Titolo: That was quite a show
Autore:
xmelchanxFandom: Merlin
Personaggi: Un po' tutti
Pairing: Arthur/Merlin
Avvertimenti: AU, angst (aka un sacco di pare, ma quando mai c'è angst senza di loro?)
Rating: PG13
Desclaimer: Tutto della BBC e relativi produttori. Io ovviamente non ci ricavo un soldo.
Riassunto: Arthur e Merlin hanno litigato. Di nuovo. Ma questa volta è un po' diverso.
EDIT: Causa post troppo largo per lj =.= Ho dovuto ridividere la storia: sono quattro capitoli totali, quindo due in questo post e due nella Parte 2 ^^
Avremmo potuto continuare così per sempre.
(Il Re Leone III)
In fondo cos’era Arthur? Solo quello con i capelli più biondi del circondario.
Anche se Merlin li aveva notati subito, non era certo così superficiale da tenersi qualcuno solo per il colore dei suoi capelli.
Il mondo era pieno di biondi convinti di essere i più fighi del pianeta, soprattutto nelle città grandi come Londra. Nel senso, sicuramente c’erano un sacco di montati coi capelli chiari anche nei paesini di campagna tipo Ealdor, ma più un posto è grande più gente c’è, e le possibilità crescono, no?
Quindi Merlin era rilassatissimo.
Non sarebbe nemmeno diventato uno di quegli individui patetici che dicono “sìsì va tutto bene, mi ricordo a malapena com’era fatto ” e poi si ritrovano a pomiciare nei locali con brutte copie degli stessi individui di cui “non ricordano più nemmeno la faccia”, cercando dettagli che per qualche motivo tutti i tuoi amici riconosceranno, e che li porteranno a guardarti scuotendo la testa e dicendoti che devi uscirne.
Merlin sentì un brivido per niente piacevole stringergli la spina dorsale in una stretta brevissima e così intensa da dargli un principio di vomito.
In effetti la cosa dei capelli biondi era proprio una stronzata, sarebbe stato molto meglio trovarsi qualcuno coi capelli rossi. E gli occhi di ogni colore possibile, tranne l’azzurro.
A parte che non gli piaceva l’idea di farsi qualcuno che somigliava all’attore di Ron in Harry Potter, brr, ma prendersi uno con quel colore degli occhi sarebbe stato quasi la stessa cosa di scegliersi il Pettyfer del locale (no, non era colpa di Merlin se conosceva Alexander Pettyfer - aveva accettato di andare a vedere Beastly con Gwen solo perché lei ci teneva tanto, e il nome di quel tizio gli era rimasto in mente solo per caso, non perché appena gli aveva visto i capelli aveva pensato “ce li ha più chiari di lui, ma non sono così belli”).
Chiuse gli occhi un momento. Va bene, era un po’ agitato. Pochissimo. Ma era normale, per sera sarebbe già sbollito e il giretto fuori con Gwen gli avrebbe fatto bene. Avrebbero chiacchierato e girellato per i quartieri ghiacciati, poi sarebbero andati a mangiare un gelato fuori stagione o qualcos’altro di buono e dolce in un locale caldo come un camino gigante. Magari Gwen sarebbe rimasta a dormire da lui, o si sarebbero chiusi in camera di lei, a divorare caramelle gommose guardando brutte commedie che facevano ridere solo perché erano storditi dai coloranti tossici delle caramelle.
- Dio Merlin, che femminuccia fastidiosa che sei! Non ti esploderà lo stomaco stile film splatter per qualche gelatina! -
- Non sono gelatine, sono caramelle gommose. -
- Stai davvero correggendomi sulla definizione di gelatina? Dimmi che ho sentito male. DIMMELO. -
Scosse la testa come un cane che si scuote la pioggia di dosso. Aveva cose molto più importanti a cui pensare, come il modo giusto di dire a Gwen che lui e Arthur non avevano più nessun tipo di, uhm, relazione. Non erano più amici, né amici che facevano sesso, né amici che NON facevano sesso con altri amici.
Non erano un bel niente, in effetti, e andava benissimo, lei non doveva restarci male, e nemmeno pensare che questo avrebbe minimamente influito sulla sua vita.
Merlin non lo avrebbe permesso.
*
- Dimmi che non l’avete fatto di nuovo, Merlin. Ti supplico. Non sono mentalmente o spiritualmente pronta per un’altra settimana di disperazione e canzoni emo. O grugniti e isterismo, dipende con chi sto parlando. Comunque - Gwen gli agitò una mano davanti alla faccia, come per essere sicura di avere tutta la sua attenzione - se davvero l’avete fatto di nuovo, risolviamola entro stasera, va bene? Chiamo Morgana, le dico-
Merlin coprì lo schermo del suo cellulare con una mano, fissandola negli occhi scuri e contrariati.
La luce delle sei di sera entrava dai vetri fumé del locale e ruscellava sui tavoli. I vetri dei bicchieri la tagliavano in trentamila colori diversi, e vedendoli riflessi sul tavolo a Merlin venne in mente la chiesa di Ealdor al tramonto, quando le panche si doravano per colpa delle vetrate colorate.
