Guerra.

Aug 14, 2008 18:14


Campoleone è celeste e grigio, e poi verde e marrone.

Nient'altro che terra e cielo che cambiano colore a seconda delle stagioni.

Campoleone è uno sbuffo di impazienza, è pensieri che si incagliano in quattro casupole, è tempo che si ingolfa su se stesso.

Campoleone è la stazione del perenne ritardo, la bestia nera della linea ferroviaria Roma-Nettuno.

È la fermata dove il respiro si ferma, dove gli occhi si arrampicano fino al soffitto e la bocca biascica improperi.

È la fermata prima di Aprilia, venendo da Roma.

Uno snodo ferroviario importante, da lì transitano quasi tutti i treni che dal Sud muovono verso la Capitale.

È in una strada sterrata nei pressi dell'enorme parcheggio che, lunedì, è stato rivenuto il cadavere di Massimo Pisnoli, 48 anni, suocero del calciatore della Roma De Rossi.

Lo hanno ucciso due colpi di fucile: uno alla testa e uno al petto.

Un agguato, sostengono gli inquirenti.

Un agguato a cui era già sfuggito una volta, precisano.

Secondo il Tg1 di oggi delle 13 e 30, l'uomo aveva reati di poco conto sulla fedina penale, furto e rapina.

Ora: secondo me furto e rapina sono "reati di poco conto" un corno, ma sorvolo su questo che sennò mi si potrebbe accusare di accanimento.

Quello che mi preme sottolineare è un altro aspetto: il massimo riserbo delle indagini.

Il Tg1 non approfondisce, ma il Tgr e il giornale radio di Dimensione Suono Roma, radio ufficiale della Capitale, hanno parlato apertamente di un passaggio delle indagini nelle mani dell'antimafia.

Si tratterebbe, infatti, di una vendetta maturata negli ambienti della criminalità organizzata.

Un'esecuzione, a poca distanza dalla banale quotidianità dei pendolari.

Mi sembrava doveroso riportare la notizia, giusto per collegarla a quanto scrivevo nel post precedente.

Fino a quando, da queste parti, vorremo far finta di non vedere?

Prima sono arrivati i soldi e le imprese, ora la vendetta e il sangue.

E intanto ieri, su "Liberazione", l'ex capo dell'antimafia Francesco Forgione ha pubblicato un interessante pezzo in cui si chiedeva: "Quando inizierà la vera lotta alla 'ndrangheta?"

Ve lo riporto integralmente, permettendomi di consigliarvelo indipendentemente dall'opinione che avete del giornale su cui è stato pubblicato:

Da giorni la ‘ndrangheta è al centro dell'attenzione dei media. E' un bene. L'anniversario della strage di Duisburg, compiuta a ferragosto dello scorso anno, ha riacceso i riflettori.
In effetti, per la ‘ndrangheta, quella strage rappresenta uno spartiacque: da San Luca parte un commando per portare nel cuore industriale della Germania un carico di morte che, per la prima volta, fa scoprire la dimensione globale e militare della mafia calabrese e mette a nudo l'ipocrisia delle istituzioni politiche e giudiziarie tedesche ed europee che, fino a quel momento, avevano fatto finta di non sapere e di non vedere.
Non vedere, ad esempio, che quando arrivano i soldi della ‘ndrangheta e di qualunque altra mafia arrivano anche boss e soldati e che una strage, annunciata da informative e rapporti riservati, non avviene solo per un bisogno di vendetta covato nelle viscere arcaiche delle montagme dell'Aspromonte, ma perché sullo sfondo ci sono affari e investimenti che non hanno più frontiere e limiti nelle mille opportunità offerte dalla economia globalizzata.
Purtroppo, dopo la strage di Duisburg, abbiamo continuato a non vedere anche noi, favorendo quell'inabissamento che da sempre rappresenta la peculiarità di questa mafia.
Chi ricorda più la strage di Pasqua, con i killer che, alla periferia di Crotone, non hanno risparmiato donne e bambini? E che eco ha avuto l'arresto di Pasquale Condello, boss di Reggio Calabria, per spessore criminale paragonabile a Riina e Provenzano?
Quanti hanno scritto, dopo la "spettacolare" autobomba che a Gioia Tauro tre mesi fa ha colpito un imprenditore che, solo una settimana prima, aveva ospitato due alti dirigenti della Suisse Bank per realizzare a Rizziconi, un paesino ai piedi dell'Aspromonte, un centro commerciale degno di una grande capitale europea? E che ripercussioni ha avuto, due mesi fa, la notizia che il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha inserito la ‘ndrangheta nel "Foreing Narcotics Kingpin Designation Act", la lista nera delle organizzazioni terroristiche e narcotrafficanti che operano in attività di riciclaggio sul territorio americano?
La scorsa settimana, mentre in una casa di San Luca si arrestava Paolo Nirta, uno dei responsabili della faida, a Toronto, nell'attico di un grattacielo con vista sul lago Ontario, finiva in manette il boss di Siderno Giuseppe Coluccio, tra i trenta più pericolosi latitanti, e sabato veniva scoperto un container di ecstasy, per un valore di diversi milioni di euro, partito dalla Calabria e diretto in Australia. Questa è oggi la ‘ndrangheta. E' il vero brokers internazionale della cocaina e ne gestisce tutte le porte d'accesso in Europa. Un primato conquistato sul campo, grazie alla sua "affidabilità", ai tanti soldi e, soprattutto, all'assenza di "pentiti", vera e propria "macchia" per la credibilità criminale di camorra e cosa nostra. Non c'è territorio-geografico, sociale, economico- che, in Calabria, non sia controllato in modo ossessivo. Come avviene in alcune aree del nord.
Un mese fa tre sindaci del hinterland milanese denunciarono il condizionamento della ‘ndrangheta sugli appalti e sulla amministrazione pubblica. Non è successo niente, eppure si trattava di Milano, non di un paesino della Locride. E quando le grandi imprese nazionali vengono a lavorare in Calabria, da Impregilo a Condotte, al mattino firmano i protocolli di legalità con i prefetti e la sera trattano normalmente forniture e subappalti con i boss. Anche per questo, in Calabria, Confindustria non denuncia come in Sicilia, la cosiddetta società civile non esiste e la politica o è inquinata o per la gran parte è muta.
Nel decennio 1998-2008 Palermo ha avuto 8213 indagati per associazione mafiosa e 5831 per reati legati al traffico di stupefacenti, per un totale di 14.044 procedimenti. Nello stesso periodo nel distretto di Reggio Calabria, per estensione e popolazione non paragonabile a Palermo, ci sono stati 7330 indagati per associazione mafiosa e 6530 per traffico di stupefacenti, per un totale di 13.860 procedimenti. La procura di Palermo ha 64 sostituti, 7 aggiunti e 24 magistrati nella Direzione distrettuale antimafia, mentre quella di Reggio Calabria ha 24 sostituti, 3 aggiunti e 10 componenti della Dda. Lo stesso rapporto riguarda i livelli giudicanti. Parliamo degli organici, senza contare i posti vacanti e la lentezza delle nomine da parte del Csm. Lo stesso si può dire delle forze di polizia.
C'è poi la parte extra-penale, le Usl di Reggio e Locri commissariate per mafia, le decine di consigli comunali sciolti, una pubblica amministrazione colabrodo. Altro che mafia minore!
Di fronte a questi dati, Parlamento, governo e Csm non possono continuare a fare le tre scimmiette. Rispetto alla Calabria lo fanno da anni e ora c'è anche la prima relazione della Commissione antimafia della passata legislatura a dire che non si può più tacere.
Servono mezzi, uomini, apparati investigativi sofisticati, uffici giudiziari efficienti e con organici adeguati e non trattati con le logiche burocratiche del rapporto proporzionale alla popolazione. E serve soprattutto una lotta a fondo al livello economico e finanziario della ‘ndrangheta, con strumenti di contrasto comuni su scala europea, e vanno sconfitte le omertà e le collusioni del sistema bancario e delle istituzioni finanziarie. Altrimenti, si continuerà a combattere una mafia di pastori mentre i suoi agenti giocano in borsa e investono nei punti più alti della modernità. La questione si pone il 16 agosto, a luci spente, e anniversario superato.

disinformazione, il sistema

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