Vanity Press, microeditori e polemiche assortite...

Dec 19, 2008 15:29




A volte basta poco.
Per far cosa? Per accendere mini-polemiche, ovvio.
A me è bastato inserire il link a Crepuscolaria su Blurb nella firma di un forum  per sentirmi dire che "non te l'ha ordinato il dottore di pubblicare un libro, piuttosto che ricorrere a certi sistemi meglio evitare del tutto".

Andiamo con ordine.
Blurb, come Lulu e altri servizi del genere, è un sito di Print On Demand. La spiegazione semplice è breve: tu fornisci loro dei file (romanzi, saggi, poesie etc etc), imposti copertina e formato, e loro te lo stampano in modo professionale, mettendolo anche in vendita sul loro sito, per chi volesse comprarlo online.
Questo sistema viene anche chiamato "Vanity Press", termine in cui rientrano però anche gli editori a pagamento, di cui non tratterò in questo post.

A mio parere ci sono due tipi di utenti che si avvicinano al print on demand. Il primo è quello che definirei "sognatore" (AKA: illuso). Costui crede di aver trovato finalmente un sistema per fregare tutti quegli editori cattivoni che non capiscono il suo genio, e vede il PoD come il sistema che lo porterà al successo che il suo genio incompreso merita. 
Perchè illuso? Presto detto: col PoD non si può sperare di vendere molto, anzi, bisogna ritenersi soddisfatti se si vende anche solo qualche copia! I motivi sono tanti: mancanza di un'adeguata visibilità, mancanza di promozione, diffidenza del lettore (tranne nei rari casi in cui il PoD viene utilizzato da uno scrittore già noto, almeno nell'underground letterario).
Il secondo tipo di utente che utilizza il PoD è il pragmatico: davanti all'esigenza di trasformare il libri veri e propri quelli che fino ad allora erano "solo" eBook, si rivolge a questi portali che, occorre dirlo, svolgono un lavoro perfetto e molto professionale. Il fatto di vendere poi qualche copia è incidentale: il pragmatico utilizza il print on demand prima di tutto per conservare una copia cartacea del suo lavoro, e poi (magari) per regalarne altre anche agli amici.

Un altro indesiderato consiglio che ho ricevuto è stato quello di rivolgermi piuttosto alla microeditoria.
Faccio dei distinguo: con tale termine non si intendono editori che chiedono contributo, né editori piccoli ma ben radicati nel territorio (come possono essere, per esempio, i Fratelli Frilli, Alacran, o Neftasia).
I microeditori sono quelle realtà davvero molto piccole, spesso regionali o addirittura provinciali, che stampano libri "veri" ma che hanno una rete distributiva ridottissima, oppure che vendono solo su internet.
In passato ho difeso a lungo il loro operato, e continuo a farlo. Perchè? Perchè spesso e volentieri lavorano per la pura passione, guadagnando quel poco che serve per rientrare nelle spese di gestione. A volte nemmeno...
Però analizziamo bene la cosa: i microeditori di solito vendono pochissime copie. Di solito entro una cerchia ristretta di utenti di un medesimo forum, blog o comunità di riferimento. I risultati sono spesso di poco superiori a un romanzo in PoD decentemente pubblicizzato, e spesso inferiori a un eBook ben scritto.
In mezzo mettiamoci il procedimento comunque più farraginoso rispetto a PoD ed eBook, sistemi in cui l'autore è da solo a gestire il tutto, e quindi non deve rendere conto a nessuno né aspettare lunghe intermediazioni.
Senza contare che, a volte, anche dietro la microeditoria ci sono fregature in agguato. Capita (a me è capitato) di venire coinvolti in progetti interessanti e ambiziosi, chiedendomi di scrivere racconti "a tema" e promettendo pubblicazione con tanto della "benedizione" di questo o quell'autore famoso. Salvo che poi il tempo passa e non se ne fa nulla... Voglio dire: non se ne fa nulla perchè il microeditore in questione scompare letteralmente nel nulla, lasciando nelle mani dello sfigatissimo scrittore un racconto su cui ha perso tempo e fatica. Inutilmente.
Oppure capita il microeditore che promette presentazioni "deluxe", una distribuzione professionale, recensioni da parte di fantomatici amici giornalisti e scrittori, salvo che poi il tutto si riduce a un banner minuscolo pubblicato su un portale semi-sconosciuto.
Insomma, la microeditoria gratuita non è sempre un paradiso.
Non è la panacea dei mali editoriali italiani, che sono ben più grandi e complessi da affrontare.

Pubblicando Crepuscolaria su Blurb non mi sono prefissato nulla di nulla. Ma sono soddisfatto di averlo fatto.
In questi anni ho capito che scrivere, in Italia, non paga: occorre più tempo per "conoscere le persone giuste", per contattare indisponenti editori che nemmeno si sforzano di risponderti "fottiti", che non per scrivere.
Chi, come me, ha la fortuna di avere un lavoro "classico", una minima sicurezza economica e anche altri interessi nella vita, capisce presto che non può perdere la vita a fare public relations nella speranza che qualcuno pubblichi un tuo racconto in virtù della classica spintarella.
A volte credo che, in fondo, sia meglio fare tutto da sé, specialmente ora che ebook e altre forme di condivisione gratuita della "cultura" stanno prendendo rapidamente piede. Meglio concentrarsi nel trovare da soli 100 lettori compatibili coi propri gusti, che non 10.000 arruffianati scrivendo qualcosa su ordinazione, oppure snaturandosi.

Poi, si sa, anche i migliori sbagliano.
Figuriamoci io.

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