Non fu un bel pensiero. Lo fece sentire nello stesso modo in cui si sentiva quando la guardava: piccolo e con l’impressione che il cuore stesse per finirgli nei piedi, senza nessun motivo.
Sbatté gli occhi, tornò nel bar e guardò la faccia contratta di Gwen: - Mi dispiace che tu finisca sempre in mezzo a queste cose. - scosse un po’ la testa, d’istinto - Però questa volta è vero. Sul serio. - le parlò con dolcezza, ma senza lasciar vacillare la voce.
Gwen sospirò come sospirava quando le venivano dette delle cose che non le piacevano e a cui non credeva.
- Merlin, secondo te lo è sempre. Non sarebbe un mese normale se tu e Arthur non decideste di non avere più niente a che fare l’uno con l’altro, sai? -
Lui sorrise, perché quando la vedeva tentare di parlare seriamente e poi fallire e sorridere in quel modo, lui le andava dietro senza nemmeno accorgersene. Il sorriso fuggiasco di Gwen era troppo adorabile anche solo per provare a resistergli.
- Il fatto è che questa volta è andata in modo diverso. Non è un litigio normale. C’è stata anche tutta la scena tragica di lui che prende le sue cose e se ne va, renditi conto. -
Rise. Gwen no.
- Dici davvero? Ha portato via la roba che aveva lasciato a casa tua? -
Merlin annuì nel modo più solenne e ridicolo che la sua faccia riuscì a mettere insieme, sperando che servisse a farla sorridere. Si stupì quando funzionò.
- Anche quel maglione orribile, quello tutto verde. L’avrei buttato io se lo avesse lasciato, ma sai com’è quando decide di fare il teatrale, si sarebbe portato via anche i capelli che aveva lasciato sul divano se gli fossero venuti in mente. -
Gwen lo guardava come qualcuno che aspetta di vedere l’eroe di turno scoppiare in lacrime, pronta ad abbracciarlo e a dirgli “andrà tutto bene” con la voce rotta e gli occhi lacrimosi rivolti al cielo.
Avrebbero anche dovuto guardare meno film drammatici, stavano avendo effetti deleteri sul loro cervello.
- Com’è successo? -
Merlin scosse le spalle. - È successo e basta. Direi che l’importante è il finale. E a proposito di finali, non devi preoccuparti di niente, non cambierà nulla. Io… -
Gwen lo interruppe: sbatté gli occhi e poi li tenne chiusi per qualche secondo, e Merlin si zittì da solo.
Dopo un momento così, tornò a guardarlo: - Se non mi vuoi dire cos’è successo - iniziò, senza smettere di sorridere rassicurante come una mamma (stavano facendo a gara di rassicurazione o era un’impressione malata di Merlin?) - va bene. Ma non fingere di essere tranquillo, Merlin. Mi spaventerebbe. -
Lui scosse la testa, senza sapere bene perché. - Lo so che sembro calmo, ma è perché lo sono davvero. E lo sono perché la situazione è così chiara. -
Gwen gli prese le mani, fredde come sempre, nelle sue. Strinse come se volesse fargli male, ma senza smettere di sorridergli almeno un po’.
- Merlin, di solito litigate per qualche motivo stupido o meno stupido e tu dici che stai bene, poi tu non esci più di casa e quando scopriamo cos’è successo e veniamo a vedere, ti troviamo ridotto a uno straccio denutrito che ascolta canzoni pop deprimenti fingendo di lavorare. -
- Non è gentile farmi passare per il cliché di una quindicenne-clishé, sai? -
Gwen non finse nemmeno di ascoltarlo e continuò: - Ora sei qui e mi dici che Arthur ha portato via le sue cose e che tu sei tranquillo perché la situazione è chiara. Permettimi di pensare che appena rimarrai da solo penserai al suicidio. -
Scoppiò a ridere. - E dai Gwen, sembra esagerato persino a te! -
Gwen non gli lasciò le mani. - Lo sarebbe se non ti conoscessi. -
Merlin smise di ridere, e le sorrise e basta, in un modo così dolce, e fuori posto, che le diede dei brividi orrendi.
- Non basta conoscere qualcuno per sapere cosa farà. -
Gwen aveva voglia di piangere. All’improvviso, così dal nulla. Era arrivata allegra, si era preoccupata e poi spaventata, ma adesso le batteva forte il cuore e voleva piangere e basta.
- Che cos’è successo? - bisbigliò, di nuovo, alle loro mani strette forte.
- Niente delle cose terribili che pensi. -
Merlin sembrava essersi fissato con l’Attack un brutto sorriso da incubo.
- E allora cosa? - insisté lei. Non era una situazione normale, e quindi non era discreta come lo sarebbe stata normalmente.
- Allora è andata come sarebbe andata comunque, prima o poi. Era chiaro che non avremmo continuato così per sempre. -
La borsa di Gwen trillò. - Ignoralo. - disse, senza nemmeno sbattere gli occhi.
