Titolo: Long Sweaters
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca, Norvegia (per questa parte)
Pairing: Danimarca/Norvegia (principale), Svezia/Finlandia, Prussia/Austria
Parte: 3/4
Rating: NC-17, R per questa parte
Warning: Rapporti tra due uomini, angst, UST, sangue
Conteggio Parole: 1666
Riassunto: "Norvegia porta sempre maglioni troppo lunghi.
Danimarca non riesce a spiegarsi come abbia fatto a non notare mai quel particolare così evidente nell'altro, durante i secoli."
Disclaimer: Tutto ciò appartiene ad Hidekazu Himaruya ed io non ci guadagno nulla.
Avvertenze: La pubblicazione di questo racconto in altra sede, senza il consenso dell'autrice, è assolutamente vietata.
Note:
1. Fiction scritta per la Criticombola di Criticoni, prompt #15 "Avorio".
2. Tutto ciò nasce da un feticismo comune a me e alla mia adoraterrima Persychan per i maglioni lunghi xD: E chi meglio delle nazioni nordiche poteva dare sfogo alle nostre perversioni?
3. Nella fiction verranno usati a volte i nomi umani nella nazioni, per la maggiorparte quelli ufficiali. Per Danimarca e Norvegia, che non li hanno, verranno usati: Mathias (fan name di Danimarca) e Axel (nome deciso da me per Norvegia).
4. Grazie a Persychan che mi sopporta xD *spuccia*. Grazie anche a tutti quello che hanno commentato i primi capitoli xD. Ho scritto questo capitolo in un paio d'ore e, sorprendentemente. è venuto esattamente come volevo. Spero vi piaccia! ^^
5. I Commenti Sono Sempre Amore. Quindi, per favore, perdeteci 5 secondi se leggete xD.
Danimarca aveva progettato tutto con cura: il modo in cui avrebbe chiesto a Norvegia di cenare da lui, la scusa da usare per convincerlo a spostare, invece, la cena a casa sua e le tecniche che avrebbe usato durante la cena per sedurlo.
E, con sua immensa sorpresa, convincere Norvegia fu più facile del previsto: il ragazzo acconsentì alla cena con il suo solito fare indifferente e disinteressato e fu lui stesso a proporre di cenare, invece, a casa sua.
- Casa tua sarà di sicuro un porcile, non ci tengo a vederla, almeno da me non correrò il rischio di beccarmi qualche strana malattia. -
Danimarca aveva sorriso e poi aveva passato una mano tra i capelli biondi di Norvegia, che si era scortato, irritato, ma non aveva aggiunto altro.
Norvegia si era ammorbidito molto durante le loro uscite: parlava di più, sorrideva, ogni tanto e le sue battutine perfide rivolte a Danimarca erano notevolmente diminuite.
Nonostante ciò, i loro incontri non si svolgevano mai in luoghi appartati e, nonostante Danimarca cercasse di trovare scuse per restare solo con lui e, magari, tentare di approfondire la loro relazione, Norvegia non sembrava cogliere i suoi tentativi e si chiudeva nel suo bozzolo di indifferenza.
Danimarca guidava verso la casa dell'altro e interrogativi sul perché Norvegia si fosse finalmente aperto ad un confronto più personale tra loro (senza la protezione del trovarsi in luoghi pubblici, protetto dalla folla attorno a loro) continuavano a frullargli nel cervello.
Quando arrivò davanti a casa dell'altro, rimase ancora per qualche minuto in auto per chiarirsi meglio le idee: prese un respiro profondo e, nonostante sapesse quanto quella serata fosse decisiva per il loro rapporto, decise di affidarsi alla sorte e di sperare per il meglio.
Quando Norvegia apparve sulla soglia, Danimarca rimase incantato a guardarlo per alcuni secondi: i capelli erano tirati all'indietro dalle due forcine a forma di croce ed indossava il maglione color avorio in cui lo aveva visto dormire; i ricordi di quel momento così intimo a cui aveva assistito gli riempirono la mente e sorrise, apparentemente senza ragione.
- Wow, sei puntuale. A cosa devo questo inaspettato miracolo?-
Danimarca ridacchiò, mentre Norvegia lo faceva accomodare in casa.
