Titolo: From the soul and the grace
Autore: Castiel Who
Genere: Romantico, Soprannaturale
Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Bobby Singer, Balthazar, Gabriel, Crowley, Raphael, Lucifer e un nuovo simpatico personaggio
Pairing: Dean/Castiel, Sam/Gabriel, Sam/Lucifer
Rating: NC17
Avvertimenti: Slash
Parte: 3/?
Summary: Prima di prendere in considerazione di toccarlo, il cacciatore lo osservò con un’aria assorta degna di un ebete, facendo ridere di gusto il moccioso; le piccole e allo stesso tempo carnose labbra si tesero mostrando le gengive rosee e del tutto prive di denti, le guanciotte acquistarono il colore e la forma di una pesca matura. Era ridicolo. Proprio come tutti i mocciosi. Che poi, cosa aveva da ridere? Dean avrebbe preferito piangere, al suo posto
Disclaimer: Purtroppo, non mi appartiene niente.
Era cosa comune che non potendo avere un paradiso proprio, gli angeli si prendessero la libertà di insinuarsi negli immaginari altrui. Nessun dubbio sul motivo per il quale Raphael si trovasse nella perfetta copia della Reggia di Versailles. Neppure un dettaglio era stato tralasciato: la mobilia della migliore e più raffinata manifattura francese, le rifiniture in foglia d’oro che incorniciavano i maestosi affreschi raffiguranti creature e personalità bibliche in tutta la loro gloria, gli arazzi di seta e lana intessuti finemente e i quadri dai colori lucenti che tappezzavano le pareti delle innumerevoli stanze. Uno sfarzo talmente frivolo che, se fosse stato possibile, gli avrebbe fatto venire la nausea.
Dall’alto del soffitto, gli angioletti raffigurati come bambini paffuti dalle candide ali bianche paravano volare alcuni in traiettorie circolari e altri in maniera casuale nel cielo sereno libero dalle nubi, dipinto indissolubilmente nell’intonaco. Nel loro volteggiare spensierati, Castiel sentiva su di sé il loro sguardo irrisorio penetrarlo nel profondo della sua essenza e trarne spunto per ridere di lui. Si volse verso uno specchio per poter concentrare il pensiero altrove, sulla sua stessa figura familiare, ma, non appena alzò gli occhi, incontrò ancora una volta le figure di due piccoli angeli dorati che si incontravano al centro della cornice e guardavano chiunque osasse avvicinarsi a specchiarsi. Rassegnato, si allontanò il più possibile da quelli che, ai suoi occhi, erano paragonabili al demonio.
Era un luogo imponente, tanto da essere stato il centro del potere francese al tempo della monarchia assoluta; inappropriato per chi, come lui, preferisse vivere la propria vita con umiltà. Dovendo scegliere una dimora per sé, l’angelo avrebbe certamente optato per qualcosa di piccolo e dall’arredamento spartano, con uno scopo quasi unicamente funzionale.
Mantenendo la testa alta come in qualsiasi altra occasione, Castiel superò la grande galleria famosa per i suoi numerosi specchi alti dal pavimento fino al soffitto, dove ciascuno di loro terminava con un arco a volta riccamente decorato con motivi in rilievo in bianco e oro. Sotto i suoi piedi, il tappeto era estremamente morbido, ai suoi occhi, i lampadari provvisti di 3000 candele e tempestati di cristalli lucenti riflettevano la luce che passava dalle finestre delimitate dagli ampi tendaggi di stoffa pregiata. Se avesse voluto avvicinarvisi, non avrebbe incontrato alcuna traccia di polvere o imperfezione, tutt’altro, avrebbe potuto ammirarvi il riflesso delle sue iridi così intensamente blu da ricordare l’oceano aperto. Sentì lo stomaco del suo tramite contrarsi minacciosamente come se il corpo lo obbligasse al disagio davanti alla potenza che quel posto suggeriva a proposito di chi ne era il proprietario. Ricacciò indietro quella sensazione aliena e indesiderata badando a non palesare nemmeno un battito di ciglia.