- Era un messaggio - vedendo che Gwen continuava fissarlo e non accennava lasciargli le mani, Merlin barò - potrebbe essere lui. O Morgana. Magari è una cosa importante. -
La sua manovra era talmente ovvia che trascendeva il semplice patetico, ma Merlin sapeva anche che alla parola “importante” Gwen sarebbe scattata come se l’avesse punta una vespa. Magari qualcuno era nei guai. Gwen non avrebbe potuto lasciar correre quel pensiero.
Come a volergli dare ragione, lei liberò una mano dalle sue e aprì il messaggio. Se fosse stato un annuncio tragico, tipo che Morgana aveva deciso di scappare di casa, SERIAMENTE, questa volta, forse Merlin avrebbe riavuto anche l’altra mano libera.
- In effetti è Morgana. Dice che Arthur è arrivato a casa con uno scatolone di robaccia e non… non sta bene. -
Merlin per un attimo pensò di chiederle cosa c’era scritto davvero nel messaggio, ma poi si rese conto che lui non le stava dicendo niente di quel che era successo, pur sapendo bene che così l’avrebbe fatta angosciare ancor di più, e decise di star zitto.
- Gli passerà. Gli passa sempre tutto, lo sai. -
Nonostante quello che dicevano certe malelingue insopportabili, lui era bravo a capire le cose. Alcune, almeno. Una di queste era che meno pronunciava il nome di Arthur meno gli sembrava di parlare di lui.
- Merlin, ascoltami … -
- Gwen - la interruppe un’altra volta, e si sentì spregevole, di una prepotenza da viscido bastardo. Gwen era troppo buona per arrabbiarsi con lui perché non la lasciava parlare, era da infami approfittarsene. -Sapevo che ti saresti preoccupata, ma ho pensato che fosse meglio dirtelo subito. Sono io che ti prego: non consumarti su questa cosa. - si morse un labbro - Doveva succedere ed è successo. Nuova pagina. - tolse una mano dalla sua per fare il gesto di voltare davvero una pagina, sperando di nuovo di riuscire farla sorridere con un gesto da cartone animato. E che lei non si accorgesse che gli tremava la mano.
Questa volta lei lo ignorò.
- Arthur - il nome gli bruciò la lingua, c’era cascato - si fa passare il malumore e la rabbia quasi alla stessa velocità con cui decide di ammazzare Morgana. Sarà così anche stavolta. -
- Lo sai benissimo che dipende dal motivo, per cui si arrabbia - Gwen era testardamente decisa a non credere a nessuna bugia o generalizzazione che attutisse la caduta massi, e Merlin non riusciva a non amarla, per questo. Ma vederla così preoccupata lo faceva sentire in colpa, e Merlin era sempre stato un disastro, coi sensi di colpa..
- Lo so, ma questa volta non è niente di drammatico. E a proposito di cose non drammatiche, dopocena cosa facciamo? -
Gwen lo guardò ancora un momento, poi sciolse definitivamente le mani dalle sue per appoggiarsele alle tempie e massaggiarle. Probabilmente aveva capito che se si affidava a modi di sviare la conversazione così idioti, era veramente pronto a tutto pur di non dirle la verità.
- In teoria Morgana aveva proposto di trovarci tutti vicino a casa sua, ma a questo punto… - Gwen tacque un momento, e Merlin ne approfittò per fare una domanda senza doverle parlare sopra.
- Ci sarà anche Lancelot? -
Gwen lo guardò come se si fosse messo a parlare del moto dei pianeti, ma pianeti bellissimi.
- Morgana ha detto che saremo tutti, quindi sì, ma perché? -
Merlin fece il primo sorriso non-spaventoso dopo quelle che a Gwen parevano ere geologiche.
- Perché stavi per propormi di andare a casa a fare gli emo insieme, e ti ringrazio ma rifiuto. -
- Non l’avevo pensata in questi termini. - rispose, fingendo di essere offesa.
Merlin rise. - Di sicuro pensavi a parole più gentili, e anche questo è molto carino da parte tua, ma possiamo farlo domani. -
- Perché non stasera? - insisté lei, dimostrando di essere davvero brava a mettere da parte ogni scrupolo quando decideva di non essere accomodante.
- Perché hai un cavaliere che ti aspetta davanti a Villa Camelot. -
- E tu cosa vorresti fare? Dev’essere qualcosa di molto bello perché non finiamo nel mio appartamento a guardare film stupidi, sappilo. -
Merlin disse una bugia (giusto la cosa adatta per sentirsi meglio), ma quando vide il volto di Gwen rilassarsi, decise che era il momento giusto per guardare l’orologio e farle notare che se voleva passare da casa a cambiarsi era il caso di andare a pagare il conto delle cioccolate calde e avviarsi.
-*-
2.
So you're gone and I'm haunted
(Almost Lover, A Fine Frenzy)
Un’ora dopo Merlin era a casa da solo, senza nessuna intenzione di accendere il videotelefono e provare a contattare Will. Non aveva voglia di ripetere la mezza storia anche a lui, e sapeva che se avesse composto il numero entro un quarto d’ora sarebbe stato punto a capo: a sentirsi dire che aveva fatto benissimo, certo, ma comunque punto a capo.
