Ogni scusa è buona [Yu-Gi-Oh! Arc V - Yuuri, Dennis Macfield]

Dec 11, 2015 23:23

Titolo: Ogni scusa è buona
Fandom: Yu-Gi-Oh! Arc V
Personaggi: Yuuri, Dennis Macfield
Rating: NSFW
Warnings: slash, light bondage, foot fetish/worship, college!AU
Wordcount: 2339
Note:
1. scritta per il Maribingo, prompt 26 (bello vero)
2. parte di una specie di raccolta di contorno per Chasing Rabbits... dovrei ricordarmi di segnalare la fic qui, mannaggia
3. titolo a super caso, gentilmente concesso da Lau

Enjoy!

Il profilo di Yuuri risultava ancora più elegante ed etereo sotto la flebile luce lunare che passava dalla finestra aperta, benché l’aria fosse pesantemente bloccata dalla zanzariera, e faceva appena brillare le gocce di sudore che si perdevano tra le sue tempie. Dennis sentiva una sorta di cappa sulla sua pelle, l’intensa umidità risucchiava la sua forza vitale e lo teneva inchiodato sul letto. Non che alzarsi dal letto fosse tra le sue priorità, trovava davvero piacevole poter oziare al fianco di qualcuno così attraente, potergli pigramente accarezzare il petto nudo in quell’afosa notte estiva, giusto una scappatella di due giorni e via. Provava un vago senso di inquietudine dal proprio atteggiamento, dalla sua velocità nel prenotare un posto sul primo volo last minute disponibile per Tokyo, solo ed unicamente per fuggire dallo stress del lavoro e sfogarsi con colui che a tutti gli effetti doveva definire il suo amante; non vi era altro modo per definire il curioso rapporto tra di loro, fatto di lunghe chat senza capo né coda via webcam, e viaggi organizzati apposta per potersi concedere una scopata e poco altro, e nonostante tutto vi era un’intesa forse non del tutto sana (Dennis, perlomeno, sospettava fosse così), ma sicuramente salda.
C’era una strana scintilla, in Yuuri, che regolarmente spingeva Dennis verso di lui. Yuuri era fondamentalmente diverso da lui, più intricato, più cupo, una specie di labirinto pieno d’insidie, strettoie e trappole, in mezzo a tutte le sue fisse e i suoi vizi e le sue strambe idee tra le lenzuola. A volte, erano cose semplicemente più fantasiose, per stuzzicare un po’ la sua attenzione, ma sempre più spesso nelle sue idee c’era un qualcosa di… macabro? Folle? Dennis non sapeva ben descrivere quel senso di freddo che percepiva dagli occhi e le labbra di Yuuri, mentre confessava certe sue manie. Dennis non era mai stato un granché a leggere le persone (la triste scia di ex che si lasciava dietro da almeno otto anni ne era una prova), ma perfino uno come lui riusciva a grattare la superficie di artistica decadenza che circondava Yuuri, e Dio solo sapeva quanto egli era davvero contorto.
Gli occhi di Yuuri, per l’appunto, si erano persi a fissare il soffitto, e chissà quali pensieri stavano vagando per quella sua strana testa. Le sue mani reagivano poco agli stimoli già non molto energici di Dennis, ma era una cosa che capitava di frequente, che Yuuri si perdesse a pensare e non notasse che Dennis gli stesse parlando, per esempio, per poi scuotersi e far finta che non fosse successo nulla, sorridere un po’, magari accarezzargli le guance con il dorso della mano. Avrebbe voluto sapere cosa un cervello come il suo potesse davvero generare, a costo di rimanerne traumatizzato.
«Ehi, lily» Dennis gli sussurrò «tutto a posto?».
Yuuri sembrò tremolare mentre tornava in se stesso e prendeva un respiro più profondo, si voltò e rispose «Sta’ tranquillo» con un sorriso che affiorava sulle sue labbra sottili. «Stavo solo riflettendo su alcune cose» spiegò.
«Quali cose?».
«Mi chiedevo quali kink potresti mai avere...».
