Titolo: The tale of Sherlock Grubb and John Loamsdown
Autore: Castiel Who
Genere: Fantasy, Romantico
Personaggi: Sherlock Holmes Grubb, John Watson Loamsdown, Mycroft Holmes Grubb, Gregory Lestrade Bunce, Mrs. Martha Hudson Sandybanks, Frodo Baggins, Samwise Gamgee, Meriadoc Brandybuck, Peregrin Took, Saruman, Original Character
Pairing: Sherlock/John, Sam/Frodo
Rating: NC17
Parte: 1/?
Avvertimenti: Slash, Crossover, Alternate Universe, Hobbit!lock
Disclaimer: Sherlock è di Moffat e prima ancora di Arthur Conan Doyle, Il Signore degli Anelli è di Tolkien, io non ci guadagno niente e via dicendo
Summary: Corre il 22 Settembre 1419 del Calendario della Contea. La patria degli hobbit viene invasa dai banditi guidati dalla mano dello stregone ormai non più bianco. Nel bel mezzo della tragedia, a sfatare il mistero di chi si nasconde dietro a tale malefatta saranno due piccoli mezzuomini provenienti da due diverse realtà sociali: Sherlock Scavari, un agiato gentilhobbit di Piccoloscavo e John Sottoargilla, umile confiniere di Fondangolo. Non potrebbero essere fisicamente e psicologicamente più distanti l'uno dall'altro; solo la guerra riuscirà ad unirli in un tutt'uno, sancendo il loro destino.
22 Settembre C.C. 1419
La tenue luce della lanterna illuminava la strada a intervalli regolari. La tremante fiammella aveva più volte minacciato di esaurirsi in un rivolo di fumo luttuoso. Dovrò far visita al mastro vetraio al più presto. Decise John Sottoargilla con un sospiro rassegnato. Uno dei quattro piccoli pannelli in vetro che proteggevano la lanterna si era rotto da diverse notti ormai, e il vento che riusciva a penetrare dalla fessura dove la protezione andava a mancare intimava di estinguere il singolo lume del quale il piccolo confiniere disponeva per orientarsi nel buio. Nelle notti agitate come quella, il bisogno di aver già preso l’iniziativa di far visita alla prima bottega adeguata che avesse trovato era più impellente di quanto normalmente si aspettasse.
«Un’altra notte noiosa all’estremo confine del Decumano Ovest. » Rilevò Sarco Boffin, improvvisamente sbucato alle spalle di John come un fungo.
«Mi auguro con tutto il cuore che così rimanga, vecchio mio. »
«Questo è un discorso da guardacontea, sai. » Osservò Sarco prima di tirare fuori dalla tasca interna del suo pastrano una pipa, un piccolo sacchetto dall’aria consunta e un fiammifero.
John alzò la testa, incuriosito. «E perché mai? » Domandò.
«Non saprei come spiegarlo con esattezza. Di solito, quando un giovane hobbit decide di intraprendere questo mestiere, è come se in realtà cercasse l’avventura. Prima o poi cresce e scopre che la mancanza di problemi è una vera e propria benedizione. Tuttavia, quello spirito che in gioventù lo aveva portato sulla nostra strada, rimarrà per sempre radicato nel suo animo. » Spiegò Sarco, accennando un sorriso soddisfatto quando la fiamma riuscì ad accendere le foglie brune all’interno della pipa. «Tu sei ancora giovane. » Aggiunse poi.
«Ho 50 anni. » Gli ricordò John con orgoglio. Per provarlo, mantenne una postura eretta e decisa.
L’altro hobbit scacciò quella precisazione con un gesto della mano. «Hai raggiunto la maggiore età da quanto? 18 estati? Sei ancora fresco come una rosa, ragazzo mio. Non cercare di accelerare il tempo, quando avrai la mia età potresti rimpiangere il tempo in cui imbracciavi l’arco al primo fischio di vento un poco diverso dagli altri. I giovani della tua età tendono a rivelarsi ansiosi, tesi come la corda dell’arma che portano dietro la schiena, e non vedono l’ora di sfoderare l’acciaio e dare prova del loro coraggio. »
John lo ascoltò in silenzio. Non metteva in dubbio le parole dello hobbit più vecchio, ma se questi pensava che, da laborioso confiniere qual era, John non si sarebbe aspettato niente di più dalla vita, allora si sbagliava di grosso. Certo non desiderava diventare sindaco: quella carica era veramente troppo per lui e sin da bambino gli era stato insegnato a non desiderare abiti più grossi della sua taglia, poiché lo avrebbero fatto apparire ridicolo. No, tutto ciò che desiderava era qualcosa di più dell’essere un semplice confiniere.
Intorno ai due hobbit la natura manteneva il suo stato di quiete assoluta. L’unica interferenza era il fischio debole e persistente di un vento che soffiava da Ovest, là dove le carte geografiche indicavano la grande massa blu che aveva smosso la curiosità di John sin da bambino. «Quello è il cielo? » Domandò a suo padre con voce infantile il giorno in cui viaggiarono fino a Brea insieme. La grande mappa di carta spessa e ingiallita era distesa sull’alto bancone di un cartografo umano. «No, piccolo, il cielo sta lassù, » gli rispose l’uomo con un sorriso cordiale e indicando in alto con un dito. «Quello è Belegaer, il Grande Mare: la più grande distesa d’acqua mai esistita. » Concluse, facendo scorrere l’indice sul vasto spazio che non apparteneva ad alcun reame o dominio delle razze terrestri. Il desiderio di John di vedere il mare nacque quel giorno.