- Volevo solo fare buona impressione. -
- La cucina è di là, non cercare di avvelenarmi e non distruggermi la casa. -
Danimarca gli sollevò il viso, posando un dito sotto il suo mento, beandosi del rossore sulle guance dell'altro.
- Non è nelle mie intenzioni, te l'assicuro. -
Norvegia lo scansò e andò a sedersi sul divano, evitando accuratamente il suo sguardo.
Al contrario di quando tutti avrebbero potuto pensare, dato il suo atteggiamento infantile ed apparentemente non curante, Danimarca si considerava, a ragione, un cuoco decisamente capace e metteva nella cucina una pazienza che, di solito, dedicava solo all'alcol: Norvegia lo osservava, incuriosito, trafficare tra i fornelli con fare esperto, godendosi (nonostante il suo categorico rifiuto di ammetterlo) lo spettacolo della schiena muscolosa dell'altro e l'espressione concentrata sul suo viso, quando si voltava verso di lui.
- Sei sicuro che sia commestibile, vero?-
Danimarca sorrise, mentre si versava un generoso quantitativo di vino nel bicchiere e guardava Norvegia osservare, un po' sospettoso, il piatto davanti a sé.
- Beh, non si può mai sapere finché non si prova, no?-
- Mi prendi in giro?-
- Axel, fidati di me e mangia. Come ti ho già detto, non ho nessuna intenzione di avvelenarti o di finire la serata con una lavanda gastrica. -
Norvegia sospirò, prima di cominciare a mangiare, vincendo i propri sospetti: dovette ammettere la sconfitta su tutta la linea.
Danimarca era un cuoco decisamente niente male e quello che aveva preparato poteva rivaleggiare con le pietanze di Finlandia, che Norvegia considerava, a ragione, il miglior cuoco tra le nazioni nordiche.
Danimarca sorrise, felice e divertito, quando Norvegia, rosso in viso, dovette fargli i complimenti.
La serata passò in modo inaspettatamente piacevole, tra cibo squisito e più bicchieri di vino di quanto il corpo esile di Norvegia potesse, probabilmente, sopportare.
Erano seduti sul divano di Norvegia, Danimarca intento a riempirsi di nuovo il bicchiere, mentre l'altro rideva.
- Devi ammetterlo: non sono così male come credevi vero?-
Norvegia sbuffò e bevve un altro sorso di vino: cominciava a girargli un po' la testa, ma si sentiva rilassato e, quasi, felice come non si sentiva da tanto, troppo tempo.
- Ammetto che, forse e sottolineo forse, non sei la piattola fastidiosa che credevo tu fossi, ma questo non vuol dire niente. -
- Sei tutto rosso!-
- E' colpa del vino, idiota. -
- Ne sei sicuro? Forse è la mia vicinanza a farti questo effetto. -
Norvegia decise di ignorarlo, per la salvezza dei suoi nervi, della serata e delle parti intime di Danimarca.
Il danese rimase in silenzio per un po', sorseggiando il vino e sorridendo.
Norvegia lo guardò, sorpreso, quando lo sentì appoggiare la testa sulla sua spalla: i capelli ribelli del danese gli solleticavano il collo.
- Che stai facendo?-
- Ssh, resta così solo per un attimo. -
Il norvegese restò immobile, osservando il viso rilassato dell'altro, i suoi occhi chiusi, la bocca appena aperta e si stupì, quando si accorse che la situazione non lo faceva sentire assolutamente a disagio.
Rimase comunque, del tutto spiazzato, quando Danimarca sollevò il viso, portandolo all'altezza di quello di Norvegia.
Quando lo baciò, dolcemente, il norvegese ci mise qualche secondo a capire cosa stesse accadendo, perso nel calore delle labbra del danese contro le proprie; ma, quando tornò in sé, la sua razione non si fece attendere: lo spinse via con forza, alzandosi dal divano.
- Che cazzo credi di fare?!-
Danimarca si alzò a sua volta e gli si avvicinò, afferrandolo per un braccio.
- Axel, scusa, mi dispiace. -
Axel lo spinse via, ma Mathias non sembrava disposto a cedere e lo afferrò di nuovo: fu quel gesto a far reagire Axel come non avrebbe mai voluto fare, non quella sera, non dopo il modo in cui il rapporto si era evoluto: lo colpì con forza al viso con un pugno e Danimarca mollò la presa, barcollando all'indietro.
