Dice che d'estate non c'è niente da guardare, ma non è vero.

Aug 25, 2014 13:29

C'era un tempo - viggiuro - in cui la stagione estiva era la stagione di pausa anche per la televisione. Ve lo ricordate? Pure in Italia. Che avevano mandato in onda un anime nuovo nuovo per 2-3 mesi e poi all'improvviso, specie se era uno di quelli lunghi, col primo di luglio cominciavano le repliche e vi dicevano che le nuove puntate sarebbero andate in onda a partire da settembre. E uno si rassegnava a una lunga estate priva di roba da guardare. Era triste, e infatti è una cosa che è cambiata a dimostrazione che l'umanità non è tutta brutta e scema e ogni tanto impara dai propri errori. La gente che fa i telefilm adesso è la generazione che è cresciuta con le estati piene di repliche, e infatti adesso le estati sono piene di robe nuove da guardare.
E' stato dunque introdotto un nuovo concetto, quello di "serie estiva", che fino a un paio di annetti fa ancora reggeva. Una serie estiva era una serie di basse pretese, possibilmente anche a basso costo, divertente e intrattenitiva, insomma, una roba che la gente poteva guardare senza stare troppo a lambiccarsi il cervello, una roba tipo la prima stagione di Continuum che è la realizzazione perfetta del concetto di "serie estiva", e che peraltro è ancora più calzante come esempio quando ne osserviamo il cambiamento nel corso delle due stagioni successive.
Questo perché a una certa, durante la seconda stagione, Continuum ha smesso di essere una serie estiva, decidendo di aspirare a qualcosa di più complesso nonostante continuasse ad andare in onda d'estate. Il risultato è stato una seconda stagione dalla prima metà scialba e dalla seconda metà esplosiva che purtroppo non ha saputo mantenere le sue promesse con una terza stagione piuttosto catastrofica e nel complesso fallimentare. Questo perché non tutte le serie estive hanno l'ossatura abbastanza forte da provare a giocarsi la carta della "serie invernale in estate". Continuum, tipo, non era proprio cosa.
La cosa che è successa è stata che il concetto stesso di serie estiva si è andato perdendo. Fatevi un giro sul palinsesto delle serie TV che vanno in onda soltanto sui canali USA in questo periodo, fate il conto delle repliche, fate il conto della roba nuova. Le "serie estive", quelle tutte leggerezza e intrattenimento, senza pretese di alcun tipo, si contano sulle dita di una mano.
Quindi cosa succede, succede che ci sono un sacco di robe belle da guardare in estate. Ce ne sono anche un sacco brutte, ma ce ne sono di più belle, sorprendentemente, e mi pareva carino parlarne un attimo, visto che magari, oh, ci sta, alcuni non lo sanno, ancora, che l'estate non è più il momento delle repliche, e che ora avete un sacco di nuove scuse per chiudervi in casa anche ad agosto ed evitare di andare a mare per maratonare la vostra nuova serie preferita della quale fino a ieri non conoscevate ancora neanche il titolo!

8 serie che è estate ma non è vero che non c'è niente da vedere
In rigoroso ordine a cazzo di cane perché le classifiche mi disturbano.


Masters of Sex (S2) (Showtime)
La prima stagione è andata in onda l'anno scorso e ne ho parlato un sacco altrove, la seconda stagione sta andando in onda in questi giorni in patria e, se segue lo stesso iter della prima, arriverà in Italia alla sua conclusione. La storia è quella di Bill Masters e Virginia Johnson, il primo acclamato ginecologo e la seconda sua assistente/amante/futura moglie, i quali, negli anni '60, compirono uno studio approfondito della sessualità umana quale prima non si era mai visto, ponendola sotto una luce nuova talmente innovativa che destò scalpore più o meno ovunque, ai tempi. Naturalmente la vicenda è molto romanzata, e se ancora il cast non è in grado di convincervi (i due protagonisti sono interpretati da Michael Sheen e Lizzy Caplan, due BOMBE con sulle spalle due personaggi grandissimi) dovrebbe farlo l'intelligenza con cui il team a prevalenza femminile di Michelle Ashford ha deciso di trattare la narrazione dei fatti, anche imparando con onestà e consapevolezza dai propri stessi errori. La prima stagione, per dire, s'era purtroppo chiusa con due minuti tanto antipatici quanto innecessari. La Ashford l'ha capito e il dietro-front nella s2 è costato alla stagione qualche episodio con difficoltà ad ingranare e una brusca frenata di cui si sarebbe volentieri fatto a meno, ma passato lo scoglio la serie è rinata e ci ha dato episodi tipo Fight (2x03), una roba così bella che non si può fare a meno di perdonare anche tutto il resto. Il personaggio di Libby, moglie di Masters, gestita divinamente durante la prima stagione, sta purtroppo seguendo un percorso involutivo che mi rattrista molto (specie considerato il fatto che è il mio personaggio preferito e quello alle cui vicende partecipo con più sentimento), ma la Ashford si è meritata la mia fiducia, per cui mi fido.


