Titolo: Genie In A Bottle
Fandom: Originale
Capitolo: 01 - Three Wishes
Rating: PG13
Genere: boys love, soprannaturale.
Avvisi: La vigilia di Natale sono andata dal carrozziere a ritirare la macchina dopo che avevo fatto il bacco e tornando a casa alla radio c’era questa canzone di Christina Aguilera. <3
Riassunto: Drew cade dalla barca. Al suo risveglio si ritrova con Jiin ed una bottiglia.
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.Three Wishes.
“Il tuo primo desiderio sarà qualcosa per vedere se tutto ciò è reale, come
desiderare un sandwich. Poi il tuo secondo desiderio sarà per soldi o potere. E quando il tuo secondo
desiderio ti si ritorcerà contro, desidererai di non avermi mai incontrato.”
Cominciò tutto quando Andrew cadde dalla barca.
Annebbiato dall’alcool e dalla droga che circolavano liberamente al festino, era caduto oltre il parapetto - non ricordava bene come - e l’orlo dei suoi jeans doveva essersi incastrato in uno dei ganci dell’ancora, trascinando irrimediabilmente sul fondo.
All’inizio si era aggrappato alla catena, tentando furiosamente di tornare in superficie, poi era sceso cercando in fretta qualcosa che lo aiutasse a liberarsi.
Nella disperazione aveva afferrato di tutto, picchiandolo sull’ancora senza riflettere - un grosso sasso poroso, una bottiglia vuota gettata in mare, un pezzo di lamiera arrugginita che gli aveva ferito le mani facendolo sanguinare
Poi l’ossigeno era venuto a mancare e Drew si era dimenato inutilmente fino a svenire.
Era sicuro che sarebbe morto.
Si era risvegliato sulla spiaggia che il sole non era ancora calato.
Una donna in bikini e minigonna di jeans rincorreva un grosso cane labrador sulla sabbia, gli ultimi turisti se ne stavano andando e, sdraiato accanto a lui, c’era un ragazzo orientale con gli occhi chiusi, che soffiava pigramente in una bottiglia di vetro.
Andrew non tossicchiò. Non sputò acqua salata come si sarebbe aspettato. Le sue mani non pizzicavano per il sale dentro le ferite, anzi, non erano ferite per niente.
Guardò ancora lo strano ragazzo, che ora si era sollevato appoggiandosi sui gomiti e lo fissava tra le ciglia, socchiudendo gli occhi come se guardasse il sole.
Doveva avere circa la sua stessa età, giudicò Andrew. Sui vent’anni, ventidue al massimo ed indossava solo dei pantaloni corti, dall’aspetto veramente malconcio. Era magro, dai muscoli lunghi e scattanti e la pelle chiara, quasi dorata nella luce obliqua del tardo pomeriggio.
Se ne stava lì e lo guardava, senza dire niente. Forse è straniero, magari non parla la mia lingua…, pensò Andrew, studiando i gli occhi a mandorla e quel viso latteo, perfettamente ovale. I suoi lineamenti sembravano antichissimi, statici.
I capelli neri, un po’ lunghi per un ragazzo, gli sfioravano le guance mossi dalla brezza marina, ed aveva iridi scurissime come ossidiana, ma vivide e pericolose.
Le labbra erano chiare, morbide, da mordere. Andrew lo fissò troppo a lungo perché i suoi pensieri non fossero palesi e allora quella bocca sorrise maliziosa, mostrando i denti in segno di sfida, quasi fossero zanne.
< Ti sei svegliato finalmente. > gli disse con tono di scherno, cogliendolo di sorpresa e sogghignando. La sua voce era nasale, tersa, senza la minima traccia di accento.
Andrew annuì. < Sei tu che mi hai salvato? > chiese titubante, sentendosi vagamente a disagio di fronte a quella specie di sfinge che lo fissava, passando le dita sul collo della bottiglia.
Si sentiva banale e slavato al confronto. Pallido e roseo, con i suoi capelli troppo biondi che gli davano un aria spelacchiata, o peggio da nazista, e quella magrezza non voluta, che gli rendeva spigoloso il viso.
