'indietro.
Si ritrovò ad ubbidire prima ancora di poter processare le sue parole. Era certo che la celerità della propria risposta non era passata inosservata e il pensiero che Def pensasse di potergli chiedere qualsiasi cosa, con la certezza che l'avrebbe fatta, gli fece ribollire il sangue per l’imbarazzo, una sofferenza squisita e dolcissima.
Stava arrossendo, ne era pressoché certo, ma decise di concentrarsi sulla propria mano, impegnandosi al meglio per ignorare i sospiri che Def lasciava scivolare dalle labbra direttamente nel suo orecchio, facendogli contorcere qualcosa dentro ad ogni respiro.

“Finalmente vi ho fatto stare zitti?”
“Kohai, scrivi porno troppo bene per disturbarti.”
“Hsjsgejndkf.”
Se prima si sentiva la testa leggera, sul punto di esplodere, ora tutto il mondo gli girava attorno a causa del pulsare incessante del proprio battito cardiaco, notevolmente accelerato, e del respiro che inconsapevolmente mimava quello di Def. Frozen si rese conto che stava reagendo come se fosse proprio il piacere che ballava sui nervi del più grande, come se fosse la propria erezione ad esser toccata, mentre le uniche parti a contatto con le mani di Def erano la propria natica e il collo.
Il minore stava perdendo controllo su sé stesso, ormai era chiaro. La sottomissione reagiva ad ogni ansito del ragazzo come se fosse scaturito da un piacere che Frozen percepiva sulla propria pelle, come una scarica elettrica o il colpo di una frusta. Reagiva come specchio dell’eccitazione di Def perché questo era abbastanza.
Era sufficiente dargli piacere per provarne.

“Oh, you :)”
“SHHHHHHHHH!”
Come se fosse in grado di leggergli nella mente e volesse gettare un sasso nel lago delle sue certezze, il maggiore mosse nuovamente le proprie mani, portandole all’inguine di Frozen.
Il quale sentì ogni nervo urlare d’anticipazione con così tanta forza da fargli smettere il movimento che stava compiendo con il polso.
Sentì Def sorridere contro la sua guancia e l'istinto per qualche motivo gli suggerì pericolo; di quelli straordinari, bellissimi e che sapeva (o forse sperava) lo avrebbero prosciugato.
«Ho detto di volerti restituire la pietà di Kushiel, no?» gli chiese il maggiore, una domanda alla quale non doveva davvero rispondere, non era necessario, ma per la quale Frozen avrebbe iniziato a pregare se fosse stato necessario, e deglutí quando Def si mosse col busto per poterlo guardare.
Si sentiva così piccolo...
«Vedremo quanto ci metterai a chiedermi di smettere.»
Le parole del più grande gli rimasero sospese davanti al viso, facendolo sentire ancora più piccolo, tanto da poter essere preso nel palmo di una mano. Ma questo non gli fece paura, per niente.
Il gioco ormai era oltre ogni possibilità di essere fermato, e Frozen intuiva facilmente quanto il ragazzo si stesse divertendo. Questo lo colmò di un piacere molto più semplice rispetto a ciò che aveva provato fino a quel momento, un piacere totalmente slegato dai brividi che stava sentendo.
Non ebbe tempo però di pensarci, nonostante la sua mente fosse ovunque e stesse andando in mille direzioni differenti, perché Def riprese a baciarlo, prendendo la mano del minore per spostarla dai propri pantaloni e iniziando ad accarezzargli l'inguine da sopra i jeans attillati.