Please Like Me (S2) (ABC2)
Voi lo conoscete Josh Thomas? Io no, per dire la verità fino all'anno scorso non ne avevo mai sentito parlare. L'Australia è questo paese misterioso alla cui esistenza nessuno pensa finché non ne viene fuori una Nicole Kidman, o un Hugh Jackman, o un Chris Hemsworth. Parlo dell'Australia perché Josh Thomas è australiano, ed è un comico australiano. Sì, anche l'Australia ha i comici. Meraviglioso, vero? Insomma, Josh Thomas è un comico australiano che, se avesse deciso di scrivere e produrre Please Like Me cinque anni fa, non avrebbe fatto ridere nessuno. Adesso però è tutto diverso, la social awkwardness non è più quella cosa brutta e puzzolente che tutti abbiamo ma ci premuriamo di nascondere sotto il letto così che nessuno la veda quando viene a trovarci. Stiamo imparando ad accettarla come parte integrante della nostra generazione e questo è, in sostanza, il tema di Please Like Me: Josh è un ventenne sfigato e bruttarello che si rende conto di essere gay, ma si rende anche conto del fatto che essere gay è tipo l'ultimo dei suoi problemi, specialmente quando l'inabilità alla VITA lo accompagna genericamente in qualsiasi cosa faccia. Josh """studia""", non lavora, non ha un ragazzo, non è in grado di relazionarsi senza essere una piaga sociale con quei due amici in croce che ha, non è in grado di relazionarsi col padre, uomo buono ma ottuso, e con la di lui nuova esuberante compagna filippina, non è in grado di relazionarsi con la madre, depressa e mai davvero ripresasi dal divorzio e, in generale, non è in grado di fare niente senza che la sua incapacità di relazionarsi serenamente con qualsiasi cosa si metta fra i piedi, rendendogli la vita molto più complicata di quello che potrebbe (dovrebbe?) essere. Josh Thomas parla alla sua generazione con un linguaggio che quella stessa generazione può comprendere, mettendo in campo senza pudore tutti i drammi generazionali che ci accompagnano (dalla paura del sesso all'inettitudine che ci porta a googlare "is it okay to take a baby into the shower" quando sorge la necessità di farlo) caricandolo di tanta impietosa autoironia da costringere alla risata senza scampo. Volete recuperare la prima stagione, e volete guardare la seconda, che va in onda per ora. (Anche perché poi ce ne sarà una terza, l'anno prossimo, e credetemi, vorrete guardare anche quella.)


The Leftovers (S1) (HBO)
Attualmente in onda sulla HBO e già a) avviato verso la conclusione della prima stagione (siamo intorno all'episodio 9), b) rinnovato per una seconda stagione e c) trasmesso in Italia in quasi contemporanea rispetto alla programmazione originale (mi dicono dalla regia), The Leftovers è la nuova creatura di Damon Lindelof, l'uomo dietro Lost, che per alcuni potrà essere una credenziale di un certo valore ma per me di certo non lo è, visto che Lost non mi è piaciuto. Lo dico per chiarire preventivamente che non ero prevenuta, nei confronti di The Leftovers, ed anche se lo fossi stata probabilmente si sarebbe trattato di un pregiudizio negativo. E invece a questa serie sono bastati tre episodi per mettermi sulle ginocchia -- è una roba bellissima. Le premesse della storia sono: un giorno, all'improvviso, senza motivo, senza spiegazione, il 2% della popolazione mondiale svanisce nel nulla. La serie non si concentra su di loro. Non si concentra nemmeno sul perché. Si concentra su quelli che sono rimasti, i "leftover", appunto, parlando di perdita, di assenza, di quei vuoti incolmabili che ti rimangono dentro anche quando sai che devi andare avanti, nel momento in cui perdi qualcuno che hai amato profondamente. Lo fa rifiutandosi di restare una serie introspettiva ancorata solo all'empatia che possiamo provare per i protagonisti, però, e quindi lo fa stando bene attenta a costruire tutto un mondo, una nuova società, disturbante quanto curiosa. Va detto preventivamente: questa serie è tutto quello che una serie estiva non è: è lenta; è di grandi (grandissime) pretese; è profonda e dura e per niente divertente; non è avventurosa, non è misteriosa, a tratti (terzo episodio, Two Boats and a Helicopter, sesto episodio, Guest) veramente dura da mandare giù, emotivamente dolorosa fino allo stremo, ma ne vale un sacco la pena. E poi c'è dentro Justin Theroux, che è sempre un buon motivo per guardare qualcosa, nei panni de Lo Sceriffo Sexy. Ho continuato a chiamarlo Sceriffo Sexy finché il nome del suo personaggio non mi è finalmente entrato in testa. (Ogni tanto continuo a farlo.) (E poi ci sono dentro Christopher Eccleston e Carrie Coon in due ruoli - il reverendo Matt Jamison e sua sorella, Nora Durst - che, credetemi, non vi lasceranno in pace.)