Pure con i suoi abiti migliori e l’adeguata preparazione, non sarebbe mai arrivato a trasudare arroganza e fascino quanto quel ragazzo mezzo nudo.
L’altro sollevo un sopracciglio, chiedendo di rimando < Avevo scelta? >
< Beh, grazie…! > rispose seccato da quella assoluta mancanza di educazione, facendo per alzarsi ed andarsene.
Il ragazzo misterioso lo imitò, mettendosi in piedi a sua volta. < Risparmiami, - gli disse ostile, tirandogli la bottiglia con cui aveva giochicchiato fino ad allora - rendimi solo la mia libertà e saremo pari. >
< La tua libertà? > chiese Andrew incerto, prendendola al volo e rigirandosela tra le mani senza capire.
Il suo interlocutore lo guardò scocciato, incrociando le braccia sul petto. < Sono un djinn, stupido umano! - sputò fuori altero - Gli elementi sono i miei servi, quella bottiglia è la mia prigione. >
< Cosa?! - fece ancora sconcertato il biondo, - Con jiin intenti genio? Come “genio della lampada”?! >
< Della bottiglia in questo caso. - precisò, alzando gli occhi al cielo e glissando pazientemente sul grossolano difetto di pronuncia - Non so come chiamiate quelli della mia specie in quest’epoca. >
< Mi stai prendendo per il culo? - chiese ancora più incredulo Andrew, indeciso se incazzarsi o stare al gioco, ottenendo in risposta solo l’ennesima sprezzante alzata di sopracciglio, - Vuol dire che mi spettano tre desideri?! >
Il presunto genio corrugò le sopracciglia, squadrandolo pericoloso. < Tre desideri? > ripeté.
< Beh, se non concedi tre desideri non sei un genio. - rispose indispettito, incrociando le braccia a sua volta. - E se non ne esaudisci almeno due dei miei, puoi scordarti la libertà! >
Il ragazzo orientale gli gettò un occhiata talmente carica d’odio che Andrew si ritrovò a fare un passo indietro prima di rendersene conto, chiedendosi se le raffiche di aria fredda che lo sferzavano ed il mare che aveva cominciato ad agitarsi all’improvviso fossero davvero delle coincidenze.
< Due desideri, - disse rabbioso - e sia!, ma al terzo pretendo la mia libertà. >
L’altro annuì sconcertato e la natura sembrò inspiegabilmente placarsi insieme alla rabbia del genio, che parlò ancora.
< Allora? Cosa desideri, “padrone”? > chiese impaziente, calcando su quell’epiteto tutto il sarcasmo e la derisione di cui fu capace.
< Cazzo, ci devo pensare. - rispose Andrew, cercando di prendere la cosa sul serio - Nel frattempo tu potresti dimostrarmi che questa non è tutta una stronzata. Fai qualcosa da genio… Chessò… Rientra nella bottiglia! > ghignò alla fine vittorioso, sventolando davanti agli occhi dell’altro la bottiglia di vetro con aria di sfida.
Anche il genio sorrise maligno. < È davvero questo il tuo desiderio? > domandò serafico.
< Sì. No! Merda… - s’incartò, rendendosi conto appena in tempo dell’inganno - Non è il mio primo desiderio! >
L’altro continuò a sorridere, guardandolo divertito.
< Quando esprimerò un desiderio, dirò: “Genio, io desidero…” e poi dirò il desiderio. E allora tu potrai esaudire. - spiegò, mettendo bene in chiaro le cose. Poi tornò a guardarlo scettico, - Ma sei sicuro di essere un genio?! >
< Un djiin. - ripeté lui, stringendo gli occhi a due lame nero pece - La mia razza governava la terra e i cieli prima ancora i vostri pelosi antenati fossero creati. >
< Si, beh, caro il mio jiin… - lo schernì Drew, già stufo di tutte quelle arie - Anche i dinosauri, e guarda che fine hanno fatto…! >
Il genio gli stava praticamente ringhiando addosso. Anzi, a giudicare dai suoi pugni tesi e dalle pieghette sul naso, sembrava più soffiare come un gatto.
