[RPF Calcio] Totti, De Rossi/Borriello; Slash, Fluff, Commedia; SAFE; 1149wwaferkyaFebruary 20 2012, 22:16:36 UTC
Lo so che probabilmente il prompt si riferiva alla macchina di tortura, ma IDK, l'ho letto e Totti mi è comparso davanti agli occhi ridacchiando #whatislife Sorry, Nee.
Più la barba di Danielino s’allunga e più Francesco, per compensare la sua piccolezza che se ne va, si sente ragazzetto, scemo e autorizzato a far cazzate, che tanto, male che vada, un tizio grande e grosso e spaventevole che si prenda cura della squadra ce l’hanno. Perciò è contento, Francesco, è contento davvero di vedere Daniele che gli cresce sotto al naso; adesso li striglia quasi tutti lui, i novellini che pensano di poter fare come a casa propria nel suo spogliatoio, e pure il carico di occhioni pallati e strilli eccitatissimi che esplodono ogni volta che mettono piede nel mondo se lo smezzano, ormai, né più e né meno della fascia da capitano.
L’unica cosa che magari un po’ gli dispiace è che, adesso, ad inginocchiarglisi davanti nelle docce e mettergli la bocca addosso Daniele manco ci pensa. Non è che ne senta proprio la mancanza, per carità, eh, perché non è certo diventato uno de quelli; è solo che, di tanto in tanto, ci ripensa, e, beh, è uno nostalgico, lui, un pochettino. E poi, sarebbe impossibile non ripensarci: Daniele era veramente bravo, cazzo, e Francesco, certe volte, pensa che dovrebbe chiedergli di dare lezioni a Ilary - l’unico motivo per cui non l’ha ancora fatto è che non saprebbe come spiegarle lui com’è che fa a conoscere quel particolare talento di Daniele.
E, insomma.
Ogni tanto ci ripensa, a quella cosa che è cominciata con un flacone di ultradolce agli agrumi e che - per fortuna, eh! Non sia mai, - lì è finita, e ogni tanto la tira fuori, in mezzo a conversazioni che non c’entrano nulla, perché è Francesco ed è un cretino e gli piace tantissimo il modo in cui Daniele strabuzza gli occhi, diventa paonazzo, sembra che debba morire e poi gli gira al largo per due ore almeno. È divertentissimo, seriamente, ancora di più perché nessun altro capisce e Francesco si sente sempre così furbo, dopo.
Solo che, poi, un giorno capita che qualcun altro capisca.
Sono tutti riuniti in trattoria, perché ormai è una cosa che hanno preso a vizio e si ritrovano sempre lì, come se non vivessero in case con cucine monumentali e svariate tonnellate di cibo; Francesco siede a capotavola, nel suo piatto sono rimasti pochi rimasugli di cornicione e una fetta solitaria di salame piccante, e in tutta la tavolata hanno già prosciugato cinque litri di vino, perché, quando il mister non c’è, l’intera rosa subito se n’approfitta per alzare il gomito.
Francesco dondola un po’ sulle gambe posteriori della sedia, si gratta distrattamente la pancia e segue con mezzo orecchio la conversazione a quattro di Erik, Leandro, Fabio e Marco. Proprio alla sua destra è seduto Daniele, che spilucca pigro pezzetti di wurstel e patatine dall’ultimo spicchio della sua pizza, e a Francesco sembra l’occasione migliore per buttarne lì una delle sue, perché, guardalo, Danielino è così quieto e silenzioso, praticamente è un invito a far danni.
«Oh,» dice, quindi, facendo ricascare la sedia su tutte e quattro le gambe con un tonfo. «Danie’, te la ricordi qu’a vorta che no’ trovavo lo sciampo?»
E Daniele, come da copione, strabuzza gli occhi, diventa paonazzo, si fa andare di traverso il boccone - wurstel e patatine, sorride Francesco, tra sé, perché ha cinque anni, - e prende a tossire convulsamente. Francesco, soddisfatto, si rilassa all’indietro contro lo schienale, ed è allora che si accorge della risatina che Marco sta cercando in tutti i modi di nascondere contro il dorso di una mano.
