[Hannibal] Forma Originaria

Jun 10, 2018 18:28


Scritta per la 26 Prompt Challenge di Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart.

5/26: ACQUA

/àc·qua/

sostantivo femminile

1. Composto chimico di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, incolore, inodore, insapore; costituente fondamentale degli organismi viventi. Distesa d'acqua.

Titolo opera: Forma Originaria

Fandom: Hannibal

Ship: Hannibal/Will

Parto con il dire che questa cosa che ho scritto non mi piace, perché fondamentalmente non si capisce una ciola. Contiene un aneddoto poco credibile sull’infanzia di Will e diverse pippe mentali che non ho capito bene nemmeno io, e in sostanza non arriva da nessuna parte.

Ma ormai l’ho scritta quindi che ce posso fa.

Può considerarsi un Prequel de “ Il Diavolo di Tilcara” (Ao3), ed è ambientata circa un anno dopo la fine della terza stagione.

Buona lettura.

Forma Originaria

Will ha un modo tutto suo di sognare, come di soffrire.

Hannibal ha assistito a ciascuna delle fasi della sua metamorfosi, e ogni volta si stupisce dei tendini come filo teso sotto i piedi di un equilibrista, della mascella che scricchiola, dei pugni stretti attorno ad un lembo del lenzuolo. Will si fida ora abbastanza di lui da non ritrarsi nel sonno, ma non abbastanza da permettere che Hannibal gli stringa la mano durante la sua quotidiana discesa all’inferno.

Quando Will apre gli occhi, Hannibal sa già quali saranno le prime parole che pronuncerà.

“Me l’hai promesso.”

Hannibal annuisce, stringe la sua testa contro il proprio petto mentre Will lo ripete ancora e ancora.

“Lo so. Chi c’era, stavolta?”



Ogni notte i sogni bollono, evaporano, si condensano in forme nuove che Will non conosce. Quando cesseranno la sua umanità rimarrà cosparsa a terra come la pelle scintillante di un serpente. Hannibal glielo ha promesso e Will si fida della sua parola, ma non perché lo abbia deciso di propria volontà.

Tiene la sua vita sul palmo di una mano, le dita accarezzano costantemente i punti vitali e, se solo Hannibal l’ordinasse, Will si lascerebbe affogare tra le sue braccia senza dubitare per un istante.

Come una foglia appesa al ramo di quella promessa, Will non ha altra scelta che aggrapparsi a lui e sperare che non lasci mai la presa.

“La forma originaria”, Hannibal lo aveva detto così tante volte. Era rimasta nella mente di Will come fondi di caffè sul fondo di una tazza. Scorre tra le onde del Mississippi, al di là della finestra in una delle case della sua infanzia, e soltanto ascoltandone di nuovo lo scroscio Will si era accorto di non averlo mai dimenticato.

“Questa è la tua teoria, quindi?” aveva chiesto Will, in tono non del tutto sospettoso. “Tornare all’origine della mia follia, per capirne il significato?”

“Non sei più folle di un lupo che squarcia la gola di una lepre con il proprio morso” Hannibal aveva trovato le sue parole molto sciocche “e a chiunque tu stia pensando, non è stato lui ad averti creato.”

No, Will sa di essere molto di più di ciò che quell’uomo avrebbe mai potuto creare. A malapena ne ricorda il nome, men che meno il volto o la voce. Quel che Will ricorda con straziante chiarezza è la presa di una enorme mano sulla nuca di bambino, le dita così lunghe da avvolgere tutto il suo collo in una presa implacabile. Si era spaccato la faccia schiantandosi sul fondo argilloso, le cartilagini infantili frantumate come il guscio di un uovo e impastate fino a formare il naso di un clown sul suo volto.

Non racconta mai esattamente come ricorda, perché gli piace immaginare che Hannibal possa capire comunque: Will avrebbe potuto trasmettergli la sensazione viscida del fango con l’iniezione di una siringa, la violenza brutale del soffocamento soltanto con una carezza in punta di dita.

Quando Hannibal si avvolge con tutto il corpo intorno a lui, Will incastra il viso nell’incavo del suo collo, parla tenendo la bocca sulla porzione di pelle all’estremità della mascella, poco sotto il lobo dell’orecchio. Hannibal ha concesso uno strappo al suo inflessibile regime di rasatura, e il contatto delle labbra sulla barba è la prima infinitesimale particella del mondo reale che Will riesce a riconoscere. Gli incubi s’irradiano da lui come il sangue da una ferita aperta, e ogni tocco del corpo di Hannibal è una sutura che lo ricompone e lo tiene insieme in una forma riconoscibile. Hannibal è tiepido e solido, non esplode in bolle di sapone non appena Will lo stringe troppo forte, né si scioglie sotto le sue dita per ricongiungersi alle onde del fiume.

Ogni suo ricordo scorre, lacrima e gocciola, talvolta s’ingrossano fino a rompere gli argini della sua memoria.

L’ultimo bacio di sua madre era umido, le labbra nere come le alghe sotto il ventre di un alligatore. Gli era rimasto appiccicato alla fronte, e Will non lo aveva notato finché Hannibal non glielo aveva indicato.

Il primo schiaffo di suo padre era bollente, consumava le guance fin quando la rossa e viva carne non faceva capolino dalla pelle, come l’occhio vitreo di un pesce gatto s’intravede tra i flutti della palude.

Poi c’erano state le fauci del Cacciatore.