< Com’è che ti chiami? > chiese ancora Andrew, fingendo disinteresse e cominciando a spolverarsi i vestiti e i capelli per togliere la sabbia.
< Il mio nome è troppo complicato perché una mente limitata come la tua possa comprenderne il significato o imitarne il suono. > rispose il ragazzo dai capelli neri, alzando il mento.
< Seh. - fece l’altro, squadrandolo per nulla convinto - Facciamo che per me sarai Jiin e basta e che ti chiamo quando ho deciso il mio primo desiderio. >
Jiin rispose con una smorfia schifata, ma annuì comunque e cominciò a seguirlo, quando Andrew gli diede le spalle per allontanarsi e lasciare la spiaggia.
< Che fai? Mi pedini?! > chiese accusatorio, girandosi di scatto e trovandosi di nuovo di fronte a quella faccia di bronzo.
< Io vado dove va la bottiglia. > rispose semplicemente il genio, indicando l’oggetto ancora tra le mani del ragazzo.
< Fammi capire. - ringhiò frustrato Drew, - Non vuoi rientrarci, ma la segui ovunque?! >
Jiin scrollò appena le spalle. < Sono vincolato ad essa. - rispose con noncuranza - Ci rientrerò quando ne avrò voglia, a meno che tu non lo desideri, padrone… >
< E piantala con ‘sto padrone!, io mi chiamo Andrew! Drew, capito?! > muggì il ragazzo, facendo quasi ridere deliziato il genio.
< Andrew. > ripeté senza difficoltà Jiin. Più perché odiava quell’appellativo che per far effettivamente contento il suo nuovo padrone.
< E ora andiamo! - lo esortò, borbottando poi - Se proprio devi seguirmi, vedi almeno di essere vestito decentemente… >
Jiin si tirò confuso l’orlo dei pantaloni, cercando di capire cosa non andasse in essi. Non gli piacevano i vestiti e non comprendeva l’importanza che gli umani gli attribuivano. Nella sua vera forma non aveva mai avuto bisogno di indossarne, li trovava un impiccio, ma da quando aveva cominciato a mescolarsi a quella razza inferiore - da quando era diventato prigioniero della bottiglia, aveva dovuto comportarsi secondo le usanze umane per non terrorizzare i suoi padroni.
Perché anche la schiavitù era meglio di secoli di solitudine, abbandonato in una prigione sul fondo del mare…
A Andrew fu subito chiaro che, nonostante gli dovesse obbedienza, Jiin non era per niente servizievole. Per la precisione era un gran rompiballe.
Lo seguì fino al parcheggio camminando a piedi nudi sull’asfalto ancora caldo, guardandosi in giro come se non avesse mai visto le auto, le persone parlare al cellulare, i televisori nella vetrina di un negozio di elettrodomestici…
Farlo salire sulla sua Mazda fu un’impresa epica e una volta a bordo, Jiin continuò a muoversi sul sedile del passeggero, divincolandosi come se la cintura di sicurezza lo stesse strozzando.
Per distrarlo il tempo sufficiente a guidare senza schiantarsi contro un palo, Andrew dovette arrendersi a mostrargli il pulsante per abbassare e alzare il vetro dei finestrini. Andarono su e giù circa un miliardo di volte nel breve tragitto.
Quando finalmente arrivarono nel quartiere dove viveva, Andrew impiegò tutte le sue energie per impedire a Jiin di attaccar bottone con qualsiasi essere umano avesse la sfortuna di incrociarlo. Dovette rimuoverlo a forza dal sexy shop sotto casa sua, dove era riuscito nell’impresa sovrumana imbarazzare con tutte le sue domande anche Shane, il commesso part-time del sexy-shop sotto il suo appartamento.
Nel momento esatto in cui varcarono la porta di casa, già metà della città sapeva che Jiin era lì e che Andrew avrebbe abitato con uno strano ragazzo orientale che andava in giro mezzo nudo.
