Ogni volta che dovevano vedere un film, succedeva sempre la stessa cosa.
Emily e Wes tornavano a casa con le buste della spesa, trovandosi di fronte un branco di ragazzi urlanti e arrabbiati: Nick voleva vedere Avengers, Jeff Oceans twelve, Kurt e Blaine optavano per qualcosa di più classico - in realtà era Kurt che preferiva quell’opzione, e aveva costretto Blaine ad assecondarlo - e nessuno riusciva mai a mettersi d’accordo. In più, ad aumentare ancora di più il diverbio c’era una sorta di hard disk rigido frutto di anni e anni di pirateria, che conteneva grossomodo cinquecento film.
All’inizio optavano per tirare un dado e vedere che numero ne usciva fuori; poi, andavano a votazione.
E dopo che nemmeno la rotazione era più sufficiente, finiva sempre che ognuno se ne tornava nella propria camera.
Quel giorno, Emily e Wes erano particolarmente calmi, di fronte a tutto quel putiferio. Certo, per quanto possa essere calmo uno con la pazienza di una mosca: Wes strinse forte la busta della spesa, lanciando un’occhiata a Emily che capì subito.
“Non è possibile che ogni volta si faccia sempre la stessa storia!”
“Sta zitto Nick, sei solo un nabbo!”
“Vieni a dirmelo in faccia se hai il coraggio!”
“Blaine, senti, io torno a casa.”
“Ma Kurt... non badare a questi idioti, lasciali sfogare.”
“Qualche problema, hobbit!?”
“Basta.”
La voce ferma e minacciosa di Wes li immobilizzò all’istante, con Emily che, accanto a lui, stava disponendo ordinatamente le loro scorte.
“Perchè non ci aiutate a sistemare la spesa, piuttosto!? Non fate altro che litigare tutto il giorno.”
E uno dei quattro stava quasi per scoppiare a ridere e dirgli che era lui quello che passava le giornate a litigare, con la stessa persona che adesso sembrava essere la sua unica alleata. Tuttavia, in modo silente e coscenzioso, cominciarono ad aiutare la ragazza.
“Arigatoo!” Esclamò lei, sfoggiando uno di quei sorrisi che illuminavano tutta la stanza.
Così si misero a parlare del più e del meno, della giornata di Kurt, degli impegni di Blaine, e Wes si limitava a guardare Emily in silenzio, senza assumere chissà quale espressione particolare. Semplicemente, la fissava: erano quasi cinque giorni che non avevano più subito un litigio. E non era perchè si evitavano reciprocamente, come era avvenuto agli inizi della loro convivenza: semplicemente, Wes aveva cominciato ad abituarsi a tutti i modi di fare di Emily senza irritarsi più di tanto.
Era strano. Però, era anche piuttosto piacevole.
“Allora?” Emily si spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie mentre osservava la frutta con fare pensieroso. “Non avete ancora deciso il film?”
“Scegliere un film per il gruppo lan party è come organizzare un raid per cinquecento persone”, bofonchiò Jeff.
“Ci sarà pur qualcosa che volete vedere tutti.”
E fu in quel momento che, paradossalmente, si trovarono tutti d’accordo.
“In effetti no.”
Lo dissero in un modo talmente semplice che Emily per poco non ci rimase male.
“Io e Kurt andiamo in camera, forse facciamo ancora in tempo a guardare qualche telefilm via streaming.”
“Io gioco a Diablo.”
“Io mi faccio una partita alla x-box!”
E in un attimo, erano tutti andati via.
“Wow Emily, complimenti.” Wes scoppiò in una leggera risata, facendo voltare la ragazza giusto in tempo per guardarlo sconsolata.
“Io volevo solo essere d’aiuto!”
“Infatti, sei stata molto d’aiuto. Almeno hanno smesso di litigare.”
Di fronte al suo tono puramente sarcastico e al suo ghigno divertito, scosse le spalle, emettendo un lungo sospiro per poi guardare la busta della spesa da sotto le sue lunghe ciglia scure. Poi, per qualche secondo, si guardarono; lei estrasse un pacco di cereali mentre lui preparava una tazza di latte.