Oh, aspetta, c’è qualcosa che non torna.
Non esiste che Marco stia ridendo dell’imminente decesso di Daniele, né di una qualche battuta di Erik o Leandro o Fabio perché, andiamo, le battute di Erik e Leandro e Fabio non fanno per niente ridere.
Francesco gli tira un calcio da sotto il tavolo, e Marco lo guarda, ancora ridacchiando, e il modo in cui gli brillano gli occhi e poi si morde le labbra per tentare di darsi un contegno può significare solo una cosa.
Re: [RPF Calcio] Totti, De Rossi/Borriello; Slash, Fluff, Commedia; SAFE; 1149wwaferkyaFebruary 20 2012, 22:17:09 UTC
*
«Nu’ je dovresti da’ er tormento, Marco, lo sai com’è fatto Francesco. Me lo prometti, che lo lasci sta’?»
Daniele sta apparecchiando la tavola, ordinato e preciso e misurando bene che i coltelli siano allineati con il bordo dei tovaglioli, come piacerebbe tanto alla madre di Marco, e Marco ridacchia, strappa via il coperchio di cartone della prima pizza. Gli pare che stiano mangiando solo pizze, ultimamente.
«Sei veramente stronzo,» dice, mettendo da parte l’ortolana di Daniele e demolendo la scatola della propria. «Sei quello che si diverte di più a guardarlo quando pare che gli debba saltare una vena.»
Daniele alza gli occhi dalla tavola e per un momento lo guarda; poi, quasi esitando, gli concede un più che raro sorrisone scemo e spensierato.
«È vero,» ammette, e Marco mette giù la pizza e va a baciare via dalla sua faccia quell’espressione tanto insolita e bellissima, solo che, quando si allontana, si accorge che il sorriso di Daniele non s’è stretto neppure un po’ e, beh.
Valgono bene la sanità mentale di Francesco, questa suprema contentezza che brilla negli occhi chiari di Daniele, e la stretta possessiva delle sue mani sui fianchi di Marco.
*
Francesco ci lavora per una settimana intera, al coraggio di andare da Marco e chiedergli cos’è che Daniele gli ha raccontato, - e soprattutto perché l’abbia fatto, Dio santo, ma s’è impazzito? Danielino dovrebbe essere quello intelligente, tra loro due, - ma ogni volta che si ritrova un momento da solo con lui o le parole gli crepano in gola, oppure si rende conto che non sono soli davvero, perché, a quanto pare, di questi tempi Daniele sta incollato a Marco peggio che un’ombra.
Finché un giorno, mentre si sta consumando il cervello e un po’ anche annegando sotto la doccia a Trigoria, Marco gli batte due dita su una spalla, e Francesco fa un salto per aria perché Cristo santo, non l’aveva minimamente sentito arrivare.
Marco fa un sorriso un po’ contrito e un po’ soltanto impertinente, la testa chinata contro il getto della doccia e gli occhi socchiusi per via dell’acqua che gli piove sul viso.
«Fra’, scusami,» dice, e Francesco non sa come riesce a non guardare più giù della sua faccia, però ce la fa, bravo che è. «Non è che mi passeresti lo sciampo?»
Francesco si congela, in cortocircuito, e poi, appena il tempo ricomincia a scorrere, lui avvampa da capo a piedi, tanto che quasi l’acqua gli evapora via di dosso. Senza neanche chiudere la doccia, fa dietrofront, afferra al volo l’accappatoio e scappa via dal bagno; sulla porta incrocia Daniele, te pareva, che si accorge che c’è qualcosa che non va, e lo ferma tenendolo per un braccio.