< Tu vivi qui?! - chiese inorridito il genio, scansandolo in malo modo dalla soglia e precipitandosi all’interno dell’appartamento. - Sai, credo che la mia bottiglia sia più spaziosa, e di sicuro arredata meglio. > commentò schifato, adocchiando il materasso nell’altra stanza, tenuto sollevato da terra da dei bancali di legno.
< Se ti piace così tanto la tua bottiglia puoi sempre tornarci, eh! > rispose secco Andrew, raggiungendolo con una smorfia e piazzando sonoramente il contenitore di vetro su una mensola sopra il letto.
Jiin sorrise, felice di averlo fatto innervosire di nuovo, e cominciò a misurare a grandi passi il bilocale. < Quando sei stanco di vivere nella miseria, fammelo sapere. - lasciò cadere - Potrei procurarti la casa dei tuoi sogni, se solo tu lo desiderassi. >
< Il mio appartamento va benissimo! - ringhiò Andrew, surriscaldandosi - Non mi serve troppo spazio, ed in più è esattamente a metà strada tra il campus e la spiaggia. Se volevo una villa con piscina sarei rimasto con i miei genitori. > concluse iroso, dicendosi che infondo non era così piccolo: la stanza era grande, illuminata, la cucina moderna, il bagno rispettabile.
Gli piaceva casa sua. Era sua!
Jiin fece un piccolo broncio indifferente, gettandosi a peso morto sul letto ancora sfatto, mentre Andrew rovistava nella cabina armadio. < Vestiti. > disse perentorio, buttandogli addosso un po’ della sua roba smessa.
L’orientale lo guardò indispettito, prima di stendere una t-shirt cercando di capire il verso giusto da cui indossarla. < Non penserai mica che la indossi. - fece critico, squadrandola prima di sciogliersi nel solito sorriso maligno - A meno che… >
< No. - sbottò subito Drew, cercando di non urlargli addosso - Fai quello che vuoi. Puoi anche lavarti se ti va. Prendi la maglietta che preferisci, basta che ti vesti. >
Jiin corrugò le sopracciglia. < Davvero? > chiese confuso.
Il biondo annuì. < Lì ci sono i vestiti e lì c’è il bagno. - indicò velocemente, prima di tornare verso la cucina. - Arrangiati. >
Cinque minuti dopo, Jiin ancora vestito solo dei suoi pantaloni cenciosi, spiava vicinissimo alla sua spalla quello che stava facendo.
< Cosa. Vuoi? > scandì lentamente il padrone di casa, imponendosi di non prenderlo a sberle.
L’altro sorrise innocente, < Non trovo la vasca con l’acqua e non so dove sono i secchi e il pozzo. >
Andrew ci impiegò un paio di secondi a processare il tutto, prima di schiaffarsi una mano sulla fronte e farla scendere lentamente sugli occhi.
< E dire che a quest’ora potevo essere ad una megafesta su una barca a stordirmi fino all’esaurimento… > piagnucolò sospirando.
< Posso portartici, se me lo ordini. > offrì il genio, con gli occhi che scintillavano mentre lo sfidava a farlo.
< Sta’ zitto. - ordinò brusco, cavandosi di tasca il cellulare e digitando veloce un messaggio per avvisare qualcuno dei suoi amici che era vivo, di non chiamare i soccorsi. - Ora ti spiego cos’è una doccia e quella grande invenzione chiamata acqua corrente. > aggiunse esasperato, tornando verso il bagno con Jiin al seguito.
Andrew decise di approfittare di quei pochi minuti di calma insperata per accendere il computer e cercare qualche informazione sui geni o jinn, o come diavolo si chiamavano.
Sul web c’era poca roba: qualche informazione vaga sulla loro natura prevalentemente maligna e sulla loro origine pre-islamica.
La storia dei tre desideri sembrava più recente, di stampo occidentale, ma rimaneva il fatto che questi spiriti erano bravissimi a trasformare ciò che vuoi nei tuoi peggiori incubi. Le vignette umoristiche si sprecavano.
