La mia prima ff per il p0rn fest! Che emozione! Mi sento... beh. Mi sento sverginata.
Pairing: Seblaine
Parole: 2522
Prompt:"Sebastian, siamo in luna di miele da quattro giorni e per ora non ho visto altro che il soffitto della stanza d'alberg-"
Senza dubbio, il periodo più felice del matrimonio è la luna di miele.
Quella vacanza di dieci, quindici o - se si è fortunati - venti giorni, in cui alloggi in alberghi extralusso e visiti posti meravigliosi, unici, che non ti capiterà mai più di vedere in tutta la vita; quella vacanza che sogni da sempre e che, per un motivo o per un altro, non sei mai riuscito a fare. E invece ora sei lì, con la tua metà, la tua anima gemella, avete appena coronato le vostre promesse d’amore e non potreste essere più felici e innamorati di come siete ora.
Ecco, era esattamente come si sentivano Sebastian e Blaine: felici, innamorati, nella loro vacanza da sogno. Volevano visitare l’Australia da sempre: ne parlavano sin dal primo anniversario, quando ancora erano piccoli, liceali e non avevano la più vaga idea che si sarebbero uniti per l’eternità. O meglio, una vaga idea ce l’avevano anche, ma non il coraggio di esprimerla ad alta voce.
E quindi, quando per il loro tanto atteso matrimonio - cinque anni di fidanzamento cominciavano a diventare significativi - i genitori di Sebastian li avevano sorpresi con carta d’imbarco e passaporti, beh, inutile dire che avevano letteralmente colto la palla al balzo. E pensare che alcuni si lamentavano della loro veneranda età: a saperlo prima, di ricevere un regalo di nozze simile, si sarebbero sposati a sedici anni.
E quindi, le nozze. Parliamo di queste nozze. Della torta, degli invitati, di Cooper che ballava un lento con la sua nuova fidanzata Elizabeth - era quella giusta stavolta, lo diceva sempre, ma stavolta ci credeva davvero - e di Susan Anderson che aveva pianto dall’inizio alla fine. Non si era nemmeno truccata tanto voleva piangere. Poi, che dire, Sebastian e Blaine. Perfino il suono dei loro nomi insieme stava bene: erano una coppia perfetta. Certo, con qualche litigio, qualche momento no, ma chi non li ha mai avuti? Stavano bene. E non nel senso che fossero una coppia ben assortita, anche quello, ma loro stavano bene proprio sentimentalmente: si rendevano felici.
Quindi, dopo il matrimonio c’era stato il viaggio di nozze e adesso finalmente erano nella loro amata Australia, e potevano andare a vedere Sidney, il deserto, i canguri, provare quei cibi strani e ipercalorici...
Peccato che non avessero fatto niente di tutto quello. Ma proprio zero. E ci avevano provato a uscire da quella camera d’albergo, la mattina successiva alla prima, fatidica notte; ma poi la luce del sole illuminava la pelle olivastra di Blaine, evidenziava il suo fianco scoperto e beh, diciamo che non erano mai usciti dalla stanza e basta. Nemmeno per mangiare al ristorante dell’hotel: che senso aveva scendere giù, quando il servizio in camera era comodamente pagato dai genitori?
Il fattorino ormai non si scomponeva nemmeno più a vedere uno dei due che apriva la porta in accappatoio, con i capelli scompigliati e l’aria da “Devo fare sesso con il mio neo-marito, ecco la mancia e ci vediamo al prossimo pasto.”
Perché di quello si trattava: sesso. Tanto, tantissimo fantastico sesso no-stop da mattina a sera. Dopotutto, da vecchi avranno avuto tutto il tempo del mondo per girare l’Australia, no?
Ed era tutto perfetto, andava davvero a meraviglia... fino a quando Blaine non ebbe la geniale idea di giocare a golf.
“A golf.” Sebastian smise di accarezzargli un braccio, si scostò da lui e scandì quelle parole come se avesse appena suggerito di farsi una donna. “Perché diavolo vuoi giocare a golf?”
“Perché abbiamo il campo dell’hotel gratis!” Ribattè Blaine, con la sua voce calda ma tremendamente adorabile, mentre appoggiava il mento sul suo petto nudo e lo guardava dritto negli occhi. “Voglio provare il golf, non ho mai giocato a golf, giochiamo a golf? Ti prego ti prego ti prego?”