Will lo aveva incontrato in sogno e, nascosto tra le viscere nello stomaco del lupo famelico, aveva sospirato di sollievo. Tutto ciò che riguardava il Cacciatore, tuttavia, era irrimediabilmente arido e secco. Le sue vittime ristagnavano e zampillavano d’acqua ma, per quando pressasse le sue mani prosciugate su di loro nel tentativo di assorbirne la linfa, la sua pelle rimaneva un papiro screpolato, una ceramica ricoperta di profonde crepe.

“Mio padre mi aveva avvertito di stare lontano da lui.”

Hannibal sfrega il viso sui capelli fradici di Will mentre ascolta. Là dove il Mississippi accavalla le sue onde come se si affrettasse a raggiungere un luogo sempre troppo lontano, una nuvola di vapore bianco pare aleggiare sopra ogni cosa, insinuandosi nelle ossa, attraversando il torace e annidandosi nei polmoni fin quando persino respirare diventa difficile.

Talvolta, Hannibal sente il bisogno di baciare Will soltanto per infondergli il proprio respiro.

“Non c’era una sola persona in quel tratto di riva che non lo sapesse… Hannibal… tutti lo sapevano…”

“Sapevano cosa?” chiede paziente “Raccontamelo, e ti prometto che non tornerà mai più a tormentarti.”

Hannibal lo abbraccia intorno ai fianchi, sente entrambi i cuori nei loro petti rallentare con identica cadenza.

“Il Cacciatore li sceglieva con cura…” risponde Will, la voce ancora impastata dal sonno che diventa sempre più chiara, le parole sempre più articolate “… orfani, figli dei viandanti della foresta… a nessuno importava di loro, Hannibal… a nessuno…”

Nemmeno di te? Avrebbe voluto chiedere, ma non lo fece.

È del tutto diverso da altre conversazioni che avevano intrattenuto su assassini e sui loro omicidi. Questo è un nuovo livello d’intimità, se non si presta la giusta attenzione cose preziose ma letali possono essere disseppellite dal fango senza che sia più possibile dimenticarle di nuovo. Will ricorda con una tale lacerante accuratezza, Hannibal può quasi vedere le mani striminzite e scheletriche del Cacciatore riflesse nei suoi occhi, distinguere le lacrime cristalline dall’acqua scura del fiume che gli aveva bagnato le guance.

“Non li uccideva…” continua Will “… avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere il corpo di un bambino galleggiare come un palloncino troppo gonfio sull’acqua, ora lo so. Ma no, non ha mai ucciso assolutamente nessuno…”

“Cosa faceva, allora?”

Will alza il viso dall’incavo del suo collo. Con la stessa estenuante lentezza, traccia con le dita un sentiero fino alla nuca. Sospira una sola parola, prima di stringere pollice ed indice nel centro così forte che Hannibal sussulta come per la puntura di una medusa.

“Nuota” dice, e sorride “Nuota, ragazzo. Perché non nuoti?”

Hannibal immagina il movimento di un collo piegato a forza, il capo che si abbatte violentemente sulla superficie dell’acqua. Può sentire il naso bruciare, le orecchie espandersi e riempirsi di liquido silenzio.

“Diceva soltanto questo, mentre mi teneva la testa sott’acqua. Poi, quando le mie gambe smettevano di agitarsi, mi tirava di nuovo su… un respiro… e poi giù di nuovo…”

Hannibal gli bacia la fronte, cerca un modo per esprimere a quali terrificanti estremi potrebbe arrivare per far calare la propria vendetta sul Cacciatore. Hannibal non ha mai compreso la giustizia, ma la vendetta è una sua vecchia amica.

Offrirla a Will sarebbe un privilegio: potrebbe inseguire il Cacciatore in capo al mondo o nei meandri dell’inferno, e portargli la sua testa su un piatto d’argento.

Tutto ciò che Hannibal può fare, ora, è soltanto sentire il battito del suo cuore sul palmo della mano.

“Dimmi come lo faresti” chiede Will, con il tono di un bambino che reclama la fiaba della buonanotte.

Ogni gesto di violenza corrisponde ad una carezza.

La trachea del Cacciatore che si espande e si restringe nella vacuità dello spazio. Una carezza.

Il viso che diventa viola quanto più Hannibal stringe la sua gola nelle mani. Una carezza.

Il naso diventerebbe molto più rosso di quello di un clown. Il Cacciatore condividerebbe sangue, cartilagini e ossa con il fiume, mentre il fiume non gli donerebbe alcuna parte di sé stesso. Hannibal saprebbe esattamente come fare per far sì che il Cacciatore affoghi senza che una sola goccia d’acqua fluisca nei suoi polmoni.

“Affogamento a secco” risponde Hannibal “è questo che voleva, ed è questo che gli darei.”

Hannibal ha compreso il vero significato della consolazione tenendo Will tra le braccia, ma la vendetta è tutto ciò che può sacrificare sul suo altare ed anche tutto ciò che conosce.

Ed è anche l’ultima cosa di cui Will ha bisogno.

“Ora che te l’ho raccontato, il Cacciatore non tornerà più?”

La voce di Will è sottile come quella del bambino pieno di terrore che era stato.

Non tornerà più la solitudine.

L’acqua fluirà ai tuoi piedi soltanto per cullarti nelle sue onde, o si dipanerà per mostrarti il sentiero.

Hannibal glielo promette, e non ammetterà nulla di meno.

Diventerò un Dio benevolo, per te.

hannibal, slash, hannigram

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