... un* psicopatic*/un* frustrat*/un* pervertit*
Dato che Flan su Twitter ha linkato un gioioso articolo del Corriere della Sera (sì, proprio quel Corriere), in cui signora giornalista e signor professore hanno deciso che dovevano tentare di capire il fenomeno delle fanfiction (poveri noi), ho deciso di riportare qui un estratto, perché a parte il wtf (... SANNO. Sanno che esistiamo. E' il momento di scappare), c'è stato il momento "...ma anche no".
Dall'articolo:
"Henry Jenkins, professore della University of South California e pioniere degli studi sulle comunità di fan, definisce questo genere letterario «un prodotto della fascinazione e della frustrazione» degli spettatori. Spiega Jenkins al «Corriere della Sera»: «Se i fan non fossero affascinati da un programma, non continuerebbero a occuparsene.Me se non ne fossero frustrati, non si metterebbero a rielaborarlo». Le «fan fiction» sono il tentativo di dare espressione, attraverso i personaggi della cultura popolare, ad aspirazioni di gruppi che non trovano adeguato riconoscimento in quella cultura. E infatti - puntualizza Jenkins in Cultura Convergente (edizioni Apogeo) - sono scritte per lo più da donne e sono spesso a tematica gay."
Io vi prego. Signor professore e signora giornalista. Vi prego. Evitate di tentare di capirci qualcosa, perché no, non è così. Non scriviamo perché siamo frustrati. Non siamo psicopatici. E non siamo pervertiti (non sul serio, almeno).
QUI per l'articolo (che parla di Glee e fanfiction, - seh, lo so -, ma la cosa che interessava veramente a me - e che ha scaturito una divertente discussione - è questo paragrafo qui sopra).