Liquid Peppermint (also known as Nice Piece Of Art)

Feb 28, 2009 18:47

Titolo: Liquid Peppermint (also known as Nice Piece Of Art)
Fandom: Originale (Aadon)
Personaggi: Aaron/Donnie, Gwen (solo una comparsata)
Rating: PG13 (sesso non grafico)
Genere: boys love, one-shot.
Avvisi: Cronologicamente successiva a Sweet Talk e Bang The Doldrums, ma indipendente da entrambe. In fondo troverete le canzoni che fanno da ossatura al tutto.
Nasce unicamente come regalo di compleanno alla Vale, perché se lo merita. <3
Riassunto: Aaron ricorda la notte del suo compleanno.





.Liquid Peppermint.
.(also known as Nice Piece Of Art).

Dedicato a Vale per il suo compleanno,
perché è un’opera d’arte e mi fa sentire tale.

Tonight I've fallen and I can't get up
I need your loving hands to come and pick me up
And every night I miss you, I can just look up
And know the stars are
Holding you, holding you, holding you
Tonight

Ricordo un sapore dolce e freddo sulla lingua e quel sentirmi bene anche con il fuoco giù per la gola.

Ricordo lo sguardo seccato di Gee mentre ti diceva qualcosa, parlava di Cassie forse… Non che la stessi davvero ascoltando, in ogni caso.
Neanche tu sembravi darle retta e fissavi serio quel liquido denso sul fondo del bicchiere, a colorare il mondo di verde, mentre te lo rigiravi tra le mani.
Gli occhi di tua sorella si addolcirono un poco, credendoti dispiaciuto per aver ridotto un’altra volta alle lacrime la sua migliore amica, e disse che l’avrebbe accompagnata a casa, ci si vedeva domani.
Eri triste, ma allora pensai che fossi semplicemente ubriaco e non diedi importanza alla stretta che sentivo allo stomaco.

Ricordo quella stupida felpa color lavanda che mi avevi regato dopo che ti avevo - a ragione - accusato di essere una checca completa.
Me la infilai e tirai su il cappuccio, quando fuori cominciò a diluviare mentre uscivamo da quel locale di N.Y., ma arrivammo comunque bagnati fradici all’auto di tuo padre, rischiando di rovinare la borghessissima tappezzeria di pelle scamosciata della sua Wolkswagen Jetta.

Ricordo che hai riso quando te l’ho detto ed hai acceso il riscaldamento e la radio ed è partita quella canzone assurdamente emo di cui mi sfugge il titolo.
Tu ti sei bloccato con ancora la mano sulla chiave ed il tuo sorriso s’è sciolto un poco.
Quando ti ho chiesto perché, hai semplicemente sospirato e scosso la testa, dicendo < Non ho ancora voglia di tornare a casa, e tu? >

Ricordo che quella canzone era abbastanza confusa e pazza e bella che per un attimo pensai parlasse di noi, Donnie. Lo pensai davvero.
E in qualche modo ebbi paura. Paura che avesse ragione.

Ricordo i tergicristallo che andavano avanti e indietro, ipnotizzandomi, e tu guidavi sotto la pioggia in modo davvero troppo prudente per essere ubriaco.
Hai detto < Una volta quando avevo otto anni… > e poi hai parlato di Gwen, credo, di promesse che le hai fatto ed io ho avuto l’impressione che tu volessi dirmi qualcosa.
Qualcosa di veramente importante.
Ma era la notte del mio compleanno ed alla festa c’ero andato giù peso ed avevo la bruttissima sensazione che qualcosa di meraviglioso ed orribile stesse per accadere.
Tentavo di catturare il senso delle tue parole, ma la tua voce mi cullava e scivolava come acqua tra le dita, finché fissavo le tue labbra muoversi piano.

Ricordo che ho pensato che eri bellissimo, comico e bagnato al volante dell’auto di tuo padre, mentre cercavi di fare un discorso serio con me ubriaco, che volevo fotterti nel sedile accanto.
Un’opera d’arte e ne avrei voluto un pezzetto.
Un pezzo di te, qualcosa che ci legasse indissolubilmente.

Ricordo che ti ho baciato appena hai spento il motore e non sapevo dove eravamo quando hai risposto al bacio.
Hai detto < Non cambio idea, Aaron, ormai ho deciso… non c’è niente che tu possa fare, davvero…! > ed avrei voluto chiederti per cosa, ma mi accorsi che stavi quasi piangendo.

Ricordo l’Arbre Magique giallo alla vaniglia che pendeva dallo specchietto retrovisore e che ti accarezzavo come se volessi rassicurarti ed allo stesso tempo tenerti fermo, obbligarti a ricambiare.
Ti sei lasciato spogliare con una docilità estrema, come se tutto quello che stava per accadere fosse inevitabile, e poi hai infilato le dita sotto la mia maglietta ed hai cominciato a spogliare anche me.

Ricordo che cercavi la mia bocca e tremavi un poco quando la mia mano scendeva più in basso, ma non mi fermavi.
Mi sembrava di sentirti sciogliere, mentre un altro dito si aggiungeva al primo, ed il tuo corpo si premeva contro il mio, la tua testa nascosta nell’incavo della mia spalla, come in cerca di protezione, e le mie labbra dicevano qualcosa sulla pelle calda ed umida del tuo collo.
Ho dimenticato cosa, niente di importante, suppongo.