The Strain (S1) (FX)
In onda su FX e al momento inedita in Italia (ma è di quelle che arrivano, quindi basta solo aspettare), la nuova creatura di zio Guillermo ha alle spalle una storia divertentissima che riporto perché è troppo lol. Praticamente zio Guillermo (che è lo zio nerd che tutti vorremmo, me lo immagino sempre come il fratello sfigato di papà che, mentre appunto papà è diventato un importante imprenditore o businessman o qualsiasi altra cosa pomposa lui invece ha venduto tacos per una vita e si presenta sempre ai pranzi domenicali con le t-shirt dei personaggi dei fumetti e poi un giorno un importante produttore scopre che è un genio e zio Guillermo diventa ricco invitandoci lui ai suoi pranzi domenicali nella sua megavilla ai quali però si presenta sempre comunque con una t-shirt dei personaggi dei fumetti) aveva presentato il progetto alla Fox, tempo addietro, e il presidente della Fox gli disse: okay, ma fanne una comedy. Zio Guillermo rispose "hell to the no" e se ne andò sbattendo la porta, ma trasformò l'idea in una serie di libri scritti in collaborazione con Chuck Hogan. A dimostrare però che la serendipity esiste davvero, ecco che, otto anni dopo, la FX abbraccia il progetto e finalmente The Strain diventa una serie tv come zio Guillermo la voleva fin dall'inizio. Ogni tanto la vita è bella. E poi zio Guillermo si merita solo fortune, nella vita, almeno a casa mia, dal momento che mi ha dato almeno tre film bellissimi di cui uno mi riduce sempre alle lacrime ogni volta che lo guardo (Il Labirinto del Fauno) e l'altro è in grado di scatenare in me scoppi d'amore non normali (why, Pacific Rim, of course, l'unico film che io sia mai andata a vedere al cinema due volte, e c'è quasi scappata la terza). Tutti vi diranno di guardarlo perché i vampiri non luccicano. Io vi aggiungo che i vampiri non solo non luccicano, ma sono anche completamente differenti rispetto a quelli di stampo gotico a cui siamo più abituati se non leggiamo lammerda solo per lamentarcene. Sono un'altra razza, una cosa diversa, e la serie è DIVERTENTISSIMA. Quasi una serie estiva. Quasi. Ma meglio.


Utopia (S2) (Channel 4)
Questa non è una serie estiva, anche perché originariamente (= la prima stagione) non è andata in onda d'estate, bensì in inverno, in pienissimo inverno, peraltro, da gennaio a febbraio. Non è una serie estiva anche perché è una serie britannica, e lì il concetto di "serie estiva" non è mai esistito davvero. Una cosa che è, invece, è UNA FIGATA ATOMICA. Dov'eravate a gennaio 2013? Be', se eravate sull'internet e frequentavate i simpatici ambienti della Twitter bene, al 90% avrete visto qui e là gente urlare, strapparsi i capelli e uscire per strada ballando nuda al grido di OMG UTOPIA E' BELLISSIMO GUARDATELO TUTTI. Se ve lo siete persi, recuperatelo. Se avete deciso di ignorarlo nonostante il giubilo generale, meritate le botte sulle mani ma siete ancora in tempo per recuperarlo adesso che la s2 (brevissima ma intensissima come la s1) è appena finita, così poi anche voi potrete cominciare a gridare implorando Channel 4 di rinnovarla (si parla già di una terza e quarta stagione, comunque, quindi cheers!). Se decidete invece scientemente di continuare ad ignorarla nonostante tutto e poi magari guardarvi il remake mmmmerigano che dovrebbe impattare contro i nostri teleschermi via HBO prima o poi, uscite da questa casa perché non meritate la mia ospitalità. Storia in breve: 1970, l'umanità comincia ad affollare il pianeta terra più di quanto non abbia mai fatto prima, il problema delle risorse esauribili comincia a diventare oggetto di studio, due scienziati - Philip Carvel e la giovane Milner - cominciano a lavorare ad un "vaccino" che potrebbe risolvere il problema alla radice, rendendo la razza umana progressivamente sterile fatto salvo per un numero bassissimo di uomini e donne per garantire la prosecuzione della specie entro numeri ridotti. Quarant'anni dopo, un gruppo di ragazzi finisce invischiato nella cospirazione mondiale per rendere il progetto dei due una realtà, e la chiave di tutto sembra essere un'oscura graphic novel scritta e disegnata dallo stesso Carvel. FIGATISSIMA. E poi c'è lei. Voi volete sapere chi è lei. (Ma soprattutto dov'è lei.)


Wilfred (S4) (FXX)
Remake dell'originale australiana dallo stesso nome, Wilfred parla di Ryan (Elijah Wood) che non sta bene proprio per un cazzo. La serie comincia con lui che tenta il suicidio, giusto per dare il la all'azione su una nota positiva. I suoi piani vengono sventati quando la sua vicina di casa, di cui è segretamente innamorato, entra nella sua vita portando con sé il proprio cane, Wilfred. Il problema è che Ryan vede Wilfred come un uomo dall'accento australiano infilato in una gigantesca dogsuit. Comincia qui la lunga avventura di Ryan e Wilfred alla ricerca della felicità, o quantomeno della sanità mentale, due concetti che potrebbero come non potrebbero coincidere. Sono state quattro stagioni intense che si sono concluse forse non nel migliore dei modi in assoluto ma probabilmente nel migliore possibile un paio di settimane fa. Wilfred non è una serie semplice, è emotivamente molto faticosa da reggere, è intensa in molti modi, ha questo vizio tremendo di fotterti il cervello più volte di quanto non dovrebbe essere consentito ad una comedy, ma fa ridere. Fa riderissimo. E Jason Gann (un altro comico australiano! Ma vi pare! Vai a dormire cinque minuti e quando ti svegli solo comici australiani a perdita d'occhio) è un figo da paura. Recuperatela, se non l'avete mai vista, e fatelo tutto d'un fiato, VOI CHE POTETE. Non come me, che ho sofferto come un cane (o come una donna in una dogsuit) per quattro anni incredibili.