Quando arrivò al cospetto dell’arcangelo, ogni disagio aveva avuto il tempo di far capolino nella sua mente e sparire poco dopo, sostituito dalla rabbia. Raphael non si prese il disturbo di accoglierlo, ma rimase seduto su un’ampia poltrona in legno dorato la cui stoffa, pregiata e lucida, andava a formare bordi ricamati e pendagli di fili finemente intrecciati fra loro. «Castiel, » lo nominò, altezzoso. «Mi stavo giusto chiedendo quando ti saresti deciso di rispondere al mio richiamo. »
«Sono giunto il prima possibile. » Rispose lui, trovando la volontà di non ribattere a tono.
«Non è così, e lo sappiamo entrambi. » La spavalderia di Raphael era capace di irritarlo a dismisura. Lo stava provocando; aveva costruito intorno a sé un teatro che serviva solo a provocare l’allargamento della breccia che si era andata formando nella sua grazia da ormai troppo tempo.
«Non ho niente da riferirti, Raphael. »
«Questo lo decido io. » Ribatté acido l’arcangelo. «Sono superiore a te in tutto e per tutto, vedi di non dimenticartelo. »
«Vieni al punto. » Tagliò corto Cass.
Raphael serrò la mascella. La pelle olivastra delle nocche si schiarì visibilmente, talmente tanto stavano stringendo i braccioli foderati della poltrona. «La tua insolenza mi sta venendo a noia. Meriteresti di essere fatto a pezzi con una spada intinta di olio sacro in fiamme, ma, a quanto pare, nonostante la tua sia un’inutile e irritante esistenza, hai fatto qualcosa di utile. »
Davanti all’ennesima provocazione, Castiel rimase impassibile come se questa fosse stata un complimento. Assaporò il modo in cui la sua apparente apatia alimentava la fornace della crescente rabbia dell’arcangelo come benzina. Non aveva intenzione di proferir parola, a quello ci avrebbe pensato lui, così che se si fosse ulteriormente irritato sarebbe stato solo a causa
«Non so come possa essere successo, ma non è questo ciò che mi importa; per qual che mi riguarda, puoi copulare con tutti gli umani che vuoi. » Attese un momento significativo, ma tutto quello che riuscì ad ottenere fu il silenzio. «Allora? » Lo esortò impaziente.
«Come ho già detto, non ho niente da comunicare. » Rispose lapidario Cass, la fronte vagamente aggrottata e le spalle rigide e dritte per non dare alcun segno di cedimento.
Raphael si alzò in piedi torreggiando sulla figura più minuta di Castiel. Il tempo per il contegno e la pazienza erano finiti; aveva concesso anche troppo del suo tempo a quella che considerava una causa persa. Una nullità come quello stupido angelo ribelle non meritava altro di essere eliminata per sempre, e l’attuale responsabile del paradiso lo avrebbe fatto all’istante, se solo questi non nascondesse qualcosa che poteva rappresentare un’enorme fonte di pericolo e danni alla sua persona. «Adesso basta. Mi hai preso per uno stupido, forse? So riconoscere la nascita di una grazia quando la sento e, questa per di più, è unita a un’anima umana. »
Castiel non si scompose, ma mantenne la posizione, senza battere ciglio. «Credi di possedere un sacco di informazioni quando in realtà non sai niente. Fatti da parte, Raphael, ciò che faccio non ti riguarda in alcun modo. » Lo ammonì con una durezza nella voce che ricordò fin troppo bene la rigidezza che mostrava nei giorni in cui non era niente più di una marionetta di qualche altro superiore, che muoveva i suoi fili facendogli credere che fosse il volere inconfutabile di Dio.
«Voglio quel potere. Lo esigo al più presto e non permetterò che sia in mano a una feccia che osa giacere con gli umani. » Sibilò lentamente Raphael, sottolineando parola per parola il disprezzo che provava per l’altro angelo. Era così vicino al volto di Castiel che se si fosse avvicinato ulteriormente avrebbe potuto toccargli il naso. Il sua non era semplice disapprovazione per la condotta di un suo inferiore perché, in effetti, non era mai stato in grado di interessarsi a qualcuno. Non gli importava niente di quell’abominio che osava infangare il nome degli angeli per il solo motivo che lui non lo considerava tale; non poteva essere più importante della polvere che calpestava.
«Come puoi vedere con i tuoi occhi, io non ne sono provvisto, quindi la nostra conversazione finisce qui. Torna ad arredare la tua bella reggia incantata, Raphael. » Castiel non fece in tempo a completare la frase che si ritrovò a sbattere contro una parete, con Raphael che gravava su di lui bloccandogli i polsi sopra la testa.