A distogliere il biondo dai suoi ricordi fu un suono distante, che i suoi fini timpani percepirono vagamente. «Lo hai sentito? » Chiese a fil di voce, come se, parlando con un tono di poco più alto, avesse potuto interferire con l’attendibilità del proprio udito
«Sentito cosa, ragazzo? »
«John si voltò da ogni parte, agitando la lanterna davanti ai propri occhi. Il metallo poco oliato cigolò come una vecchia finestra lasciata aperta al vento. «Un rumore molto strano. Non può trattarsi di un semplice animale. » Tentò di spiegare. Aguzzò la vista, seguendo la forma del sentiero fino a dove il suo occhio glielo concesse. Non scorse niente se non quieti piante e sassolini disseminati sulla via. «Non posso essermelo immaginato. »
Inaspettatamente, lo hobbit più anziano proruppe in un’esplosione di risa incontrollate. «Ci sono quasi cascato, John! Notevole, il tuo scherzo. Davvero, sei sembrato così convinto di quel che dicevi da trarmi in inganno! » Esclamò, dandogli una ben decisa pacca sulla spalla.
«Non sto scherzando, mastro Boffin! » Sbottò indignato il confiniere. «Non è come pensi. Io non voglio guai. »
Sarco, sebbene ne fosse poco convinto, occhieggiò la vegetazione che si stagliava in direzione della palude. La luce della lanterna rifletté sul Rivo Lucente in lunghe stringhe gialle e parallele fra loro, brillanti come le gemme più preziose di un mastro nano. Oltre il fiume, erano visibili solo un gruppo sparuto di lucciole che contribuivano a rivelare i particolari della flora che prosperava nelle acque stagnanti d’Oltrerivo. Se vi era un pericolo imminente, rifletté, non sarebbe stato logico che provenisse dalla palude, anziché dalla strada. Spostata che fu l’attenzione sul sentiero che conduceva a Valsalice, non poté fare a meno di mettersi in guardia.
Allarmato dalla reazione dell’amico, John impugnò l’arco che portava alla schiena e aguzzò la vista, desiderare di poter vedere al buio come il gatto del signor Piedimelma, sempre in giro a curiosare nei campi e nei granai, alla ricerca di qualche topo o passero. A breve, in lontananza riuscì a distinguere delle possenti fiamme che si muovevano nella notte. «Sarco, che cosa sta succedendo? » Domandò intimorito, ma pur sempre inflessibile.
«Non lo so, ragazzo. Di qualsiasi cosa si tratti, però, si sta muovendo rapidamente. O stanno, non confido affatto che si tratti di un’unica entità. » Mormorò il vecchio Boffin, portando una mano alla propria daga, da anni assicurata saldamente al fianco. In quella fronte aggrottata, John vi poté leggere la tensione che andava accumulandosi fino a un presunto punto di rottura.
I due hobbit restarono fermi immobili per un tempo scandito soltanto dall’intermittenza delle luci provenienti dagli esili corpicini delle lucciole. John si abbassò sulle proprie gambe, in modo da fare della propria statura naturale un possibile punto di forza, nel caso la minaccia incombente non fosse anch’essa di provenienza della Contea. Mantenere una postura ferma e salda lo rassicurò e gli diede il coraggio necessario per non fuggire. Nel futuro, se ce ne fosse stato uno e, in tal caso, qualunque si sarebbe prospettato di essere, quella rigidità si sarebbe rivelata un’utile arma di difesa.
«John, voglio che tu spenga immediatamente la tua lanterna e ti diriga a Fondandolo ad avvertire gli altri. I miei occhi non sono più quelli di una volta, ma non mi serve molto altro per intuire di che cosa si tratti. » Si voltò a guardare gravemente lo hobbit più giovane. «Se come penso sono banditi, un gruppo si starà già dirigendo a Valsalice. »
«Ma noi non possiamo scappare, dovremmo... » Tentò di ribattere John Sottoargilla con gran sgomento.
«Difendere la Contea? Certo che dovremmo difendere la Contea, ma non potremo mai farlo, se moriamo stanotte. »
John annuì. I banditi, se di questi si trattava, erano troppi per essere fronteggiati da due singoli mezzuomini. Troppe luci in avvicinamento contrastavano le loro due piccole lanternine. «E tu che farai? » Domandò preoccupato.
«Io sono vecchio, non posso fuggire alla tua stessa velocità. Resterò qui, magari nascosto dietro a un albero, dove nessuno mi noterà. Ti raggiungerò in mattinata, te lo prometto. »
John guardò negli occhi dell’amico e vi trovò una quantità sconcertante di stanchezza, ma anche grande conforto. Sì, poteva farcela. Doveva essere coraggioso. «Ci conto, mastro Boffin. »
Sarco sorrise gentilmente. «Lo so, John. Hai sempre avuto questa sconfinata fiducia nelle persone. » Disse con affetto. «E ora corri come il vento. Non voltarti mai finché non arrivi a destinazione. »
Ubbidiente, John corse.