Si mise a guardare la televisione. C’era un documentario di History Channel sulla Exacalibur e i posti dove avrebbe potuto trovarsi nell’Anno Domini 2012. Merlin alzò il volume e si coprì col plaid, finendo per raggomitolarsi nell’angolo del divano come una pallina smunta e bianchissima.
Aveva detto una bugia a fin di bene a Gwen per convincerla ad andare all’appuntamento, ma sulla questione di non essere una quindicenne scema non aveva mentito. Quindi non avrebbe pianto.
Ebbe una mezza idea di farlo solo quando squillò il campanello, e trascinandosi fino al videocitofono col plaid sulle spalle scoprì che era davvero chi aveva temuto al primo DINDIN.
“Pronto?” borbottò. La voce calda del presentatore nemmeno gli arrivava più, doveva essersi persa nel tragitto di due metri dal divano alla parete dell’ingresso.
“MERLIN!” la voce di Morgana, invece, lo assordò senza nessun problema. “Pensavi davvero di restare tappato là dentro tutta la sera? Apri!”
Merlin sospirò e per un pazzo momento si chiese se fosse il caso raccontarle che tornato a casa aveva scoperto di avere la febbre a quaranta; poi pensò che quella secondo i criteri di Morgana sarebbe stata una perfetta giustificazione per sfondare il portone di vetro del palazzo ed entrare in casa prendendo a calci la porta. Con Gwen al seguito, ovviamente, pronta a raccogliere i pezzi di legno e ferraglia e ammucchiarli negli angoli, per facilitare le cose agli operai che avrebbero dovuto sistemare tutto il casino.
“Ti apro.”
Si guardò intorno in preda a un improvviso panico, pregando qualunque Dio di riuscire a cambiarsi e vestirsi decentemente prima che arrivassero. Se si fosse fatto trovare in pigiama e plaid-coperta-di-Linus Gwen si sarebbe convinta di aver avuto ragione fin dall’inizio, e che lui si era davvero conciato come un barbone e lasciato morire sul divano (cosa che in effetti aveva fatto, ma il punto non era quello - Merlin nemmeno sapeva più se ci fosse, un punto).
Poi ebbe l’idea: bastava lasciarle fuori per qualche minuto, il tempo di infilarsi almeno una maglia pulita, e poi dire che quando avevano citofonato era in bagno, e che dopo ci era dovuto tornare. Semplice, machiavellico, sarebbe venuto in mente a chiunque avesse avuto un cervello più grosso di una nocciolina.
“Possibile che tu sia così stupido?”
“Io? Sono IO quello che ha scordato le chiavi in casa, Merlin?!”
“No, ma la gente normale a questo punto chiamerebbe un fabbro, non spaccherebbe la mia serratura di casa!”
“Non la sto spaccando, la sto aprendo!”
”Certo, con una molletta! Una molletta con sopra degli Swaroski! Morgana ne sarà entusiasta.”
“Merlin, sta’ zitto e basta! Non fai altro che lamentarti! … Cos’era questo rumore?”
“… si è rotta la molletta, stupido somaro! Te l’avevo detto, era una…”
“Basta Merlin, sembri una vecchia suocera insopportabile!”
“E tu…”
“Merlin! Apri subito, lo so che stai cercando un modo per cambiarti in zero secondi e toglierti quei quattro stracci di dosso!”
Ovviamente. Se Gwen era capace di perdere ogni sua discretezza nel giro di niente, Morgana poteva abbandonare i toni da affascinante sorellona iper-protettiva appena non gli facevano più comodo. Eppure le fu grato, perché le sue urla erano abilissime nel coprire quei pensieri subdoli, idioti e vecchi che gli scioglievano il cervello come un acido.
Aprì senza nemmeno più preoccuparsi di lasciare la coperta sul divano.
“Ciao!” la salutò, con tutta l’allegria che riuscì a mettere insieme nell’arco di una frazione di secondo scarsa.
Lei lo ignorò ed entrò in casa, sbirciando subito intorno.
Poi lo guardò col volto corrucciato, bellissima come sempre e come sempre di cinque centimetri più alta di lui. Coi tacchi diventava inquietante come una top model vista dal vivo.
“Ho detto a Gwen di aspettarci giù, altrimenti avresti trovato un modo per convincerla che fosse giusto lasciarti qui.”
Prima che Merlin potesse dire qualsiasi cosa, da “ma che stai dicendo” a “vuoi un tè?”, lei si mise ad annusare l’aria come se cercasse odore di gas in una casa piena di gente addormentata. Gli fece segno di star zitto anche se non aveva effettivamente detto nulla.
“Almeno l’odore è umano.” Concluse. “Quando Arthur fa l’isterico camera sua diventa peggio di una stalla usata come deposito cadaveri.”
Merlin non disse niente. Poi si ricordò che non dire niente avrebbe aggravato ulteriormente l’atmosfera non proprio allegra, e si sforzò di sorridere. E dopo fece una cosa che non aveva mai fatto.
