[Soccerdom] ~ Bones sinking like stones. (All that we fought for)

Jul 04, 2010 03:22

Titolo: Bones sinking like stones. (All that we fought for)
Beta: Ma cosa.
Fandom: RPF - RPF - Inter F.C./F.C. Barcellona.
Personaggi/Pairing: Dani Alves, Douglas Maicon. (Malves.)
Rating: VM18, azzardiamo.
Warning: Slash, lemon, Angst come se il mondo dovesse finire domani.
Word Count: 1207.
Disclaimer: Lo sappiamo che non sono miei, non serve infierire.
Note: Credits per il titolo ai soliti Coldplay, con "Don't Panic".





Bones sinking like stones
(All that we fought for)

Come nel corpo umano, ci sono meccanismi che in una mente qualsiasi semplicemente scattano o non scattano, possono esserci da sempre e presentarsi in determinate situazioni oppure possono non scattare mai e sorprendere, uscire fuori all'improvviso senza che prima fosse arrivato alcun segnale, alcun campanello d'allarme.
Quando c'è un sasso per terra lo si calcia, quando c'è un angolo lo si aggira. Quando si ama si può restare, quando si ama si può fuggire.
Le constatazioni che tendono a racchiudere tutto in un unico involucro, senza soffermarsi sui particolari di ogni azione o dettaglio, lo hanno sempre irritato; ha passato la vita a meditare su parole o fatti, cose che accadono per un motivo oppure no, momenti che gli sfuggono o che riesce a cogliere, perdite che subisce e vittorie che ottiene.
Ci pensa quasi per sbaglio mentre sente il proprio respiro accelerare in modi che lui stesso non sa come farà a sostenere di questo passo, si sente pieno d'aria eppure vuoto al contempo e quindi respira, respira, respira, si riempie di qualcosa che ha già ma continua perché si sente sul punto di cessare di esistere. Ha paura di scomparire.
La sensazione di avere troppo sangue in corpo che dilaga, fuoriesce, è talmente tanto da non starci in quelle dannate vene e quindi lo sente ovunque come se lo stesse respirando, come se ogni cosa fosse porpora e fosse assoluta, fosse totale, fosse improvvisamente sospesa.
- Doug. -
Respira ossessivamente anche nel sentire la sua voce così fastidiosamente remota, respira sulla sua voce e si lascia andare contro di lui, contro il suo sudore, chiedendosi da quando Daniel è quel meccanismo che scatta annullando tutto il resto, da quando è quella scelta che non deve fare, da quando è quel sentimento che non deve scegliere se alimentare. Da quando il suo nome ha più senso quando è lui a sussurrarglielo.
Lo bacia all'improvviso, un momento prima era nascosto nel suo petto e adesso gli è completamente addosso sentendo comunque la sua voce nella testa - ma quella c'è sempre, quella è fottutamente ovunque in qualsiasi maniera e non c'è modo (ride, al pensiero) non c'è modo di scacciarla, resta al suo posto come al suo posto resta ogni organo, in lui. La voce di Daniel è come il proprio pensiero, non sa nemmeno in che lingua gli parli, ogni volta, e forse è quella voce a riempirlo così tanto da farlo sentire quasi inesistente. Così poco se stesso, a volte.
La verità è che è un uomo maledettamente drastico e anche questi sono pensieri maledettamente drastici e lo è un po' tutto, al momento, come queste sensazioni che tenta sempre di paragonare ad altre sensazioni ancora, senza capire che una è distinta dall'altra, che non c'entra niente il sangue e non c'entra niente l'aria, sono tutte scappatoie per illudersi di capirci qualcosa in tutto questo.
Douglas apre gli occhi e non vede porpora, Douglas respira e non si sente morto, ma sono pensieri che devono sfiorarlo o impazzirebbe. Impazzirebbe alla consapevolezza di avere un corpo a cui aggrapparsi in questo momento e nient'altro, solo perdite e stanchezze, nessuna vena pronta a scoppiare per giustificare tutto quel malessere, tutto quel dolore. Il lavoro non ricompensato, la fatica. La fatica concreta sfumata in poco meno di una serata.
