Aug 02, 2007 18:14
Ho appena cominciato a leggere "Morte nel pomeriggio" di Hemingway, e dopo una ventina di righe mi è venuta già voglia di appendere la penna al chiodo.
"A quell'epoca facevo i primi tentativi di scrittore e trovavo che la maggiore difficoltà, oltre al rendersi veramente conto di ciò che si prova e non di ciò che si suppone si debba provare e si è imparato a provare, consisteva nel buttar giù ciò che veramente accade nell'azione; quali erano le cose che effettivamente suscitavano l'emozione provata. Scrivendo per un giornale bastava dire quel che accadeva e, con questo o con quel trucco, si comunicava l'emozione, aiutati dall'elemento di temporalità che dota di una certa emozione qualunque resoconto di una cosa accaduta in quel certo giorno; ma la cosa vera, il seguito di movimenti e di fatti che ha prodotto l'emozione e che sarebbe altrettanto valida dopo un anno o dopo dieci anni o, se si ha un po' di fortuna e la si fissa con purezza, per sempre, era al di fuori di me e lavoravo con molta fatica per cercare di afferrarla."
Lui, lavorava con molta fatica e diceva a se stesso di non avercela fatta.
E noi, poveri comuni mortali, Mr. Hemingway?
Quanto ci toccherà lavorare per sperare di raggiungere il più basso dei suoi livelli più bassi?
Quanto è al di fuori di noi questa missione?
Lo adoro ancora di più.
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