“Da quando noi ci baciamo, Merlin?”
Lui le sorrise come aveva fatto al bar poche ore prima, ma Morgana non era Gwen, e non si spaventò. Pensò solo che avrebbe voluto spaccare tutti i denti ad Arthur, perché un’espressione simile sul volto di Merlin non era innaturale, era profana.
Hai ucciso una cosa purissima.
… Morgana non era sicura di voler sapere perché la faccia di Merlin gli aveva fatto venire in mente gli unicorni e Harry Potter.
Decise di tornare al centro della questione.
“Merlin, mi hai appena dato un bacio sulla guancia. C’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo, lo sai vero?”
Merlin si mise a ridere.
“Non mi baci nemmeno al mio compleanno, cosa vorrebbe dire ora?”
Lui smise di ridere, e rifece solo quella faccia spaventosa che non avrebbe dovuto essere contemplata nell’ordine delle cose.
“Mi è sembrata la cosa giusta da fare. Proprio perché non l’avevo mai fatto.” E perché forse era una delle ultime occasioni. “Vuoi bere qualcosa?” Fece per avviarsi nella cucina-sgabuzzino, dove la teiera di ferro che Gwen gli aveva regalato per i ventun anni stazionava sul fornello, ma Morgana lo prese per la manica della vestaglia e lo inchiodò sul posto.
“Voglio bere qualcosa, Merlin. Dove preferisci, ma fuori di qui. Mettiti quello che vuoi e andiamo.”
Merlin si sentì stupido per aver anche solo pensato di potersi comportare come avrebbe fatto con Gwen. Era così ovvio che Morgana avrebbe voluto tutto e subito. È una Pendragon, dopotutto.
Piantala.
Merlin le toccò appena la mano, e quando lei fu abbastanza sicura che non sarebbe volato fuori dalla finestra, suicidandosi dal terzo piano tramite sfracellamento a terra o in alternativa scappando da lei e aggrappandosi ai ferretti della grondaia come l’Uomo Ragno (per poi sfracellarsi a terra, considerate le sue non-capacità atletiche), lo lasciò andare.
Andò a sedersi sul divano, e si chiuse un po’ meglio i cordini della vestaglia che ciondolavano tristemente sulle sue ginocchia. Sentiva lo sguardo fisso di Morgana come se gli stesse premendo sulla trachea.
“Se ci farai un fiocco capirò che vuoi annunciarmi la fine del mondo grazie a tuoi insospettabili poteri ESP, e mi sentirò autorizzata a stenderti e portarti dallo psichiatra più vicino.” Annunciò lei.
Non era giusto. Persino il loro modo di prenderlo in giro era troppo simile. Morgana era come lui, ma più elegante. Riusciva a mettere insieme frasi così articolate che suo fratello si sarebbe perso nemmeno a metà, ma il loro sarcasmo era accordato sulla stessa nota inconfondibile.
Merlin si sentì circondato, e immensamente stanco. Avrebbe dovuto immaginarlo, che nessuno lo avrebbe aiutato nel passare oltre, ma nemmeno un giorno e lui era già e pezzi. Come sarebbe stato di lì a una settimana?
“Morgana” cercò le parole giuste. Non le trovò. “non penso di poter venire stasera. E nemmeno domani.”
Lei sbuffò, e batté un piede per terra come una ragazzina infastidita. “Chissà perché immaginavo che lo avresti detto. Non m’interessa. Vestiti e spiega le tue ragioni mentre lo fai.”
Merlin continuò a parlare, fermo sul divano “Noi due siamo amici. E proprio perché lo siamo, non farò l'egoista.”
Merlin lo sapeva di star facendo la figura del tragico, la recita, ma farla breve e guardarsi le mani mentre diceva quelle cose gli sembrava l’unico modo per dirle. Guardando Morgana avrebbe potuto interrompersi, e procrastinare quel discorso sarebbe stato l’equivalente di lasciare una bestia in agonia.
“Leon, Lancelot, anche Gwaine, sono tutti suoi amici.” continuò “Se vivessimo ai tempi di Re Artù sarebbero i suoi accidenti di cavalieri, basta guardarli per capirlo, se ne accorgerebbe chiunque. “ Non riuscì a trattenere un sorriso “Però sono anche tutti delle belle persone, ed è proprio per questo che non ho intenzione di metterli nella condizione di scegliere e poi sentirsi in colpa. Sanno benissimo quello che sta succedendo, e sanno benissimo che al momento il loro eroe è arrabbiato con me. Se scendessi adesso sarebbero comunque gentili, perché è nella loro natura. Ma non potrebbero essere a loro agio, perché lo è anche la loro lealtà verso Arthur."
Zing
“Non gli imporrò una cosa simile solo per uscire un’ultima sera a far finta che non sia cambiato niente.”
Si decise finalmente a guardare Morgana.
Lei lo fissava e basta, e a Merlin sembrò di poter scorgere minuscoli falò ardere nelle sue pupille più nere di un oceano profondo.
“Non capisco una parola di quello che dici.”
