Titolo: Apri la tua bocca, la voglio riempire
Fandom: Jojo's Bizarre Adventure
Personaggi: Dio Brando, Enrico Pucci, The World, Whitesnake
Rating: NSFW
Wordcount: 3013
Warnings: slash, sesso intercrurale, selfcest (Standcest), leggero bloodplay, underage
Note:
1. SI TORNA A BOMBA SULLA NOTTE BIANCA CON L'INTERCRURALE PROMPTATO DA WILL (e chi altri) MA MI SONO FATTO PRENDERE LA MANO AH AH OPS
2. praticamente, come Pucci è totalmente nelle mani di Dio
2.5 e Pucci ha 15/16 anni quando conosce Dio, ricordiamocelo c:
Enjoy the sin!
In qualsivoglia modo le si volesse chiamare, destino, fato, gravità, Enrico era ormai certo che forze superiori al di fuori della comprensione umana avessero ordito con minuzia l’incontro con quell’uomo dal nome blasfemo e lo spirito ancor più torbido, la cui esistenza e presenza nella sua vita erano chiaramente una prova per il suo spirito. Ogni gesto di Dio, ogni sua parola era misurata alla perfezione per testare la sua forza di volontà, ma non era necessariamente qualcosa che Dio compiva apposta, era semplicemente la sua natura sanguigna, così come la natura di Enrico non gli permetteva di cedere tanto facilmente alle lusinghe di Dio o di qualsiasi altra persona o natura attorno a lui.
Anche con le migliori intenzioni, tuttavia, egli restava pur sempre un umano, e a maggior ragione lo era in quel momento cruciale per il suo sviluppo come persona in cui anche la cosa più stupida acuiva i suoi sensi da adolescente e lo riempiva di dubbi sulla sua vocazione lontana dalla soddisfazione personale che pur con tutto se stesso perseguiva. Più di una volta aveva notato come i suoi occhi si erano posati un secondo di troppo su qualcosa che il suo corpo desiderava ma che la sua anima rigettava, eppure ogni tanto si domandava se non fosse troppo severo con se stesso, se non gli convenisse ogni tanto cedere a una tentazione per sistemare il proprio equilibrio: cinque minuti di più nel letto a poltrire, un cioccolatino ogni tanto, o una carezza leggera sulla pelle diafana e fredda di Dio. Pur distinguendo tra l’ammirazione che provava verso di lui e la passione sensuale che tuttavia gli era quasi sempre estranea, Enrico talvolta si perdeva in pensieri scomodi che finivano per tormentarlo e costringerlo a penitenze forse troppo forzate.
Ma non poteva negare che Dio avesse una carica erotica estremamente rara alla quale cedere era immensamente facile, come ben dimostrava la lunga lista di persone che avevano ben volentieri aperto le gambe per lui, e neanche un giovane seminarista timorato del Signore come Enrico Pucci ne era del tutto immune, soprattutto quando nelle lunghe notti passate a discutere di argomenti poco leggeri sentiva gli occhi color dell’oro dell’altro scrutare ogni sua reazione con una non del tutto innocente curiosità, e a volte ci concedeva di annullare la distanza fisica tra loro due, pur senza mai andare oltre un certo limite, se il giovane non glielo permetteva.
Tuttavia, Enrico gli permetteva molte cose, quando erano da soli nelle camere più intime della magione dove Dio si nascondeva dalla luce del sole. Come, ad esempio, lasciare che con le sue unghie graffiasse la pelle delle sue spalle e leccasse e succhiasse il sangue dalla piccola ferita, dando al giovane un formicolio e uno strano senso di perdita che però non lo disturbava, anzi sembrava qualcosa di necessario per avvicinarsi al vampiro e, chissà, aiutarlo a salvare la sua anima. Ma era ben conscio che questi pensieri erano solo uno schermo per nascondere la consapevolezza di star indugiando in qualcosa di pericoloso e piacevole in modi che non gli erano permessi, eppure continuò a mentire a se stesso anche quando le mani di Dio corsero lungo le sue esili braccia e si fermarono sui suoi fianchi, avvicinando il suo corpo al proprio. Certo, Enrico rabbrividì quando la sua casacca fu sollevata e l’altro poté strisciare le dita al di sotto della sua canottiera e dei suoi boxer, il tocco gelato eppure capace di riscaldare la sua carne in una maniera che sapeva avrebbe dovuto rigettare lungo il percorso per l’ordinazione, ma mormorava dentro di sé che non stava soddisfacendo se stesso, ma il suo più fidato amico, e questo non contava come peccato.
