Pastime Paradise (3/6)

Nov 11, 2012 20:41


3

Bourgeois

Patisci la fame una volta nella vita e te la porterai addosso per sempre.

Ogni pasto è una tortura: una parte di te assapora anche la più piccola sfumatura di sapore e l'altra parte di te l'avvelena col terrore che ciò che stai mangiando potrebbe esserti portato via in qualunque momento.

Allora addenti con più foga, facendo bocconi grandi che ti rimangono in gola per via dei sensi di colpa, perché in realtà vorresti assaporare, godere, perfino, mentre ingozzarsi significa solo garantire al corpo quella sopravvivenza minima che poi è la realtà del campo dalla quale chi sopravvive cerca disperatamente di fuggire.

Una non-vita dove perfino respirare, a volte, sembrava un gesto privo di senso.

Se la vendetta è la mia sete, dunque, conoscere è invece la mia fame.

La forma più nobile di appetito, quella che mi ha permesso di crescere non solo come uomo ma anche -e soprattutto- come mutante.

Come per il cibo, anche per la conoscenza la prima cosa che è necessario fare è capire di cosa abbiamo bisogno e rifornirsene in abbondanza.

Io avevo bisogno di capire quali fossero i limiti del mio potere e che tipo di mondo avrei potuto costruirci.

Gli studi umanistici, ad esempio, non sono mai stati il mio forte.

Da ragazzino leggere mi annoiava e da adulto ho continuato a essere diffidente nei confronti di quell'arma che tanto era stata utile alla propaganda nazista.

Le parole sono malleabili e scivolose, sono uno strumento che richiede più furbizia che intelligenza.

Non è un caso che le migliori oratrici che abbia mai conosciuto siano le puttane.

E tu, Charles, che non sei poi così diverso da loro.

Auto-convincersi che i propri ideali siano nobili non fa di te una persona migl1ore, si tratta sempre di sopravvivenza, si tratta sempre di scendere a compromessi per non morire di fame.

E non parliamo poi dell'uso che fai del tuo potere, ho conosciuto ragazze di Pigalle che saprebbero farti concorrenza.

Cercare di intuire le mosse dell'avversario è la prima abilità necessaria alla sopravvivenza, il fatto che la genetica ti abbia aiutato a amplificarla ti rende solo una persona più forte.

Più fortunata.

Le parole sono lo strumento dei mediocri e dei manipolatori e io ne ho trovate le stanze foderate, nella torre d'avorio di Westchester.

Parole che dici di non aver letto o non aver amato, parole che hai giurato e spergiurato di non aver assimilato.

La matematica, dicevi, la matematica è l'unica lingua che non ammette errori di interpretazione. Se si potessero esprimere i più nobili ideali con le equazioni il mondo sarebbe un posto migliore.

Dicevi, e mentivi perché intanto è con le parole che ti esprimevi.

Parole subdole come quelle di Shaw.

Le parole dell'uomo superiore che vuole illuminare con la sua sapienza i poveri inetti, e non capisce che sta rovesciando loro addosso solo la propria arroganza.

Ho trovato questo, nei romanzi che ho sfogliato nella tenuta di Westchester, un te molto più adulto e privo di scrupoli.

La fisica, invece, è purezza e la matematica è la sua grammatica.

La fisica che spiega cosa sono l'attrazione e la repulsione che, come mi diceva mio nonno da bambino, sono i due motori che spingono i rapporti umani.

Fu lui, a insegnarmi a giocare a scacchi.

Era un orologiaio e credeva che la precisione fosse l'unico metro di giudizio del mondo.

Attraverso la sua lente aveva visto girare i meccanismi dell'odio nazista e aveva concluso che il legarsi a una persona piuttosto che allontanarsi da un'altra è una semplice questione di leve spostate, di compromessi tra l'attrazione e la repulsione.

Di scelta di punto d'osservazione sulla scala della vita.

Il bianco e il nero degli scacchi, l'alternarsi delle caselle sulla scacchiera.

Muovi un cavallo o un alfiere, vedi come si comporta il tuo avversario e capisci se puoi guardarlo dritto negli occhi oppure da sopra.

Da sotto solo quando si è sottoterra.

Le relazioni umane sono tutta una questione di taratura, un concetto che non credo ti abbiano mai spiegato.

Tu guardi gli altri da un piedistallo anche e soprattutto quando ti fingi loro pari.

Il tuo sorriso è la corona del re e in questo credimi se ti dico che non differisci per nulla da Shaw.

Dopotutto, siete entrambi scienziati, o almeno vi sentite tali, e io devo ancora capire perché, nonostante questa somiglianza, io abbia deciso di darti retta, di seguirti in questa folle impresa.

Per vederti cadere e gioire della tua disdetta?

Forse, o forse per fare quello che contemporaneamente tu stai cercando di fare con me: salvarti da te stesso.

È abbastanza ironico che io ne abbia preso coscienza in uno strip club, ma è così che è andata e quello che ne è nato non credo che lo dimenticherai nemmeno tu.

L'alcol era salito in fretta alla testa.

Quei Martini non erano la cosa più forte che avessi bevuto in vita mia ma scivolavano in gola troppo rapidamente, acuendo la sete anziché spegnerla.

Eravamo entrambi su di giri, tutti e due col vestito buono, tutti e due esaltati da ciò che stavamo per fare.

Ci muovevamo all'unisono, nonostante tu ti mostrassi ampiamente impacciato, fuori luogo e fuori tempo.

Fuori posto.

È allora che ho capito cosa dovevo fare, come dovevo comportarmi con te.