Si divincolò nel tentativo di sfuggire alla presa ferrea con insuccesso, quindi dette una ginocchiata nell’inguine dell’altro, che lo lasciò andare con rabbia cocente. Libero da qualsiasi costrizione, Cass colse l’occasione per prendere le distanze e pianificare mentalmente le mosse successive. Raphael si muoveva di impeto, le sue non erano mosse attentamente studiate come quelle dell’altro angelo, ma, nonostante questo, aveva l’immenso potere di arcangelo dalla sua parte. Nell’apprendere ciò, gli occhi blu dell’angelo ribelle si adombrarono. La spada angelica fu presto nel suo pugno, pronta per trafiggere un angelo in men che non si dica.
Alla vista di quel bagliore argentato, Raphael sogghignò sprezzante. «Stupido. Credi veramente di poterti battere con me e uscirne vivo? » Nel schernirlo, si curò di sfoderare la propria arma. Era più lunga di quella di un comune angelo, e la luce che passava dalle ampie vetrate dell’edificio rifletteva su tutta la sua lunghezza rivelando una superficie perfetta su tutte le facciate.
Castiel lo fissò con odio montante, flesse le gambe e scattò verso l’avversario come una molla, la spada, alzata minacciosamente sopra la spalla, che gravava minacciosa come un artiglio. Parò una stoccata in arrivo con un gesto fluido da danzatore, poi tentò un affondo mirato a sfondare la difesa di Raphael, ma questi lo intercettò con la propria lama, estratta al volo. La maggiore forza esercitata dalle braccia dell’arcangelo lo sbilanciarono quasi tanto da farlo cadere a terra. Rapido, Castiel sgusciò via con la fluidità di un serpente e azzardò un colpo di dritto tondo che riuscì appena a causare un taglio superficiale sotto le vesti eleganti. Raphael parò abilmente senza badare alla ferita nemmeno per un secondo. Si abbassò e, con un calcio ben sferrato, riuscì ad atterrare Castiel, che cadde malamente sulla schiena e rotolò da parte per schivare l’affondo decisivo.
Sgomento, l’angelo si rese conto di non essere più in grado di rialzarsi, le ossa di una gamba erano state frantumate e il suo involucro di carne non era più in grado di sostenere il peso del corpo. Brandì disperatamente la spada davanti a sé, cercando di trovare stabilità almeno sulla gamba rimasta intatta. Si girò ancora, questa volta finendo con la faccia rivolta al suolo; allora, facendo forza sulle braccia, si trascinò sul pavimento tirato a lucido per raggiungere un tavolinetto secco e alto con sopra un vaso pieno di fiori nel pieno della loro maturazione. Se le circostanze fossero state differenti, gli sarebbe dispiaciuto afferrare una gamba dorata del tavolo e scaraventarlo con forza contro l’avversario, mandando quella fine composizione a rovinarsi tra i frammenti di ceramica francese sul pavimento.
Impossibilitato di vedere la reazione suscitata alle sue spalle, intuì la portata dell’ira di Raphael soltanto dall’arrivo di due tirapiedi in giacca e cravatta rigorosamente nere che si stavano dirigendo verso di lui a passo veloce. Ormai in preda all’avvilimento, tentò di usare i propri poteri per guarirsi, ma le ferite provocate dai ripetuti calci al ventre e pugni sul volto che gli furono riservati in quel momento dall’arcangelo non potevano essere sanate tanto facilmente. Lo indebolirono come se fossero state inflitte da una spada angelica. Se i due nuovi arrivati si fossero uniti al loro capo, l’ombra delle sue ali nere avrebbe presto macchiato il pavimento del salone come una coltre di nubi estiva.
«No. Lui è mio. » Tuonò Raphael rivolto ai suoi sottoposti come se avesse avvertito i timori di Castiel e se ne volesse far beffe fino in fondo.
Cass comprese di essere stato sconfitto ancora prima di sentire le proprie ossa incrinarsi e l’aumento di un dolore lancinante che afflisse tutto ciò che componeva l’organismo del suo tramite, lasciandolo inerme come un vecchio bambolotto di pezza. Fuggire sarebbe stato un atto da codardo, capace di andare a minare sull’orgoglio smisurato del quale era provvisto. Nonostante ciò, Castiel preferì la prospettiva di poter vivere con il risentimento, piuttosto che morire per mano di un tiranno di tale sorta quale era Raphael. Con un ultimo sforzo sovraumano - e anche sovrangelico - l’angelo con il lungo trench coat macchiato di sangue scomparve.