Merlin fece per l’ennesima volta il suo nuovo sorriso da incubo, che nella mente di Morgana sarebbe rimasto sempre il sorriso Arthur Cos’Hai Fatto.
“Invece hai capito benissimo. È quello il problema, vero?”
Merlin la guardò chinarsi sul tappeto zeppo di polvere che ristagnava sul tappeto da tempo indefinito (al momento faceva fatica a immaginare di fare qualcosa di banale e scontato come passare l’aspirapolvere, ma per qualche delirio dell’inconscio pensò che così i bellissimi pantaloni da millemila sterline di Morgana si sarebbero sporcati, e che era un peccato).
“Quello che ho capito“ disse lei fissandolo “è che tu stai delirando sulla natura umana con frasi da ottanta righe ciascuna, e io sto pensando a quale chiave inserire su Google per trovare il modo più lento di uccidere un ventiduenne.”
Merlin continuava a sorridere. “Vuoi porre fine ai miei deliri in modo così drastico?”
“No, voglio ammazzare quel pezzo di somaro di mio fratello.”
“Non penso che Uther pagherebbe per il tuo avvocato difensore, sai?”
Morgana lo guardò male in un modo così particolare, e che conosceva così bene, che a Merlin venne voglia di chiederle di andarsene. Non l’avrebbe mai fatto davvero, ma se non l’avesse conosciuta si sarebbe chiesto se si stesse comportando come la fotocopia dotata di vagina di Arthur più del solito solo per cattiveria.
- Merlin, le cose sono due, e sono molto semplici. O mi dici cosa diavolo è successo o ti stordisco davvero e poi ti porto fuori così come sei. -
Alla fine Merlin decise di affidarle quantomeno una briciola insignificante di verità. Abbastanza da acquietarla un poco senza rimestare ancora su tutto.
- Arthur… - “ignora.“ - Arthur mi ha fatto capire come la pensa su certi argomenti, e io ho agito di conseguenza. -
- Certi argomenti, Merlin? Dillo e basta, cosa ti ha fatto questa volta?-
Eccola di nuovo: la certezza che Mogana preferiva un milione di volte dare la colpa ad Arthur anche per il buco nell'ozono che prendersela con lui. Aveva passato al vita a litigare con Arthur, e nemmeno una delle loro liti, anche per le cose importanti, l'aveva mai fatta smettere di amarlo.
Per lei infuriarsi con Arthur fino a esplodere era mille volte più semplice che dover affrontare una conversazione spiacevole con Merlin. Lui era certo che nel cuore così splendente di Morgana, Arthur avesse un piedistallo privato con la scritta "tanto sono eterno"; avrebbe scommesso un braccio che il pensiero di perdere il suo bellissimo, arrogante e stupido fratellastro per una litigata più incazzosa non aveva mai sfiorato il cervello di Morgana: incrinare il suo rapporto di affetto protettivo con Merlin per colpa di una conversazione troppo scomoda era un'opzione molto più realistica.
Merlin cominciava a pensare che forse la cosa più giusta da fare fosse farla contenta, dirle tutto. Godersi il suo supporto incondizionato, e poi uscire a mettere in pratica il principio con cui aveva liberato casa propria da un sacco di roba che non aveva comprato lui, sperando che il resto del mondo lo perdonasse per aver almeno fatto finta di andare avanti.
“Hai dimenticato il videotelefono.”
“Vaffanculo, Merlin.”
“Morgana.”
La scostò pianissimo, e non riuscì nemmeno a stupirsi quando lei lo lasciò andare senza opporre resistenza. Doveva averla convinta qualcosa nel tono della sua voce, ma non sapeva davvero cosa.
Non aveva tutta questa importanza.
Andò al tavolino vicino all’altro piccolo divano del salotto, si inginocchiò davanti al muro e strappò dei cavi dalle prese di corrente. Poi si tirò su e prese tra le braccia la scatoletta di metallo che era adagiata sul tavolo.
“Ti dispiace riportarla a casa? L’ha scordata qui.”
Ecco, adesso anche Morgana aveva in faccia qualcosa che somigliava vagamente alla paura. Una specie di timore, come se finora non avesse voluto capire l’entità della situazione, e lui le avesse brutalmente sbattuto in faccia l’evidenza delle cose con quello stupido gesto impacciato, mentre la scatoletta di metallo e plastica rischiava di scivolargli dalle mani e lui doveva far forza sui suoi muscoli scarsissimi per tenerla su.
Morgana non mosse un passo.
“Te l’ha regalato, Merlin. È tuo, che accidenti ti viene in mente?”
“Non è mio. L’ha preso quando è andato via a Dicembre ed è rimasto qui anche dopo. In effetti un paio di volte l’ho usato per parlare anche con Will, non avrei dovuto.”
“Rimettilo a posto, Merlin."
Eccola di nuovo. Quella stanchezza. Morgana si stava impegnando a rendere tutto ancora più difficile e penoso di quanto già non fosse (e lo era tanto), ma lui avrebbe dovuto saperlo nel momento stesso in cui le aveva aperto il portone dabbasso che sarebbe finita così. Appoggiò il videocitofono sul divano e le disse che non l’avrebbe tenuto comunque, l’alternativa era regalarlo, e che scegliesse lei.