Raggirarti dolcemente, facendoti credere di avere il controllo, illudendoti di essere quello che guarda le cose da sopra.

Afferrarti saldamente e poi svegliarti piano, disegnare il confine del tuo corpo col solletico, fartene prendere coscienza.

Un'aggressione gentile che la tua mente non avrebbe anticipato, troppo presa dal gioco del buon samaritano.

Bourgeois.

L'ho pensato la prima volta che mi hai fatto la predica e l'ho pensato quando ho sentito il suono della tua nuca battere contro il muro.

Effetti collaterali della foga, necessità di coglierti di sorpresa.

Strapparti il sorriso del re a morsi, particolarmente trionfante per essere riuscito a salvare quell'angelo di strada.

Non ti ho mai chiesto se è stato più divertente o più eccitante, immaginarmi vestito da donna.

Probabilmente divertente, come è stato divertente passare la serata in un tipo di locale di cui avevi sentito solo parlare dai compagni di università.

Bourgeois.

C'era disprezzo, nel modo in cui ti ho afferrato i capelli per tirarti indietro la testa, e so che l'hai letto prima ancora che ti ordinassi di leggere il resto.

L'ho sentito dal modo in cui hai battuto i pugni sul mio petto, l'atto di resa rabbiosa di un prigioniero che sa di non avere scampo.

E sarebbe stato facile, per te, accollare a me tutte le colpe, ancora mi stupisco dell'onestà che ti ha fatto scegliere di non farlo.

Era una delle prove a cui ho sottoposto la tua fiducia, la più importante, ed è una di quelle che non hai deluso.

Segno che la tua ipocrisia è solo il velo cucito addosso da un'educazione troppo soffocante, qualcosa di cui potresti liberarti facilmente, se solo non avessi paura di scoprirti fragile.

Ma l'orgoglio è un padrone esigente, e la presunzione un'abitudine che non si può smettere a cuor leggero.

Hai battuto i pugni tre volte e io per tre volte ho strattonato i tuoi vestiti, bevendo il tuo respiro fino a farti rimanere senza.

Non dovevi avere scampo, né scelta, proprio come me le vittime dei tuoi raggiri.

Proprio come me per il tempo che ti sono stato accanto.

Dovevi fare i conti col tuo corpo e ciò che ti stava spingendo a provare, dovevi osservare i confini che stavi violando, leggere le regole che stavamo riscrivendo.

La prima volta che hai fatto l'amore con un uomo e la prima volta che due mutanti l'hanno fatto tra loro.

Adamo e il riflesso di se stesso, da qualche parte nella mia memoria c'è un mito ebraico a riguardo.

La prima donna che non era fatta di carne ma dello stesso fango primordiale, e che per questo non si unì mai del tutto e alla fine si ribellò.

Siamo stati questo, rottura del patto genetico di riproduzione e sopravvivenza della specie, peccato in senso ebraico e in senso cristiano.

Peccato in senso mutante, se davvero vogliamo che i mutanti continuino a comportarsi come i loro predecessori.

I borghesi di buona famiglia che si illudono che fare l'amore sia una questione di pietà, come la bugia che hai raccontato a te stesso mentre ti facevi scopare in un motel.

E io, per approfittare meglio di questa farsa, ti ho chiesto di leggere bene certi miei ricordi, la prima volta di un ragazzino scarno con una ragazzina scarna di nome Magda.

Condivideva con te l'idea che il sesso fosse una questione di pietà, solo che la fame l'aveva dotata di un maggiore senso pratico e barattava il suo corpo per una pagnotta, anziché per un ideale.

Si era offerta di farlo con me perché diceva che mi avrebbe fatto bene, era un po' come mangiare e bere vino tutto assieme.

E lei era un vino aspro, contadino, sapeva di zucchero aggiunto per evitare che prendesse d'aceto.

Non era bella ma era gentile, mi offrì un tetto e qualcosa che somigliava a una vita nuova.

Un po' quello che hai fatto tu, ma senza arroganza.

Dopotutto Magda non sapeva giocare a scacchi.

E il suo corpo apparteneva ai soldati di passaggio e ai contadini che le aprivano le gambe in mezzo al fieno.

Sono certo di aver sentito lo stesso odore tra i tuoi capelli, quella sera.

Forse è un effetto collaterale di quando la tua mente si unisce a quella di qualcun altro.

Finisci per diventare la proiezione di ciò che leggi, giurerei di aver sentito i tuoi fianchi più magri, quella notte, le braccia esili.

Sono tornato alla realtà solo quando ho visto i tuoi occhi spalancarsi per il dolore, solo quando ti sono entrato completamente dentro e qualsiasi ripensamento a quel punto si era fatto rimpianto.

Sono stato poco gentile in quel frangente, lo so, ma tu non eri una ragazzina e non avevi mai subito traumi e anzi, mi avevi confessato, tra una coppa di champagne e l'altra, che conquistare donne per te era così semplice da cominciare a risultare noioso.

Perché hai sempre incontrato menti dalle richieste semplici e noiose.

Arrivare all'orgasmo può non essere l'unico scopo di una scopata.

Può essere un modo di conoscere meglio se stessi, il primo mattone di una relazione.

Il peccato originale di una nuova razza.

Non so chi siano i nostri dei, Charles, e non so neanche se sia poi così vero che ne abbiamo bisogno, ma qualcosa mi dice che ciò che è successo su quella spiaggia maledetta è la sua punizione.

E la nostra condanna.

progetto cerebro, (racconto) pastime paradise, racconti

Previous post Next post
Up