Le guance di Dennis divennero improvvisamente calde, e sibilò «Non abbiamo già avuto questa discussione...».
«La tua ostinazione mi intriga» rispose Yuuri, il suo dolce sorriso presto trasformato in un piccolo ghigno malefico «Abbiamo tutti delle piccole fisse, suvvia...».
«Non io».
«Neanche se riuscissi a dimostrarmelo, potrei crederti». Tra le sue dita apparve un accendino, incredibilmente luccicante, e in pochi instanti Dennis dovette storcere il naso e voltarsi per evitare che l’eccessivo odore di fumo gli irritasse le narici. «Negalo quanto vuoi, poppy, ma in fondo anche tu hai qualche perversione» gli disse con quel delicato erotismo, nel tremare della voce e nelle sue nocche che lisciavano i rossi capelli di Dennis, che tanto lo caratterizzava «Magari una preferenza per certi tipi di uomini, o dei particolari capi di vestiario...».
«Non credo di avere fisse sessuali per certe cose, davvero» ribatté l’americano «Ok, mi piacciono gli uomini in cravatta e camicia, esteticamente, ma a chi non piacciono?».
«Nient’altro?».
«No».
«Neanche qualcosa di stuzzicante?».
«Se è una scusa per usare i tuoi giocattoli -».
Yuuri rise amabilmente «Ovvio che lo è, cosa ti aspettavi?».
Dennis si morse l’interno della guancia. Non aveva mai ben visto quel genere di pratica. Sapeva che era stupido e anche un po’ bigotto disprezzare le corde, i ruoli di potere così marcati a letto, ma non poteva farci molto. D’altro canto, questo suo essere pieno di risorse per rendere tutto molto più piccante a letto, non poteva negare che ne era rimasto un po’ stuzzicato. Ma solo un po’.
«Devi proprio?» chiese. Yuuri non gli rispose, e continuò a fumare lentamente, avvicinando le labbra al filtro, inspirando ed espirando, con una serie di movimenti misurati alla perfezione che avrebbero fatto impazzire chiunque, e Dennis non era una persona tanto forte da resistergli, probabilmente nessuno lo era abbastanza. Si ritrovò seduto sul bordo del letto, cercando le sue pantofole, prima di ricordarsi che le aveva dimenticare nel suo appartamento a New York, e disse sconfitto «Basta che non esageri».
Yuuri chiaramente aveva ghignato, Dennis ne aveva sentito l’”Mh!”, e aveva spento la sigaretta appena accesa nel posacenere. Vedendo Yuuri camminare a piedi scalzi, nudo, la sua pelle marmorea riflettere la luce lunare, non riuscì a trattenersi dal deglutire per smorzare la sua rinnovata eccitazione. In qualche modo, finivano sempre col round due, o addirittura tre, rischiando di ritrovarsi col cuore scoppiato, soprattutto se Yuuri tirava fuori la cocaina acquistata da chiunque sapesse effettivamente trattarla, e non quella robaccia tagliata con chissà quali schifezze dello scorso Natale.
Tra le mani di Yuuri penzolarono presto una lunga corda sottile e nera, una maschera da notte e altre due lunghe strisce di stoffa nere più larghe, ma meno definite.
«Inginocchiati di fronte al letto» la sua voce gli ordinò, ferma, ma non fredda, con quel perenne sussurro che, come la sua pelle, trasudava sesso, anche se con quel senso di malsano che spaventava Dennis. Il pavimento era caldo, contro le sue ginocchia, mentre le mani di Yuuri che accarezzavano da dietro le sue braccia e le tiravano dietro la schiena erano fredde al contatto. L’americano fece del suo meglio per non far trapelare il suo disagio, mentre il giapponese faceva scivolare la corda sotto le sue braccia, tra di esse e al di sopra, legandole assieme in una trama che non gli lasciava grande libertà di manovra, come una scura tela di ragno. Con un suono soddisfatto, Yuuri fece passare un dito tra la corda e il braccio, per poi alzarsi e sedersi di fronte a Dennis, tra le mani ancora gli altri oggetti che aveva preso.
