Young Soo mantenne la parola.
Nei mesi successivi si dedicò allo studio con tanto zelo che i servi cominciarono a sospettare che si nutrisse di libri e non di cibo.
Yao osservò la sua metamorfosi con un sorrisetto compiaciuto.
Il servo goffo diventò uno studente brillante, anche se il precettore si lamentava spesso del suo carattere troppo vivace e chiassoso per un uomo di cultura. E lo studente mutò in mago principiante, che saettava dal Figlio del Cielo per mostrargli i suoi progressi, scatenando un coro di proteste da tutti i servitori che rischiava di investire con la sua corsa folle per i corridoi.
Yao aveva dovuto sopportare lunghe riunioni e interminabili discussioni con i consiglieri perché accettassero la sua decisione di far diventare quel campagnolo un mago reale. E, nonostante fossero passati mesi dalla formalizzazione della sua scelta, alcuni consiglieri ancora borbottavano.
«Dovreste istituire una carica solo per lui. In questo modo, nessuno potrà più contestare alcunché» gli suggerì un giorno il più anziano.
Yao, a quell’epoca tredicenne, si era voltato verso di lui con un sopracciglio arcuato dalla sorpresa.
«Credevo che fosse poco etico, fare una cosa del genere. È come calpestare la volontà di tutto il consiglio.»
«Siete il sovrano, siete nato per far finta di ascoltare le opinioni altrui e poi procedere per la vostra strada. È il vostro lavoro» il vecchio gli aveva sorriso in un delinearsi di rughe ai lati degli occhi e della bocca. «Ma, per la giusta decisione, vale la pena calpestare l’opinione di qualche brontolone.»
Yao lo aveva fissato socchiudendo gli occhi e inclinando la testa, esattamente come la madre era solita fare.
«Mi stupisce che approviate Im Young Soo.»
«Oh, io non approvo che un servo possa scalare in questo modo la piramide sociale. Per questo, sono conservatore» lo smentì il vecchio. «Ma quel giovane sta dimostrando un talento non comune per la magia, e una dedizione che oserei definire famelica per lo studio. Penso che Chugoku trarrebbe giovamento dai suoi servigi, se guidati dalla vostra saggezza. E ammetto di trovare piacevole la distensione sul vostro volto, da quando avete quel piccolo straniero intorno.»
Il Figlio del Cielo sorrise, scendendo dal trono tramite la scaletta d’oro. Non vedeva l’ora di crescere abbastanza da rimuovere quell’aggeggio avvilente.
«Eri il consigliere cui mia madre era più affezionata» rifletté Yao, passandogli vicino.
«E lei era la sovrana cui ero più devoto» contraccambiò l’uomo.
La calma della sala fu sgretolata dall’entrata del tifone di Kankoku; Young Soo irruppe all’interno e si fiondò contro Yao.
«Fratellone! Guarda cosa ho imparato a fare!» esultò, prima di battere le mani per richiamare un minuscolo drago di fuoco sul palmo. La bestiola compì qualche spirale nell’aria, prima di sparire in una piccola nuvola di fumo contro le dita ricurve del piccolo.
«“Fratellone”?» disapprovò il consigliere.
Solo in quel momento Young Soo registrò la presenza di un’altra persona nella stanza. Si voltò di scatto, raddrizzò la schiena e recitò come un automa:
«Consigliere, giungo qui per mostrare al Figlio del Cielo i miei progressi negli studi…»
«Non serve recuperare adesso» lo smontò severamente l’uomo. «Cerca di tenere a mente il galateo, e non solo le formule magiche.»
Young Soo si girò verso Yao con espressione colpevole, non appena rimasero soli nella sala.
«L’ho fatto arrabbiare?»
«No. Ma dovresti davvero prestare più attenzione al luogo e al momento.»
Il piccolo infossò la testa tra le spalle, depresso.
«Allora non posso più chiamarti “fratellone” e darti del tu?»