- Smettila. - Di nuovo la voce di Daniel è confusa o forse è lui a percepirla come tale, ma non ci fa caso e deglutisce, toccandolo ovunque, volendolo in ogni modo, passando le dita su ogni muscolo come per memorizzarne le pulsazioni e il calore della pelle. Non capisce perché Daniel gli stia chiedendo di smettere e non prova nemmeno a capirlo, c'è poca luce e scorge appena il suo viso, non sa quale sia la sua espressione, sa solo che è stanco e Daniel dev'essere stanco almeno quanto lui, dev'essere un fascio di nervi. - Ti prego. Ti prego, smettila di pensare. -
- Non sto pensando a niente. - Ha la voce roca nel rispondergli ancora prima di lasciarlo finire, sente la gola seccarsi anche solo dopo tre parole e quindi deglutisce ancora, improvvisamente assetato.
- Smettila, per favore. - E Douglas smette, smette in ogni senso, di toccarlo o guardarlo o cercarlo, gli cade davanti in ginocchio come se all'improvviso non avesse più ossa a sostenerlo - e ancora si chiede da quando abbia preso ad arrendersi ad ogni sua mezza richiesta, da quando riesce ad arrendersi a una supplica senza contrastarla. Col corpo, a parole, a gesti, in qualsiasi modo.
Daniel gli si inginocchia accanto e poggia la fronte contro la sua, sono entrambi mezzi svestiti e Douglas vorrebbe poter dire che non ha importanza ma non è vero, ce l'ha, ne ha troppa perché non sopporta l'idea di essere troppo stanco per poterlo spogliare del tutto, troppo annebbiato per entrare in lui e spingerglisi dentro più e più volte, urlando, godendo, gemendo, graffiando, mordendo.
- Che cosa posso fare per farti smettere di pensare a tutto questo? - La voce di Daniel è sale su quel sangue che continua a sentirsi esplodere dentro, nonostante tutto. Quel sangue che brucia.
- Toccami. -
Il sospiro di Daniel è talmente profondo che Douglas non riesce a percepirne la fine mentre lo bacia ancora, chiude gli occhi e sente le sue mani sul petto, sui polsi e sulle braccia, le gambe, le cosce per poi sfilarsi i pantaloncini freneticamente e ancora passare le dita più su fino a delinearne i glutei tesi, la spina dorsale, il collo, la clavicola e di nuovo il petto con labbra, lingua, denti.
Fuochi e colori intensi dietro alle palpebre chiuse e ancora-- no, no, è solo il bagliore di una luce che filtra e Douglas è esausto al pensiero di vedere ogni cosa con occhi diversi, fuori dal mondo, quando è con Daniel. Quel meccanismo che scatta al posto di qualcos'altro, quella strada che si sceglie da sola, quel sasso che non calcia. Quell'amore da cui non fugge e per cui non resta. Quell'amore che persevera.
Douglas non parla e non geme quando lo sente dentro di sé, inspira profondamente e sente gli occhi chiusi bruciargli. Si muovono insieme baciandosi come se non avessero mai baciato prima, goffamente, febbrilmente. - Dimmi che non è colpa mia. - Daniel lo sussurra appena, con una tristezza che lo annienta, lo rende del tutto impotente e allo stesso tempo lo sconcerta.
Come nel corpo umano, ci sono meccanismi che in una mente qualsiasi semplicemente scattano o non scattano, possono esserci da sempre e presentarsi in determinate situazioni oppure possono non scattare mai e sorprendere, uscire fuori all'improvviso senza che prima fosse arrivato alcun segnale, alcun campanello d'allarme.
- Non lo è. - Non dovrebbe neanche rispondergli perché è stupido, è assurdo che lo pensi, ma è un qualcosa che non controlla - rassicurarlo, preoccuparlo, cercarlo, è un meccanismo che prescinde da tutti gli altri.
Dimmi che non è colpa mia. Tutto ciò per cui abbiamo lottato. Dimmi che non è colpa mia amarsi in questo modo.
Ancora una volta, appena prima di sentire un piacere violento scatenarglisi dentro, spinta dopo spinta, respira come se fossero i suoi ultimi istanti, e ha paura di scomparire.

rpf » sport » soccer » douglas maicon, rpf » sport, rpf, rpf » sport » soccer » daniel alves, rpf » sport » soccer, !2010

Previous post Next post
Up