“Merlin, dimmi cosa ti ha fatto. Dillo e basta.”
Lui la guardò, e capì di essere riuscito in un’impresa quasi impossibile per chiunque altro. Era riuscito a far quasi piangere Morgana Pendragon.
Il quasi era perché non l’avrebbe mai fatto davanti a lui, naturalmente, e di quel passo gli avrebbe chiesto con voce fermissima di usare il bagno, lui avrebbe detto “certo” e sarebbe rimasto qualche minuto a pensare che Morgana si stava asciugando gli occhi con rabbia nel suo bagno-sgabuzzino ed era tutta colpa sua.
“Arthur è fidanzato con Sophia.” iniziò, soddisfatto per il tono rilassato con cui gli era uscito. Magari usare un tono privo di isteria avrebbe aiutato.
... va bene, non ci credeva nemmeno lui.
“Non credo che tu conoscessi la situazione nei particolari, ma è così."
Morgana alzò una mano per interromerlo.
"So che a Uther piace cianciare di matrimoni combinati, ogni tanto butta lì idiozie del genere anche a me. Ma non ci crede fino in fondo, lo sa anche lui che per sua grande sfortuna siamo nel duemiladodici."
"Morgana, io penso che sappia solo che tu lo sai. Ma conosci Arthur, se vostro padre s'impone più del minimo su qualcosa lui lo farà. Soprattutto se in fondo non pensa che sia una cosa sbagliata."
Lei aggottò le sopracciglia, e una lineetta di disappuntò le segnò la pelle bianchissima della fronte. Chissà come faceva a non sembrare nemmeno per sbaglio una ruga.
"E' ovvio che pensa che lo sia! Arthur è un idiota, ma i matrimoni combinati sono una cosa che... Merlin, come ha fatto a venirti in mente un'idea del genere?"
"Mi è venuta perché ad Arthur sono sempre piaciute le ragazze, e anche tu lo hai visto con Sophia."
"E' educato e carino con lei, anche se è odiosa. Ma è normale, lo è con tutte le ragazze. Non chiedermi perché ma questa specie di cosa ce l'ha sempre avuta, l'unica ragazza con cui l'ho mai visto litigare sono io."
"Questo lo so, ma Sophia in fondo non gli è mai dispiasciuta. E' una bella ragazza, sprizza feromoni e... Morgana, lo sai anche tu. Il fidanzamento di fatto c'è, e se Arthur non si opporrà è una cosa che prima o poi verrà fuori e basta. Probabilmente tra un annetto si sposeranno in pompa magna o qualcosa del genere. Io ho solo deciso che non ho voglia di essere lì quando accadrà.”
“Merlin, ma sei seriamente uscito di testa? Ad Arthur piaci tu.”
Morgana lo disse in modo così buffo, con la faccia quasi in super-deformed, che a Merlin venne da ridere di nuovo. Magari in modo un po’ isterico, stavolta, ma gli venne da ridere.
“Questo non... non è come pensi tu. Non è così semplice, e Arthur... lascia stare, perfavore. Arthur è fidanzato, l'ho scoperto e ho deciso di chiudere la questione e basta invece di trascinarcela dietro. Nient'altro”
Vide Morgana aprire la bocca per rispondergli qualcosa, capì che non sarebbero state belle parole e poi, per una volta nella sua sfigatissima vita, Merlin fu salvato in corner. Roba da farci sul calendario.
“Ragazzi…?”
Si voltarono verso la porta, e lì c’era Lancelot. Si sporgeva dalla porta sorridendo, con la fronte un po' aggrottata e l'aria di chi in effetti sa di aver salvato una situazione in corner.
“Lance, Merlin non vuole uscire perché è convinto che gli terrete il muso. Cosa ne pensi?”
“Morgana!” Merlin si sentì morire. Nel giro di dieci minuti sarebbe diventato per tutti una specie di ragazzina delle medie molto immatura. Morgana era davvero insuperabile anche quando decideva di piegare le parole altrui secondo la propria personalissima interpretazione.
“Lancelot, non era quello che intendevo…” iniziò, ma lui gli sorrise, e Merlin sentì scivolare via ogni straccio di determinazione riguardo alle stoiche decisioni sulle scelte e l’egoismo.
“Merlin, le questioni tra te e Arthur non sono esattamente il nostro campo. E temo che se Morgana scenderà da sola Gwen avrà una crisi di nervi e passerà la notte davanti a casa tua, pregandoti di aprire e non fare sciocchezze.” Calcò forte le ultime parole, come se trovasse la cosa buffa e anche un po’ tenera.
Merlin non poté trattenere una risata. L’idea era tragicamente verosimile: non abbastanza da farlo sentire di nuovo in colpa (perché era ovvio che avrebbe aperto subito a Gwen, non l’avrebbe mai e poi mai lasciata sul pianerottolo!), ma sufficiente per farlo ridere.