«Puoi farlo, ma solo quando siamo da soli.»
«Quando ci sono altri servi?»
«No.»
«Quando ci sono i consiglieri?»
«Assolutamente no.»
«E davanti a un kappa?»
«Per quale motivo dovremmo mai trovarci davanti a un kappa?»
«Se dovesse farci visita.»
«I kappa vivono solo negli stagni, per ricaricare di acqua la pozza che hanno sulla fronte.»
«Ma se ci fosse un kappa?»
«Forse.»
Young Soo emise un gridolino felice, e saltellò di fronte al sovrano.
«Fratellone, quanti anni hai, esattamente?»
Yao chiuse gli occhi, rassegnato. L’ingenuità di quel bambino non conosceva confini: non sapeva neppure che il Figlio del Cielo era venuto alla luce tredici anni prima.
«Tredici» rispose infatti.
«Sei più grande di me di due anni» meditò ad alta voce Young Soo. «Però hai gli occhi degli adulti.»
«Gli occhi degli adulti?» gli fece eco Yao.
«Sì. Gli occhi annoiati, come se avessero già visto tutto… e come se quel tutto non gli fosse piaciuto.»
Il nucleo di fuoco pulsò nel suo petto. Era colpa sua se aveva già sperimentato tutte le brutture del mondo, a soli tredici anni: aveva visto il tradimento, l’invidia e l’ipocrisia. Aveva visto battaglie, sangue e guerre, colpi di stato e rivoluzioni. L’infanzia non era solo una questione di anni: era una condizione mentale, e la sua era stata spazzata via dalla memoria generazionale. Invidiava quasi i bambini i cui massimi problemi erano mangiare le verdure troppo amare e finire i compiti per la scuola pubblica.
«Ti fa male il cuore, fratellone?»
Young Soo dovette ripetere la domanda prima che Yao potesse evadere la risposta.
«Un po’. Nulla di grave.»
Il mago non si lasciò scoraggiare da quel bubbolio; si piazzò davanti al coetaneo e mosse le dita come per accarezzargli il petto, salmodiando:
«Non fa male, non fa male… non fa più male!» e batté le mani per concludere l’incanto.
«Ti hanno insegnato anche questo, a lezione di magia?» domandò pacato Yao.
«No» Young Soo sfregò il naso con un dito, confessando: «Me lo faceva mia sorella minore, quando mi facevo male. Non sapeva come fare per curarmi, così “mandava via il male”, diceva lei» scostò appena la frangia per sbatacchiare le ciglia, mentre chiedeva: «Ha funzionato?»
«Temo che la tua formula debba essere revisionata» il Figlio del Cielo cominciò con una lamentela, ma terminò con un complimento: «Ma apprezzo lo sforzo.»
Yao tossì con eleganza prima di noare:
«I miei occhi sono antichi, ma per quanto riguarda i tuoi… sarebbe bello vederli, ogni tanto.»
«A che scopo? Non hanno nulla di particolare.»
«Come puoi dirlo, se li tieni sempre sotto la frangia?»
«Lo so…?»
Incurante della recalcitranza dell’amico, Yao scostò i capelli dal viso di Young Soo pettinandoglieli all’indietro con una mano. Le ciglia erano corte e scurissime, spalancate su un paio di iridi che avevano il colore del legno a dicembre, quando l’umidità lo rende più spesso e scuro.
«Hai dei begli occhi. Dovresti scoprirli.»
«Ma io…»
«Scoprili. È un ordine.»
E Yao aggiunse un secondo comando: si sarebbe dovuto recare in camera sua la mattina seguente, affinché il regnante potesse assicurarsi che il nuovo taglio fosse di suo gusto. Quando Young Soo gli chiese a quale taglio di riferisse, il Figlio del Cielo rispose con sicurezza: «Quello che andrai a fare questa sera stessa per non contrariare il tuo sovrano.»