Witches of East End (S2) (Lifetime)
Se Utopia si poteva definire una serie invernale erroneamente mandata in onda in estate, Witches of East End è l'esatto opposto: una serie estiva erroneamente trasmessa d'inverno per la sua prima stagione, ma che con la seconda, in onda di questi tempi sulla Lifetime, ha finalmente trovato la sua dimensione perfetta. Sì, perché è vero che le serie estive ormai si contano sulle dita di una mano, ma se ce n'è una che ha deciso di impugnare lo scettro e portare avanti la dinastia quella è Witches of East End. Ne ho già parlato con un certo entusiasmo altrove ai tempi dell'uscita del pilot, e sono parole che ancora faccio mie ma che inevitabilmente non possono racchiudere l'intera essenza di ciò che Witches of East End è, perché il solo pilot non basta a contenere tutta l'enorme quantità di trash chiassoso e irriverente che poi la serie ha effettivamente da offrire. Prevedevo che sarebbe diventata una di quelle robe brutte, ma talmente brutte da fare il giro e diventare capolavoro trash, e avevo ragione, perché adesso che siamo verso metà della seconda stagione Witches of East End sta mettendo in campo tutto il proprio potenziale di ridicola follia, ed è DIVERTENTISSIMA. Chiaramente non è la cosa per voi se cercate una trama consistente, personaggi profondi, eleganza narrativa e via discorrendo, ma siamo onesti: è agosto, ci sono duecentosettanta gradi all'ombra sia fuori che dentro casa, chi la vuole la trama consistente, i personaggi profondi e l'eleganza narrativa? Io no. (O meglio, sì, ma non necessariamente. Eqquindi.)


You're the Worst (S1) (FX)
Ho approcciato il pilot di You're the Worst con una certa antipatia, senza neanche volerlo davvero guardare, primo perché tutte queste serie/questi film che glorificano le personedimmerda ultimamente mi stanno sul culo, e secondo perché il soggetto non mi interessava granché. Ma tant'è: ero in pari con tutto il resto, non c'era letteralmente nient'altro di interessante da guardare, e insomma. La sensazione di antipatia profonda è continuata per tutta la durata del pilot, mentre cominciavo a conoscere Jimmy e Gretchen ed entravo all'interno del loro mondo emotivo disfunzionale fondamentalmente guidato dalla sociofobia più assoluta, ed è stato lì, quando ho capito che, appunto, tutto partiva dalla loro antisocialità congenita, che ho visto la luce, ed improvvisamente ho cominciato a divertirmi. Sì, perché You're the Worst ha quella capacità rara di farti sentire a disagio perché, pur non parlando nello specifico di te, parla di una roba molto tua, una roba che però preferiresti non lo fosse. Una volta che lo capisci, e lo accetti, e ci fai pace, però, la musica cambia completamente, e cominci a ridere. Di te stesso, principalmente, che poi è sempre un ottimo modo per cominciare a diventare persone migliori. Questo fa You're the Worst, e lo fa con estrema leggerezza, senza drammi, accompagnandoti in un viaggio dentro te stesso attraverso due dei protagonisti più spiacevoli che incontrerete nella vostra vita. All'inizio maledirete il giorno che li avete incontrati. E poi non più. (Postilla: se avete guardato Mixology e vi è piaciuto il personaggio dell'inglese stronzo, sappiate che Jimmy è lo stesso personaggio - con lo stesso accento, peraltro, e anche la stessa composizione cromatica! - ma scritto meglio. E infatti io gli voglio del bene.) (E poi Aya Cash è seriamente bellissima.)

Non vorrei creare malintesi, non facciamo finta che ora l'estate sia diventata un momento magico in cui i telefilm brutti non esistono. I telefilm brutti sono come i libri brutti, come i film brutti, come i quadri brutti, conseguenza diretta del fatto che la libertà di espressione viene spesso fraintesa dall'umanità e considerata libertà di produrre ciofeche. E ciofeche ce ne sono tante, in giro, così come ci sono robe brutte, robe bruttarelle e robe carine che però potrebbero essere meglio. Di tutto questo grande calderone di robe "meh" si occupa questa seconda parte di consigli per riempire i tediosi e caldi pomeriggi estivi, anche stavolta in ordine sparso perché anche se ci ho messo due giorni a scrivere questo post le classifiche mi stanno ancora sul culo.

8 serie che va bene che è estate, ma loro se ne approfittano
(epperò, in mancanza d'altro...)

Believe (S1) (NBC)
Cominciamo da Believe, la prima ad essersi conclusa con un episodio bonus da qualche parte sul finire di luglio. Serie ideata da Alfonso Cuarón (uno che ha fatto solo o quasi cose belle nella vita) e prodotta da J.J. Abrams (uno che invece si è diviso la vita fra cose belline e ciofeche immonde, che ha un sacco di belle idee in testa ma che molto spesso non è in grado di tradurle in qualcosa che regga per più di due episodi), ha debuttato agli inizi di marzo sulla NBC con un pilot che ha fatto il botto, molto bello e interessante, nonché diretto dallo stesso Cuarón, e poi si è afflosciata tristemente ma inesorabilmente nel corso dei successivi dodici episodi. Guardarla è stata come montare gli albumi e i tuorli, poi metterli insieme e osservarli smontarsi pietosamente un secondo dopo l'altro sapendo di non poter fare niente per salvarli. Non hanno aiutato la serie il fatto che a) si sia tramutata quasi subito in una copia sbiadita di Touch (il quale era già diventato la copia sbiadita di se stesso nella s2, ricordiamolo) e b) ogni singolo episodio sembrava durasse dai novanta ai centoventi minuti a causa della flemma assoluta del ritmo, che più che flemma era una totale assenza di ritmo stesso, diciamo. Peccato, perché al di là delle similitudini con Touch (bambino speciale, rapporto genitore/bambino speciale, senso di predestinazione insito nella grande volontà dell'universo, gente in fuga da misteriore organizzazioni che vogliono studiare i poteri speciali dell'infante, episodi autoconclusivi incentrati di volta in volta su una situazione che i protagonisti finiscono per risolvere grazie all'intuito del bambino speciale... okay, magari le similitudini erano un bel po'), la storia di Believe era interessante, la piccola Johnny Sequoyah, oltre ad avere uno dei nomi più fighi DI SEMPRE, è una dei pochi attori bambini non cani presenti in tv al momento (un altro bambino non cane è in The Strain, ora che ci penso! Vai a dormire cinque minuti e improvvisamente bambini non cani a perdita d'occhio ecc ecc), quindi dispiace non tanto la cancellazione quanto il fatto che la serie non sia riuscita a realizzare il proprio potenziale, trasformandosi in una visione frustrante, difficoltosa e un pelo antipatica. Ma ehi, parte in Italia a settembre e nel mentre magari potete darle un'occhiata in lingua originale, chissà, magari vi divertite!


