La mattina è cominciata pensando, “vai nella pausa voglio mettere un altro punto alla Criticombola!” Poi ho inciampato nella challenge di Sara… quindi da ‘farmacia’ e Una-Green-Lantern-Che-Tromba ci siamo ritrovati a ‘what if?’ e Un’Altra-Green-Lantern-Che-.......-si-Diverte-Parecchio-Meno!
Mi sa che non c’ho esattamente guadagnato col cambio…!... °_°;
Cmq… lascio fuori dal cut solo l’essenziale, perché le note sono anch’esse SPOILER per il troiaio la serie in questione. PEACE! :D
Storia scritta per la
Criticombola! +
Do I dare disturb the universe? ~ Challenge! di
iosonosara Titolo: More than a thousand miles away.
Fandom: DC Universe, Green Lantern Corps
Beta reader: //
Genere: introspettivo, triste.
Rating: PG.
Avvertimenti Parte I: SPOILER E poi... Sono sfacciatamente OOC rispetto al Kyle di Tomasi, ma il Kyle di Tomasi è sfacciatamente OOC rispetto al Kyle di chiunque altro, primo tra tutti Marz, quindi non so proprio dove sbattere la testa, ma sbatterei volentieri quella di Tomasi contro qualcosa di duro, punzuto e cattivo. ° °;
Personaggi: Kyle Rayner, menzioni di altri.
prompt: 39 - What if?
La mia cartella della Tombola - lista prompt Riassunto: E invece sei solo. Migliaia di chilometri lontano da casa e dalla tua vita reale, quella vita da cui, ormai, ti eri distaccato così tanto che non ti eri accorto, prima, di quanto ti potesse mancare.
Avvertimenti Parte II: DEATHFIC! - ho sempre sognato di scriverlo, ah-ah.
What if? perchè.. Soranik Natu è stata scancellata (o riportata alla sua condizione ideale di lesbochirurgo galattico sexy che mai e poi mai si filerebbe un nerd irredimibile) da questa storia, con tutti i corollari che ne conseguono, sia sulla storia che sulla sua conclusione e il cosa accadde poi. Non ci piace Kyle morto, ma Sailor Moon Corps ci piace ancora meno! :D <3 Tra l'altro, credo che questa *fyccina* rappresenti il fondo del barile di acido. Beh, almeno fino all'annuncio glorioso della nascita imminente del pupo interplanetario nonchè *happymarriage* sul campanone di Oa. Lì ricomincerò a lollare/vomitare acido/lollare. credo..
* * *
Speravi che durasse meno.
Ora ti rimane un tempo troppo, davvero troppo, lungo per pentirti di quello che hai fatto.
Perché se prima di detonare l'energia dell’anello, morire, sacrificare la vita per la sopravvivenza della Galassia, ti sembrava un rischio accettabile, ti accorgi solo adesso che hai sperato che qualcosa, qualunque cosa, venisse a salvarti, che hai creduto in una via d’uscita che niente e nessuno ti sta offrendo, che ti sei illuso di venirne fuori, in qualche modo…
E invece sei solo.
Migliaia di chilometri lontano da casa e dalla tua vita reale, quella vita da cui, ormai, ti sei distaccato così tanto che non ti eri accorto, prima, di quanto ti potesse mancare; ma quella caduta rapidissima, inarrestabile, è troppo lenta per risparmiarti il supplizio di farti scivolare nella malinconia.
Non senti più le dita dei piedi, lo stomaco brucia, il cuore batte troppo, troppo forte, un getto caldo ti riempie le narici ma l’odore del tuo sangue si perde, si annulla in quella polvere di stelle e di corpi morti che vortica intorno a te. Le mani sono rigide come rami d’albero congelati, ma rivedi la tua pelle oltre i guanti che si dissolvono, e ti sembri più vecchio di come ricordavi.