“Aprilo come una cozza, Def!”
“Ma!!! Da che razza di parte stai?!”
“Lascia fare, che ti serve.”
“Questo è tradimento.”
Frozen si ritrovò suo malgrado obbligato a chiudere gli occhi, cercando di gettarsi a capofitto nelle leggere scariche di piacere che la sua mano gli donava. Avrebbe voluto di più, ovviamente, non negava di sentirsi un bambino viziato, ma molto più che il reale contatto era l'idea di ciò che stava accadendo a dargli alla testa.
Stava venendo toccato, accarezzato, era l'avversario in una partita dalla quale non sarebbe mai uscito vincitore, e neanche voleva farlo; perché il gioco non prevedeva che lui vincesse, e andava bene così.
Il più piccolo portò entrambe le mani ai suoi bicipiti, stringendo appena, e si rese conto di star mordendo il proprio labbro inferiore solo quando Def gli aprì i jeans e portò la mano sopra ai boxer, facendolo ansimare solo un po’ più forte, a labbra aperte.
Si sentiva come una corda di violino, teso e ricettivo, pronto a suonare qualsiasi nota lui avesse voluto.

“La voglia di cazzo è una brutta bestia, eh?”
“Jdgwjbskwjr taci.”
Ma la mano del maggiore era troppo delicata, le sue dita troppo leggere perché le sensazioni diventassero vero piacere, e presto si trasformarono in un groviglio di frustrazione che annodò le viscere e la sua voce di Frozen.
Def rise quando il minore picchió il piede a terra.
«Se vuoi qualcosa in più, hai solo da chiedermelo.» gli sussurrò all'orecchio, parole calde come il fuoco e tentatrici come demoni che corsero giù lungo il petto del più piccolo fino all’erezione, crescente sotto la stoffa a contatto con la sua mano.
Cosa gli impedì di urlare non avrebbe saputo dirlo. La sua unica certezza, mentre apriva gli occhi sul soffitto e inspirava profondamente dal naso, era la sfida che gli era appena stata lanciata. Qualcosa dentro Frozen si impuntò, qualcuno avrebbe dato la colpa al suo segno zodiacale e altri semplicemente al suo caratteraccio, ma l’infantile orgoglio gli disse di non cedere.
Sebbene la propria sottomissione si sarebbe piegata con gioia ad ogni suo volere, quel briciolo di razionalità che mai lo abbandonava fece leva sulla vergogna. Cosa avrebbe pensato di lui se avesse ubbidito così facilmente? Ma non solo, non aveva forse provato un intimo e delicato piacere nel sapere di essere motivo del suo divertimento? Sarebbe stato in grado di sopportare la frustrazione -lui che spesso e volentieri dimostrava la maturità emotiva e l’autocontrollo di un bambino di tre anni- pur di saperlo divertito?
A Frozen bastò percepire il sorriso nella sua voce e vederlo nei suoi occhi per sapere la risposta.
«Lo so.» gli disse soltanto, il fiato pesante e la voce che a stento riconobbe come propria, e seppe di aver fatto la scelta giusta quando Def oltrepassó l'ostacolo dei suoi boxer per afferrare fra le dita il suo membro.
Il minore stava per saltar fuori dalla sua stessa pelle.

“Kohai, cazzo, io voglio il porn!”
“Ci sto provando!”
“Non abbastanza a quanto pare!”
“Come se non mi conoscessi…”
“Non ribattere e scopa!”
Il primo movimento fu di una lentezza esasperante. Lo sapeva che sarebbe stato così, ma certamente non poteva pensare di essere davvero pronto. Si morse nuovamente il labbro, non sapendo se sarebbe stato meglio ignorare il lento stillicidio delle dita di Def o lasciarsi andare al movimento e godere di quelle poche scosse che gli venivano donate. Decise di fare entrambe le cose, in un certo senso, la propria concentrazione focalizzata sulla mano del più grande e la propria razionalità a ricordargli che non poteva chiedere di più.
La frustrazione non si fece attendere, strisciandogli addosso come serpi, e Frozen si ritrovò a fissarlo negli occhi con uno sguardo che forse una parte di lui sperava impietosirlo.
Def rise piano in risposta a quello sguardo, stringendo un poco le dita e facendogli tendere la schiena.
«Devi solo chiedere.» gli ricordó, abbassandogli un poco i jeans aperti per poter muovere meglio la propria mano.
“Lo so!” avrebbe voluto ribattere Frozen, ancora, questa volta con tono spazientito, ma non lo fece. Si morse la lingua, agrottó le sopracciglia e sentì il fuoco nei propri occhi, ma rimase in silenzio, con le labbra strette e -ne era certo- il proprio tumulto dipinto a chiare lettere sul viso.
E così si ritrovò a fissarlo, lanciandogli occhiate ora languide e ora dure come pietra, alternando desiderio a odio con lo stesso ritmo al quale il maggiore alternava movimenti lenti a quelli più decisi.
Tutto quanto sembrava divertire profondamente Def, che continuò a masturbarlo con ritmo altalenante e imprevedibile, e non spostò per un istante gli occhi dai suoi anche mentre si mosse appena per poter premere il proprio membro sul fianco di Frozen. Il quale lentamente stava raggiungendo il punto di rottura.