Eppure, si lasciò sfuggire un sospiro quando Dio smise un attimo di baciare la sua spalla per poterlo denudare con lentezza frustrante, lasciandolo nudo e così pieno d’imbarazzo da dargli l’impressione di star affogando nel niente. Le mani del vampiro risalirono su per le sue gambe, accarezzando la sua pelle scura con attenta delicatezza, fino a sfiorare le natiche, ed Enrico avrebbe quasi preferito che invece le afferrasse con violenza, invece di essere tormentato dall’inappagamento. Dio gli concesse solo il piacere di un bacio sulle reni appena percepito, prima di fermarsi e spogliarsi lui stesso e far sentire la sua erezione ancora non del tutto dura contro la sua schiena.
«Vuoi sdraiarti con me, Enrico?» la sua calda voce sussurrò e vibrò nel suo essere, toccando corde troppo a lungo ignorate nonostante gli ormoni che impazzavano ancora incontrollati nel suo corpo.
«Sì, Dio, per favore...» mormorò, e per quanto volesse maledire quelle parole, erano le più sincere che potesse dire.
La fresca seta delle lenzuola non poteva che essere il giaciglio migliore per una notte come quella, calda sia per la temperatura che per l’atmosfera, ma ben presto perse quella piacevole sensazione sotto il corpo di Enrico, ma non era qualcosa di cui lamentarsi, non con le labbra di Dio sulle sue, la lingua troppo presa dal bacio che gli torceva le viscere e in cui volentieri si sarebbe perso, nonostante le sue migliori intenzioni di castità. A ben poco servivano gli insegnamenti che gli erano stati impartiti, quando i suoi muscoli delineati ma ancora acerbi per l’età che aveva sembravano tremare sotto le carezze sempre più libidinose e vicine al suo inguine di quel figlio della notte che avrebbe dovuto evitare come la peste.
Con uno schiocco forse troppo rumoroso, Dio interruppe il bacio e sogghignò mostrando i suoi canini. e sussurrò «Voltati su un lato».
L’addome di Enrico si strinse, e la sua espressione si indurì sicuramente da dover far puntualizzare Dio «Non ho intenzione di penetrarti, tranquillo, a meno che tu non lo voglia». Incise un altro taglio sottile sulla sua spalla e tra una leccata e l’altra che pizzicava la ferita continuò «Potrei possederti adesso, senza chiederti nulla… come vorrei poterti fottere...»; a quelle parole così esplicite, il giovane rabbrividì, ma neanche i migliori voli pindarici potevano ormai mascherare il suo palese piacere verso ciò che era torbido, oscuro, anche malato, cosa di cui non era affatto orgoglioso, ma che era innegabile. In fondo, il motivo principale per il quale era così ammaliato dalle parole di Dio era il loro significato profondo, reale, ma anche distruttivo ed eretico.