Tutto sembrò diventare immobile per qualche secondo, mentre Danimarca si massaggiava il viso ferito.
Fu allora che Norvegia vide negli occhi di Danimarca l'antica furia che, un tempo, gli aveva permesso di diventare il signore del Nord, quegli occhi ciechi e rabbiosi che gli provocarono un brivido di terrore lungo la schiena e gli fecero tornare in mente particolari dolorosi.
Danimarca scattò verso di lui, ma Norvegia aveva accumulato secoli e secoli di esperienza e lo schivò facilmente, colpendolo di nuovo al viso; questa volta, Danimarca cadde a terra.
Norvegia si mise su di lui, bloccandolo sul pavimento: Danimarca sanguinava da un labbro, ma incassò passivamente un altro paio di colpi, prima di reagire.
Colpì Norvegia al volto, facendogli perdere l'equilibrio e approfittandone per ribaltarlo sul pavimento, bloccandogli le braccia ai lati della testa, stringendo i polsi così forte da fargli male: Norvegia si dibatteva, ma Danimarca era decisamente più forte di lui fisicamente e, per quanti sforzi potesse fare, sapeva che non sarebbe riuscito a liberarsi della sua presa.
Si abbandonò sotto di lui, guardandolo con un misto d'odio e di disprezzo, eppure... eppure c'era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che Danimarca non aveva mai visto, qualcosa che somigliava al desiderio.
Avevano entrambi il fiato corto, Danimarca sentiva in bocca il sapore del sangue e anche il maglione di Norvegia ne era macchiato.
Il loro secondo bacio sapeva di sangue; Danimarca posò le labbra su quelle dell'altro con forza, incurante del dolore, sia suo che di Norvegia, stringendo di più la presa sui suoi polsi, sentendo Norvegia gemere e dibattersi sotto di lui, ma ricambiare il bacio con rabbia.
Quando lo lasciò, le braccia di Norvegia scattarono verso di lui, attirandolo contro di sé, baciandolo di nuovo, aprendogli con forza la camicia, incurante dei bottoni che saltavano in ogni direzione, il bisogno di sentire sotto le sue mani la pelle calda e nuda dell'altro più forte di ogni dolore e di ogni cosa: accarezzò i muscoli tesi, le spalle grandi e le braccia muscolose, mentre Danimarca lo faceva alzare e gli toglieva il maglione.
Non si diedero il neanche il tempo di pensare a cosa stesse accadendo: si baciavano con foga, Norvegia lo stringeva, graffiava, gemeva e si abbandonava contro di lui, mentre Danimarca lo bloccava tra il divano e il proprio corpo.
Norvegia era più piccolo e magro di quando pensasse, la sua pelle era chiara e soffice sotto le sue dita; gemeva ad ogni tocco, reso più sensibile dall'alcol e dall'adrenalina che gli scorreva in corpo dopo la loro zuffa.
Stringeva i capelli di Danimarca e lo attirava di più a sé, ma lo lasciò fare quando lo fece sdraiare di nuovo sul pavimento e cominciava ad aprirsi i jeans.
Fu la visione di Norvegia abbandonato sotto di lui, seminudo, affannato e sanguinante a riscuoterlo.
Si bloccò, le mani ancora intente a slacciare la cintura e guardò a fondo negli occhi dell'altro, vide la confusione, la passione, la rabbia.
E non era quello che avrebbe voluto vederci.
- Non posso, non posso. -
Si alzò in piedi, incerto e confuso, mentre Norvegia si tirava a fatica su a sedere e lo guardava, come se non riuscisse a capire il perché di quell'improvviso rifiuto.
- Mi dispiace, mi dispiace tanto. -
Raccolse le proprie cose ed uscì dalla casa senza voltarsi indietro.
Norvegia sentì il rumore del motore dell'auto che si metteva in modo e poi la sentì allontanarsi.
Rimase seduto immobile sul pavimento per un tempo che non seppe definire, intento a cercare di ricostruire la propria maschera di freddezza ed indifferenza, che Danimarca aveva così violentemente distrutto in mille pezzi.
Sentiva ancora le mani e la bocca di Danimarca su di sé e faticò ad alzarsi in piedi e a trascinarsi verso il bagno.
Sotto la doccia, Norvegia lasciò che l'acqua lavasse via il sangue, le lacrime ed il suo desiderio.
Continua...
Capitolo IV