«Come ti senti, poppy?» gli chiese.
«… strano» si limitò a rispondergli. Il disagio era innegabile, ma se ne aspettava molto di più, una volta che i ruoli fossero stati definiti ed egli si sarebbe trovato immobilizzato, gli occhi al livello dell’addome di Yuuri. L’altro si limitò a sogghignare, e lasciò un attimo la maschera per mettersi gli altri due lunghi lembi di stoffa, ora chiaramente un paio di calze nere molto alte, e all’apparenza molto morbide. Il contrasto tra il cotone e il pizzo del colore più scuro e la sua carnagione pallida da solo bastava a far lavorare i pensieri di Dennis verso lidi pieni di sconcezze, ma c’era sempre quel qualcosa nella maniera in cui Yuuri raccoglieva il tessuto e infilava i suoi piccoli, bianchi piedi dentro di esso e nascondeva i suoi polpacci e le sue cosce, e poi aggiustava le pieghe e l’elastico ornato che le teneva su, che faceva battere il cuore di Dennis all’impazzata e gli causava un’altra erezione.
Le mani di Yuuri accarezzarono il suo volto e lo condussero tra le sue gambe, e d’istinto Dennis aprì la bocca e uscì la lingua per lambire il suo pene ancora flaccido e morbido, chiudendo gli occhi e beandosi del contatto della lingua con il suo già umido prepuzio, del cotone delle calze contro le sue spalle e del suo odore, mai pungente o sporco, ma pur sempre intimo e peculiare.
«Aspetta un attimo» sentì Yuuri dire, con la coda dell’occhio lo vide prendere la mascherina, e dopo qualche secondo, Dennis non vide nient’altro che uno spesso e caldo buio, mentre Yuuri aggiustava i suoi capelli e strofinava i pollici contro le sue tempie. Dennis lo interpretò come un invito a proseguire, e succhiò la sua punta fino a prenderla saldamente tra le sue labbra. Si aspettava che la vista bloccata potesse rendere gli altri sensi più acuti e sensibili, ma il retrogusto amaro di Yuuri pareva identico a prima, così come il freddo dei suoi polpastrelli. Doveva tuttavia ammettere che non era così male, in fondo, essere alla mercé di qualcuno, per quanto la paura restasse lì, aggrappata alle sue spalle. Sapeva che non ci si doveva fidare di uno come Yuuri, capace di trascinare le persone nel suo mondo fatto di poesie oscene e film d’autore visti sotto i fumi di troppo alcool e chissà quale strana sostanza, ma Dennis non poteva non restarne attratto, al punto da cercarlo anche quando non avrebbe dovuto, da accettare di provare cose che con altre persone non avrebbe mai accettato. Forse con un ex o due, ma Yuuri aveva un suo modo di porsi che lo rendeva irresistibile.
Sentirlo tornare eretto tra le sue labbra, leccarlo e coprirlo di baci lo soddisfava come poche cose al mondo. Avvertire le sue reazioni e comprendere di piacere a qualcuno lo rendeva più felice, completo, anche se tra di loro c’era solo tanto sesso e ben poco amore, per quanto Dennis avesse voluto fosse differente. Tuttavia, più era costretto ad affidarsi a qualcosa che non fosse la vista, più sentiva dei brividi lungo la schiena, laddove il sudore macchiava la sua pelle e strisciava contro le corde, o contro le sue ginocchia un po’ doloranti; era una sensazione ancora ignota, a tratti inquietante, ma non negativa, tutt’altro. La sua percezione di ciò che lo circondava si andava affievolendo, limitandosi alla persona seduta di fronte a lui e a se stesso, alle giunture che dolevano, alla calura, al tocco morbido delle calze contro il suo glande, i suoi piedi che strofinavano lungo la sua erezione…
Più ci pensava, più sentiva le sue gambe cedere, non tanto per lo sforzo, quanto più per il piacere che cresceva dentro di lui, tra i gemiti di Yuuri nelle sue orecchie, il suo sapore sulla lingua, le sue gambe che strisciavano contro il suo corpo e in qualche strano modo riuscivano a masturbarlo, non abbastanza di certo per farlo venire, ma abbastanza per volerne ancora ed ancora. A malapena riuscì a trattenersi dal baciare i suoi piedi, realizzando che forse Yuuri aveva ragione, che anch’egli qualche perversione l’aveva sotto sotto. Non ai livelli di Yuuri, certo, e continuava a provare diffidenza nei confronti di molte sue fantasie, ma si sentiva ugualmente come un ragazzino che provava il brivido dell’avventura e del proibito mentre scavalcava una recinzione con su scritto “Vietato l’ingresso”.