Gli appartenenti alla razza reale si distinguevano soprattutto per quella particolare abilità di imporre con estrema naturalezza il proprio volere agli altri, dando l’obbedienza per scontata.
Young Soo si presentò puntuale all’appuntamento con l’amico, tastandosi continuamente la fronte scoperta. Il barbiere di corte gli aveva pettinato i capelli ai lati del viso senza alcuna pietà, dopo averli accorciati abbastanza da assicurargli una fronte nuda per almeno due mesi.
Yao lo fece entrare, e si congratulò per il risultato. Young Soo avrebbe voluto che il palazzo si sollevasse e lo schiacciasse con la sua mole: non aveva una grande opinione del suo viso, specie se paragonato a quello del regnante, che aveva ereditato la fine bellezza della madre.
«Ho fatto preparare una cosa per te» lo informò aristocratico Yao, indicandogli un manichino piazzato in mezzo alla stanza.
Young Soo lo circumnavigò lentamente, gli occhi fissi sul vestito in esposizione. Non ricordava di aver mai visto un abito simile a corte: un paio di calzini bianchi contenevano la parte terminale dei pantaloni candidi, su cui ricadeva una lunga tunica color neve. Lo scollo ricalcava la moda di Chugoku, incrociato sul petto, così come le maniche, lievemente più lunghe di quanto fosse necessario. Un bizzarro gilet blu, fermato sul petto da una spilla carminio, completava il tutto.
«È un abito piuttosto strano» commentò alla fine. «Però è bello.»
«Sono lieto che ti piaccia. Perché, d’ora in poi, sarà la tua divisa ufficiale» Yao aggiunse, per essere ulteriormente chiaro: «Il Portavoce del Sole deve avere un’uniforme distintiva.»
«Non ho mai sentito nominare questa carica» notò serafico Young Soo.
Non c’era limite alla semplicità di quel ragazzo. Non sapeva se invidiare o maledire tanta ingenuità.
«Tu sarai il Portavoce del Sole. È una carica nuova, che ho creato io, e designa il mago di corte» preferì essere elementare, nella successiva spiegazione. «I consiglieri non approvano la nostra differenza di status, non approvano l’opportunità che ti ho dato. Ma, se accetti questa carica, non potranno più ribattere nulla. E tu sarai libero di continuare a studiare.»
Young Soo non si voltò; le mani rimasero sospese di fianco al vestito, come se anelasse di toccarlo ma temessero di sporcarlo. Non aveva perso il suo terrore per la speranza.
«Stai andando contro il volere dei consiglieri per me?»
«Solo alcuni di loro.»
«Perché?»
«Ritengo che sia la cosa giusta da fare. In pochi mesi hai fatto progressi che normalmente richiedono anni. Sarebbe sciocco non concederti l’occasione di servire il Sistema Asean solo perché sei nato da una famiglia di contadini.»
«Non ti creerà dei problemi, aver scelto me?»
«Mi creerebbe più problemi non avere un mago capace al mio fianco.»
Young Soo rimase in silenzio, e Yao lo incalzò gentilmente:
«Accetterai?»
Vide le mani deformi del giovane stringersi fino a tremare, e sentì la voce strisciare a fatica attraverso una gola otturata di lacrime.
«Fratellone, devi smettere di decidere le cose alle mie spalle. E, soprattutto…» un singhiozzo lo fece interrompere, e la manica corse a sfregarsi contro gli occhi come un anno prima. «Devi smettere di farmi piangere perché decidi troppo bene.»
Come un anno prima, Yao lo raggiunse per abbracciarlo.
«E se non fossi capace?» pianse Young Soo, premendo inutilmente gli occhi con le mani.
«Hai dimostrato di avere una volontà di ferro, e delle ottime capacità magiche. Saprai fare il tuo dovere.»
«E se ti dovessi deludere?»
«Mi deluderesti solo se mi abbandonassi.»