“Come sei debole… ”
“Mai affermato il contrario, tbh.”
Con la frustrazione sempre più pressante sulla propria pelle e all'altezza dell’inguine, Frozen iniziò a maledire se stesso e il proprio orgoglio. Cosa gli sarebbe costato essere sincero? Sarebbe stato davvero così drammatico ammettere di desiderare tutto quello, di voler essere toccato, baciato, sedotto, giocato? Era una così grande tragedia essere debole, e trarne piacere, sentirsi a proprio agio nell'esserlo e non desiderare altro?!
No. No, dannazione, non lo era. Avrebbe dovuto essere se stesso, reagire non come pensava che ci si aspettasse da lui ma come davvero si sentiva. Era stupido da parte sua.
Come poteva pensare di gestire la frustrazione quando sapeva benissimo di avere tre anni? Perché farsi volontariamente del male quando, da sempre, non era mai riuscito a negarsi il piacere, facendo ogni cosa in suo potere non solo per ottenerlo il prima possibile ma esattamente nel modo che desiderava?
“Stupido. Stupido, stupido, stupido…”

“KOHAI DEVI SCOPARE.”
“Mi sono fatto prendere la mano, scusa!”
Doveva fare qualcosa. La frustrazione e il desiderio stavano infiammando i suoi nervi, rendendolo carico e instabile, una sensazione tremendamente simile a quando la sua iperattività prendeva il sopravvento e non aveva modo di stare seduto, trovandosi in movimento prima ancora di averlo pensato.
E così accadde. Frozen gli portò le mani ai polsi, le dita erratiche e febbrili, gli occhi languidi e le labbra gonfie, nonostante il pensiero razionale di compiere quel gesto non si fosse ancora formato pienamente.
«Basta.» riuscì in qualche modo a bofonchiare, facendo inarcare un sopracciglio a Def, che lo guardò appena sorpreso.
«Vuoi che smetta?» gli venne chiesto, e qualcosa nella sua voce aumentò la sensazione di urgenza che sentiva; più dell’iperattività, meno del panico.
«Sì… beh, no, io…» incespicó il più piccolo, la mente che correva troppo veloce affinché riuscisse davvero a starci dietro. Non gli piaceva essere così ma non poteva essere nessun altro, che gli andasse bene o meno.
Il maggiore attese un istante, non seppe se perché aveva capito che gli serviva qualche istante per descrivere a parole ciò che sentiva o per semplice curiosità, e prese un profondo respiro prima di continuare.
«Non è così che voglio…» iniziò Frozen, percependo una vampata di imbarazzo e chiudendo gli occhi per contrastarla, «… che voglio venire. »
Una lieve risata gli fece riaprire le palpebre e quando vide l’espressione di Def lo invidió parecchio. Pareva così calmo; ma riconobbe che chiunque, accanto a lui, lo sarebbe sembrato.
«Tu pensi troppo.» sorrise il più grande, la voce morbida, e forse fu quello a dargli la spinta finale che gli serviva.
«C'è un modo molto semplice per farmi smettere.» constató Frozen, prima di seguire l'istinto o forse il semplice desiderio e scivolare lungo la parete per inginocchiarsi di fronte a lui.