***
Il suo nascondiglio fra due mobili di una stanza alquanto grottesca era umido. Insieme al fiato corto per la corsa, quel caldo opprimente che poteva sentire attanagliargli la cassa toracica lo faceva sudare da capo a piedi. Sam tentò arrangiare una migliore aerazione sventolandosi una mano davanti al volto. Si sentiva soffocare: la maglietta sporca e lacera aderiva al suo corpo come una seconda pelle e i folti capelli castani si erano incollati fra loro sulla fronte e sulla nuca fino a sembrare una massa unica. La struttura in cui si trovava era labirintica, se c’era una qualche via di uscita lui non era ancora stato in grado di scovarla.
Sebbene inutilizzabili, nella quasi totalità delle stanze le finestre non mancavano. Quando Sam vi si avvicinò per la prima volta, poté notare che, nascoste nel completo buio che si intravedeva oltre loro, vi erano delle spesse e pesanti sbarre in ghisa attraverso le quali poteva passare al massimo un braccio. Accostare il volto al vetro fino a farlo appannare non era servito a niente, tutto ciò che quelle finestre offrivano era un panorama oscuro, di un infinito nero monocromatico. È come essere nel bel mezzo di buco nero, il mondo inizia e finisce con questa gabbia. Se riuscissi a passare dall’altra parte probabilmente mi ritroverei nel nulla, non sarei più in grado di distinguere il sopra dal sotto o la destra dalla sinistra, andrei a finire dove nemmeno un filo di luce può arrivare. Si ritrovò a riflettere con sgomento crescente il più giovane dei Winchester.
Tutte le porte che apriva lo conducevano in una nuova stanza mai vista, dove non mancavano mai di esserci le sue componenti inquietanti come ganci insanguinati appesi al soffitto sui cui uncini erano ancora visibilmente presenti brandelli di carne in putrefazione. L’unica costante erano i richiami continui del diavolo, sempre troppo vicini ai suoi timpani. «Vieni fuori Saam. Ho solo intenzione di giocare un po’ con te, non vedo tutto questo dramma. Suvvia Sammy, vieni dallo zio Lucy. Non avrai intenzione di farti cercare per sempre. »
Accadeva qualcosa di peggiore ogni volta che lo trovava. Quando era fortunato, veniva trascinato di forza a uno di quei ganci e costretto a macchiarsi di quel sangue ancora impossibilmente caldo, poi la sua testa veniva spinta fino a che le labbra, serrate come se cucite insieme, non toccassero le carni disgustose e piene di vermi che sarebbero potute appartenere a chiunque. L’odore di morte riusciva sempre a penetrare nelle sue narici causandogli degli incontrollati conati di vomito e subito dopo Sam si trovava a terra, con il volto rivolto al suolo. Nel caso in cui la sfortuna più nera girasse dalla sua parte, invece, erano le sue, le parti del corpo a essere dilaniate da quegli strumenti acuminati o da qualsiasi altra metodologia di tortura barbara e medievale che passasse per la mente perversa del diavolo.
Il tutto si ripeteva come una giostra infinita. Sam trovava il modo per scappare e Lucifer lo rincorreva, desideroso di provare su di lui nuovi metodi per infliggergli un’agonia fisica e mentale. Ogniqualvolta che trovava un luogo appetibile dove nascondersi e riprendere fiato, l’angelo era in agguato, a un passo dal prenderlo di nuovo. Sam non aveva idea di quale fosse stata la sorte di Michael, ma, in ogni caso, era piuttosto sicuro che nessun aiuto gli sarebbe arrivato da parte dell’arcangelo con le sembianze del suo fratellastro. Probabilmente è morto. Pensò il cacciatore.