Immaginò le mani di Yuuri aggrapparsi alle lenzuola, mentre la sua voce si alzava in gemiti sempre più espliciti, finché senza preavviso gli riempì la bocca di sperma amaro, e Dennis se lo sentì colare dalle labbra e impastargli il palato. Il primo istinto di nausea fu di sputarlo, non gli era mai particolarmente piaciuto quel sapore che chiaramente ricordava le troppe sigarette che Yuuri fumava e i troppi bicchieri di liquore che beveva, ma si trattenne, quando Yuuri afferrò il suo mento e con un tono rauco gli intimò «Fammi vedere come ingoi, da bravo». Nonostante il caldo, Dennis provò un freddo brivido lungo la schiena, sentendosi ordinare a quel modo degradante, e immaginò il volto di Yuuri distorto da uno di quei ghigni malvagi da cui chiunque scapperebbe a gambe levate, ne sarebbe stato capace.
Ciò nondimeno, obbedì, si leccò le labbra e deglutì tutto quello che poté, ignorandone il pessimo sapore, e provò un forte straniamento quando si accorse che sperava di sentir Yuuri complimentarsi con lui, udire la sua voce dargli un contentino per essersi degradato solo per fargli un favore. Invece, Yuuri sfregò i suoi piedi ancora di più contro la sua erezione, accarezzandola tra le piante, e facendo piccoli cerchi attorno al suo glande con l’alluce, o almeno Dennis credeva fosse l’alluce, portandolo a un livello tale di eccitazione da trasformarsi in frustrazione. Non se n’era accorto subito, ma si stava strusciando addosso alla gamba di Yuuri, tentando di raggiungere più velocemente quell’orgasmo che tardava ad arrivare.
«Mi hai macchiato le calze...» Yuuri lo rimproverò, quando finalmente sentì la pressione liberarsi e poté venire, e la sua mente si annebbiò al punto da non fregarsene quando Yuuri lo costrinse a leccar via il suo stesso seme dal tessuto, finendo per succhiargli e mordergli le dita.
La risata di Yuuri riempì le sue orecchie, e finalmente gli tolse la benda dagli occhi. Solo allora, Dennis provò una profonda vergogna, e le sue guance si avvamparono, mentre Yuuri si alzava e lo liberava dalla stretta delle corde, e si sentì ancora più imbarazzato quando assieme al sollievo di poter di nuovo muovere liberamente le braccia provò anche un curioso senso di spaesamento. Non era una persona fatta per i feticismi, o così credeva, e non comprendeva il treno di pensieri per cui le carezze di Yuuri laddove le corde lo avevano stretto gli instillavano un senso di malinconia; avrebbe voluto affondare tra le sue braccia ogni sera, avrebbe voluto affondare in quel preciso momento.
«Sai, poppy, è davvero un peccato che tu non possa restare più a lungo» Yuuri sussurrò, abbracciandolo e coccolandolo «Penso che sarebbe interessante, scoprire tutte quelle pieghe oscure che non sai di avere».
Dennis non voleva sapere quando a fondo poteva andare, ma Yuuri era fin troppo bravo a trascinare le persone nel suo abisso. Rispose «Non sai quanto dispiaccia a me», nonostante tutto. Yuuri smise di muovere le sue mani e non rispose, ma le sue braccia restarono a circondare il suo addome.

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