L’unico punto di congiunzione tra i due filoni sembrava essere il loro vincolo a dei contenitori magici, che li obbligava ad eseguire gli ordini dei mortali. Secondo la leggenda era stato Sulayman - nome arabo di re Salomone - a sigillare per primo settantadue djiin in un vaso di bronzo perché obbedissero ai suoi ordini.
Tutti i siti rimandavano sempre ad un grimorio, che spiegava la classificazione dei demoni e come non fargli prendere il sopravvento: Lemegeton Clavicula Salomonis, La piccola chiave di Salomone.
Andrew cliccò sul link ed avviò il download della versione inglese. Ci sarebbero volute un paio d’ore almeno, rifletté, prima che qualcosa di umido gli sfiorasse la guancia.
< Jiin! - esalò, saltando in piedi e portandosi una mano sul cuore per calmarsi - Devi piantarla di sgusciarmi alle spalle in questo modo! >
Il genio ridacchiò compiaciuto, < Cosa stai facendo? - chiese, sporgendosi incuriosito sul suo portatile e gocciolandoci sopra, ancora completamente nudo e bagnato. - Cos’è questo? >
L’altro spalancò gli occhi, < Il patto era che potevi fare quello che volevi, se ti mettevi qualcosa addosso! - gridò, sentendo il calore salirgli alle guance. - E allontanati dal mio McBook, sei fradicio! > concluse afferrandolo per un braccio e tirandolo verso la camera da letto per obbligarlo ad asciugarsi e vestirsi.
< Mi piacciono le docce. Sono come cascate calde. - commentò Jiin, a nessuno in particolare, mentre il biondo gli infilava addosso a forza un accappatoio. - Mi sorprende che una razza tanto stupida sia riuscita a fare una meraviglia del genere. >
< Inventiamo le docce, imprigioniamo geni spocchiosi e millenari dentro lampade e bottiglie… - gli rispose Drew, coprendogli la testa con una asciugamano bianco e cominciando a frizionare senza gentilezza i suoi capelli nerissimi - …forse non siamo così stupidi come credi. >
< Ehi, smettila… - si lamentò Jiin, strappandogli di mano la salvietta ed appoggiandosi al lavandino. - Posso farlo da solo. >
< Strano! - rispose cattivo, sollevando un sopracciglio. - Sembra che nonostante ti vanti tanto, questa sia davvero la prima cosa che sei in grado di fare da solo. > aggiunse, prima di lasciare il piccolo bagno, stracolmo di vapore.
Il genio lo guardò dargli le spalle, buttandosi di nuovo il telo sulla testa e ricominciando a tamponare più piano. Quello era il padrone più strano che gli fosse capitato in millenni.
Forse due desideri erano davvero un po’ pochi perché li esprimesse senza remore, rifletté, ma in caso contrario anche questa volta non avrebbe riottenuto la libertà.
Quando Jiin sbucò di nuovo dalla camera da letto aveva addosso un paio di baggy jeans, che continuavano a scivolargli dai fianchi, ed una polo rossa a righe, grande anche quella.
Il biondo sollevò un attimo gli occhi azzurri dai fornelli, piantandoli su di lui. < Hai un aspetto quasi normale. > concesse, guardandolo rispondergli con una linguaccia e stringersi imbarazzato e a disagio dentro quegli strani vestiti.
< Se la pianti di rompere domani vediamo di comprare qualcosa della tua taglia. - aggiunse poi, tornando a dedicarsi alla pasta precotta che cuoceva sul fuoco e borbottando burbero - Crei più problemi di quanti ne risolvi. >
Il genio sorrise appena, sedendosi sullo sgabello alto del bancone, dove il portatile era ancora aperto.
< Che cos’è questa scatola bianca? > chiese, provando a premere un paio di tasti a caso e scoprendo poi che toccando il touch-pad si muoveva anche il cursore sullo schermo.
