[ORIGINALE] l'ombra di un mostro

Jan 30, 2018 17:09


Titolo: l'ombra di un mostro
Fandom: Originale
Personaggi: M/M
Genere: dark, angst (più o meno, è che mi manca la categoria dark)
Avvertimenti: underage, age difference, dub-con
Parole: 1651
Note: scritta per la terza settimana del COW-T, ma non posso dire per quale prompt XD e fillo anche il prompt "57. Presagio Triste" della Maritombola.
Comunque Amets (nome basco che vuol dire "sogno" o almeno così ho letto, e volevo qualcosa che assomigliasse un po' ad Asmodeus, cioè il demone della lussuria), lui me lo immagino un po' come Ardyn, ma più giovane. E altrettanto creepy e disgustoso XD ma voglio bene a entrambi. L'uomo zoccola, per quanto viscido e sociopatico, mi prenderà sempre il cuore.

Piove, quando accade, ed è il suono di un lieve pigolio ad attirare la sua attenzione. Un soffice e pietoso tremolio dell'aria, del quale non si sarebbe accorto se non per caso, nella stradina piena di tacchi che schioccano con forza e confidenza e di motori che ruggiscono anche quando le ruote sono ferme. 
Accade che i suoi occhi ne incontrano un paio di grigi, piccoli, stanchi, che appaiono per un secondo da sotto il cappuccio sporco di una felpa piena di buchi, lercia, inzuppata di pioggia. Un ragazzino, un ragazzino minuscolo - almeno per lui - che si raggomitola su se stesso come un riccio spaventato. 
Ferma i suoi passi, esita per qualche istante. E poi le sue labbra si piegano all'insù, mentre con qualche passo sicuro lo raggiunge e si accovaccia davanti a lui. Il fagotto si muove, trema, e finalmente quegli occhi esausti si alzano di nuovo su di lui. Appartengono ai demoni, ai mostri. Appartengono ai rifiuti, ai cani abbandonati, alle bestiole malformate che si ritrovano sempre a morire senza mai trovare qualcuno disposto ad adottarle. Probabilmente nemmeno i centri d'accoglienza lo avranno voluto. 
Lui tende una mano, mentre con l'altra sfila la sigaretta dalle proprie labbra - la stava giusto per accendere. 
"Come ti chiami?" Chiede, offrendola al ragazzino tutto accovacciato, premuto contro il muro quanto più possibile per evitare le gocce gelide, mentre l'insegna al neon di un bar piena di ragazzi vestiti bene e di cibo costoso si fa beffa di lui giusto dall'altra parte della strada. 
Il ragazzo sotto il cappuccio rimane in silenzio, ma i suoi occhi si muovono, rimangono a fissare lo sconosciuto che si è curvato su di lui, il giovane in giacca e cravatta che lo sta coprendo con l'ombrello dal pattern fitto e scuro - l'ombrello degli uomini eleganti, o almeno così pare a lui. Che ci fa qui, vestito bene e con un ombrello da signori, a chiedere il suo nome? 
"Ivan." 
"Un nome da zar," lo sconosciuto dice, con una voce melliflua che scorre su di lui leggera e giocosa. Ivan lo osserva, con le sopracciglia che lentamente si piegano verso il basso e il viso che un po' si accartoccia, formando un broncio che mette in evidenza le sue labbra. Morbide e tonde, come quelle di un angioletto.
"Io mi chiamo Amets," dice lo sconosciuto prevenendo una risposta, e il suo sorriso crea uno scorcio orizzontale sulla sua faccia. 
"Che cazzo di nome è?" Ivan sbotta, ma lo fa con un sorriso di risposta, tagliente e sgradevole, mentre si alza in piedi e ora guarda il viso affilato dell'altro, dall'alto. 
Amets lo osserva, lievemente preso di sorpresa, ma presto lancia uno sguardo attorno a loro, alzandosi lentamente. I suoi occhi brillano e le sue mani si appollaiano sulle spalle del ragazzino, un po' più basso di lui, quando torna a fissarlo. 
