Una pedalata al chiaro di Luna

Aug 02, 2010 10:23

Lo metto anche qui, che tutto sommato merita un posto migliore rispetto alle note di facebook.

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Il mio amatissimo lettore MP3 della Creative sta defungendo. Oggi ho quindi comperato un economico lettore MP3 di pessima qualità e ho iniziato a riempirlo di musica per capire come funzionasse.
Sono ormai le 22.30, possiamo dire che è notte, e con la musica in cuffia mi appresto a tornare a casa dall'ufficio pedalando alacremente.
Mi fa un effetto strano andare in giro in bici la sera, d'estate.
E' buio, è notte, eppure fa ancora caldino.
Ho 35 anni e sto andando in giro in bici, come facevo da bambino quando la due ruote a pedali era l'unico possibile mezzo di locomozione e le sere d'estate erano il momento magico in cui si poteva stare fuori con gli amici e stare alzati fino a tardi.

Arrivo davanti a casa mentre i Judas Priest mi urlano nelle orecchie "Here comes your ghost again, But that's not unusual. It's just that the moon is full".

Alzo gli occhi verso il cielo.

C'è la luna piena.


Tiro dritto.

Gironzolo un po' senza meta, poi decido di esagerare e di farmi un bel giro lungo il fiume Olona.

Divagazione storico-geografica alla Manzoni

Negli anni '80, quando lo scrivente era ancora piccolo e la provincia di Varese iniziava decisamente a passare dall'industria manifatturiera al terziario avanzato, il fiume Olona era uno dei corsi d'acqua più inquinati d'Europa.
Generazioni e generazioni di tessiture, tintorie e cartiere lo avevano ridotto ad una nauseabonda e temibile fogna a cielo aperto.
La parola "Olona" veniva pronunciata con lo stesso timore reverenziale che i Transilvani di Stoker riservavano alle parole "Conte Dracula".
Si vociferava addirittura di apparizioni di enormi ratti mutanti a due teste nei pressi del fiume.
Certo, erano voci che correvano soprattutto tra i ragazzini delle scuole medie, quelli abbastanza piccoli da credere ancora ai mostri ma abbastanza grandi da poter prendere la bicicletta e scendere in riva al fiume a guardare la schiuma puzzolente che si formava in corrispondenza delle piccole rapide o delle chiuse.
Io però all'epoca ero appunto un ragazzino delle scuole medie, quindi capirete come mai l'idea di una pedalata in riva all'Olona di notte mi sia sembrata particolarmente suggestiva.

fine della divagazione

La prima tappa è il famoso "discesone in valle", una strada ripidissima che permette di raggiungere una velocità considerevole anche alle biciclette più scassate, come più volte avevo sperimentato personalmente quando passavo i pomeriggi estivi a fare su e giù con i miei amici.

La discesa era un'emozione breve e fortissima, con la bicicletta che diventava improvvisamente incontrollabile e le automobili che arrivavano dalla direzione opposta costrette a rallentare per evitare di abbatterci come birilli impazziti.

La risalita era una lunga via crucis di sudore e fiatone, intermezzata dal pellegrinaggio al "monumento alla sciagura aerea".

Stavolta però taglio il discesone a metà con una poderosa sgommatona, e mi infilo nel percorso ciclopedonale dell'Olona.

Sì, perché grazie alla scomparsa di quasi tutte le industrie e ad un capillare intervento di bonifica e depurazione, l'Olona è tornato ad essere un fiumiciattolo decoroso e adatto alla vita acquatica.

Le amministrazioni comunali ne hanno approfittato per creare una bella pista lungo al fiume, che passa attraverso i paeselli della zona e consente una bella vista sui campi incolti e sulle fabbriche abbandonate.

Ci sono passato una sola volta qualche settimana fa, perché c'era una specie di "festa del fiume", con animazioni e banchetti enogastronomici.

Però era giorno, c'era la luce e tanta gente.

Adesso invece, nonostante la luna piena, c'è davvero buio.

Ci sono dei tratti di percorso in cui sono stati installati dei lampioncini, ed altri in cui si passa nel fitto della boscaglia e non si vede assolutamente niente.

La mia mountain bike non ha il faretto anteriore, quindi io pedalo intravedendo appena le sagome dei rami.

Mi rendo conto di come il passare degli anni non faccia scomparire quella brutta sensazione tipica dei boschi al chiaro di luna: la sensazione che gli alberi si muovano verso di te per acchiapparti e farti sparire nel loro nulla pieno di verde.

Sembra di essere in un racconto di Stephen King, uno di quelli in cui i ragazzini in bicicletta vanno a giocare ai pirati lungo al fiume, notano un cunicolo nascosto dai rovi, ci entrano, trovano una valigia abbandonata, la aprono, e dentro ci trovano i resti di una ragazza fatta a pezzi da un serial killer.

Mi rendo conto di stare pedalando un po' troppo forte.

Non è la pedalata da "faccio un giretto in una sera d'estate", e neanche quella da "oggi faccio esercizio fisico".

E' proprio la pedalata violenta e nervosa di chi si rende conto che è notte, che è buio, che è da solo in mezzo ad un bosco in cui cadono gli aerei e in cui la gente nasconde i cadaveri delle fidanzate e in cui probabilmente ci sono anche i topi a due teste e le Bestie di Satana, e che quindi pedala forte ed escine prima possibile, perché stavolta sei da solo e non ci sono neanche i tuoi amici con cui scherzare per farti passare la paura, quindi muoviti e pedala fino a che non ti vengono i crampi o vedi una luce elettrica.

E la luce fu.

Parecchia luce.

Una gigantesca struttura industriale completamente illuminata che si specchia nel fiume.

Da un lato del fiume i serbatoi, le luci, il rumore delle macchine, dall'altro lato i campi e le vecchie case.

Mi fermo a fare un paio di pessime foto con il mio nuovo plasticoso lettore MP3 multifunzione.



La fabbrica che si specchia nel fiume che ha avvelenato per anni. Ma adesso hanno fatto la pace. Credo.

Alla fine taglio corto il percorso, passo sulla strada asfaltata, torno indietro, risalgo dal fiume attraverso strade che non ricordo di aver mai visto, e mi ritrovo in centro ad Olgiate Olona.
Non c'è in giro nessuno, ovviamente.
Pedalo piano, nel silenzio, con una voce femminile che mi canticchia nelle orecchie qualcosa di molto dolce.
C'è un gatto bianco in mezzo alla strada, sta fermo immobile in posizione da punta, con le zampe tese.
Si volta per guardarmi, e per un attimo ho la terribile impressione che abbia un volto umano.
Trasalisco, guardo meglio, ma il gatto è già scappato via.

Inizio a capire come mai nel medioevo ci fossero così tante persone convinte di aver visto il diavolo. A me è bastata una mezz'oretta al buio per iniziare ad avere le allucinazioni.

Pedalo verso casa, strade illuminate, automobili, motorini, ressa di gente davanti alla gelateria che sta chiudendo.

Dentro mi resta quella strana sensazione un po'lovecraftiana da "sembra tutto normale, la gente vive ignara, ma IO SO!"

Ecco tutto, mi sembrava giusto raccontarvelo.
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