Sebastian esitò per un secondo: aveva due possibilità. La prima, era di zittirlo con un bacio, salire sopra di lui e fargli dimenticare quella malsana idea del golf, insieme al suo nome e a un paio di altre cose. La seconda, invece, era di cedere a quegli occhi da cucciolo che lo avevano sempre fregato sin dall’inizio della loro relazione, anzi, ancora da prima: non avrebbe mai dimenticato quel giorno in cui Blaine lo aveva convinto a vedere “La bella e la bestia” al cinema. Cantando perfino le canzoni.
Una voce nella sua testa martellava incessantemente: sesso. Sesso. Sesso. E non sesso qualunque, sesso con Blaine, che era tipo, l’apoteosi del sesso. Perché Blaine era così bravo, e così sexy, e il suo culo era così perfetto che-
“Amore?”
Ecco.
Lo aveva smontato.
“Sì?” Domandò lui, perché tanto sapeva già di aver perso.
“Ti amo tanto.”
“Anche io.” E una parte dei suoi ormoni stava facendo le valigie, nel dirlo.
Blaine abbassò lo sguardo, quasi colpevole: “Se non ti va di giocare a golf puoi dirlo, non me la prendo...”
Roteò gli occhi al cielo: “Ma certo che mi va.”
Dopo una serie di “Grazie” e “Ti amo” e “Ho il completo adatto per l’occasione, me l’ha regalato tua madre”, Blaine si chiuse in bagno a lavarsi e vestirsi, perché voleva che fosse una sorpresa.
Così Sebastian passò una ventina di minuti a fissare il vuoto, con le coperte che lo coprivano dalla vita in giù, una mano abbandonata sul torace e ripensando a tutte quelle ore di sesso andate in fumo. Tante, troppe preziose ore.
Perché Sebastian credeva davvero che sarebbero andati a giocare a golf. Credeva davvero che, appena Blaine fosse uscito da quel bagno, si sarebbe alzato, lavato in due secondi e infilato il primo completo sportivo trovato in valigia, giusto per farlo contento e piantarla con quella storia del golf, che andava avanti da tutta la mattina.
Tuttavia, non aveva considerato un piccolo, preziosissimo dettaglio: quanto fosse eccitante suo marito.
“Ma sei ancora a letto? Sebastian, andiamo! Potevi almeno alzarti e cominciare a prendere i vestiti!”
Blaine si presentò davanti a lui con una polo aderente, un gilet grigio che gli fasciava perfettamente le spalle e dei pantaloni grigi, a sigaretta, lunghi fino alla caviglia, che stringevano perfettamente il punto vita tanto che-
“Blaine, voltati.”
Blaine lo guardò interdetto, ma eseguì titubante, senza fare domande.
Oh, sì. Come pensava, quei pantaloni rendevano il suo culo ancora più disumanamente bello.
“Che c’è? Ho qualcosa che non va?”
“No, nient’affatto.” Si alzò lentamente nel dire quella frase, ed era completamente nudo. Questo provocò a Blaine un semi-scompenso ormonale, visto che la sua bocca scese di due piani e le sue pupille si dilatarono enormemente: sembrava sempre morire alla vista di lui nudo, sebbene conoscesse il suo corpo a memoria. Sebastian lo guardò a lungo, perché non voleva perdersi il suo sguardo dietro la spalla, le sue labbra carnose, semiaperte, in un misto di curiosità ed eccitazione; non voleva nemmeno perdersi il momento in cui si sarebbero chiuse in un gemito.
“Sebastian, ma che stai-“
Lo avvolse da dietro, con entrambe le braccia, mentre si appoggiava completamente a lui facendogli avvertire tutta la sua eccitazione.
“Sebastian!”
“Blaine.” Rispose lui alla sua esclamazione, con voce calda, vogliosa. Dopo essersi goduto le sue guance infiammarsi, come sempre, cominciò a baciargli lentamente il collo, lasciando scivolare una mano verso il bordo dei pantaloni, mentre l’altra gli accarezzava il fianco, lo stringeva senza fargli troppo male.
Blaine non aveva aggiunto nulla ma era rigido, tentava ancora di fare resistenza. A Sebastian, inavvertitamente, venne da sorridere: era sempre tenero come cercasse di opporsi da un lato, quando dall’altro sapeva benissimo che non sapeva resistergli.
Per rimarcare ancora di più quel concetto, slacciò il primo bottone dei pantaloni e infilò la mano sotto ai boxer, senza troppe cerimonie.