Non poter più essere baciato da Dio fu una mancanza necessaria, quando Enrico si stese su un fianco e l’altro si sdraiò dietro di lui, coprendo le sue ferite più o meno recenti di baci, prima di mormorare «Tieni le gambe chiuse». Le tenne serrate, e pochissimi instanti dopo sentì il minuscolo spazio tra di esse occupato da quell’erezione che poco prima aveva sentito sulla schiena. D’istinto, il ragazzo cercò di serrare ancora di più, conscio di come i suoi muscoli avrebbero reso più piacevole l’esperienza di colui che avrebbe osato definire il suo “Re dei Re”, e si rese conto di come la frizione eccitasse anche lui, mentre Dio spingeva e rientrava sfregando la carne contro il suo perineo. Le lunghe dita fredde e pallide accarezzarono il suo addome, il petto, fino a sotto le braccia, ovunque sulla pelle crescevano morbidi peli chiari, segno di una mascolinità che già scoppiava ma doveva ancora essere rifinita; il contrasto tra le loro pelli, una così chiara da sembrare marmo e una scura come l’ebano più prezioso, i loro capelli, gli uni una cascata selvaggia e dorata, gli altri corti e argentati, e tra il freddo del non-morto e il calore del giovane era forse ciò che più intrigava entrambi in quella situazione.
I bassi lamenti di piacere di Dio erano tutto ciò che Enrico voleva, tutto ciò che desiderava era il piacere del suo amante, ma anche lui in fondo apprezzava come le sue lusinghe, i suoi «Il tuo sangue, così dolce» e «La tua carne, così morbida», le sue carezze e i suoi graffi lo aiutassero nel suo stesso piacere, era inutile negare che sebbene fosse comunque un riflesso involontario, era un riflesso che in quel momento adorava. Come ogni ragazzo sedicenne, aveva erezioni per i motivi più stupidi, anche durante la notte, ma a differenza di quasi tutti gli altri ragazzi, il suo interesse per il sesso era molto scarso, e si risvegliava solo in casi estremamente particolari - e Dio era il suo caso estremamente particolare. Non avrebbe dovuto indugiare nell’orgoglio e nella lussuria, ma per Dio avrebbe chiuso entrambi gli occhi sulla propria coscienza.
«Vuoi che ti baci ancora?» il vampiro gli chiese. Enrico non cercò di voltarsi, e rispose «Certo, se è ciò che vuoi tu». Dio rise appena, e subito di fronte all’altro si formò qualcosa di umanoide, ma non sicuramente di umano, dalla stazza spaventosa e l’aura feroce. Non c’era bisogno di chiedere spiegazioni sul cosa fosse The World, e il suo compito fu subito chiaro quando le spesse dita dello Stand dischiusero le labbra dell’umano ed entrò nella sua bocca con la sua lingua, lunga e viscida. Non era affatto come baciare Dio, ed era bizzarro rendersi conto di star toccando come aria solida che eppure era piena di sensazioni diverse, di star toccando una parte intima, forse la più intima, del suo amante, e che eppure era un essere a sé stante, e la lingua dentro di lui era morbida, sebbene lo riempisse di un senso di sporco che non sapeva se sarebbe mai andato via, ma non gl’importava poi così tanto, sapendo che Dio potesse sentire attraverso The World quanto lo adorava.
«Puoi far uscire il tuo Stand, Enrico?».
«Cosa...».
«Whitesnake, Enrico, voglio vederti scoparlo».
Un “no” sarebbe stato molto semplice da dire, e Dio lo avrebbe rispettato, come aveva rispettato il suo volere di non essere penetrato, ma fare sesso con il proprio Stand avrebbe annullato quel volere, ne era pienamente consapevole. Ma la sua venerazione e la convinzione che l’altro instillava in lui erano così grandi che avrebbe volentieri ceduto e soddisfatto le sue fantasie.
La figura dello Stand del giovane era di un bianco malato ed etereo che accentuava la sua esilità, ancor di più con i suoi accessori di un nero assoluto. Whitesnake era strano, ancora immaturo, e sfuggiva qualche volta al controllo di Enrico; Dio aveva teorizzato che la sua disubbidienza fosse una manifestazione del tormento interiore del suo amico, ma subito aveva smesso di indagare oltre vedendo come l’espressione del ragazzo si fosse intristita e persa nel vuoto. In quel momento, però, era insolitamente docile e ricettivo, tra le sue gambe colava un liquido la cui sola visione fece sobbalzare il cuore del suo proprietario in gola. Che cosa quella situazione diceva di lui, si chiese, quale stato mentale rivelasse, e di certo il vampiro aveva già formato una sua idea che lo divertiva abbastanza da farlo sogghignare contro le sue piccole ferite.