“Mh” mugugnò alla fine, sapendo che si stava arrendendo a fare la cosa sbagliata “in effetti una passeggiata potrei anche farla.”
“Lance, ti offrirò la cena. Sappilo.” Morgana era tornata del tutta padrona di sé nel giro di dieci secondi, e adesso parlava col tono più annoiato del suo repertorio (ne aveva uno, sì) e ripeteva a Merlin che a volte era davvero un bambino.
Per le dieci e mezzo di sera stavano passeggiando davanti a uno Starbuck’s chiuso, con alle spalle un paio di fermate metropolitana, e Merlin aveva il braccio di un Gwaine leggermente brillo attorno alle spalle e la sua voce divertita nelle orecchie.
Era tutto così bello e normale che avrebbe voluto non tornare più al casa.
E avrebbe voluto anche non aver bevuto due birre di seguito, perché se fosse stato del tutto sobrio si sarebbe accorto della vicinanza esagerata con il cavolo di palazzo della zona alta di Londra dove vivevano Morgana, suo fratello (vedi che le perifrasi sono un bella cosa?) e Uther. Insieme a una dozzina di servitori sparsi, certo.
“Perché siamo qui?” biasciò Gwen al suo orecchio, chiarissimo nella strada silenziosa.
“Non lo so.” Si sforzò di ragionare. Nessuna aveva parlato di passare di lì, di questo era sicuro.
“Perché voglio che Gwen vada a letto col cuore in pace.” Li freddò Morgana, e poi suonò il campanello di Villa Camelot.
Merlin si chiese cosa sarebbe accaduto se avesse alzato i tacchi e provato ad andarsene. Si rispose che lo sapeva benissimo: Morgana avrebbe detto a Leon di riportarlo indietro a braccia, e vista l’aria persa il suddetto doveva essere abbastanza brillo da farlo davvero.
Aprì la bocca per protestare in qualche modo, ma la bocca gli si seccò appena il portone si spalancò su di loro: ovviamente lì c’era Arthur (l’ho fatto di nuovo), insieme alla voce non molto lontana di un cronista sportivo.
Merlin non era ancora abbastanza stordito da dimenticare che era giovedì: il fottuto giorno libero delle cameriere, quindi ovvio che aprissero o lui o Uther. Non voleva sapere se Morgana aveva calcolato anche quello. Davvero, no.
“Sei già qui?” le fece Arthur, sgarbato.
Merlin, suo malgrado, si stupì un poco. Non erano strane le parole, era strano il tono. Di solito con Morgana Arthur faceva sfoggio di tutti i suoi modi di fare più antipatici e infantili, ma era davvero raro che rispondesse in modo così incattivito.
Lei non incassò bene.
Infatti gli sorrise, cosa che gettò tutti in un preoccupatissimo silenzio che fu lei a spezzare come una stalattite troncata sulle ginocchia: “Esatto, e se ti rivolgi di nuovo a me con quel tono ti stacco la testa dal collo.”
Arthur la guardò di sbiecò, poi si fece in là di un minuscolo passetto per farla passare.
Quando Morgana si fu avviata verso il salotto, senza girarsi indietro nemmeno per un momento e rispondendo secca “Sono io” alla voce di Uther dal piano di sopra, Arthur aprì tutta la porta per farli passare.
Merlin rimase in fondo alla fila, dietro a Gwen. Arthur non sembrò nemmeno vederlo, e si allontanò verso la sala principale parlando con Lancelot della partita. Merlin si chiese se non fosse quello il momento giusto per levarsi di torno, ma Gwen fece attenzione a tirarlo con delicatezza per una manica e lui lasciò perdere. In fondo il vero motivo per cui erano lì era che Morgana voleva che succedesse: se non fosse nemmeno entrato in salotto sarebbe tornata al piano-Leon, e arrivati a quel punto sarebbe stato come cominciare a raschiare il fondo con un cucchiaino da caffè.
Entrò nel gigantesco salotto cercando di non fare rumore, e adocchiò subito una sedia un po’ spostata, del tavolo di vetro dietro ai divani. Così sarebbe riuscito a mettersi in disparte e allo stesso tempo avrebbe fatto un favore alla cameriera distratta (era abbastanza sicuro che Uther non prendesse bene le disattenzioni dei sottoposti, né al lavoro né in casa).
Finse di non vedere l’occhiataccia di Morgana e sistemò la sedia dietro a un tavolino tra un divano e una poltrona poco distanti dalla televisione.
L’atmosfera, per chi non si chiamava Merlin, era rilassata e allegra. I ragazzi avevano cominciato a guardare la partita quando lui ancora stava entrando, e persino Morgana ogni tanto si distraeva da Gwen e dalle occhiate che continuava a lanciargli per controllare come andava il gioco.
A lui il calcio non era mai interessato, e si sentiva più malinconico che mai.
Si disse che era tutta colpa delle birre.
Ma avrebbe dovuto farci l’abitudine, se davvero non aveva intenzione di seguire le sue stoiche decisioni sulle uscite di gruppo.