Come se si fossero improvvisamente messi d’accordo, in pochi minuti erano seduti sul divano, con il telecomando tra di loro e “Lie to Me” impresso sullo schermo della televisione.
Non si stupirono nemmeno della facilità con cui iniziarono a parlare commentando le stesse cose.
Semplicemente, passarono insieme il resto della serata, com’erano abituati a fare.
Wes era tornato a casa, aveva passato tutto il pomeriggio a studiare con Caroline ed era davvero sfinito: voleva solo buttarsi sul letto, mettere su un film di fantascienza ed appisolarsi con ancora il telecomando in mano. Peccato che, non appena aprì la porta, un suono ovattato e incrinato giunse alle sue orecchie, riportandolo sull’attenti.
Qualcuno stava piangendo.
E visto che in quella casa soltanto una persona poteva piangere in quel modo - ignorando Blaine e le sue lacrime per ogni volta che finiva Assassin’s Creed -, corse subito in camera di Emily.
“Che...che cavolo è successo?”
Perchè la trovò lì, rannicchiata sul suo letto, con il computer di fronte a sè e un peluche gigante di Mokona stretto tra le braccia; i capelli avevano perso tutta quella complicata acconciatura e il vestito le si era tutto stropicciato, come se non le importasse. Nonostante il mascara colato via, Wes ebbe un soffio al cuore quando incrociò i suoi occhi, lucidi e tremolanti.
In meno di un secondo era accovacciato accanto a lei, guardandola preoccupato e trattenendo a stento tutta l’agitazione.
“Emily...”
“Va via Wes, va via”, continuava a bisbigliare tra un singhiozzo e l’altro.
“Emily sul serio, devi calmarti. Sei...sembri distrutta.”
“Sto bene.”
“No che non stai bene. Stai frignando.”
Beh, diciamo che quella sensibilità da elefante non aiutò le cose, dal momento che la ragazza pianse ancora di più affonando il viso tra il tessuto morbido di Mokona.
“Ok, non volevo dire quello che ho detto. Volevo solo dire...prendi un bel respiro. Asciugati le lacrime. Vorresti...vorresti qualcosa da bere, un succo di frutta?”
Dio, ora sì che si sentiva un vero scemo.
“N-no, non ti preoccupare, grazie Wes.”
Ma lui voleva così tanto sapere cos’era successo. Così tanto.
Così tanto che quando lei gli indicò il computer con un file di word ancora aperto, lampeggiante di fronte ai due, per un attimo credette di essere caduto in qualche sorta di miraggio. Perchè in cima al file, scritto in modo grande e sin troppo chiaro, c’era un solo e semplice titolo.
“Fanfiction.”
“E’ davvero troppo, troppo bella Wes, tu non puoi capire.”
Ma Wes rimase in silenzio per tanto, tantissimo tempo.
“Fanfiction.”
“Loro si amano, e non possono stare insieme, ed è tutto così angst e così fluff e oh Wes, perchè certe fanwriters devono scrivere così bene!?”
“...Fanfiction.”
Adesso era Emily quella che non capiva. Così come non capì il motivo per il quale Wes si alzò di scatto, come innervosito, e a grandi passi andò via.
“...Wes?”
Oh, poco male, pensò tra sè e sè aggiustandosi meglio il computer e posizionandolo sulle sue gambe: le stranezze del suo coinquilino potevano aspettare, adesso, doveva finire di leggere la sua fanfiction preferita.
Un colloquio di lavoro non è una cosa da prendere alla leggera. Bisogna superare tante prove, quella attitudinale, quella psicologica: il primo trucco per avere successo è sapersi presentare. Ci vuole grinta, carisma; una stretta di mano salda, ma non troppo forte. Sorridere molto, ma non in modo eccessivo. Mostrarsi sempre ben educati, e non dare modo al proprio datore di lavoro di conoscere il lato più strano di voi.
Che, nel caso di Emily, era praticamente il novanta per cento della sua persona.