"Cosa ci fai qui, tutto solo?" 
Il ragazzino, Ivan, abbassa lo sguardo, e Amets le vede bene, le sue guance che si accendono di rosa sotto il pallore malato. 
"Mi hanno buttato fuori di casa."
Amets spende qualche momento di silenzio per pensarci su, ma poi lentamente con le dita si fa strada sotto il mento del ragazzo, dove sente appena la ruvidezza di qualche primo pelo. 
"Mmmh, e perché?" Chiede, e con le dita guida il viso del giovane perché punti gli occhi nei suoi. "Cos'hai fatto? Sei gay?"
Ivan stringe le palpebre premendo le labbra assieme, e finalmente schiaffeggia la mano che gli stava tenendo il viso sollevato.
"Fatti i cazzi tuoi."
Amets scosta i lunghi boccoli dal viso, col sorriso che si allarga e gli occhi verdi che si accendono ancora più evidenti nella penombra, sotto l'ombrello. 
"Mi piaci, Ivan," gli dice, e si avvicina appena - ma l'invasione del suo spazio fa irrigidire Ivan, che subito digrigna i denti. Solleva di nuovo la mano per accarezzargli la guancia, e per qualche secondo le sue dita scivolano con facilità lungo la pelle calda e morbida, ma subito dopo il viso del ragazzino si volta di scatto, apre la bocca per serrare i denti sulla sua mano, e appena Amets si lascia scappare un grido finalmente lo spinge via da sé. 
L'uomo lo guarda con una certa sorpresa che gli fanno allargare gli occhi - ma non rabbia, non come Ivan si aspettava. Lo guarda con molta più attenzione ora, mentre si guarda la mano che porta i segni dei denti e fa male, ma non troppo. 
"Ah, sei una bestiola vivace, eh?" Amets commenta, portando la mano offesa alla bocca, e lentamente passa la punta della lingua sulle lineette rosse che Ivan ha impresso sulla sua pelle. 
Ivan rimane immobile, guardandolo con gli occhi larghi, attenti, e sebbene la felpa che porta sia larga e abbondante Amets si accorge benissimo di quanto tutti i suoi muscoli siano tesi e pronti a scattare. Un corridoio si apre dietro di lui, nella folla, sarebbe così facile girarsi e scappare. Ma Ivan rimane lì, coi piedi attaccati sugli stessi punti del terreno sporco come se ce li avessero inchiodati. 
Non parla, ancora, quindi Amets afferra l'occasione per farlo.
"Ti spiego: sto cercando un animaletto da compagnia. Un pet, come dicono gli anglofoni."
Ivan continua a fissarlo, ma gli occhi gli si stringono. 
"Vai in un canile," sputa, ma le sue spalle si rilassano, incrocia le braccia e ora semplicemente i suoi occhi sanno di sfida. 
"Giusto, giusto," Amets risponde, e di nuovo si avvicina. "Ma io non voglio quel tipo di animaletto."
"Vai in un negozio di animali strani," Ivan ribatte, e lo guarda avvicinarsi ma non si muove. Anzi, alza il mento e allarga le gambe. Come un ometto deciso. 
La risata di Amets gli arriva sottile, pungente, si infila nel suo petto e gli graffia lo stomaco. 
"Non mi piace scoparmi gli animali. Capisci? E poi stavo cercando qualcosa di tranquillo," risponde, con gli occhi che si ammorbidiscono, e di nuovo le mani salgono, ma stavolta il suo pollice accarezza le labbra del ragazzo più giovane, immobile sotto di lui. "Ma forse una bestiolina carina e grintosa fa più per me. Con un cagnolino che obbedisce sempre mi annoierei."
Ivan volta il viso di nuovo per morderlo, ma ora non stringe più i denti attorno alla mano come prima. 
