In effetti, la dissezione del testo alla ricerca del dettaglio storto, spesso associato all'aggressività verbale verso l'autore e verso i lettori, è ormai diventata una patologia. Si tratta, io credo, di una forma di competizione, di conflitto di personalità - il recensore che vuole dimostrarsi miglore dell'autore. Senza contare, naturalmente, che è facile spacciare la verbosità e l'aggressività per competenza.
Senza contare quelli che ad usare un linguaggio offensivo ed aggressivo credono di risultare simpatici - e intanto si costruiscono un alibi, per cui se gli segnali che stanno esagerando, ti dicono che non hai capito lo scherzo. Io la detesto, certa gente.
Dal canto mio, io sono stato traviato da Siskel & Ebert (dei quali in questo periodo parlo ossessivamente sul mio blog - chissà com'è?) Nel recensire ciò che leggo o scrivo, devo in primo luogo cercare di counicare quali emozioni mi abbia suscitato la lettura o la visione. Ma al contempo devo anche cercare di dare abbastanza informazioni per cui chi mi legge possa decidere se, che la mia sia una recensione positiva o negativa, a lui nello specifico quel libro o quel film (o fumetto, disco, telefilm, sugo per spaghetti...) potrebbe comunque piacere.
Queste due semplici regole - insieme con la preferenza a parlar bene di ciò che è buono piuttosto che male di ciò che è cattivo - mi garantiscono un grande divertimento.
Sei riuscito ad analizzare il problema meglio di quanto ho fatto io nel post. Credo anch'io che si tratti di dimostrare qualcosa. Ammetto che certi recensori hanno - quantomeno - una certa cultura specifica per lanciare certe critiche. I loro imitatori sono invece il peggio del peggio, perché si limitano a utilizzare parole imparate a caso (infodump, show don't tell, typos etc) senza magari nemmeno sapere bene di cosa stanno parlando. Tutto ciò è stucchevole.
In effetti, la dissezione del testo alla ricerca del dettaglio storto, spesso associato all'aggressività verbale verso l'autore e verso i lettori, è ormai diventata una patologia.
Si tratta, io credo, di una forma di competizione, di conflitto di personalità - il recensore che vuole dimostrarsi miglore dell'autore.
Senza contare, naturalmente, che è facile spacciare la verbosità e l'aggressività per competenza.
Senza contare quelli che ad usare un linguaggio offensivo ed aggressivo credono di risultare simpatici - e intanto si costruiscono un alibi, per cui se gli segnali che stanno esagerando, ti dicono che non hai capito lo scherzo.
Io la detesto, certa gente.
Dal canto mio, io sono stato traviato da Siskel & Ebert (dei quali in questo periodo parlo ossessivamente sul mio blog - chissà com'è?)
Nel recensire ciò che leggo o scrivo, devo in primo luogo cercare di counicare quali emozioni mi abbia suscitato la lettura o la visione. Ma al contempo devo anche cercare di dare abbastanza informazioni per cui chi mi legge possa decidere se, che la mia sia una recensione positiva o negativa, a lui nello specifico quel libro o quel film (o fumetto, disco, telefilm, sugo per spaghetti...) potrebbe comunque piacere.
Queste due semplici regole - insieme con la preferenza a parlar bene di ciò che è buono piuttosto che male di ciò che è cattivo - mi garantiscono un grande divertimento.
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Sei riuscito ad analizzare il problema meglio di quanto ho fatto io nel post.
Credo anch'io che si tratti di dimostrare qualcosa. Ammetto che certi recensori hanno - quantomeno - una certa cultura specifica per lanciare certe critiche. I loro imitatori sono invece il peggio del peggio, perché si limitano a utilizzare parole imparate a caso (infodump, show don't tell, typos etc) senza magari nemmeno sapere bene di cosa stanno parlando.
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