Quando, sul forum, ho chiesto se potevo postare qualcosa in greco antico è a questa parola in particolare, che mi riferivo.
Il punto è che riprenderla in mano dopo tanti anni è stato come scoperchiare il vaso di Pandora.
Hybris, letteralmente, significa insolenza ma la sua importanza è legata al significato che assume nell'ambito della tragedia.
Secondo i Greci, infatti, gli dei benedicono e fanno prosperare coloro che perseguono la felicità attraverso la moderazione, muovendosi all'interno di un recinto di azioni lecite che, se infranto, porta alla completa rovina.
La hybris è proprio il superamento di questo confine, il gesto spropositato fatto oltraggiando la legge divina, e in totale spregio della fortuna che gli dei stessi hanno concesso.
Hybris è, spostandosi su un piano biblico, la presunzione di Lucifero.
Da quando è entrata nella mia vita questa parola ha esercitato su di me un fascino indescrivibile, condizionando più o meno apertamente tutto quello che scrivo.
In questi ultimi giorni, tuttavia, mi chiedo se, più banalmente, non descriva perfettamente tutto quello che la mia vita è stata fino a questo momento.
Un lungo rincorrere obiettivi al di fuori della mia portata, per ritrovarmi poi con una manciata di sabbia tra le dita.
Da qualsiasi parte mi giro non vedo che questo, una lunga distesa di sabbia e sale.
E comincio ad esserne, sinceramente, stanca.
Stanca di lavorare per nulla, di rimanere costantemente al palo, stanca di investire a vuoto.
Stanca di scoccare frecce e vederle compiere una parabola verso terra.
E questo vale un po' a tutti i livelli.
L'intelligenza consiste anche nel capire quando non è cosa, e nel reinventarsi di conseguenza.
Riparare alla hybris, in qualche modo.
Magari cercare aiuto, visto che anche combattere sempre da soli ha il suo peso.
Ma davvero, non ne posso più di colpire a vuoto e brancolare nel buio.
Mi sembra tanto di stare scivolando ne "L'orrore di vivere":
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E non è bello per niente.