«Oh, tutt’apposto?» chiede, e Francesco, pur sconvolto com’è, si accorge del lievissimo ricciolo all’insù che disegnano le sue labbra, Cristo ma è un sogghigno divertito, quello; lo manda a farsi fottere, allora, dal profondo del cuore, però se gli chiedessero a farsi fottere in che senso, probabilmente non saprebbe rispondere.
Also, doverosi riferimenti a E quanto dura l'eternità di el_defe.
Più la barba di Danielino s’allunga e più Francesco, per compensare la sua piccolezza che se ne va, si sente ragazzetto, scemo e autorizzato a far cazzate, che tanto, male che vada, un tizio grande e grosso e spaventevole che si prenda cura della squadra ce l’hanno. Perciò è contento, Francesco, è contento davvero di vedere Daniele che gli cresce sotto al naso; adesso li striglia quasi tutti lui, i novellini che pensano di poter fare come a casa propria nel suo spogliatoio, e pure il carico di occhioni pallati e strilli eccitatissimi che esplodono ogni volta che mettono piede nel mondo se lo smezzano, ormai, né più e né meno della fascia da capitano.
L’unica cosa che magari un po’ gli dispiace è che, adesso, ad inginocchiarglisi davanti nelle docce e mettergli la bocca addosso Daniele manco ci pensa. Non è che ne senta proprio la mancanza, per carità, eh, perché non è certo diventato uno de quelli; è solo che, di tanto in tanto, ci ripensa, e, beh, è uno nostalgico, lui, un pochettino. E poi, sarebbe impossibile non ripensarci: Daniele era veramente bravo, cazzo, e Francesco, certe volte, pensa che dovrebbe chiedergli di dare lezioni a Ilary - l’unico motivo per cui non l’ha ancora fatto è che non saprebbe come spiegarle lui com’è che fa a conoscere quel particolare talento di Daniele.
E, insomma.
Ogni tanto ci ripensa, a quella cosa che è cominciata con un flacone di ultradolce agli agrumi e che - per fortuna, eh! Non sia mai, - lì è finita, e ogni tanto la tira fuori, in mezzo a conversazioni che non c’entrano nulla, perché è Francesco ed è un cretino e gli piace tantissimo il modo in cui Daniele strabuzza gli occhi, diventa paonazzo, sembra che debba morire e poi gli gira al largo per due ore almeno. È divertentissimo, seriamente, ancora di più perché nessun altro capisce e Francesco si sente sempre così furbo, dopo.
Solo che, poi, un giorno capita che qualcun altro capisca.
Sono tutti riuniti in trattoria, perché ormai è una cosa che hanno preso a vizio e si ritrovano sempre lì, come se non vivessero in case con cucine monumentali e svariate tonnellate di cibo; Francesco siede a capotavola, nel suo piatto sono rimasti pochi rimasugli di cornicione e una fetta solitaria di salame piccante, e in tutta la tavolata hanno già prosciugato cinque litri di vino, perché, quando il mister non c’è, l’intera rosa subito se n’approfitta per alzare il gomito.
Francesco dondola un po’ sulle gambe posteriori della sedia, si gratta distrattamente la pancia e segue con mezzo orecchio la conversazione a quattro di Erik, Leandro, Fabio e Marco. Proprio alla sua destra è seduto Daniele, che spilucca pigro pezzetti di wurstel e patatine dall’ultimo spicchio della sua pizza, e a Francesco sembra l’occasione migliore per buttarne lì una delle sue, perché, guardalo, Danielino è così quieto e silenzioso, praticamente è un invito a far danni.
«Oh,» dice, quindi, facendo ricascare la sedia su tutte e quattro le gambe con un tonfo. «Danie’, te la ricordi qu’a vorta che no’ trovavo lo sciampo?»
E Daniele, come da copione, strabuzza gli occhi, diventa paonazzo, si fa andare di traverso il boccone - wurstel e patatine, sorride Francesco, tra sé, perché ha cinque anni, - e prende a tossire convulsamente. Francesco, soddisfatto, si rilassa all’indietro contro lo schienale, ed è allora che si accorge della risatina che Marco sta cercando in tutti i modi di nascondere contro il dorso di una mano.