“FINALMENTE!!!”
“Ora potremo vedere il bro nella sua posizione più naturale.”
“I feel so attacked right now.”
Non alzò lo sguardo per controllare la reazione di Def al suo gesto, non ne ebbe il coraggio. Cercò anche di non pensare troppo mentre gli abbassava i pantaloni e i boxer, quel tanto che bastava per liberare la sua erezione e permettergli di avere più spazio per poterla accarezzare con la mano.
Non voleva pensare a niente, né quale opinione potesse avere Def di lui in quel momento né tantomeno concentrarsi troppo su ciò che stava facendo .
Gli importava, davvero? No. Gli sarebbe importato dopo, quando l'eccitazione sarebbe scemata? Assolutamente sì. Ma avrebbe avuto tempo per pensarci e ripensarci quando i suoi amici lo avrebbero stuzzicato e lui avrebbe desiderato sotterrarsi, o quando, una volta solo, si sarebbe chiesto il perché di ogni gesto.
Dopo, però.
In quel momento invece l'unica cosa alla quale voleva pensare era come potesse soddisfarlo, come potesse plasmarsi per essere la versione di sé che avrebbe potuto rispondere al meglio ai suoi bisogni.
Voleva essere la Phédre per la sua Melisandre.

“Altre citazioni?”
“You know me.”
Il primo movimento -spostare il busto in avanti e aprire le labbra- fu più difficile di quanto avesse sperato, ma una volta superato quell’ostacolo si rese conto che non avrebbe più voluto smettere.
Si mise solo un po’ più comodo, sistemando meglio le ginocchia e allargandole per regolare la propria altezza, prima di cominciare a muoversi, entrambe le mani arpionate alle cosce di Def.
Si sentiva libero. Non riusciva a pensare a nulla che non fosse la propria lingua sulla sua erezione e la durezza del suo membro a riempirgli le labbra; quasi non ricordava le preoccupazioni che lo avevano tenuto prigioniero fino a quel momento.
Niente aveva importanza.
Niente che non fosse il ragazzo davanti a lui, il suo sesso che gli scivolava dentro e fuori dalla bocca, la propria testa a seguire il leggero movimento dei suoi fianchi, niente che non fossero i suoi gemiti sommessi e i suoi ansiti di piacere, niente che non fosse solo e soltanto l’istante che stava vivendo.
Si sentiva grande, più grande di quanto non fosse mai stato, più grande della sua stessa pelle, sentiva di essere allo stesso tempo sia dentro che fuori al proprio corpo. Quasi rise di se stesso e di quei pensieri perché se avesse provato a dar loro una voce sapeva che nessuno avrebbe capito.
E andava bene così.
Le sue labbra si strinsero appena attorno alla carne del più grande mentre cercava di respirare dal naso per non dover smettere. Ma gli risultava difficile, per questo di tanto in tanto si tirava indietro col busto, respirando a bocca aperta prima di riprendere a dargli piacere, gli occhi socchiusi e persi nel momento.
Non esisteva più nulla.

“Hshsjhskhs.”
“Taci.”
“HWGSKSHSIQOSBX.”
“TACI, HO DETTO.”
Si sentiva in pace con se stesso, in pace con i propri desideri e con le proprie colpe. Frozen osó spingersi un po’ di più verso il bacino del ragazzo, facendo quindi scivolare maggiormente la sua erezione verso la propria gola, e questo gli causò un sussulto che pizzicó piacevolmente la sua sottomissione, quella sensazione di essere allo stesso tempo lì e ovunque.
«Non esagerare.» disse Def, ma tutto ciò che il minore riuscì a registrare fu la sua voce pesante per il piacere, il tono sottile come se stesse per spezzarsi. La sua mente costruì l'immagine di un filo, teso sull’arcolaio, tanto fine da risultare visibile solo a tratti ma di un materiale denso e brillante. Oro, forse.
Avrebbe riso, ancora, della sua fervida immaginazione e di quel cervello che così spesso aveva odiato per la sua tendenza a fare collegamenti troppo veloci e randomici, con il solo risultato di portarlo ovunque tranne che dove desiderava andare.
“Oh, lo stai facendo di nuovo…”