Crossbones (S1) (NBC)
Le serie tv vanno a ondate, come le mode. Un anno sono i vampiri, l'anno dopo le streghe. Quest'anno sono stati i pirati, e due sono state le serie che si sono accodate al trend: Black Sails (splendida e consigliatissima, andata in onda quest'inverno sulla Starz e già rinnovata per una seconda stagione) e Crossbones, conclusasi qualche settimana fa dopo due anni di tribolatissima produzione e una cancellazione prematura che ha rischiato di impedire che gli ultimi due episodi venissero trasmessi. Paradossalmente, la serie dalla quale mi aspettavo di meno mi ha soddisfatta molto di più. Per Crossbones avevo infatti aspettative altissime, in quanto: a) c'è dentro John Malkovich nel ruolo di Blackbeard; b) la serie esce dalla penna di Neil Cross, che ha scritto due dei miei episodi preferiti della deludente settima stagione del Doctor Who; e c) PIRATI. Purtroppo la scrittura non è solida come avrei voluto che fosse, e al netto della splendida (ma ovvia) interpretazione di Malkovich purtroppo i personaggi che popolano Santa Campana sono scialbi, monodimensionali, alcuni totalmente inutili e soprattutto fanno cose a caso senza motivo per la maggior parte del tempo. Inoltre c'è dentro una quantità di gente che va a letto con altra gente con la quale non ha la benché minima chimica senza un perché sinceramente imbarazzante. Tutto il contrario rispetto a Black Sails, piena zeppa di personaggi meravigliosi, potenti e credibili e tutti in grado di intrecciare relazioni che, indipendentemente dalle due persone coinvolte al momento, hanno sempre senso. Il consiglio sarebbe: ignorate Crossbones, recuperate Black Sails. Ma se avete già visto la seconda, allora date anche un'occhiata alla prima, perché alla fine sempre pirati sono, e ai pirati non si dice mai no.


Dominion (S1) (Syfy)
Salve, sono una delle due persone in croce a cui Legion (Scott Stewart, 2010) era piaciuto un casino. Era un film scemo e fracassone, d'accordo, ma a me piacciono i film scemi e fracassoni. Oltretutto dammi degli angeli e mi avrai già comprata. Se poi oltre agli angeli mi dai gli arcangeli, per i quali ho notoriamente una fascinazione morbosa, e me li inserisci in una storia apocalittica di guerra in cui Dio s'è svegliato e ha deciso che l'umanità gli schifa parecchio ed ha pertanto mandato i suoi angeli a fare piazza pulita (spoiler: alla fine si scopre che in realtà Dio è un gran burlone e non voleva niente del genere; nessuno capisce lo scherzo e, in conseguenza di ciò, in Dominion Dio è andato via sbattendo la porta e urlando "nessuno ride mai alle mie battute, vi odio"), allora ciao, proprio. E quindi, quando la Syfy ha annunciato la produzione di Dominion, seguito più o meno fedele di Legion, ero presa benissimo. Anche perché i poster promozionali erano tipo LA FIGATA e poi Michael sarebbe stato interpretato da Tom Wisdom, che a noi piace ricordare così mentre il suo personaggio fingeva di non avere una relazione omosessuale col personaggio di Fassbender in 300, ma anche così non è male. Insomma, tanta roba. Peccato che però Dominion faccia abbastanza cagare. E la ragione è da ricercare soprattutto nel fatto che, avendo a disposizione angeli, arcangeli, dei che scompaiono sbattendo le porte offesi e via così, Vaun Wilmott (VAUN WILMOTT, che nome è VAUN WILMOTT?) ha pensato bene di concentrarsi invece su Alex, il protagonista, e Alex è noioso come la noia, è innamorato di una ragazza noiosa tanto quanto lui, circondato da gente noiosa e gli capitano solo cose noiose. Quattro cose sono interessanti in Dominion: 1) il rapporto fra Michael e Gabriel, e ne vediamo purtroppo troppo poco, 2) Anthony Stewart Head, il quale purtroppo si è ritrovato per le mani un personaggio dimmerda, 3) il worldbuilding, e non ne vediamo praticamente NIENTE, anche la cosa più figa (Helena, città di sole donne) viene soltanto accennata e mai concretamente mostrata, e 4) William Whele, figlio del personaggio interpretato da Anthony Stewart Head, l'unico personaggio scritto con un minimo di spessore, che fa la parte del leone soprattutto negli episodi finali ma al quale hanno purtroppo riservato un finale (provvisorio, la serie non è ancora stata rinnovata) un po' meh. Insomma, concentrandosi su tutte le cose sbagliate, Dominion ha fatto un gran casino, però le robe interessanti, pur nascoste in mezzo al pattume, ci sono. E, in fondo, sono solo otto episodi. Due pomeriggi senza wi-fi in villetta al mare mentre papà pesca e mamma fa le sabbiature ed è fatta.