Ricordo che ti sentivo fragile come non ti avevo mai immaginato.
Non sei mai stato dolce o da proteggere nei miei pensieri, eri Donnie, punto e basta ed il fatto che ti volessi non cambiava le cose.
Non faceva di te qualcun altro.

Ricordo che lo spazio era poco e che i sedili di pelle scamosciata del signor Finley non mi sembravano più così disprezzabili, mentre mi ci aggrappavo e ci sprofondavo con i gomiti e tu allacciavi le gambe intorno ai miei fianchi, appena sotto di me.
Così spaventato e coraggioso insieme, che strizzavi gli occhi e mi stringevi il collo ed eravamo guancia a guancia quando dicevi < Ok… >.

Ricordo che parlavo. Parlavo un sacco e farfugliavo logore frasi fatte in un inutile tentativo di trasmetterti quanto eri meraviglioso e importante e quanto… beh… erano solo un sacco di cliché senza senso.
Tu stavi zitto. O meglio, ansimavi, gemevi, chiamavi il mio nome, ma non dicevi niente in realtà ed era giusto così.
Avrei dovuto capirlo.

Ricordo - cazzo se me lo ricordo! - la mia mano chiusa su di te che andava su e giù veloce, imitando il ritmo delle mie spinte, ed il modo in cui hai scosso la testa e ti sei morso le labbra, come se non volessi ancora lasciar finire tutto.
Il mio nome ti si è spezzato in gola, mentre sentivo ogni fibra del tuo corpo contrarsi attorno a me, strapparmi un < Dio! >, prima di accasciarmi su di te.

Ricordo il tuo petto sudato che si alzava e si abbassava pesante ed il battito veloce del tuo cuore sotto la pelle, così vicino che avrei potuto toccarlo, afferrarlo a momenti.
Che ti amavo mi sfuggì quasi dalle labbra e non mi era mai successo con nessuno, neanche con Gee, ma fu la tua voce a bloccarmi.
< Sai di menta piperita. - hai detto, sfiorandomi i capelli in una carezza impacciata, non troppo sicuro di potertelo permettere. - Quanto colluttorio hai bevuto? >
Potevo sentirti sorridere anche senza guardarti, anche senza lasciare il tuo petto, ed era un sorriso amaro quello che lasciasti cadere.

Ricordo che da qualche parte, in mezzo a tutto quello che era successo, aveva anche smesso di piovere e tu ti eri allungato un po’ verso l’alto, poi ti eri sollevato sui gomiti e mi avevi chiesto, quasi implorante, se potevo aprire il tettuccio.
E l’aria fredda della notte era entrata nell’abitacolo, nel nostro piccolo mondo di ansiti, portando con sé le stelle di un cielo sconosciuto, a metà strada tra casa ed altrove.

Ricordo che volevo dormirti addosso per tutta la notte ed allo stesso tempo ricominciare tutto da capo. Fare qualcosa di diverso, più dolce, più audace, più straordinario.
Qualcosa di indimenticabile abbastanza da costringerti ad amarmi quanto ti amavo io.
Tu sollevavi gli occhi ed il mento, sistemandoti un po’ meglio sotto il mio peso, e guardavi fuori, lontano, come se non mi appartenessi già più.

Ricordo tutte le cose che avrei voluto dirti, tutte le domande che mi frullavano in testa - su di te, su di me, sulle nostre vite - e tu che sussurravi piano parole che non potevano aspettare più e che non riuscivo a fermare o mettere insieme.
Dicevi che non potevamo guardarci indietro, parlavi delle cose che avevamo fatto insieme alla luce del sole e di quelle per cui eravamo stati costretti a nasconderci, e quella cosa che hai detto < -- mi sembrava di sognare, ma ci toccava sempre svegliarci… >

Ricordo quella macchina ed i giochi che facevamo, il caffè che abbiamo preso a portar via quel mattino sulla strada per Glenfalls e tutte le volte che siamo stati fuori fino a tardi.

Ricordo il tempo speso insieme durante il viaggio e che non avrei mai pensato che i giorni passati al tuo fianco fossero abbastanza.

Non avrei mai pensato che l’ultima immagine che ho di te sono la tua maglietta gialla, i capelli rossi spettinati, i rayban a coprire quegli stanchi occhi nocciola ed il tuo sorriso storto, mentre mi saluti da quella maledetta Wolkswagen Jetta.

Non avrei mai pensato di non riuscire più a guardare il cielo di notte e quelle cazzo di stelle senza ricordarmi di quella notte, quando hai fatto lo stesso.

Non avrei mai pensato che non averti qui adesso facesse tanto male.

E forse, alla fine, quella canzone alla radio aveva ragione, parlava di noi ed aveva già capito tutto di me, perché ti vorrei qui stanotte e sarò paziente.

I'll be patient, I'll be patient,
I'll be patiently waiting.

***
Questa storia non sarebbe mai stata scritta senza gli Fm Static e le loro canzoni. Come per tutti i profumi per Liquid Peppermint sono state usate le seguenti fragranze:

• TOP: Tonight (ossatura, tema portante che dà il ritmo alla storia e citazione iniziale)
• HEART: Nice Piece of Art (titolo e vari, indispensabili, dettagli disseminati qua e là)
• BOTTOM: What it feels like (canzone alla radio e citazione finale, perché sì!)

Per me, per Aaron e Donnie, ma soprattutto per te, Vale.
Tanti auguri, Didi
Da Effi

gwen, aadon, aaron/donnie, originali

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