“EH.”
“Gomen!!!”
Il treno in corsa che erano diventati i suoi pensieri venne arrestato bruscamente quando Def posò una mano sulla sua testa, quasi a consigliargli un ritmo che potesse essere migliore per lui.
Tutto tornò a ridursi alla sua erezione, al modo in cui sembrava sempre sul punto di spingersi troppo in là contro la gola del minore, ma in qualche modo fermandosi quasi sempre in tempo, al movimento dei suoi fianchi e all’odore di sesso che gli fece girare la testa.
Il più piccolo gemette dal profondo del petto quando Def posò anche l'altra mano sui suoi capelli, di fatto prendendo il controllo e dettando il ritmo delle spinte.
Frozen glielo cedette più che volentieri, gratificando un proprio intimo piacere nel farlo. Non aveva alcuna intenzione, a quel punto, di controllare alcunché. Gli andava benissimo essere usato, giocato, come il maggiore riteneva piu opportuno. Gli andava bene al punto che il pensiero gli donò una scossa di piacere quasi fisico, una sensazione che gli corse nelle vene e gli tremó nei polsi, che gli partì dallo stomaco e terminò contro il proprio inguine.
Non fu in grado di resistere. Fece scivolare la mano fra le proprie cosce, massaggiandosi ad un ritmo che tentava al meglio di rispecchiare quello di Def, sentendosi esplodere i muscoli per il piacere.
Non solo quello ovvio e fisico, che faceva fremere i propri nervi, ma anche un piacere più sottile, che sfamava e dissetava la propria sottomissione come cibo prelibato e acqua di fonte.
Una parte di sé registrò il fastidio alla mandibola e il dolore alle ginocchia, ma il piccolo mostro che aveva preso controllo di lui non lo ritenne importante. Stava per venire, e supponeva lo stesso valesse per Def, e appena se ne rese conto la bestia della propria libido gli sussurrò all'orecchio una serie di pensieri che lo eccitarono, depravazioni e intimi desideri dei quali si sarebbe vergognato subito dopo l'orgasmo.
Dopo. Dopo, tutto dopo…
Frozen non ebbe preavviso. Veloce come un fulmine, la propria eccitazione si riversó dentro se stesso, infrangendosi contro la barriera della propria razionalità al pari di un mare in tempesta. Irrigidí i muscoli, si ritrovò ad ansimare a labbra aperte contro l’erezione del più grande, le gambe appena tremanti, e perse contatto con qualsiasi cosa che non fosse il proprio piacere per qualche istante.
Quel tanto che bastò a Def per raggiungere il proprio orgasmo, riempiendogli le orecchie del dolce suono dei suoi gemiti e tirandosi indietro appena in tempo per non sporcarlo.
Il più piccolo si ritrovò ad ansimare, senza sapere con esattezza cosa fare o dove posare lo sguardo a causa dell’imbarazzo che minacciava già di soffocargli la gola, ma il maggiore lo sorprese ancora, inginocchiandosi davanti a lui prima di prendergli il viso fra le mani e baciarlo.
Era nuovamente dolce, lento, senza bisogno di dimostrare nulla o prendere il sopravvento, come se avessero tempo e spazio, come se volesse prendersi cura di lui.
E non gli importava se fosse o meno la realtà, se fosse davvero tutto causa dell'alcol e dell’astinenza, se stesse ingigantendo qualcosa che in realtà era solo la soddisfazione di un prurito, non lo sapeva. Non poteva e non voleva. Gli sarebbe piaciuto aggrapparsi alla sensazione della propria sottomissione, a quando si era sentito estraneo al suo stesso corpo e l'aveva adorato, ma non ne fu in grado e fin troppo velocemente tornò dentro se stesso, dentro le sue manie e le sue paranoie.
Ora che l'eccitazione stava già iniziando a scivolargli via dalla pelle, Frozen aveva tutto il tempo che desiderava per imbarazzarsi.
‘Dopo’ era finalmente arrivato.

Fine.

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