Outlander (S1) (Starz)
Harmony per signore di classe. Che uno non se lo aspetta, da Ronald D. Moore (l'uomo dietro Star Trek, Battlestar Galactica e, più recentemente, quellammerda di Helix), ma Outlander questo è:un Harmony per signore di classe, come probabilmente era già la serie di libri di Diana Gabaldon, da cui la serie è tratta. Me le immagino troppo tutte queste donne inglesi nelle loro villette col porticato mentre sprofondano nelle loro poltrone con le decorazioni in pizzo ricamato, una tazza di tè in una mano e un librino nell'altra, mentre si lasciano andare alla loro razione di porno softcore dicendosi che però va bene perché è intriso di concetti femministi e dignitose rappresentazioni della donna. Che per carità, va benissimo, e infatti a me Outlander non dispiace (e poi ci sono dentro uomini scozzesi con gonne lunghissime, ai quali, come ben sapete, è impossibile dire no), ma sarebbe un pelo meglio se ogni episodio non desse l'impressione di durare qualcosa come dodici fottute ore, Idek. La storia in breve: Claire è un giovane medico che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si riunisce col marito; siccome i due sono stati lontani a lungo, per riavvicinarsi organizzano una seconda luna di miele in Scozia, e mentre sono lì un giorno senza motivo Claire finisce catapultata indietro fino al 1700, dove incontra un giovane guerriero scozzese di nome Jaime Fraser e onestamente chi se ne frega di tuo marito stempiato e con le rughe di espressione quando puoi avere un giovane guerriero scozzese aitante e possente con muscoli guizzanti e ribelli capelli rossi? Ecco, appunto. La serie è già stata rinnovata per una seconda stagione prima ancora del midseason perché lo sappiamo la Starz com'è, una seconda stagione non si nega a nessuno. Sono qui che spero intensamente che il ritmo degli episodi migliori (o meglio: che un ritmo ARRIVI, domineddio), e nel mentre se volete venire ad aspettare con me vi faccio posto, il mio divano è comodo e ho un sacco di cuscini per fare un pisolino fra un'intensa scena di tensione sessuale irrisolta e l'altra.


Signed, Sealed, Delivered (S1) (Hallmark Channel)
La prima cosa che dovete sapere di Signed, Sealed, Delivered è che è andata in onda su Hallmark Channel. Hallmark Channel si occupa ormai da qualche anno e con un certo successo di intrattenimento per signore over-50 che la società moderna è riuscita a crescere ancora ancorate allo stesso modello di romanticismo col quale hanno convissuto le loro madri. Sono una specie fortunatamente in via d'estinzione e gli ultimi esemplari rimasti vanno protetti in quanto notoriamente soffrono molto quando poste in condizioni di stress. Sono anche esemplari piuttosto particolari perché ci tengono alla loro indipendenza. Quello che vogliono vedere in tv: donne bellissime ma soprattutto affascinanti, che posseggono un paio di rughe ma solo ed esclusivamente di espressione, sassy, indipendenti, sicure di sé, possibilmente sole e convinte di essere a posto così ma in realtà segretamente in attesa che il loro senpai finalmente le noti, cedendo al loro amore carico di intraprendenza e focoso desiderio nonostante l'età. Praticamente vogliono vedere una trasposizione televisiva del modello Andie MacDowell ripetuta possibilmente all'infinito (non a caso, Andie MacDowell è stata ed è ancora protagonista della prima scripted series di Hallmark Channel, Cedar Cove, e i numeri confermano). Ora che sappiamo più o meno a che target si rivolga Signed, Sealed, Deliver, possiamo invece parlare del suo valore intrinseco. Se Witches of East End è un classico esempio di serie estiva venuta benissimo, Signed, Sealed, Delivered (conclusasi in giugno) è un classico esempio contrario: partendo da premesse surreali e anacronistiche (una divisione speciale del servizio postale statunitense, che ovviamente sponsorizza la serie, che si occupa di consegnare ai legittimi destinatari tutte quelle missive che, per un motivo o per l'altro, non è stato possibile consegnare secondo le modalità ordinarie, in un trionfo di famiglia, commozione e buoni sentimenti) cerca tanto di muovere lo spettatore alle lacrime facendo leva sulla tenerezza, l'amore, la fratellanza, l'affetto per parenti e amici e via così. Ci prova proprio tantissimo, così tanto che a tratti c'è dell'imbarazzo. Il tutto a fare da sfondo ovviamente alla romantica storia d'amore fra la protagonista, donna indipendente e perfettamente inserita nell'era moderna, e il cerimonioso e primonovecentesco protagonista maschile (interpretato da Eric Mabius, il Daniel Meade di Ugly Betty con qualche affascinante ruga in più) la cui sfera degli affetti è appesantita da un divorzio occorso qualche anno prima (divorzio, poi: la moglie è FUGGITA IN FRANCIA facendo perdere ogni traccia di sé) e dal quale l'uomo non si è ancora ripreso (infatti, vive nel denial più assoluto, convinto che la moglie prima o poi gli manderà una lettera per annunciargli il suo ritorno). Insomma, il riassunto è piuttosto chiaro, il tipo di cosa che questo telefilm è l'avete capito, epperò: ha fatto numeroni agli ascolti, specie il pilot da due ore (mandato in onda però se non erro dopo circa tre episodi -- la pazzia della programmazione surreale statunitense; poi noi ci lamentiamo della nostra programmazione, ma è perché non conosciamo la ABC, per esempio), tanto che Hallmark Channel ha ordinato un altro episodione da due ore dal sottile titolo Signed, Sealed, Delivered Christmas che chissà quando andrà in onda e chissà di cosa parlerà/in che periodo dell'anno sarà ambientato, mistero. E poi, insomma, io non sono una cinquantenne romantica eppure la stagione l'ho vista tutta senza vomitare, annegando nel disagio qui e là ma emergendo sempre vittoriosa. That must count for something.


