Titolo: The moment it takes to fall apart
Fandom: DC Comics - Lovvoverse
Beta:
namidayumePrompt: Ibn Al Xu’ffasch, Lena Luthor - è/sei tornata @ Progetto Malvagio
Personaggi:
Ibn Al Xu’ffasch,
Serenity Kent,
Lena Luthor; apparizioni di parte della JLA
Rating: Pg
Conteggio Parole: 760 (FDP)
Avvertimenti: linguaggio colorito, angst
Disclaimer: Tutto abbastanza nostro, ma ugualmente senza lucro
Note:
• Ambientata nel 2042, quando Lenina si fa rilasciare dall’Arkham Asylum e tutti se la fanno addosso. \o/
• Titolo da The night starts here degli Stars.
The moment it takes to fall apart
Serenity ha l’aria stanca ed esasperata, quando lo annuncia: per un attimo, sembra che quella notizia sia l’ultima goccia, la causa del suo definitivo crollo.
«Si è fatta dimettere,» sputa fuori, irrompendo a passi svelti nella sala principale della Watchtower. «Si è fatta dannatamente dimettere.» Nessuno nella stanza ha bisogno di chiederle di chi stia parlando: appare chiaro a tutti dal suo sguardo furente e, in fondo, sotto strati di ira cieca, anche un po’ spaventato.
«Lo sapevo,» sussurra piano Diana, in modo che solo Ibn, seduto accanto a lei, possa sentirla. Lui invece rimane in silenzio, con lo stupido bisogno di chiedere ulteriori informazioni - perché, quando, come mai proprio adesso?
«Ne ha già combinata una delle sue?» domanda Iris, pratica, e Serenity esplode in una risata rabbiosa. «Non ancora, ma quanto pensi che ci vorrà?»
Pochissimo, si risponde Ibn.
*
L’ultima volta che ha attraversato quella finestra, sono bastati una ventina di minuti perché si ritrovasse rinchiuso nei Centri di Rieducazione. Adesso non è incauto come allora; ha studiato la planimetria della zona, si è preparato, ha fatto in modo che lei si trovasse nell’ufficio e ha creato un diversivo alla porta d’ingresso in modo che fossero gli unici due individui nei paraggi.
Non è più la stessa persona di allora, non commetterà gli stessi errori, si dice, ma ciò che ha dimenticato di considerare e di cui subito si pente è che nemmeno Lena è la stessa persona di allora.
«Il lupo cambia il pelo ma non il vizio,» cantilena, mentre l’uomo si cala all’interno della stanza. Lo sta fissando appoggiata alla parete di fronte alla finestra, le braccia incrociate al petto, in attesa della sua prossima mossa. «Adesso devo chiamarti Batman?»
Ibn non reagisce alla sua provocazione. Ricambia lo sguardo avanzando lento verso di lei, senza riuscire a cancellare la tensione che sente in ogni singolo muscolo del corpo. «Sei tornata,» sussurra. «Perché?»
«Mi mancavano i miei figli,» ride la donna e la presa in giro, così come il gelo nella sua voce, è fin troppo evidente.
«Perché, Lena?» ripete ancora Ibn, nel tono più minaccioso che è capace di modulare.
Lei abbandona l’appoggio della parete e perde il sorriso. L’espressione seria - vuota - che compare sul suo volto è la prima vera espressione che sia riuscita a formare da quando lui ha messo piede in quella stanza. Compie alcuni passi verso Batman, lasciandosi illuminare meglio dalla luce della lampada che proviene dalla scrivania. Ibn ha modo di osservare i suoi occhi, di notare quanto si siano scuriti, quanto siano cambiati; ha modo di notare il dolore che c’è dentro di essi e che sembra destinato a non abbandonarla mai.
«Hanno detto che sono guarita,» riprende Lena, avvicinandosi ulteriormente. «Hanno detto che potevo andarmene quando volevo.»
«Perché adesso?»
Le labbra della donna si stirano in un sorriso tagliente, pericoloso, mentre solleva il viso per avvicinarlo a quello dell’altro. «Perché è tempo che io abbia la mia vendetta.»
Ibn compie istintivamente un passo indietro, allontanandosi da lei e da quei suoi occhi che urlano odio. «Non ti permetterò di fare del male a nessuno,» afferma e cerca di essere sicuro di sé, il più sicuro possibile, ma in sua presenza non ci riesce mai del tutto.
Lena ride di nuovo, infatti, perché conosce fin troppo bene ogni sua più impercettibile debolezza. Gli volta le spalle e torna verso la sua scrivania. «Vuoi un consiglio, Ibn?» comincia, scostando la sedia. «Non intralciarmi.» Si mette seduta e, guardandolo dal basso, chiarisce: «Non ti farò del male se ti farai da parte.»
Ibn non esita nemmeno per un momento. «Lo sai che non succederà.»
«Allora sta’ attento,» sibila lei. Lo fissa per un lungo momento, lasciando che la propria minaccia risulti esplicita fino in fondo, poi, considerando la conversazione conclusa, abbassa lo sguardo su alcune carte. Quando lo rialza, di Batman non c’è più traccia.
*
Serenity non ha bisogno di fargli domande, quando lo vede rientrare alla sede di Washington. Lo capisce dal suo sguardo, dov’è stato e cosa ha fatto.
«Hai scoperto qualcosa?» chiede, andando dritta al punto.
Ibn evita accuratamente i suoi occhi. «Niente di utile.»
Serenity lancia un urlo di frustrazione, poi si copre il viso con le mani. «Vorrei che fosse morta, dio, lo vorrei così tanto,» sussurra tra sé. Poi, nuovamente rivolta a Batman, aggiunge: «Quindi che facciamo?»
Ibn ripensa alla figura sottile di Lena, al suo sguardo gelido, alle sue parole dure. Ripensa a ciò che ha fatto quando ancora non era stata spezzata, a come sia arrivata ad una così breve distanza dal distruggerli tutti definitivamente, e conclude che adesso non potrà essere che peggio, molto peggio.
«Aspettiamo,» risponde infine, perché non c’è davvero altro che possano fare.