[Soccerdom] ~ Am I a part of the cure? (Or am I part of the disease?)

Jun 30, 2010 17:57

Titolo: Am I a part of the cure? (Or am I part of the disease?)
Autore: janetmourfaaill. (lachesilie)
Beta: Nope.
Fandom: RPF - RPF - Inter F.C./F.C. Barcellona.
Personaggi/Pairing: Dani Alves, Douglas Maicon. (Malves. ♥)
Rating: VM18.
Warning: Fluff, Slash, Angst, Lemon, solite pigne.
Word Count: 2019.
Disclaimer: Tutto finto, tutto fuffa.
Note: La verità è che la lisachanoando rompe sempre le palle ma alla fine anch'io la esaudisco, seppur in tempi notevolmente meno brevi. Cotale Malves, difatti, nasce da questo suo piagnucolio dopo la partita contro il Cile vinta dal Brasile. E io visto che non sono un Dani a caso, ho tentato di farci nascere qualcosa, anche se poi alla fine di attinente alla richiesta c'è solo emodepressosfinito!Douggie, senza alcun festeggiamento o altro. Spero comunque che il resto compensi, a suo modo.



Am I a part of the cure?
(Or am I part of the disease?)

Deglutisce piano e sente la gola ardergli, mentre volge il capo all'indietro e lo poggia al muro, chiudendo gli occhi.
Non ricorda l'ultima volta in cui si è sentito così stanco, in realtà non ricorda di aver mai finito una partita a quel modo, totalmente annientato e insoddisfatto nonostante una vittoria schiacciante. Poggia le mani sulle ginocchia e rimane immobile, quasi in attesa che ogni suo muscolo smetta di pulsare e le sue tempie cessino di voler esplodere; ha nausea delle due ore passate a correre in campo come al voler trovare aria trascinando quel pallone da una parte all'altra, è stato quasi sul punto di vomitare dopo esser caduto malamente in terra ma si è rialzato e ha ripreso, ingoiando quella saliva amara che gli stava corrodendo la bocca.
Douglas inspira profondamente. È già passata mezzanotte e lui è rimasto seduto negli spogliatoi esposto a una luce minima che filtra dalla piccola finestra, troppo affaticato per pensare di alzarsi e spalancarla, nonostante il caldo. Inspiegabilmente si sente debole, ogni parte del suo corpo seppur tesa è stremata: si sente come se persino il sangue faticasse a scorrere e quindi tutto in lui procedesse a stento, come se il movimento più insignificante comportasse sforzi umanamente inaffrontabili.
Curva appena gli angoli della bocca - e anch'essi tremano, come se si stessero sforzando di formare un mezzo sorriso arreso - mantenendo gli occhi chiusi appena avverte un respiro unirsi al suo, quasi ilare nel suo volersi spudoratamente farsi notare. Douglas non ha motivo per aprire gli occhi e voltarsi appena verso sinistra per capire chi ci sia, appoggiato allo stipite della porta, intento ad osservarlo con esasperazione o forse tenerezza. O preoccupazione, o tutte e tre le cose. Non ne ha motivo perché riconosce quel sospiro, non per fattori romantici o affettivi, lo conosce e basta, sa a chi appartiene e saprebbe delineare con le dita le fattezze dell'uomo che c'è dietro come se si trattasse delle proprie. Non c'è sorpresa e non c'è spavento quando sente una voce bassa tagliare quel silenzio assoluto, ferire l'aria che li separa fino ad avvolgerlo come un abbraccio.
- Che fai? -
La voce di Daniel è quasi un sussurro ma Douglas può distinguerla nettamente e ne coglie le svariate sfumature; pare stanca ma calma, per nulla preoccupata - non quanto il sospiro di poco prima, almeno. Lui però rimane immobile e non accenna ad aprire gli occhi, deglutendo ancora a fatica, come se quel gesto gli costasse tutto lo sforzo del mondo. - Mi rilasso un po'. - Ha la gola secca e nel rispondergli la sua voce si spezza per un istante, ma il suo tono è comunque così basso che è quasi sicuro che Daniel non se ne sia reso conto.
Non lo sente muovere un passo e quindi immagina che sia rimasto lì, fermo, vicino all'entrata, guardandolo con un'intensità che comunque non lo convince a voltarsi verso di lui per guardarlo apertamente in viso. La verità è che non ne ha le forze. - Vuoi che me ne vada? - Questa volta Daniel parla con una fermezza dolorosa, e non perché quelle cinque parole lo feriscano ma perché le pronuncia con un dispiacere palpabile, talmente forte che Douglas volge il capo e sgrana gli occhi, agitato, come se già temesse di non trovarlo più. - Dani, no. - Quando incontra il suo sguardo vorrebbe prendersi a pugni all'idea di essersene privato fino a questo momento. - Resta. -