The Fosters (S2) (ABC Family)
Con The Fosters, devo ammetterlo, baro un po', perché, essendo uno show della ABC Family, in realtà non è né estivo, né invernale, bensì ETERNO. Sì, gli show della ABC Family hanno questa particolarità che quelli che vanno veramente bene vengono sempre confermati per stagioni da 20+ episodi e poi splittati in due metà che vanno in onda una in inverno e l'altra in estate, dandoti l'impressione che, anche se in realtà fra la prima e la seconda metà della stagione ci sono mesi di pausa, lo show vada in onda tutto l'anno senza mai darti tregua né avere mai una conclusione. Pensavo fosse solo una sensazione che avevo io relativa a The Fosters e basta, ma gente dallo stomaco più foderato in titanio di me che guarda Pretty Little Liars mi ha confermato che la sensazione è la stessa anche con quella, per cui deve essere una cosa generale. L'idea alle spalle di The Fosters (coppia lesbica circondata da un numero impressionante di figlioli fra biologici e adottivi) non era male, devo ammetterlo, e mi interessava, volevo proprio capire quale direzione avrebbe preso la narrazione, come dissi tempo addietro da qualche altra parte. Devo dire che l'avventura non è cominciata proprio benissimo, l'impressione non è stata delle peggiori ma neanche delle migliori. The Fosters però è andata progressivamente correggendo il tiro e devo dire che, pur restando una soap familiare e pur, talvolta, affrontando argomenti pesissimi con una noncuranza ed un semplicismo veramente fuori luogo, la serie fa il suo, intrattiene, non fa (troppo) incazzare, si lascia guardare. Verso metà della prima stagione è stato introdotto il personaggio di Wyatt, interpretato da Alex Saxon (e Dio benedica la sua bellissima, bellissima faccia), con il quale gli autori hanno faticato a trovare la dimensione giusta, ma una volta trovatala sono anche riusciti a rendere Callie, la protagonista, interessante per suo tramite, il che non è roba da poco visto che Callie è uno dei personaggi più piatti e noiosi che io abbia mai incontrato nella mia vita da spettatrice seriale. La seconda stagione (la cui prima metà ha concluso la trasmissione con il summer finale qualche settimana fa) ha avuto senso finché la sua presenza è riuscita a tenere lontani Callie e Brandon, suo fratellastro/love interest, impedendo alla storia d'amore proibito più antipatica EVER di avere luogo, ma purtroppo sembra che gli autori stiano facendo un passo indietro, in quel senso. (Ciò è male. Ciò è malissimo.) Da non perdere se vi piacciono le soap, se vi piacciono tutti questi telefilm sulle famiglie nuova maniera che stanno spuntando come funghi adesso, se vi piace il drama gratuito per cose ridicole mentre la roba veramente pesa viene affrontata con una scrollata di spalle per proteggere il telespettatore da eventuali, moleste e non richieste emozioni autentiche. Altrimenti è meglio se lo saltate.