“Oddio”, sentì uscire da quelle labbra morbide, ma non era ancora compiaciuto, voleva farlo soffrire un po’ di più, massaggiandogli l’evidente eccitazione e cominciando a sfregare la sua contro la curva del suo sedere.
“Sebastian, ti prego...”
“Ti prego cosa?” Lo incalzò. Gli stava mordendo il lobo dell’orecchio quando sussurrò: “Devo fermarmi?”
In quello stesso istante, strinse di più l’eccitazione di suo marito e lo sentì sussultare.
“No.” Rispose subito, senza fiato: “No, no, ti prego, non fermarti.”
“Bene, perché non avevo nessuna intenzione di farlo.”
Si scostò da lui, soltanto per spingerlo verso il letto, facendolo cadere come un peso morto. Si soffermò per un attimo a contemplare la visione di Blaine sdraiato sul letto, con i pantaloni sbottonati, il maglione stropicciato, il viso arrossato e la bocca semiaperta, come in attesa dei suoi baci.
Giusto: non aveva ancora assaggiato quelle labbra deliziose.
Senza pensarci due volte si chinò su di lui, gomiti e ginocchia premute contro il copriletto di cotone; cominciò a baciarlo come se volesse mangiarselo vivo. Blaine, sotto di lui, alzava la testa per approfondire il contatto, lo afferrava per il collo, avvolgeva la lingua nella sua e Dio, la lingua di Blaine era qualcosa di illegale. Così come la v dei suoi fianchi, che adesso era leggermente scoperta; sollevò la camicia e il gilet in un colpo solo, stuzzicandogli prima i capezzoli, per poi scendere più in basso. Blaine chiamò il suo nome un paio di volte, prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto.
"Sebastian, siamo in luna di miele da quattro giorni e per ora non ho visto altro che il soffitto della stanza d'alberg-"
Non riuscì a finire la frase, perché Sebastian aveva cominciato a leccare quel punto specifico sotto all’ombelico che lo faceva sempre gemere, privandolo di ogni forza di volontà. E sapeva bene che quello fosse giocare sporco, davvero sporco.
Lo sentì mormorare qualcosa, forse il suo nome, ma Sebastian non lo prese come un’implicazione a fermarsi: al contrario, continuando a tenere alzati camicia e maglione con una mano, cominciò a sfilargli quei deliziosi pantaloni da golf, mordendo delicatamente la parte intorno all’ombelico.
“Amo la tua pelle”, Disse in tono serafico, come se stesse contemplando un cibo molto buono: sapeva che Blaine non poteva resistere a suo marito che diceva cose simili.
“Amo leccarti. Ti leccherei per ore.”
“Seb-cazzo.”
Fu come un cessare il fuoco: Blaine strinse i suoi capelli con forza e abbandonò la testa all’indietro, lasciando che Sebastian finisse di spogliarlo, di leccarlo, di farlo sentire così bene e allo stesso tempo così male; i suoi baci erano sempre caldi, ma era bravo a stuzzicarlo, non arrivava mai troppo presto al sodo. Voleva sentirlo pregare, sentire supplicare il suo nome come se fosse l’unico nome che fosse in grado di pronunciare; voleva vedere Blaine sull’orlo di un abisso, prima di farlo impazzire del tutto.
Alzò l’elastico inferiore dei boxer, per succhiare un punto sull’inguine. Dio, quanto era buono.
“Sebastian”, mormorò Blaine, con voce sommessa, impastata. “Ti prego, Sebastian, ti prego leccami subito.”
“Dove vuoi essere leccato, Blaine?” Lo canzonò lui con una punta di innocenza, mentre con le dita passava sotto ai boxer per accarezzare la sua eccitazione: “Vuoi essere leccato qui?”
“Sì. Sì, ti prego. Ti prego ti prego non ce la faccio più.”
“E il golf?” Chiese con un sorrisetto. Blaine scosse la testa più volte, per poi esclamare: “Non me ne frega un cazzo del golf!”
“Ma come siamo volgari.” Cantilenò. Amava sentir Blaine imprecare; accadeva sin troppo poco spesso, per i suoi gusti. Ma sapeva che in quel caso stava seriamente perdendo il controllo.
Cominciò a sfilargli lentamente i boxer, godendosi ogni varietà di espressione sul suo viso: piacere, eccitazione, trepidazione, impazienza.