"Se vieni con me, avrai una casa. Cibo, un letto caldo. E tanti giochi. Qui fuori cos'hai? Pioggia. Una grondaia per ripararti. E sei tutto solo. Sai, sono molto di compagnia, quando ci sono," Amets continua, senza mostrare alcun segno di sorpresa ora, e quando la presa sulla sua mano si allenta riprende a muovere il dito lungo il labbro di Ivan, fino ad infilarne la punta dentro la bocca calda. 
Pare non se ne accorga nessuno, come se quell'uomo non ci fosse, come se Ivan stesse guardando dentro il sogno di qualcun altro. Ivan cerca lo sguardo di qualcuno, con gli occhi confusi come se qualunque potesse dargli una risposta, potesse scegliere per lui. Ma i passanti non guardano in quella direzione - guardano agli schermi dei cellulari, o guardano dritto avanti, o si fermano a chiacchierare con qualcuno che conoscono. Non è cambiato niente.
"E tu che ci guadagneresti?" Chiede infine, scansando la mano dalla propria bocca. Amets si china appena su di lui - non ha bisogno di piegarsi tanto. 
"Compagnia. Capisci, sono un uomo solo, una bestia che nessuno vuole amare, come te." I suoi occhi si spengono per un momento, e si riempiono di qualcosa di torbido e amaro prima che un sorriso torni a illuminare la sua faccia fatta di angoli e forme simmetriche. Qualche ruga circonda i suoi occhi quando avvicina il viso per sussurrare. "E sei bello. Tutta questa gente non ti guarda perché la bellezza di spaventa, ma non a me."
Ivan lo guarda negli occhi, e poi i suoi occhi fanno il giro del suo viso, seguono le onde dei suoi capelli e poi scendono lungo il suo corpo solido e sano avvolto da qualche stoffa pregiata, arrivano alle scarpe in pelle e poi risalgono, mentre la sua testa si piega. 
"Non mi piace lavorare," dice, con la stessa aria di sfida di prima. 
Amets piega gli angoli della bocca, e si solleva dritto mentre spinge il cappuccio del ragazzo all'indietro, rivelando i suoi capelli neri come la notte. 
"Non ti chiederò di farlo." Prende una ciocca umida fra le dita, facendole scivolare lungo la lunghezza, fino alle punte. "Voglio solo che tu diventi mio."
Per la prima volta da quando l'ha visto, Ivan si morde il labbro, con uno sguardo concentrato, cercando qualche ragione per rifiutare. Nessuno verrà a cercarlo in un angolo della strada, comunque. Se fosse per i passanti, potrebbe benissimo congelare. Se fosse per il resto del mondo, lui potrebbe benissimo non esistere, e non c'è mai stato nessuno a fargli pensare il contrario. Il silenzio e il senso di solitudine sono state le uniche cose a fargli compagnia, finora. Il suo nome, non l'ha mai chiamato nessuno. 
"Se vuoi posso tornare un altro giorno, però," la voce di Amets trilla mentre fa un passo indietro e infila la mano nella tasca, tenendo l'ombrello dritto con l'altra. "Pensaci su."
Gli bastano tre passi, mentre Ivan guarda la sua figura che si volta, con i boccoli che si agitano appena per il vento freddo che si incanala nella via sferzando qualsiasi cosa.
Non ha bisogno di dire nulla, Ivan. Infila un braccio sotto il suo, ci si aggrappa, lo stringe a sé. Forse è un sogno, ma è il meno orribile che gli sia capitato di avere.
Amets lo guarda appena, ma sorride prima di circondargli le spalle col braccio, e lo attira a sé sotto l'ombrello, mentre la pioggia bagna finalmente lo spazio che Ivan stava occupando, lì, all'angolo della via, e qualcuno finalmente volge lo sguardo lì, sullo spiazzo che l'acqua non ha toccato per tutto il giorno.

avvertimento: underage, fandom: originale, genere: angst

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