Apr 30, 2010 12:03
L’ho visto lì, in piedi davanti al “Circolo”.
L’ho scambiato per un albanese, un rumeno, un extracomunitario insomma.
Vedevo un tipo bolso, con le palpebre a mezz’asta, con la parte destra dei capelli ancora arruffata, come se si fosse appena alzato dal divano dove sarà stato sdraiato, oziando per ore.
Occhiaie marcate, gonfie sotto due occhi spenti, vuoti.
Mi guardava.
Si aggirava con le mani dietro la schiena, ai margini del nostro gruppetto che stava facendo chiasso fuori dal bar, parlando di donne, calcio e altre amenità del quotidiano.
Si aggirava con le mani dietro la schiena, un po’ gobbo, chino. Senza parlare. Non diceva nulla. Guardava e basta.
Nello sguardo aveva un che di rassegnato.
La bocca semiaperta come quella di un demente.
Guardavo e non capivo.
Stavo chiacchierando con Stefanello e Scheggia di chissà quale fallo subito da Eto’ in chissà quale partita, ma ogni tanto buttavo un occhio distratto a quell’individuo stanco che si aggirava ai margini, senza dire nulla.
Il “Circolo” d’altronde è pieno di un’umanità strana, spesso ferita, a volte sconfitta.
La vita è una strana bestia. Può essere bellissima, affascinante ma talvolta miserabile e malinconica.
Indossava un giubbetto di pelle, nonostante il caldo eccezionale per un Aprile che tutto sommato era stato fino a quel punto mite. Un assaggio d’estate.
C’era un Sole splendido, brillante e l’aria umida sembrava portare l’odore del mare appena prima che il Sole tramonti.
D’un tratto mi decido e sussurro a Scheggia “Ma quello dietro di te, chi è?”
“Bergiggia” - mi dice lui.
Gianfelice Bergiggia. Un ragazzone forte, biondo, con gli occhi chiari. Un bel ragazzo insomma, che dieci anni fa sgommava per le vie del paese con la sua moto. Un po’ ribelle, un po’ coglione. Vivace come tutti gli sbruffoni. ‘Bauscia’ per i milanesi doc, quei pochi rimasti.
Gianfelice Bergiggia. Non lo avrei mai riconosciuto sotto 10 o forse 20 chili in più, sotto lo strato di grasso che gli ricopriva la faccia come fosse gommapiuma. Sotto il velo di stanchezza e tristezza che potevo toccare come fosse carta velina. Sotto il suo sguardo vuoto, pieno di niente, opaco.
Con quei capelli arruffati solo da una parte, come se si fosse appena alzato dal divano su cui sicuramente sarà stato sdraiato, oziando per ore.
Con quel giubbetto e quel caldo. La bocca semiaperta come un demente.
Lo guardo bene, lo fisso. Cercando di ricordarmelo come era solo 10 anni fa. 10 anni! Non sono poi un lasso di tempo così lungo.
Non lo riconoscevo più tanto da scambiarlo per un disadattato, un povero extracomunitario sfortunato.
Gianfelice Bergiggia. Sconfitto, malinconico, triste.
La vita è una strana bestia. Può essere bellissima, affascinante. Con Bergiggia è stata feroce!