Le dita contorte si appoggiarono su quelle affusolate di Yao. Un anno prima, non era degno di toccare un reale: adesso era il Portavoce del Sole.
«Non abbandonerò mai il fratellone» giurò. «E troverò un modo per ripagare la tua gentilezza, un giorno.»
«Sarà sufficiente che tu protegga il nostro Sistema» minimizzò Yao, lasciandolo andare.
Young Soo sfiorò la stoffa bianca delle maniche. Erano più lunghe del normale, e adesso aveva capito il motivo: avrebbe potuto nascondere le sue mani sotto quel tessuto, così non avrebbe più dovuto vergognarsi della sua deformità.
Portò la stoffa al viso, annusandola per rapire il sentore di bucato.
Era uno dei più giovani, tra i suoi fratelli, e l’unico che contava davvero all’interno della famiglia era il figlio primogenito; non aveva mai sperato di ricoprire un ruolo importante all’interno del nucleo domestico. Poi era stato spedito tra i servi, dove i sogni erano banditi. Nella sua breve vita, era stato rassegnato fin dalla nascita a vivere nella mediocrità.
Aveva ottenuto la benedizione del Figlio del Cielo, aveva ricevuto un’istruzione più che adeguata e stava per diventare una figura portante della nobiltà di Chugoku.
Yao non aveva idea di quanto profondamente lo avesse salvato: la miseria materiale era un cancro che si diffondeva anche nell’anima, lasciando lo spirito spoglio e affamato. Sarebbe diventato uno dei tanti servitori con gli occhi spenti. Il Figlio del Cielo lo aveva sottratto a quel destino e stava stendendo una strada lastricata d’oro davanti a lui.
Aveva quasi paura di quella fortuna insperata: temeva che qualcuno potesse strappargliela via da un momento all’altro. Soprattutto, temeva che potessero strappargli Yao.
«Diventerò forte» promise al vestito che lo fissava. «Così forte che il fratellone non avrà nulla da temere» accarezzò il gilet blu, e avvalorò: «Prima di Chugoku, servirò il fratellone. Finché non avrò ripagato il mio debito.»
Si voltò, e sorrise alla stanza vuota: Yao si era dovuto recare alla consueta riunione mattutina.
«E anche dopo, quando non ci saranno più debiti a legarmi. Perché ho giurato di non abbandonare mai il fratellone. E non era un giuramento sprecato.»
Portò quel vestito in camera sua e lo ammirò come un trofeo per tutto il giorno prima di decidersi a indossarlo.
Fu rivestito della carica di Portavoce del Sole tre mesi dopo.
Fu in quel periodo che conobbero Kiku.
P.S. Per la metafora sui pesci che affogano per la troppa bellezza della sovrana… è una metafora realmente esistente, utilizzata per descrivere la bellezza di Da Chao, una delle donne più belle di tutta la Cina dei Tre Regni.
P.P.S. Per chi fosse interessato: “Chugoku” è “Cina” in giapponese, e “Kankoku” è “Corea”, sempre in giapponese. Visto che conosco poco di cinese e niente di coreano, ho preferito usare una lingua in cui sono cosciente di quello che scrivo, per evitare di buttar giù delle fesserie XD
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Capitolo Uno: Uno Scettro in mezzo al Cielo Capitolo Due: Sangue sull’Argento Capitolo Tre: L’Auspicio Capitolo Quattro: Il Custode dei Cancelli Capitolo Cinque: Cuore d’Inverno Capitolo Sei: Prigione Caina Capitolo Sette: Hellsing Capitolo Otto: Belial Capitolo Nove: Il Confine del Mondo Capitolo Dieci: Hispaňa Capitolo Undici: L'Accordatore Capitolo Dodici: Il Mago dell’Ovest Capitolo Tredici: Gunsmith Capitolo Quattordici: Le Mani del Diavolo Successivo:
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