Blaine adessò staccò una mano dai suoi capelli, solo per passarla sopra la sua testa e stringere forte il bordo della testata del letto.
Sapeva che avrebbe urlato, esattamente, quando Sebastian prese in bocca tutta la sua eccitazione cominciando a succhiarla, velocemente e a ritmi sempre diversi. Lo faceva impazzire, davvero impazzire, e Blaine si contorceva talmente tanto che era costretto a tenerlo fermo con una mano, ma i suoi gemiti. I suoi gemiti, finivano dritti al cervello e lo facevano diventare un animale. La sua voce era roca e continuava a chiamarlo, a invocare Dio, a dire ancora, ancora, ti prego sì, non ti fermare.
Fu costretto a toccarsi, non riuscendo più a trattenersi, e in quel momento capì che non poteva davvero resitere oltre. Si staccò da lui, non prima di averlo leccato un’ultima volta, e lo fece voltare velocemente mentre afferrava lubrificante e preservativo.
“Ti voglio”, sussurrò Blaine, che stringeva il cuscino su cui aveva affondato il viso paonazzo.
E se quello aveva mandato in tilt Sebastian, la frase che disse dopo lo fece completamente uscire di testa.
“Lo voglio tutto. Adesso.”
“Devo prima stimolarti”, cercò di dire lui, perché ci teneva a mantenere una briciola di autocontrollo, ci teneva a fare le cose per bene, con calma, a godersi ogni singolo momento.
Ma poi Blaine succhiò due delle sue dita e cominciò a stimolarsi da solo. Gemeva, ansimava, si mordeva il labbro inferiore muovendosi lentamente, la sua eccitazione premeva sullo stomaco, e cazzo, Sebastian sarebbe potuto venire soltanto per quella visione.
“Blaine, mi stai facendo morire.” Sussurrò, andando a baciargli la voglia sulla schiena, godendosi il momento in cui i loro corpi caldi e sudati si sfiorarono. Voleva prenderlo così tanto. Così tanto.
Non aspettò che fosse pronto. Decise che andava bene così: allontanò la sua mano, soltanto per sostituirla con la sua eccitazione e, sì, Dio, era così perfetto, perfetto, perfetto.
Cominciò a spingersi dentro di lui con forza, con impazienza, come se non lo facessero da anni, perché con Blaine era sempre così: Blaine gli faceva perdere ogni ragione, era come ubriaco di lui. Non avrebbe mai voluto smettere di fare quello, di riempirlo, di sentirlo completamente, di muoversi insieme, di ascoltare la sua voce che gemeva, e urlava, e Dio, così, ancora, sì, cazzo. Il letto tremava a ogni spinta, sempre di più, sempre più forte, sbatteva contro il muro e li faceva sussultare.
Sebastian cominciò a toccarlo quando il suo ritmo diventava sempre più scoordinato, i loro respiri più pesanti, e quando avvertì il corpo di Blaine stringersi intorno al suo vennero chiamando l’uno il nome dell’altro. Distrutti. Come sconvolti.
Le gambe di Sebastian cedettero per il troppo piacere e si accasciò accanto a lui abbandonandosi sul materasso, il respiro affaticato, il cuore che riprendeva lentamente il suo battito regolare.
“È stato... wow.” Mormorò Blaine. E Sebastian non potè che ripetere, come per conferma: “Wow. Solo wow.”
Il letto era stravolto, i vestiti di Blaine erano finiti a terra e, dentro al cestino, si era aggiunto l’ennesimo preservativo. Fissarono il soffitto per qualche secondo, il tempo di riprendersi, di riformulare mentalmente quello che avevano appena fatto, di rendersi conto delle urla di Blaine o delle imprecazioni sottovoce di Sebastian.
“Credi che nella camera accanto ci stia qualcuno?” Domandò Blaine, voltandosi di fianco per guardarlo negli occhi, e accarezzare dolcemente il petto di Sebastian. Quest’ultimo lo baciò; uno di quei baci pieni di tanti significati.
“Non credo. O comunque, credo che abbiano chiesto il cambio di stanza da giorni, ormai.”
Ridacchiarono l’uno sulle labbra dell’altro, tra un bacio e l’altro.
“Sai, ripensando al golf...” Sebastian esitò per un secondo sentendo quelle parole, guardando quegli occhi nocciola quasi terrorizzato.
“Quando saremo vecchi avremo tutto il tempo del mondo per giocarci, no?”
“E poi mi chiedono perché ti ho sposato.”