Nel guardarlo capisce che non ha mai avuto intenzione di andarsene, che ha parlato in quel modo per indurlo a prestargli attenzione e quindi sbuffa, tra il divertito e l'irritato, mentre Daniel ridacchia appena avvicinandoglisi. - Stronzo. - Borbotta Douglas, seguendolo con la coda dell'occhio fino a quando non gli si ferma innanzi, del tutto calmo. Daniel alza gli occhi al cielo portando un gomito al muro su cui Douglas ha ancora poggiato il capo, senza perdere il sorriso. - Mi tocca esserlo, quando fai di queste scenate. -
- Io non faccio sce-- oh, 'fanculo. - Douglas aggrotta le sopracciglia, stizzito, mentre Daniel ride più forte passandosi una mano dietro la nuca. Rimangono in silenzio per un po', respirando e basta, prendendosi il tempo necessario per stabilire se ha senso o meno parlare o se è meglio dividersi davvero, se è una questione di umore, di serate negative da prendere così come vengono facendoci semplicemente l'abitudine.
Dopo interi minuti però Daniel parla ancora, senza smettere di guardarlo con velata malinconia. - Sei stanco? -
Douglas chiude di nuovo gli occhi e si sente grondare di stanchezza, si sente pesante come se la massa del suo corpo fosse stata improvvisamente moltiplicata ed è pesante a tal punto da renderlo instabile persino da seduto. Così si passa entrambe le mani sul viso, inspirando per l'ennesima volta e obbligandosi a non piangere perché davvero si sente sobbarcato da un peso infinito che non sa spiegarsi. - Sono esausto. - Lo dice in un gemito flebile, supplicante, quando poco dopo avverte la mano di Daniel posarsi sulla sua fronte rilassa finalmente le spalle mordendosi l'interno della guancia. - Vieni qui. -
E Daniel prima ancora che finisca di parlare è già a una distanza infinitesimale, gli si siede accanto posizionandosi di traverso sulla panca in modo da poterlo trarre a sé e lasciare che si poggi sul suo petto, facendogli spazio tra le gambe. Douglas si aggrappa al suo corpo con tutte le sue forze facendolo sorridere ancora, porta una mano sul suo fianco e l'altra sul collo, accarezzandolo pigramente come se fosse lui ad avere bisogno di conforto. - Non so come mai, ma sono sfinito. È come se avessi giocato per giorni e notti di fila senza mai riposarmi, non mi sento più le gambe e ho la testa che mi scoppia. E ho la nausea. E il mal di gola. - Lo dice con un tono strascicato e una smorfia talmente infantile che ringrazia di poterla nascondere alla vista di Daniel, il quale nel mentre ha ripreso a ridacchiare e a massaggiargli la schiena. - Credo sia normale. Siamo tesi, è stata una partita meno facile del previsto, riceviamo un sacco di pressioni. Soprattutto tu. - Douglas non dice nulla, si limita a mordersi insistentemente il labbro inferiore per poi sollevarsi appena, incontrando i suoi occhi resi ancora più chiari da quella luce lunare. - Anche tu eri agitato. - Douglas vede il sorriso di Daniel incrinarsi appena, prima ascoltare la sua risposta. - Abbastanza, sì. Si è visto tanto? - Ride ancora, e Douglas non ha voglia di capire se lo faccia per alleggerire un po' l'aria o piuttosto perché il pensiero lo diverta davvero. Ride a sua volta, comunque, facendo spallucce. - Non eri tu. Semplicemente. -
Daniel annuisce piano, gli occhi rivolti verso il basso come se ci fosse qualcosa al di là di quelle parole da ricercare tra le mattonelle del pavimento. Quando si volta di nuovo non fa in tempo ad ancorare lo sguardo nel suo perché Douglas lo sta già baciando, trattenendogli il capo tra le mani - e Daniel quasi scoppia a ridere perché, insomma, come se gli fosse passata per la mente anche solo l'idea di fuggire da quel momento. Risponde a quel bacio con esasperazione, frustrazione, stanchezza, ed entrambi si sentono come se stessero fondendo le rispettive delusioni e le stessero bruciando a quel modo, recuperando forze anche solo per una notte. Douglas gli morde appena il labbro e lo sente gemere, geme istintivamente a sua volta e ancora tiene gli occhi chiusi senza sapere bene il perché, mentre Daniel lo trascina per terra e gli si stende addosso, ansimando. Lo abbraccia come se fosse l'ultimo gesto consentito e intanto respira profondamente sulla sua pelle, sulla sua bocca, lo respira in continuazione senza sapere né volere fare altro.
