Se ne stava seduto al bancone di una locanda a sorseggiare del Distillato, che era meglio di niente anche se non era whisky. L’Eriadh non era migliore di sempre: era cupo, triste, e si adattava al suo stato d’animo. Perché Gleran, che aveva giurato a se stesso di non innamorarsi mai più dopo Faye, aveva finito per cascarci di nuovo solo per vedere, di nuovo, tutto scivolargli via dalle dita. Ed era, quello, un inferno che non avrebbe mai scelto di rivedere, se avesse potuto: era come avere al contempo vecchie ferite riaperte e nuove sanguinanti. E faceva schifo. Sospirò, mandò giù il liquore in un sorso poi fece cenno all’oste di dargliene ancora; l’uomo lo guardò con la compassione negli occhi gialli, ma lo servì e non disse niente. Il campanellino della porta tintinnò e lui si voltò meccanicamente per guardare chi fosse entrato, così come l’oste e gli altri quattro eriadhani che erano tristemente seduti ai tavoli. “Ehi, Ineal. - L’oste salutò la donna che era appena entrata e che si sedette vicino a Gleran - cosa ti porta qui oggi?” Era chiaramente una prostituta, pensò Gleran mentre la guardava; nessun grande magnate della prostituzione namankoriana si sarebbe lasciato sfuggire una bellezza simile. “Ho avuto una pessima giornata, - rispose lei, spostandosi i lunghi capelli scuri dietro le spalle - dammi qualcosa da bere.” Ogni suo movimento era studiato per apparire sexy, da come appoggiava le lunghe dita sul bancone a come accavallava le gambe. Non era soltanto una puttana, ma una puttana ben addestrata. Lei si voltò e lo guardò da dietro le lunghe ciglia nere con gli occhi grandi e anch’essi scuri. “Brutta giornata anche per te, tesoro?” Gli domandò e lui scrollò le spalle. “Più o meno.”
*
Dopo un’ora si ritrovarono sul letto della stanza di un bordello, entrambi ubriachi fradici. Gleran le separò le gambe e senza nemmeno togliersi i pantaloni la penetrò con forza, facendola gridare. Si spinse dentro di lei con una furia rabbiosa, sfogando nel sesso tutto il dolore che aveva provato quando aveva capito che il suo tempo e quello di Adelia era finito, che non sarebbe più tornato perché lei era di un altro e lui era quello che era, e quello non si poteva cambiare. Non chiuse mai gli occhi; li tenne aperti cercando di rimpiazzare i capelli borgogna di Adelia con quelli scuri della puttana, i suoi occhi lilla con quelli neri dell’altra, e mentre la scopava pensò che era troppo tempo che rimpiazzava l’amore con le puttane, e che era stanco. Quando venne lo fece con un ringhio rabbioso bloccato tra i denti e una risata amara sulle labbra. Davanti agli occhi rossi, il volto di una sconosciuta come tante, tutto ciò che gli era consentito concedersi. Si ritirò e si sdraiò sulla schiena, coprendosi gli occhi con un braccio. E così, semplicemente, continuava la sua vita.
You're tryin' to replace a feelin' without a name With somebody else's face in your head Mika - Erase
Se ne stava seduto al bancone di una locanda a sorseggiare del Distillato, che era meglio di niente anche se non era whisky.
L’Eriadh non era migliore di sempre: era cupo, triste, e si adattava al suo stato d’animo. Perché Gleran, che aveva giurato a se stesso di non innamorarsi mai più dopo Faye, aveva finito per cascarci di nuovo solo per vedere, di nuovo, tutto scivolargli via dalle dita.
Ed era, quello, un inferno che non avrebbe mai scelto di rivedere, se avesse potuto: era come avere al contempo vecchie ferite riaperte e nuove sanguinanti. E faceva schifo.
Sospirò, mandò giù il liquore in un sorso poi fece cenno all’oste di dargliene ancora; l’uomo lo guardò con la compassione negli occhi gialli, ma lo servì e non disse niente.
Il campanellino della porta tintinnò e lui si voltò meccanicamente per guardare chi fosse entrato, così come l’oste e gli altri quattro eriadhani che erano tristemente seduti ai tavoli.
“Ehi, Ineal. - L’oste salutò la donna che era appena entrata e che si sedette vicino a Gleran - cosa ti porta qui oggi?”
Era chiaramente una prostituta, pensò Gleran mentre la guardava; nessun grande magnate della prostituzione namankoriana si sarebbe lasciato sfuggire una bellezza simile.
“Ho avuto una pessima giornata, - rispose lei, spostandosi i lunghi capelli scuri dietro le spalle - dammi qualcosa da bere.”
Ogni suo movimento era studiato per apparire sexy, da come appoggiava le lunghe dita sul bancone a come accavallava le gambe.
Non era soltanto una puttana, ma una puttana ben addestrata.
Lei si voltò e lo guardò da dietro le lunghe ciglia nere con gli occhi grandi e anch’essi scuri.
“Brutta giornata anche per te, tesoro?” Gli domandò e lui scrollò le spalle.
“Più o meno.”
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Dopo un’ora si ritrovarono sul letto della stanza di un bordello, entrambi ubriachi fradici.
Gleran le separò le gambe e senza nemmeno togliersi i pantaloni la penetrò con forza, facendola gridare.
Si spinse dentro di lei con una furia rabbiosa, sfogando nel sesso tutto il dolore che aveva provato quando aveva capito che il suo tempo e quello di Adelia era finito, che non sarebbe più tornato perché lei era di un altro e lui era quello che era, e quello non si poteva cambiare.
Non chiuse mai gli occhi; li tenne aperti cercando di rimpiazzare i capelli borgogna di Adelia con quelli scuri della puttana, i suoi occhi lilla con quelli neri dell’altra, e mentre la scopava pensò che era troppo tempo che rimpiazzava l’amore con le puttane, e che era stanco. Quando venne lo fece con un ringhio rabbioso bloccato tra i denti e una risata amara sulle labbra.
Davanti agli occhi rossi, il volto di una sconosciuta come tante, tutto ciò che gli era consentito concedersi.
Si ritirò e si sdraiò sulla schiena, coprendosi gli occhi con un braccio.
E così, semplicemente, continuava la sua vita.
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With somebody else's face in your head
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