Aveva bisogno di fermarsi e calmare i nervi tesi come le corde di un violino, altrimenti dell’anima di Sam Winchester non sarebbe rimasto più niente, nemmeno l’involucro di carne che pareva tanto aggradare il demonio in persona. Di tutti i trattamenti che aveva subito - e erano indicibilmente troppi -, forse lo stupro era stata la parte più sopportabile. Avrebbe preferito essere sottomesso ai voleri e ai desideri sessuali dell’altro, piuttosto che ritrovarsi a bere il proprio sangue da una conca o essere aperto in due davanti a una miriade di specchi che lo riprendevano in tutte le possibili angolazioni. Contro qualsiasi aspetto del proprio carattere, se ci fosse stato un modo con il quale avrebbe potuto suicidarsi, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte.
Essere incatenato con le braccia spalancate sopra la testa e le gambe divaricate era effettivamente la parte nella quale si trovava a soffrire meno. Lucifer non si curava di quanto scomodo potesse essere, l’unico di cui si prendeva cura era se stesso e il suo bisogno. Non ci impiegava molto a strappargli gli indumenti di dosso e a toccarlo con malizia. Quel contatto scatenava in Sam un subbuglio di terrore e disgusto, ma non poteva negare a se stesso che in ciò ci fosse anche un pizzico di eccitazione che ogni volta cercava di respingere come un soffio di vento pestilenziale. «Ti sentirò urlare, Sammy. » Gli prometteva Lucifer il più delle volte prima di stringerlo con violenza e prepararsi a penetrarlo. Sam non si azzardava nemmeno a trattenere un grido di dolore e disperazione per quel gesto prepotente che sentiva privarlo della sua dignità. Non voleva in alcun modo che Lucifer prendesse il suo corpo come se fosse stato in vendita. Sebbene fosse consapevole di essere completamente etero, non era contro il sesso omosessuale. Se due uomini avevano intenzione di consumare le proprie pulsioni potevano farlo benissimo; l’importante era che non lo facessero davanti a lui. Ma quel che stava passando non aveva niente a che vedere con il piacere. «Sì, urla, scimmietta. Urla come non hai mai fatto in tutta la tua vita. »
Nel ricordo dell’aggressività con la quale Lucifer si era approfittato più e più volte di lui, Sam chiuse gli occhi e inspirò una boccata di ossigeno purificatrice. Desiderava con tutto se stesso che quell’incubo finisse, che la fuga trovasse una fine lieta sotto ogni punto di vista. Se la faccenda si fosse risolta per il meglio il diavolo non solo avrebbe smesso di cercarlo, sarebbe sparito senza lasciare traccia. Solo allora Sam si sarebbe potuto godere un po’ di più che meritata pace.
Quando i richiami cessarono improvvisamente, il giovane cacciatore credette di essere diventato improvvisamente sordo o di star sognando. A quel religioso silenzio inaspettato seguì l’arrivo di una sequela di voci mai sentite provenienti da un qualsiasi punto intorno a lui. Non riuscì a assegnare una persona di sua conoscenza a nessuna di loro, erano tutte sconosciute al suo orecchio. Nell’aprire gli occhi, confuso, rimase abbagliato dalla forte luce che risplendeva nel nuovo luogo nel quale si trovava. Sbatté più volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco e, quando ci riuscì, rimase a bocca spalancata. Davanti a lui non vi era più il suo nascondiglio rappresentato dal pesante mobile il cui legno era stato rovinato dalle infiltrazioni di acqua. Al suo posto ora c’era un enorme negozio di dolci e leccornie che non ricordava di aver mai assaggiato. I clienti, troppo indaffarati con le loro spese, non sembrarono minimamente far caso a lui, un uomo comparso dal nulla e sporco come solo potrebbe essere qualcuno che fino a un attimo prima stava fuggendo dal diavolo in persona.
Sam si guardò intorno con cipiglio scettico. In quella folla di persone ci doveva pur essere un volto amico che si fosse preso la briga di tirarlo fuori da quella dannata gabbia piena di terrori. Appoggiandosi a uno scaffale pieno zeppo di lecca-lecca di tutti i gusti possibili, il cacciatore si issò in piedi e si voltò. Tra le luci del locale e le varie persone con le braccia colme di dolcetti vi era un arcangelo che conosceva fin troppo bene, intento ad assaporare con un sorriso divertito un bastoncino di zucchero dall’aria ipercalorica.
«Ga-Gabriel? » Domandò Sam talmente allibito che la voce faticava a uscirgli dalla gola.
«Ehilà, come butta, Sammy? »
Continua...