Oh, aspetta, c’è qualcosa che non torna.
Non esiste che Marco stia ridendo dell’imminente decesso di Daniele, né di una qualche battuta di Erik o Leandro o Fabio perché, andiamo, le battute di Erik e Leandro e Fabio non fanno per niente ridere.
Francesco gli tira un calcio da sotto il tavolo, e Marco lo guarda, ancora ridacchiando, e il modo in cui gli brillano gli occhi e poi si morde le labbra per tentare di darsi un contegno può significare solo una cosa.
Marco sa.
Oh, Cristo.
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«Nu’ je dovresti da’ er tormento, Marco, lo sai com’è fatto Francesco. Me lo prometti, che lo lasci sta’?»
Daniele sta apparecchiando la tavola, ordinato e preciso e misurando bene che i coltelli siano allineati con il bordo dei tovaglioli, come piacerebbe tanto alla madre di Marco, e Marco ridacchia, strappa via il coperchio di cartone della prima pizza. Gli pare che stiano mangiando solo pizze, ultimamente.
«Sei veramente stronzo,» dice, mettendo da parte l’ortolana di Daniele e demolendo la scatola della propria. «Sei quello che si diverte di più a guardarlo quando pare che gli debba saltare una vena.»
Daniele alza gli occhi dalla tavola e per un momento lo guarda; poi, quasi esitando, gli concede un più che raro sorrisone scemo e spensierato.
«È vero,» ammette, e Marco mette giù la pizza e va a baciare via dalla sua faccia quell’espressione tanto insolita e bellissima, solo che, quando si allontana, si accorge che il sorriso di Daniele non s’è stretto neppure un po’ e, beh.
Valgono bene la sanità mentale di Francesco, questa suprema contentezza che brilla negli occhi chiari di Daniele, e la stretta possessiva delle sue mani sui fianchi di Marco.
*
Francesco ci lavora per una settimana intera, al coraggio di andare da Marco e chiedergli cos’è che Daniele gli ha raccontato, - e soprattutto perché l’abbia fatto, Dio santo, ma s’è impazzito? Danielino dovrebbe essere quello intelligente, tra loro due, - ma ogni volta che si ritrova un momento da solo con lui o le parole gli crepano in gola, oppure si rende conto che non sono soli davvero, perché, a quanto pare, di questi tempi Daniele sta incollato a Marco peggio che un’ombra.
Finché un giorno, mentre si sta consumando il cervello e un po’ anche annegando sotto la doccia a Trigoria, Marco gli batte due dita su una spalla, e Francesco fa un salto per aria perché Cristo santo, non l’aveva minimamente sentito arrivare.
Marco fa un sorriso un po’ contrito e un po’ soltanto impertinente, la testa chinata contro il getto della doccia e gli occhi socchiusi per via dell’acqua che gli piove sul viso.
«Fra’, scusami,» dice, e Francesco non sa come riesce a non guardare più giù della sua faccia, però ce la fa, bravo che è. «Non è che mi passeresti lo sciampo?»
Francesco si congela, in cortocircuito, e poi, appena il tempo ricomincia a scorrere, lui avvampa da capo a piedi, tanto che quasi l’acqua gli evapora via di dosso. Senza neanche chiudere la doccia, fa dietrofront, afferra al volo l’accappatoio e scappa via dal bagno; sulla porta incrocia Daniele, te pareva, che si accorge che c’è qualcosa che non va, e lo ferma tenendolo per un braccio.
«Oh, tutt’apposto?» chiede, e Francesco, pur sconvolto com’è, si accorge del lievissimo ricciolo all’insù che disegnano le sue labbra, Cristo ma è un sogghigno divertito, quello; lo manda a farsi fottere, allora, dal profondo del cuore, però se gli chiedessero a farsi fottere in che senso, probabilmente non saprebbe rispondere.
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