Ma qualsiasi cosa stesse pensando, le sue mani non si mossero e continuarono a tenere stretti i fianchi del ragazzo, e a sfregare tra le sue cosce con più foga, e trattenersi dall’affondare le dita o i denti nella sua carne e dissanguarlo per l’eccitazione era diventato più difficile, ma non impossibile.
Whitesnake continuò a fissare il suo padrone con placata frustrazione, come se volesse chiedere perché ci mettesse così tanto ad ordinargli di fare ciò che doveva, una buona volta che voleva ubbidire alle sue richieste, o meglio, alle richieste di Dio, finché non si decise senza che Enrico gli dicesse niente di afferrare la sua erezione e di spingere i suoi fianchi umidi contro di essa, serrandola in un calore vischioso che da solo bastava a mandare il giovane al settimo cielo, ma come temeva, non solo provò il fremito di poter penetrare, ma anche contro la lingua di The World non riuscì a trattenere un sussulto alla sensazione del proprio retto distendersi come se l’aria solida stesse entrando dentro di lui e togliendo tutta l’innocenza che potesse aver avuto prima di allora.
Non erano esattamente nella posizione migliore, ma in qualche modo Whitesnake riuscì a muoversi e a scivolare su e giù per quel poco che poteva, ma l’eccesso di sensazioni era lo stesso una minaccia per il suo autocontrollo. A nulla valevano gli insegnamenti, le ore passate a resistere alle tentazioni, se Dio voleva che perdesse per qualche istante la propria coscienza, avrebbe fatto qualsiasi cosa gli chiedesse. Si sentì tirare fino a che non restò sdraiato sull’altro, sotto di lui ancora impegnato ad usare le sue gambe chiuse come se fossero quel qualcosa che Enrico non voleva fosse toccato e che nonostante tutto si era violato da solo - era questo quello che Dio voleva, ne era certo, qualcosa di così osceno che soltanto uno come lui poteva voler provare e vedere. Qualsiasi cosa colasse da Whitesnake, ora colava anche lungo tutta la lunghezza del giovane, gocce restavano intrappolate sul suo pube o passavano attraverso le cosce, fino ai suoi glutei, facilitando il lavoro di Dio, e la sensazione dentro di sé era sempre più piacevole, e fu folle realizzare che il calore attorno al suo pene, morbido e stretto fino all’oppressione, non era altro che il suo stesso calore nella forma del suo Stand.
Le mani del vampiro corsero non senza una certa irrequietezza sul suo petto, perfino lui che aveva un controllo quasi totale sul proprio corpo non riusciva a trattenersi, e la sua voce ansimava nelle sue orecchie, stanca e anch’essa vicina al limite.
«Apri la tua bocca, Enrico» sibilò, leccando il suo collo, il tono rauco che lasciava trapelare la sua vera natura selvaggia e rozza, quella sfaccettatura di crudeltà priva di estetica e dominata solo dal folle senso di potere «la voglio riempire».
Tutto ciò che poté e volle fare fu assecondarlo, ben conscio di ciò che voleva fare, quando The World smise di baciarlo e si mise sulle ginocchia, ponendo a poca distanza dal volto del ragazzo la sua erezione spessa, indubbiamente non-umana eppure non troppo mostruosa da spaventarlo. Qualsiasi paura potesse provare, era ormai relegata a un angolo nascosto, mentre le sue labbra scure dovettero far spazio a quell’organo che spingeva e tentava di violare la sua gola, riempiendola di altro liquido chiaro e appiccicoso così abbondante da fuoriuscire.