< Non toccare!, è complicato! - fece Drew in fretta, scavalcando quasi il bancone per allontanarlo dal suo prezioso McBook. - È un computer portatile. Serve per lavorare, studiare, trovare informazioni e un altro milione circa di cose… >
Jiin si limitò a sollevare un sopracciglio dubbioso. < E cosa fai di mestiere? > domandò.
< Studio all’università. - rispose il biondo, tornando a mettere la pasta nei piatti - Economia e commercio. >
L’altro annuì, fingendo di aver capito, e Andrew piazzò due piatti di roba fumante sul bancone accanto a lui.
< Maccheroni al formaggio. - disse, prendendo dal cassetto delle forchette e lasciandole scivolare sul ripiano insieme a due bottiglie di birra. - Se non ti piacciono mi dispiace, questo c’è. >
< Noi djinn non abbiamo bisogno di mangiare. - pronunciò stentato Jiin, arricciando il naso e tentando di nascondere la sua sorpresa. Nessuno prima di allora gli aveva mai offerto del cibo. - E di sicuro non mangiamo roba che puzza di piedi. >
< Voi djinn non sapete cosa vi perdete. > dichiarò Drew, con un’alzata di spalle, sedendosi accanto a lui e cominciando a mangiare.
All’inizio il genio lo guardò mangiare disgustato, poi, vinto dalla curiosità, afferrò una forchetta e cominciò a pungolare un maccherone.
Andrew non riuscì ad impedirsi di ridere, quando lo infilzò se lo portò alla bocca, annusandolo circospetto prima di tentare un piccolo morso. < Buono? > chiese.
< È proprio cibo da umani. > commentò lui con una piccola smorfia, rimettendolo nel piatto e ricominciando a studiare con interesse il portatile.
< Ho fatto una ricerca. - specificò allora il biondo, fermandosi per prendere un sorso di birra ed offrendola a Jiin, che sembrò trovarsi più a suo agio con le bevande - Ho cercato informazioni sulla tua specie. > disse, facendolo quasi strozzare.
< Cosa?! > tossicchiò il genio.
< Ho pensato fosse meglio sapere con chi ho a che fare. - spiegò, soddisfatto di vederlo in agitazione per una volta - C’è niente che devi dirmi prima che legga “La piccola chiave di Salomone”? >
Jiin deglutì. < È un falso! - dichiarò, ma non sembrava molto sicuro - Quelle pergamene sono andate perse molto tempo fa! >
L’altro sorrise paziente. < A quanto pare qualcuno nel seicento si è preso la briga di cercarle e rimetterle insieme. >
Il genio si alzò rabbioso, facendo cadere lo sgabello. Tremava addirittura.
< Sono bugie!, sono tutte bugie! - abbaiò come un bambino capriccioso. Andrew ebbe quasi paura che sarebbe scoppiato in lacrime, tanto i suoi occhi sembravano lucidi. - Quell’uomo orribile è morto e i miei fratelli gli hanno straziato l’anima prima che raggiungesse l’aldilà. >
Si allontanò furioso, tornando verso la camera. < Chiamami quando avrai deciso i tuoi desideri. > urlò.
Subito dopo ci fu un suono, come se qualcuno soffiasse in una bottiglia, e quando Drew lo raggiunse nell’altra stanza, Jiin era sparito.
< Jiin…? - provò a chiamare, lanciando un’occhiata in bagno prima di sedersi sul letto ed afferrare la bottiglia, che ora sembrava piena di un denso fumo nero-viola. - Sei qui dentro, Jiin? > chiese titubante, sentendosi scemo come mai prima di allora a parlare con una bottiglia.
< Jiin, vieni fuori. - lo chiamò ancora Andrew - Dimmi cosa c’è in quel libro che non vuoi che legga. >
Niente. Il biondo non sapeva se essere preoccupato o cominciare ad arrabbiarsi.