The Last Ship (S1) (TNT)
Okay, okay. Lo so. Inizialmente avevo detto che anche questo secondo elenco sarebbe stato un elenco di consigli, che non avrei parlato de lammerda, che vi avrei comunque dato una possibilità di scelta. The Last Ship, purtroppo, è lammerda, ma ne parlo lo stesso per due ragioni: la prima è che lo aspettavo con una certa impazienza perché l'idea di base era figa (un virus estremamente pericoloso decima la popolazione mondiale, riducendo la società moderna sull'orlo del crollo; si salva solo una nave militare statunitense che, al momento della diffusione del virus, stava viaggiando verso il Circolo Polare Artico, riducendo a zero i contatti col resto del mondo e quindi la possibilità di beccare il virus da qualcun altro), per cui quando si è dimostrato completamente diverso rispetto a quanto era stato pubblicizzato ci sono rimasta male; la seconda è che comunque la serie è stata rinnovata per una seconda stagione. Forse è migliorata nel frattempo? Forse ha preso a parlare di cose davvero interessanti in opposizione ai primi due episodi che invece no? Io non lo saprò mai, perché appunto al secondo episodio, sentendomi presa in giro da pubblicità ingannevole, ho deciso di dropparlo senza troppi rimpianti. Il fatto è che se tu mi fai una roba la cui premessa è LA SOCIETA' MODERNA E' DEVASTATA PERCHE' UN VIRUS HA DECIMATO LA POPOLAZIONE MONDIALE, io mi aspetto, appunto, di vedere una roba in cui tu mi mostri le conseguenze di questa cosa sul mondo. Mi interessano, voglio vederle, l'idea è intrigante, new world order, governi devastati, intere aree disabitate, città abbandonate, umanità superstite ridotta sul crollo, cose così. Queste robe voglio vederle. L'ultima cosa che voglio vedere in assoluto è UN TELEFILM DI GUERRA CON SPARATORIE INFINITE E COSE CHE ESPLODONO. Se voglio vedere quello, riguardo Last Resort, che in aggiunta era pure una figata. E invece The Last Ship decide di fare questo, che siccome la USS Nathan James è una nave militare allora il telefilm invece di parlare di quello di cui dovrebbe parlare parla di guerra. Che. Due. Palle. Il primo episodio vede protagonista uno scontro a fuoco contro i russi. Il secondo, uno scontro a fuoco contro terroristi arabi alla base militare di Guantanamo Bay. Sull'epica frase del capitano Chandler (cito un po' a memoria): "something hasn't changed, we still don't negotiate with terrorists! *esplosione di un magazzino qualche metro più in là*" ho detto "grazie, ma no, grazie" e mi sono ritirata in buon ordine. Direte voi: okay, ma se fa così tanto cagare perché ce lo vuoi appioppare? Chi siamo, i cugini antipatici che vivono al Nord ai quali rifili l'orrendo vaso di porcellana che la cognata stronza ti ha regalato a Natale scorso per far vedere che lei c'ha i soldi e tu no? No, vi sto dando un vantaggio: vi sto preparando. Quando ho approcciato The Last Ship io non ero preparata, non lo sapevo che era una serie di guerra, forse se l'avessi saputo l'avrei affrontata sotto un'ottica diversa e avrei potuto apprezzarne i momenti lolworthy, chissà. Vi sto dando la scelta che a me non fu data ecc ecc. Apprezzate lo sforzo.


The Lottery (S1) (Lifetime)
Completiamo la carrellata con uno show che mi permette di smettere di barare del tutto in quanto a) è uno show propriamente estivo, alla maniera di Continuum prima stagione, e b) anche se è bruttarello ha i suoi pregi e si fa guardare. The Lottery è ambientato in uno scenario post-apocalittico in cui, a un certo punto, l'umanità ha smesso di riprodursi. Non volontariamente, ovviamente: semplicemente a una certa la fertilità delle donne è andata abbassandosi progressivamente fino a sparire del tutto. Gli ultimi bambini concepiti naturalmente sono nati sei anni fa e sono custoditi dal governo come robe preziosissime, però alla maniera del governo, quindi in modo molto antipatico, con le valutazioni dei malvagi assistenti sociali e via così. Questo clima un po' distopico continua, pur subendo un brusco cambiamento, quando una scienziata, la dottoressa Lannon, riesce senza capire né come né perché a fecondare cento embrioni. Da quel momento in poi l'umanità ha una speranza e tocca agli Stati Uniti d'America, al solito, mandarla in vacca. Cose surreali si susseguono all'interno di questo telefilm: agli USA viene intanto permesso, nonostante gli accordi internazionali in materia di fertilità, di tenersi tutti e cento gli embrioni fecondati. Gli Stati Uniti chiaramente sono convinti che proseguire la specie umana voglia dire proseguire la specie umana statunitense, mi sembra ovvio. Non solo: viene anche permesso che il Presidente e il suo team organizzino una lotteria (da cui il titolo) per scegliere a caso le madri che porteranno a termine le gravidanze, e questo non perché vi sia da qualche parte una anche vaga nozione di eguaglianza e pari opportunità, ma perché il processo "deve sembrare democratico" (giuro che lo ripetono spesso nel pilot ed episodi seguenti) perché così il Presidente può riprendere a guadagnare punti nei sondaggi in vista delle prossime elezioni (srsly). Non paghi di queste follie, gli scrittori hanno deciso di aggiungere un ulteriore twist alla già surreale situazione: non solo gli embrioni restano tutti negli USA e non solo viene utilizzata una lotteria per scegliere duecento potenziali madri A CASO, ma il final cut che deciderà la cento donne che porteranno in grembo il futuro dell'umanità sarà nelle mani della popolazione, che voterà per le potenziali madri preferite nel corso di un reality show che permetterà a tutti di conoscerle meglio. How fucking cool is that? NOT. A questo si aggiungono una pletora di personaggi tagliati con l'accetta e tutti sistematicamente monodimensionali e antipaticissimi, il che non rende proprio facilissimo il collegamento empatico ed emotivo, però la trama di base ha un suo perché e soprattutto non vedo l'ora di vedere come gli Stati Uniti riusciranno a guidare trionfalmente la razza umana verso l'estinzione -- perché capite bene che, se abbiamo cento embrioni e li gestiamo così, solo l'estinzione possiamo aspettarci. La serie non è ancora stata rinnovata per una seconda stagione e potrebbe come non potrebbe arrivare mai in Italia, ma recuperatela: per il lol, ne vale un sacco la pena.

E questa ero io che ogni tanto parlare di serialità mi manca tantissimo, per cui vi rovescio addosso la mamma delle mie opinioni che nessuno voleva sentire. Magari verso fine agosto vi faccio anche un altro post più piccino sulla roba che potete aspettavi da settembre -- nella mia esperienza non esiste mai un momento della propria vita in cui un essere umano non ha bisogno di un altro essere umano che gli consigli nuove serie tv da guardare. Poi boh. Che ne dite?

my wisdom lemme show you it, i watch tv too

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