Ti chiedi quante cose sarebbero andate diversamente se tu, questo potere che non hai chiesto, che pensi di non aver mai del tutto capito e mai meritato davvero, che non ti è mai servito a salvare ciò che avevi di più caro, non lo avessi mai ricevuto. Se nessuno fosse mai morto per te. Se non avessi mai dovuto abbandonare nessuno.
Com’è che dicono tutti, che quando si muore ti passa tutta la vita davanti?
Sbagliato, non è la vita che hai che ti passa davanti, ma quella che non hai avuto e che ti rendi conto, ora, che non avrai mai, a sfilare in parata, nel suo splendore reso tanto macabro dal paradosso, mentre i tuoi sensi si congedano da te.
La prima ad andarsene è sempre la vista, anche per te, che hai sempre vissuto soprattutto con gli occhi, e che adesso non vedi altro che una luce accecante intorno.
È sangue verde che ti implode nella retina, lo senti scorrere sulle guance, freddo come azoto liquido, ma forse è solo un’impressione, o la maschera che si scioglie come neve sotto una lampada mentre la tua volontà si sbriciola.
Ti senti solo, e stupidamente arrabbiato, arrabbiato con la Galassia intera che si sta prendendo la tua vita, poco importa ormai che sia stata una tua scelta correre il rischio, è la tua vita che si spegne per regalare all’Universo una manciata di secondi di ritardo sulla sua possibile fine, e qualunque cosa accada da adesso in poi, non saprai mai se sia stato un gesto inutile o meno.
Cieco e muto precipiti ancora più in basso, e in quella caduta tutto ti sembra perdere di significato, mentre lentamente, ma senza battute di arresto, perdi la percezione del tuo corpo, ma non della tua esistenza.
È un conto alla rovescia troppo lento verso la fine, e hai paura, ne hai tanta, per un irresponsabile attimo speri di averne abbastanza da poterti salvare; mostro, sì, ma vivo, con una possibilità ancora, e invece anche la paura si attutisce mentre i tuoi battiti iniziano, rapidamente, a decellerare.
Il buio ha già inghiottito la superficie che vedevi avvicinarsi, sempre troppo lenta, e allora tutto quello che rimane da vedere sono le istantanee di ogni singolo rimpianto che la tua mente riesce ancora a processare.
Il giuramento. La missione. La tua casa. Jenny, ancora viva. La macchina fotografica di Donna appoggiata sul comodino. La tutina che indossava Robert quando lo hai portato allo zoo. I tabulati dell’ultimo esame. Bocciato. Mamma. Mamma ancora viva che chiede a Donna di farle conoscere Robert. La macchina fotografica di Jen sul tavolo di cucina. Ti sei dimenticato le batterie, ancora una volta. Terry si è dimenticato le batterie. Due cappuccini da portare via con tanto zucchero. La statua non finita; il dipinto non finito. Rimettere a posto i blocchi da disegno. Polvere. Troppa polvere. Polvere dappertutto, nelle narici sulla pelle, ha odore di morte, di incenso, di stelle, di polvere e basta. Le palpebre di Donna chiuse sul cuscino giallo. Hal che ti porta a volare. Mamma attaccata al respiratore. Jen tra le braccia di suo padre, tu tra le braccia di Donna. Mamma, non ho potuto fare niente. Niente. Liquido verde che ti scorre sulle guance. Una macchina fotografica, l’obbiettivo smontato. Non sai più a chi appartenesse, o cosa abbia fotografato. Un’immagine che non metti a fuoco. Un tetto, una spiaggia. Una scatola. Stelle, ovunque. Guy pulisce il bancone del bar.
...probabilmente è la voce di Guy quella che senti… grida qualche cosa, non capisci cosa. L’anello si stacca dalla tua mano nuda e recita, algido, gli ordini ricevuti.
L’ultimo ad andarsene è sempre l’udito.
Guy continua a gridare, ma tu ormai non senti più niente.