“Ti prego Kurt, io non posso andare vestita così!”
Le urla di Emily e Kurt ormai continuavano a propandersi per tutta la casa da più di un’ora, quelle del ragazzo che la spronavano a muoversi e uscire dal bagno, quelle di lei che si impuntavano sul rimanere.
Blaine fissava la porta imperterrito, un po’ preoccupato dallo stato di entrambi; Nick e Jeff erano usciti, così ad assistere a quella strana scenata c’erano solo lui e Wes, che sembrava troppo preso dalla loro partita a World of Warcraft per badare ad altro.
O almeno, fino a quando non vide Emily uscire dal bagno in un modo che non si era mai immaginato: non indossava uno dei suoi classici vestiti da gothic lolita, non aveva un trucco scuro e marcato. Portava, invece, un vestitino semplice di colore azzurro, i capelli ravvivati e non liscissimi che circondavano un volto illuminato da un trucco leggero e piacevole. I suoi occhi continuavano a guardarsi gli stivaletti di camoscio, così diversi dalle sue solite converse o scarpette di vernice.
Kurt ammirò il risultato del suo lavoro non riuscendo a trattenersi dal farsi i complimenti da solo: “Sono davvero un mito.”
“Lo sei - confermò un secondo dopo Blaine, guardandolo con fare amorevole - davvero Emily, sei bellissima.”
Lei non si sentiva affatto bellissima. Si sentiva stupida, e imbarazzata. Ed era da più di un minuto che Wes continuava a fissarla in modo imperscrutabile, e che cavolo, lo sapeva benissimo anche da sola di essere ridicola.
“Wes, amico, guarda che ti è morto il personaggio nel gioco.”
“Ah sì, lo so.” Mormorò volgendo lo sguardo sul computer, dopo il richiamo un po’ divertito di Blaine. Quest’ultimo, con un’occhiata, fece cenno a Kurt e lui in tutta risposta fu ancora più felice.
“Forse ti posso prestare qualche foulard”, commentò girando intorno alla ragazza.
“No ti prego, niente foulard, Kurt io qui sto morendo. Non sono me stessa, sembro...sembro una che sta facendo il cosplay di una barbie!”
Con un mezzo sorriso, Blaine si intromise: “Non dire sciocchezze, sei assolutamente adorabile.”
“Non sono adorabile! E se poi qualcuno mi guarda quando cammino per la strada? Se mi rivolge la parola?”
“Wes, guarda che ti è di nuovo morto il personaggio.”
“Giusto giusto, lo so.”
“No davvero, non lo posso fare.”
“Emily, Emily, respira.” Kurt la prese saldamente per le spalle, massaggiandola un po’ con un gesto del pollice. “Sei fantastica, e otterrai quel lavoro. E sai perchè? Perchè hai un carattere formidabile che conquisterà tutti.”
E Emily, a poco a poco, alzò la testa verso di lui.
“Dici...dite sul serio?”
Kurt e Blaine annuirono, Wes si limitò a mormorare qualcosa di indefinito, perchè nel frattempo il suo eroe era morto un’altra volta.
“Bene...allora. Io vado. Fatemi in bocca al lupo.”
“Torna vincitrice!”
“E non rimorchiare troppi ragazzi quando sei lì.”
“Wes, il tuo personaggio è-“
“Sì BLAINE, LO SO.”
“Ok, era solo per dire.”
Il ragazzo si sistemò meglio sul divano, cercando di riprendere fiato e concentrarsi solo ed unicamente sulla partita. Ma l’immagine di Emily sembrava come incollata alla sua mente. Cavoli. Respirò un’altra volta, incredibile quanto fosse difficile.
Quello sì, che era stato un headshot al cuore.
Angolo di Fra:
Sono quasi tentata di far finire così la storia. Non mi dispiacerebbe molto, come finale.
Però questa storia era già scritta, e dividendo in vari capitoli, credo proprio che finirà con il prossimo. Così mi concentro di più sulla Seblaine e la 4 mani. Insomma, grazie a chi mi sta leggendo e mi ha letto fino ad ora!