< Non costringermi ad ordinartelo, Jiin. - urlò alla bottiglia, guardando il quella nebbia scura agitarsi - Vieni fuori e parla. >
Un getto di fumo partì dalla bottiglia ed il ragazzo orientale comparve di fronte a lui con le braccia incrociate. < Ordinamelo, allora. - lo sfidò, ma era evidente che c’era qualcosa che non andava - O hai troppa paura di sprecare uno dei tuoi preziosi desideri. >
< Sì! - rispose con la stessa furia Drew, alzandosi in piedi a sua volta - Non ho intenzione di sprecare uno dei miei desideri per qualcosa di cui non conosco la portata e che verrò comunque a sapere quando avrò quel libro. >
Sembrò calmarsi un po’, ancora scosso dopo quello che aveva visto, realizzando che per davvero Jiin era un genio e viveva in una bottiglia.
< Su internet c’è scritto che voi djinn avete una volontà propria. - gli disse, attirando lo sguardo di quegli occhi neri. - Ti sto solo dando la possibilità di usarla. > concluse, tornando verso la cucina ed i suoi maccheroni.
< Oh, grazie! - gli sibilò alle spalle il genio - Prima mi chiudete in una bottiglia e ora devo pure essere riconoscente per avere la possibilità di darti esattamente ciò che vuoi?! >
< Piantala, Jiin! - ringhiò Andrew, stufo di venir accusato - Non sono stato io a metterti nella bottiglia! >
< Non mi hai dato neanche la libertà, però! > urlò, lasciandosi cadere accanto al letto, la schiena contro la porta dell’armadio.
Il biondo si fece scuro in volto, < Non so neanche cosa sei, Jiin. - rispose in un sussurro furioso - E se ci fosse un motivo per limitare i tuoi poteri?, se tu fossi cattivo?! >
< Lo sapevo, sei come tutti gli altri… - disse solo il genio, tirandosi le ginocchia al petto e nascondendo la faccia fra le braccia - Avrei dovuto lasciarti morire. >
Andrew sbuffò, sentendo tutta la delusione del suo strano ospite e si abbassò accanto a lui.
< Dimostrami che non devo preoccuparmi di sguinzagliarti del mondo. - parlò piano, quasi sottovoce, scuotendolo leggermente per un gomito per convincerlo ad alzare lo sguardo- Dimostrami che non sei cattivo… e una volta esauriti i desideri che mi spettano, prometto che sarai libero. >
Jiin si sfregò il viso contro una spalla prima di sollevarlo, stava piangendo davvero ed era strano vedere che non faceva strane smorfie per trattenersi. Lasciava che le lacrime gli rigassero le guance senza fare alcun rumore, nessun singhiozzio. Non era come gli occidentali. Non era come gli esseri umani in generale.
Drew si ritrovò suo malgrado a pensare che era davvero qualcosa unico.
< Non dovresti fare promesse che non sarai in grado di mantenere. - gli disse. La voce ferma, anche se più bassa e cupa del solito. - Parli di cose che non conosci. >
Andrew cercò di sorridere e si alzò in piedi, tendendogli la mano. Jiin rimase ancora una volta sorpreso ad osservarlo, prima di accettare il suo aiuto e trovarsi bloccato contro la porta, con le braccia del biondo che gli sbarravano il cammino da entrambi i lati.
< Di cosa hai paura? - gli chiese di nuovo, fissandolo con i suoi occhi azzurri - Cosa c’è scritto in quel libro che non vuoi che io sappia? >
< Ti sei mai chiesto perché è così difficile che un djinn venga liberato? - domandò a sua volta - Perché nessuno dei miei precedenti padroni l’ha fatto?! >
Sembrava così triste, pensò Drew, guardandolo evitare il suo sguardo, e spingere lentamente contro il suo petto per liberarsi.
< Se siamo cattivi spingiamo i nostri padroni a desiderare di non averci mai incontrato. Se siamo buoni, si approfittano di noi, obbligandoci a servirli fino alla morte. - spiegò evitando il contatto visivo - In entrambi i casi nessuno ci libera mai e neanche tu lo farai quando conoscerai il tuo potere su di me. >
Il biondo lo raggiunse e gli appoggiò una mano sulla spalla, costringendolo a voltarsi. < Parlamene. > chiese.