quando Daniel si toglie febbrilmente la maglietta lui fa lo stesso e gli cinge i fianchi con impazienza, mordendogli il collo e la scapola per poi scendere più in basso, lasciandogli baci umidi sul petto e sul torace. Le mani di Daniel tremano appena appoggiate al pavimento freddo, e Douglas prima gli bacia i polsi risalendo fino alle spalle e poi lo sostiene con entrambe le braccia per fargli sentire meno lo sforzo. Daniel sorride appena, borbottando qualcosa che Douglas non coglie, così lo bacia ancora prima di ribaltarlo e sovrastarlo col proprio corpo. Continua ad accarezzargli il palato con la lingua e poi ancora le labbra e la mascella, lo esplora senza fretta succhiando appena e mordicchiando, tra le risate sommessa di entrambi. Daniel si porta il dorso della mano alla fronte e Douglas segue quel movimento quasi con devozione, concentrandosi su quella fascia bianca che porta sempre al polso, quel particolare che lo fa pensare a lui anche durante un passaggio di palla in cui lo vede muoversi con eleganza e rapidità, i muscoli tesi e quel bianco che risalta sulla sua pelle imperlata di sudore.
Gli si avvicina per depositargli un bacio breve sulla tempia e poi raggiunge il suo polso destro mordendo quella porzione di bianco, giocandoci un po' con la lingua e baciandola, sfilacciandola un po'. Daniel deglutisce senza fiatare, si limita a guardarlo mentre con piccoli morsi risale fino al suo petto e morde pigramente anche quello, soffiando sulla sua pelle umida. Douglas poggia la fronte contro il suo mento mentre entra dentro di lui, lentamente, tremante; non smette un secondo di accarezzarlo, toccarlo, trattenerlo, mentre lo sente gemere appena sopra di lui sempre più forte. Aumenta le spinte e detta un ritmo più veloce, frapponendo una mano tra i loro corpi per raggiungere l'erezione di Daniel e lasciandosi piantare le unghie nella schiena come se non potesse volere altro in questo preciso momento.
Ed è la prima volta da settimane che sente i muscoli tendersi per motivi che comprende, si sente stanco e stremato ma non vorrebbe sentirsi in nessun altro modo, anche se gli tremano violentemente le gambe, anche se mentre accarezza Daniel sente che potrebbe quasi piangergli addosso, anche se teme di stargli trasmettendo la sua immotivata frustrazione. Si fa ancora spazio tra le sue gambe spingendo con più forza e mordendosi le labbra mentre ancora lo sente quasi urlare il suo nome; viene in un'ultima spinta secca e con lui Daniel, subito dopo, così si accascia sul suo corpo senza badare per un attimo al proprio peso su di lui.
lascia passare qualche istante, respirando a una distanza minima dalla sua bocca, poi gli rotola affianco, lasciando una mano ad accarezzargli mollemente una guancia.
Fissano entrambi il soffitto senza dire nulla per qualche minuto, aspettando che i respiri tornino regolari, toccandosi distrattamente o con intenzione, passandosi la lingua sulle labbra per non dimenticarsi del tutto il sapore dell'altro unito al proprio. Quando Daniel si volta verso di lui, avvicinandoglisi e rimanendo lì, vicinissimo al suo viso pur senza accennare a toccarlo, Douglas sorride. - Sei stanco? - La sua voce è serena, più di quanto non lo sia stata in questi ultimi tempi, Daniel lo nota e sorride a sua volta ripassando i rilievi dei suoi muscoli con due dita. - Sono esausto. -
Ridono entrambi, dandosi un pugno scherzoso a vicenda e inspirando a pieni polmoni come se di quella stanza e di quell'aria volessero estrarre ogni cosa di buono, come al volerne ricordare anche quel buio placido e silenzioso, quella calma che non riescono mai a raggiungere se non con l'aiuto dell'altro. Si baciano ancora dopo essersi rivestiti, parlando di tutto e di niente, commentando la partita e abbottonando pantaloni e giacche con la massima calma, come se di quella notte potessero usufruire per sempre - e in un certo senso è così che sarà.
Le labbra di Daniel sono sempre più morbide dopo ogni bacio e Douglas non riesce a capire come sia possibile, dove stia il segreto, così mentre lo bacia per l'ennesima volta imprecando a mezza voce Daniel ride apertamente, ancora, ma non di lui né di loro, è una risata libera e felice come non ne sentiva da tempo ed è tutto ciò che Douglas vuole ricordarsi di questa giornata, almeno fino a domani.

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