Fandom: Iliade (AU)
Titolo: We love Cinema Italiano
Beta:
minnow90Rating: G
Conto Parole: 313 (Word)
Personaggi/Pairing: Ettore, menzioni di altri.
Avvertimenti: AU, parecchio AU.
Prompt: modernday!AU (AU ambientata ai nostri giorni di un fandom ambientato nel passato/futuro)@ Squadra 1;
Note dell'Autore: - mi sono divertita tantiiiiisssimo…! X°D e ho alterato un po’ alcuni nomi perché sembrassero più credibili (Elena -> Helena; Priamo->Primo). Poi boh, credo che sia appena nato un verse da questa cosa ma l’impossibilità di tradurre bene i nomi dei Greci mi ha dato lo stop - E MENOMALE! XD
- *sing*“ gli occhi del cuore gli occhi del cuoooreee….!”*sing*
- Ho scelto la Georgia perché moltissime città di quello stato USA hanno nomi di città del mondo classico. Ho un’amica che lavora a Athens e che è una gran fan di Boris e dell’epica classica - quindi è a lei che questa storia è dedicata.
A Vanna. =)
Era tutta colpa di Paride - continua a pensare Ettore Danai camminando senza darsi tregua da un ingresso all’altro del grande palazzo di Viale Mazzini.
Tutta colpa dell’idiozia di suo fratello, che in meno di tre mesi negli USA era riuscito a sposarsi l’attrice più dispotica, saccente e al tempo stesso priva di talento che si potesse immaginare.
Helena era bella, su quello c’era poco da dire. Ma aveva l’espressività drammatica di un piatto di semolino scondito, e come se non bastasse, il suo subentro nelle quote societarie che Paride le aveva portato in dote aveva segnato l’inizio di una vera e propria invasione del loro studio di produzione da parte dell’ex-marito di lei e del suo esercito di bifolchi dalla Georgia - “we love cinema italiano!”- dotati della delicatezza espressiva delle pubblicità del Lidl ma che a differenza di loro avevano soldi a palate.
Passa davanti al cavallo di Viale Mazzini, con la testa tesa verso l’alto in quel nitrito esasperato. Non gli è mai piaciuta quella scultura: gli sembra sproporzionata e volgare, esagerata nella mimica, innaturale.
È così diversa dal cavallino educatissimo, disegnato dalla sua stessa mano, che suo padre Primo aveva scelto come logo dello studio. Era l’agosto del 1967, e Ettore, che aveva da poco compiuto tre mesi, riposava nudo nella culla di fianco al suo scrittoio, mentre il caldo rovente dell’estate romana teneva suo padre sveglio.
Poco prima di morire, Primo gli aveva dato la sua benedizione: “Fatela pure la televisione, Ettore. Però cercate di farla a modo nostro.”
Il cavallo di bronzo continua a dilatare le froge verso il cielo. Ettore lo fissa e vorrebbe scappare davanti a quel destino che, a causa dell’idiozia del fratello e del suo polso debole, sembra non lasciargli scampo.
Ecco di cosa sarà pieno il loro futuro: copioni volgari, mimiche esagerate, approssimazioni grossolane. E tanti cari saluti al loro Cinema Italiano!