Jiin fece una sorta di sorriso triste e stropicciato, < Non preferiresti avere il libro di Sulayman prima, per essere sicuro che non racconti balle? >
< No. - rispose l’altro, rilassandosi appena e massaggiando la sua spalla con le dita, come per dargli coraggio - Dev’essere molto lungo e noioso, e non so quanto posso fidarmi di un tizio vissuto migliaia di anni fa… senza considerare che magari hai ragione tu, ed è davvero un falso. - sorrise - Fammi un riassunto e mi fiderò di te se troverò riscontro. >
Jiin s’incupì. Prese la mano di Andrew e l’allontanò dalla sua spalla, < Ti ho già mentito una volta. - disse e aspettò che l’altro assorbisse la notizia, ma il biondo si limitò ad annuire - Ti ho lasciato credere a quella stupida storia dei tre desideri, mentre in realtà puoi chiedere tutto, con poche eccezioni. >
< Aspetta. - lo interruppe Drew, cerando di capire e tornando a prenderlo per le spalle - Stai dicendo che non c’è limite al numero dei desideri? >
Jiin annuì, sentendosi sprofondare. Quello era il principale motivo per cui non li lasciavano mai andare: nessuno avrebbe sputato su una fortuna illimitata.
Chiunque avesse inventato la storia dei tre desideri doveva davvero essere un genio. In tutti i sensi.
< Posso provare allora? > chiese emozionato, scuotendolo un po’.
< Non chiedermi il permesso. - ribadì infastidito, cercando senza successo di sfuggire alla sua stretta entusiasta - Sei tu il padrone, ricordi? >
< Puoi trasformare i maccheroni in sushi? > domandò Andrew, adocchiando i due piatti ancora fumanti sul bancone.
< Tzé!, perché il primo desiderio riguarda sempre il cibo? - chiese Jiin, a nessuno in particolare - Certo che posso, ordinamelo! >
Andrew corrugò un attimo un attimo le sopracciglia dorate, ma annuì. < Jiin, voglio che trasformi i maccheroni in sushi! - disse perentorio ed aggiunse in ultimo, rendendosi vagamente conto di quando fastidio gli dava dare ordini a quello strano ragazzo. - Per favore… >
Jiin lo guardò malissimo per un attimo, poi si arrese con un sospiro. < Toh. - disse, indicando i piatti ora pieni di bocconcini ordinati di pesce crudo e riso - Fai schifo a dare ordini. >
Il biondo si lanciò sul cibo e stava per addentarlo quando si fermò, girandosi a guardare il genio. < Si possono mangiare? >
L’orientale lo raggiunse con calma. < Normalmente avrei fatto in modo che fossero scaduti, procurandoti una bella gastrite. - sorrise al pensiero - Ma no. Questi li puoi mangiare, vengono direttamente dal Giappone. >
< Tu non li vuoi neanche assaggiare? > chiese allora, raddrizzando lo sgabello che Jiin aveva buttato all’aria poco prima.
< Devo provarti che non sono avvelenati? > chiese l’altro di rimando, sedendosi accanto a lui.
< No, certo che no! - negò Drew, con veemenza, anche se avrebbe mangiato più tranquillo con quella sicurezza. - Dici che non mangi, ma sembra che i gusti tu li senta comunque. Pensavo solo che magari il sushi ti piacesse più dei maccheroni precotti. >
Jiin sorrise. < Sei un bugiardo. - lo accusò, prendendo la forchetta, che nelle sue mani si trasformò in paio di bacchette mai usate e passandole al biondo - Ma hai ragione, il sushi mi piace. >
< Ci sono cose che però non faccio. - disse, facendo comparire una boccetta di soia e due ciotoline per marinare il sushi. - Non posso far innamorare, non resuscito i morti e non viaggio nel tempo. > disse, sbirciando con la coda dell’occhio le reazioni di Andrew.
< Per me va bene. > dichiarò il biondo con un’alzata di spalle e finalmente Jiin si rilassò abbastanza da cominciare a mangiare.