Quando The World afferrò il capo di Whitesnake e spinse la sua lunga lingua viscida nella bocca lattea dell’altra entità, ed Enrico sentì la bocca posseduta e al contempo baciata in una maniera così totale, non riuscì a resistere oltre, e la sua mente parve andare in cortocircuito, incapace di sostenere la quantità di sensazioni lungo il corpo o di mantenere una parvenza di rispetto e castità nei gesti e nelle parole che pensava - come poteva mantenere il suo controllo, quando Dio gli stava fottendo le gambe, sporche dello sperma di Whitesnake che lui stesso stava scopando, sentendo attraverso di esso come ci si sentisse ad avere il culo pieno fino all’orlo, e The World usava la sua gola come un altro orifizio da violare? Al liquido del suo Stand si mescolò il suo seme, ed entrambi i corpi furono scossi dall’orgasmo mai così travolgente, avrebbe osato dire mistico, poco prima di sentire lo sperma del vampiro mescolarsi al disastro tra le sue gambe e quello dello Stand più massiccio schizzare sulla sua lingua.
Per forse un minuto, Enrico provò soltanto una profonda stanchezza, prima di poter sentire come fosse ancora ricoperto di attenzioni da parte di Dio e The World, carezze, baci e attenzioni per rassicurarlo e pulirlo, mentre Whitesnake si limitava a restare accasciato sul suo petto e ascoltare il suo, il proprio cuore battere ancora all’impazzata. Non si era mai soffermato all’idea di fare sesso con qualcuno, ma di certo non aveva mai immaginato che la sua prima esperienza potesse essere così dissoluta, e si rendeva conto quanto lo avrebbe macchiatola sua anima… ma in fondo, non lo aveva fatto per sé. Dio aveva voluto designarlo come suo amante, godere e farlo godere, e anche se gli avesse chiesto di concedersi ogni secondo della sua vita alla peggior lussuria, lo avrebbe fatto. Era pronto ad uccidere per lui, perdere la verginità in fondo non sarebbe stato un problema, finché a chiederlo era lui.
«Spero di non averti ferito» sussurrò il vampiro, tornando al suo tono più pacato. Il ragazzo scosse la testa, gli occhi fissi ed affascinati dal contrasto estetico tra il suo colore e i vari liquidi che ancora macchiavano la sua pelle prima che le dita di The World li rimuovessero «No, sto bene, sono solo… ancora intontito».
«Vuoi rifarlo? Senza gli Stand, questa volta?».
Enrico ancora stava recuperando il fiato, ma annuì comunque, la mente annebbiata ma certa di ciò che voleva. Lasciò che Dio lo facesse stendere sul letto ormai sfatto e gli facesse mostrare la schiena, che infierisse con le unghie e con i denti e si nutrisse del suo sangue ancora ed ancora, come se fosse la sua droga e non solo il suo sostentamento, e che di nuovo stringesse le sue gambe l’una contro l’altra e penetrasse il piccolo spazio tra di esse, stavolta con la forza e la violenza che si sarebbe aspettato da lui, sfregando quel poco che bastava contro i suoi genitali ma facendolo strisciare contro le lenzuola di seta più e più volte, macchiandole di nuovo, e venire al punto da non avere più niente da eiaculare. Il vampiro non cedette subito, e lo portò allo sfinimento completo, al punto in cui non riusciva più neanche ad emettere un gemito, prima di sporcare la sua schiena e crollare su di lui con un basso lamento. Nonostante lo stato di stanchezza totale che rischiava di fargli a breve perdere i sensi, Enrico sentì lo stesso il sorriso di Dio contro il suo collo e i suoi sussurri cullare il suo orgoglio nient’affatto ferito, nonostante il degrado fisico e morale a cui si era fatto sottoporre. L’indomani a mente fresca avrebbe riflettuto su quanto quelle azioni potessero essere dannose per la sua anima, ma finché il suo “Re dei Re” sarebbe stato felice nel tenerlo tra le sue braccia e infangando la sua morale coi peggior crimini, allora Enrico poteva già considerarsi in Paradiso.
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